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Autore: verichan    14/04/2012    2 recensioni
Fu una cosa piuttosto veloce: il giorno prima completava il suo Tormento, il giorno dopo lasciava il Circolo.
Ma partiamo dal principio.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OBLIO


“Mani? C'è. Braccia? C'è. Tutto il resto? C'è. Faccia...? C'è. Uh, meno male.”

Una cosa era entrare nell'Oblio attraverso i sogni, un'altra era usare il rituale con il lyrium. Questa era la sua prima volta e smaniava nell'assicurarsi di avere tutte le parti del corpo al posto giusto. Una preoccupazione idiota, sì, però ci teneva. Entrare in quel modo era diverso, sia fisicamente che psicologicamente, ma questo non lo aveva reso meno determinato: aveva un lavoro da fare, preferibilmente in fretta.

«Piuttosto spoglio come paesaggio...» fu il suo primo commento guardandosi intorno, che era anche una battuta di Gioia da vendere, capitolo quarantatré.

La tattica dei demoni consisteva nel copiare l'ambiente in cui viveva la vittima, per metterla a suo agio e poter agire con più sicurezza, perciò rimase confuso nel vedere che il suo Tormento era invece un ambiente che con lui non c'entrava nulla, una landa desolata costellata di vecchie rovine, colline, salite e discese, percorsi senza senso che, scoprì, non portavano in nessun posto. Aveva la netta impressione di non fare progressi né a camminare, né a stare fermo. Tipico.

“Se fossi un demone in attesa di agguantare il prossimo pasto, dove mi nasconderei?”

Si era fatto due calcoli ed era giunto alla logica conclusione che sarebbe stato il suo avversario ad apparire e dare inizio alle danze, non che toccasse a lui la fatica di andarlo a cercare. Okay che se si voleva fare le cose bene era sempre meglio farsele da sé, però ribaltare i canoni gli sembrava un pochino esagerato.

Aveva una gran voglia di finirla, lì, adesso, ed era tentato di castare qualcosa di grandioso per attirare l'attenzione e spaccargli il muso a suon di palle di fuoco e il resto del repertorio. Non aveva mai affrontato un demone, ma era certo all'ottanta per cento di poterci riuscire senza nemmeno sudare.

“Che cazzo, se ci è riuscito Finn...”

Stizzito dalla perdita di tempo, diede un calcio ad un sasso accanto ai suoi piedi che andò a schiantarsi contro una parete giallognola che era un insulto all'estetica, poi alzò in alto la testa: in lontananza, proprio al limite del suo campo visivo, si stagliava una costruzione scura conosciuta, la Città Nera. L'ex residenza del Creatore era un punto comune sempre presente in ogni visita oltre il Velo, una costante più o meno rassicurante. Non che ci volesse andare. Se nemmeno i demoni volevano visitarla doveva esserci un valido motivo.

Era immerso in queste inutili considerazioni quando notò del movimento; qualcosa di minuscolo aveva trottato giù da un rilievo ed era sparito dietro il profilo di un'altra altura.

“Il demone?”

Le creature di quel regno metafisico erano in grado di prendere qualsiasi forma, bisognava diffidare di ogni cosa ti si parasse davanti; che fosse grande o piccolo non aveva importanza, era consigliabile partire dal presupposto che il demone del Tormento dovesse per forza essere un osso duro se l'avevano usato come test mortale. Comunque se era un esserino microscopico avrebbe avuto piacere a schiacciarlo sotto la scarpa. Non era un violento (no, assolutamente), però se l'ostacolo che aveva davanti era più debole, non vedeva il motivo per cui dovesse andarci piano quando poteva approfittarsi della situazione.

Strinse le mani a pugno un paio di volte allentando la tensione nelle dita, preparato a varie possibilità di scontro, e dopo un bel respiro profondo prese un'andatura rapida e andò in quella direzione, rallentando prudentemente una volta giunto sul posto dove l'imprevisto lo attendeva: un sorcio dalla parlantina sciolta con problemi di vittimismo.

Era davvero roba da Oblio questa, del genere che non ci credevi finché non ci sbattevi contro il muso. O da Amore diverso, dal capitolo dieci al capitolo ottantatré. Non gli era piaciuto molto come romanzo, aveva un finale insulso e grazie ad esso aveva scoperto che gli animali parlanti gli facevano senso.

«Un altro mandato attraverso il Velo, ingenuo e impreparato. Non è giusto che i templari facciano questo a te, a me e a tutti gli altri.»

«Ciao anche a te.» replicò con irritata ironia che riuscì a nascondere a malapena.

Ingenuo e impreparato? L'aveva scambiato per Jowan? Ma soprattutto, tra tutte le specie mammifere di questo mondo, perché proprio un maledetto sorcio? Erano quegli schifosi mostriciattoli a rosicchiare i vestiti nella lavanderia, per colpa loro era stato costretto a indossare calzini forati e tuniche bucherellate!

Il suo primo istinto fu quello di sbarazzarsene seduta stante: esistevano casi documentati di spiriti benigni ma quante probabilità c'erano di incontrarne in un Tormento?

«Scusa le mie maniere, non riesco più a sopportare...» emise un sospiro sofferto. «Anche tu sei rimasto intrappolato qui?»

«No, sono appena arrivato. Credo.» gli diede corda.

Chissà quanto tempo era passato in realtà. Lo avevano chiamato in piena notte, un templare era venuto a svegliarlo in dormitorio. Non lo aveva disturbato più di tanto dato che non era riuscito a chiudere occhio da quando quella mattina gli era arrivato l'avviso di tenersi pronto, e un'agitazione adrenalinica mista ad ansia lo aveva tenuto sull'attenti per tutto il giorno.

«Anche io come te ho affrontato la prova del Tormento, e guarda che fine ho fatto!»

«Com'è essere un topo?»

Domanda stupida ma era curioso e non ce la faceva proprio a tenere conto del giusto tatto verso un ratto.

Una persona normale affetta da complesso di superiorità quale lui era si sarebbe messa a ridere, Elmer non si azzardava a farlo poiché prima voleva avere la certezza che l'animale fosse innocuo come in Amore diverso piuttosto che una bestia feroce sotto mentite spoglie.

“Ucciso per aver ferito i sentimenti di un sorcio, l'apprendista Elmer muore con disonore accompagnato da una sonora risata collettiva nel momento dell'elogio funebre. Allettante.” si disse col sarcasmo che gli colava dal cervello.

«Non è che io sia esattamente un topo... Avevo paura, non sono riuscito a sconfiggere il demone della mia prova e sono scappato. Quando ti nascondi dalle cose grandi, impari da quelle più piccole.» L'ennesimo sospiro, l'animaletto pareva essere parecchio preso dai suoi crucci personali. «Non sono più riuscito a tornare indietro.»

«Mi spiace.» disse con compassione.

“Ma chissenefrega.”

«Perlomeno ho imparato a nascondermi, ci sono posti in cui solo creature piccole come queste riescono a passare! D'altra parte ormai sono condannato a rimanere qui in eterno, meglio adattarsi il prima possibile...»

«Nh-nh.» annuì, mostrando quella che secondo la sua esperienza era la giusta dose di partecipazione per questi casi specifici.

“Bla, bla, bla. Andraste quanto odio la gente che si piange addosso, è cinquanta volte peggio di Jowan.”

«Dove vuoi che vada?» continuò l'altro col suo monologo. «È passato troppo tempo e i templari hanno distrutto il mio corpo per assicurarsi che attraverso di esso non passasse qualche abominevole creatura.»

“Ehm, avrei da fare.”

Se non era lui il demone, allora doveva scrollarselo di dosso e andare avanti, non poteva sprecare tempo prezioso.

«Quando tornerò indietro chiederò al Primo Incantatore se c'è un modo per aiutarti.»

Non poteva offrirgli molto altro, ne sapeva quanto lui, e comunque era meglio essere carino e gentile con quella punta di compassione nella voce per non correre rischi. Era una cosina triste e addolorata... almeno lo sembrava. Normalmente i morti andavano in un reame oltre l'Oblio e se malauguratamente ci rimanevano imprigionati dentro c'era sempre dietro una motivazione di qualche tipo. Quindi, anche se non era il fottutissimo demone, poteva essere un problema.

«Grazie, è gentile da parte tua. Lascia che venga con te e ti aiuti in qualche modo, è il minimo che possa fare. Non sarò esattamente un sostegno schiacciante... diciamo sostegno morale, eh?»

Tsk, sostegno morale non credeva proprio di averne bisogno, si vedeva chiaramente che aveva più carattere di quella mammoletta a quattro zampe, tuttavia i suoi insegnanti, che difficilmente sarebbero stati d'accordo nel vedere le loro parole sfruttate in un simile contesto, gli avevano inculcato in testa che si doveva fare tesoro anche delle occasioni più piccole, così acconsentì.

“Mal che vada lo disintegro. O lo lancio addosso al demone come distrazione.” pensò sicuro di sé.

 

Camminarono uno di fianco all'altro senza una meta precisa, con Elmer che ci buttava un occhio ogni tre per due.

Lo mise alla prova: i demoni non sapevano veramente tantissimo del mondo reale, non per niente l'aspetto dell'Oblio era il loro tentativo di imitazione della realtà vista attraverso i sogni dei mortali, così gli chiese chi era, quando aveva sostenuto la sua prova, se aveva solo quella forma, com'era quando aveva un corpo umano, nomi di persone che aveva conosciuto. Per la maggiore il topo non ricordava nulla del suo passato, nemmeno il proprio nome, a causa, secondo lui, della lunghissima prigionia in quella dimensione. Gli disse che per semplicità poteva chiamarlo Topo, e, per il suo aspetto umano, si trasformò davanti ai suoi occhi apparendo come un apprendista come tanti. Dunque sembrava dicesse il vero, però... C'era un particolare che stonava: i colori e i dettagli della tunica, elemento lampante esattamente come in Gira che ti rigira, capitolo nove, a riprova che leggere testi di fantasia ti insegnava sul serio qualcosa della vita, al contrario di come la pensava il fratello.

“O quello che vuole raggirarmi è un demone idiota, o qui non sono aggiornati su regolamenti stilistici secolari.”

Possibile che Topo non avesse mai visto la tunica di un apprendista? Per il momento decise di non commentare seguendo l'esempio del protagonista del libro, il quale faceva credere al suo nemico di non sospettare nulla per poi fargliela sotto al naso. Voleva vedere dove andava a parare con la sua recita da roditore indifeso, e, più avanti, quando Topo gli fece notare una luce poco lontana su una collinetta dove sostava un essere in armatura da templare che secondo lui poteva assisterlo, volle testare la veridicità del suo consiglio.

Il mago si avvicinò con cautela mentre il suo compagno aspettava ad una distanza di sicurezza.

“Ma non era benigno questo spirito? E quanta cavolo di gente c'è in 'sto Tormento? Pensavo fosse una faccenda privata.”

La fifa di Topo gli fece sospettare di essere davvero finito in una trappola, nonostante tutti i suoi pensieri paranoici, a riprova, questa volta, di quanto pensi inutilmente di sapercela lunga e poi ti fai fregare lo stesso. Si strofinò le dita pronunciando sottovoce un incantesimo elettrico, pronto a rispondere all'eventuale offensiva.

Con sua sorpresa l'entità sconosciuta fu la prima a parlare.

«Salve mortale. Vedo che di nuovo i maghi lasciano i loro simili nelle mani di una prova di codardia. Dovreste combattere gli uni contro gli altri per testare le vostre capacità invece di venire gettati disarmati contro un demone. Noto che il tuo cacciatore non è ancora venuto a reclamarti; ti auguro di uscire vincitore dalla tua battaglia.»

Perlomeno era uno spirito educato, sebbene pieno di tante belle opinioni personali che apparentemente godeva nel condividere con ogni persona di passaggio. Magari prima di farlo a fette con quelle armi luminescenti accatastate lì accanto glielo avrebbe gentilmente comunicato. La cosa stava diventando ridicola e la serietà gli stava sfuggendo di mano, ma optò lo stesso per un civile tentativo di dialogo.

«Salve spirito.» Spirito, non demone, non ancora. «Mi chiedevo...» Scartabellò in fretta nel suo cervello per un argomento. «... cosa stessi facendo. Le hai forgiate tu queste armi?»

«Sono lo spirito del Valore e sì, le ho generate tutte io attraverso la mia sola forza di volontà. Attraverso di esse desidero creare l'espressione perfetta del combattimento!» annunciò fiero.

“Vantiamoci, eh.”

«Dica, signor spirito del Valore, non è che da qualche parte ne avrebbe una che non le serve? Sempre se non le dispiace prestarmela.»

“Si sa mai che è uno di quegli artisti fuori di melone con l'ossessione per le proprie creazioni.”

«Non sei il primo che mi richiede assistenza. Potrei creartene una...»

“Evva-”

«... tuttavia per ottenerla dovrai darmi prova del tuo valore: sfidami, e quando sarò soddisfatto del valore che mi dimostrerai nel duello avrai ciò che desideri, in caso contrario perirai per mia mano.»

“-iii che maroni!”

Ci pensò su un attimo: la proposta non era male, le creature dell'Oblio non erano invincibili ed Elmer era fiducioso delle proprie capacità, tuttavia non aveva idea di quanto effettivamente forte fosse uno spirito che giocava in casa e, se possibile, preferiva conservare le energie contro il vero nemico. No, non voleva rischiare, meglio giocare d'astuzia come la pirata Shelly di Incubo tra le onde, e se alla fine si fossero scontrati, perlomeno avrebbe saputo se era o no il demone.

«E io come faccio a sapere che questo non sia un tranello per togliermi di mezzo tu stesso?»

«Cosa? Come osi! Io sono lo spirito del Valore!»

«E io solo un povero mortale. Se davvero il tuo intento è benevolo allora dimostra di essere lo spirito del Valore: cedimi un'arma per permettermi di testare me stesso nella mia prova e di conseguenza proverai ciò che sei ed io sarò certo che il tuo non sia uno sleale inganno.»

Sconvolto, lo spirito balbettò alla ricerca di epiteti poco carini ma doveva essere sul serio uno spirito con una morale perché non ne trovò di granché offensivi. Ah, avrebbe dovuto farsi un giro per le stanze degli apprendisti, i suoi colleghi se n'erano inventate di cotte e di crude. Le esclamazioni blasfeme erano quelle più carine, la sua preferita era “per le tette di Andraste”.

«I tuoi modi sono più che discutibili ma è indubbia la dimostrazione di determinazione. Ti darò questo bastone magico, fanne buon uso. Ora va', ho molto da fare.»

Bella scusa. Comunque ora aveva un bel bastoncino, una versione più semplice dei bastoni veri e propri usati dai maghi, rimaneva da sperare che fosse ugualmente utile.

“Me l'ha dato apposta così poco appariscente?” si chiese lanciando un ultimo sguardo alle lame molto fiche che sostavano nella catasta luminosa.

Tornò da Topo che questa volta oltre alla fifa dimostrò di possedere una certa dose di “lecchinaggio” ma Elmer non era tipo da lamentarsi per queste cosucce, adorava i complimenti.

«Però non capisco, Topo. Ci sei tu, c'è quel vanesio con una perversione per le armi... Dov'è il mio avversario?» si lamentò. «Devo trovare il demone giusto da uccidere? Perché non può venire lui così la facciamo finita?»

«Mi dispiace, non so cosa risponderti. Non ricordo com'è andato il mio Tormento.»

“Insomma non servi a un cazzo.” pensò rabbioso costringendosi a tacere.

Non gli piaceva quando le cose non andavano come desiderava lui; poteva passarci sopra e fregarsene se si trattava di cose poco importanti o inevitabili, ma se c'era in gioco il suo futuro... E il fottuto sorcio continuava a ciarlare!

Non gli piacevano i templari, non gli piaceva la Chiesa, e i maghi dovevano essere indipendenti, e il rito del Tormento e della Calma dovevano sparire, eccetera eccetera. Ma non doveva avere un'amnesia questo? Lo squadrò con sospetto. Era possibile che le anime intrappolate nell'Oblio potessero impossessarsi di corpi che non fossero il loro? Per quanto ne sapeva il piccolo roditore poteva benissimo sperare di sgattaiolare via da lì attraverso di lui, una volta che Elmer fosse stato divorato dal demone della prova.

 

Arrivarono ad un punto dove un grosso orso, o qualcosa che gli assomigliava, stava schiacciando un pisolino.

«È un demone della Pigrizia» gli comunicò Topo. «Non credo ci aiuterà.»

“A questo punto sono pronto a uccidere chiunque mi capiti a tiro.”

E invece, dopo tre ridicoli indovinelli che persino sua nonna avrebbe potuto risolvere, la creatura assonnata insegnò a Topo una nuova trasformazione. Gli seccò alquanto che il vantaggio fosse andato a quell'esserino inutile e non a lui. E aveva pure il coraggio di fare lo spavaldo ora che poteva diventare una specie di orso. Ma per favore.

«È magnifico, ora posso davvero aiutarti! Chissà, forse se sconfiggeremo questo demone anche io potrò essere libero. Mi aiuterai, vero?»

Fece buon viso a cattivo gioco e gli promise che sì, l'avrebbe aiutato al meglio delle sue possibilità mentre interiormente sperava crepasse al più presto. Era il suo Tormento, suo! Doveva essere lui il protagonista, anche nella realtà questo doveva pur valere qualcosa, no?! Si sorbì le sue chiacchiere, sbuffando e facendogli le boccacce senza farsi scoprire, e infine giunsero in un vasto spazio, un vicolo cieco.

«E ora?» chiese spazientito.

Aveva appena finito di formulare la domanda che ruggendo dal terreno si fece strada un essere di lava che si erse alto e minaccioso.

“Scommetto le scarpe che è quello che devo fare fuori. Finalmente!”

«Il demone dell'Ira.» Topo lo disse con sfida e poca sorpresa.

No, non ci credeva che non avesse un minimo di paura. Dal canto suo Elmer era piuttosto sicuro di vincere, anzi, era quasi deluso si trattasse soltanto di un demone dell'Ira, dotato di ovvi punti deboli; non aveva passato ore, giorni e anni a studiare mica per nulla, tsk. Con un sorrisetto saccente brandì il bastone magico.

«Finalmente mi hai raggiunto. Presto osserverò il regno dei vivi con i tuoi occhi, creatura. Sarai mio, anima e corpo.» disse il suo nemico con voce aliena.

«Provaci se ne sei capace.»

Troppa baldanza? Forse, però così era un figo come i protagonisti dei libri di cui era osses- ehm, a cui era moderatamente affezionato.

«È tenace l'offerta che mi hai portato, Topo.»

Sorpreso ma di certo non sconvolto dalla rivelazione del tradimento del compagno di viaggio come aveva letto in altri romanzi, Elmer lanciò un'occhiata omicida verso il sorcio al suo fianco, contento di avere una scusa per esplicitare i suoi sentimenti, tuttavia venne ignorato.

«Non ti sto offrendo niente, i nostri accordi sono terminati.»

“Guarda guarda il piccolo traditore schifoso.” pensò rimanendo zitto ad ascoltare lo scambio.

Strinse le dita sul bastone incanalando energia; sentì la magia fluire e rifluire di nuovo verso di lui e, pieno di potere, si immaginò con cosa iniziare mentre i due pirla, così sicuri di averlo in pugno, non lo degnavano di uno sguardo. Sembrava che Topo si volesse mettersi in proprio dopo aver intrapreso un'attività lavorativa piuttosto fruttuosa con il suo compare. Il perché volesse lasciare un business così redditizio gli sfuggiva: era chiaramente più debole del collega, cosa credeva di fare da solo?

«Vedremo, Topo, vedremo.» finì l'infuocato.

E con questo si concluse la loro conversazione. Senza aggiungere altro il demone si scagliò sul moro apprendista.

Elmer puntò bastone e mano libera sull'avversario ed evocò un cono di freddo che fu tremendamente efficace; lentamente il demone di fuoco si stava cristallizzando, eppure la creatura riuscì a rimodellarsi e appiattirsi al terreno con quel suo corpo molliccio e disossato e si mosse con velocità sfuggendo al suo attacco. Nessun problema, aveva pronto sulla lingua un altro incantesimo primordiale, delle saette che partirono dalla punta del bastone in rapida successione. Il demone ne evitò la maggior parte con maestria rimanendo colpito soltanto due volte; una la fece finire addosso a Topo che intanto si era trasformato nella forma d'orso e aveva cominciato a rincorrerlo e ad usare i suoi artigli per acchiapparlo. La saetta che lo colpì lo fece finire disteso privo di sensi a pochi metri da lui. Elmer imprecò: non si sentiva affatto in colpa ma la bestiaccia era stata utile a tenere lontano l'entità. Considerando che voleva il roditore vivo per farci due parole, piantò il bastone a terra e recitò un glifo per tenere lontano il nemico da entrambi.

Ma non fece in tempo.

L'apprendista si vide arrivare addosso un getto di fuoco dalla bocca della creatura ed ebbe solo l'accortezza di proteggersi con le braccia prima di venire buttato giù, con il peso del demone a schiacciarlo. Il bastone era incastrato di traverso nelle fauci del mostro, salvandolo dal divenire pappa di demone, purtroppo l'arma si stava facendo bollente ustionandogli le mani, le spalle erano preda della presa ferrea e fiammeggiante degli artigli infuocati: sentiva la pelle scaldarsi e il bruciore divenire insostenibile, i suoi vestiti prendevano fuoco e l'unica cosa che il suo cervello riusciva a distinguere era il tormento delle sue carni che venivano cotte a puntino strappandogli urla sofferenti.

Non era molto abituato al dolore fisico. Non l'aveva previsto.

«Tenace solo a parole a quanto pare.» comunicò il demone senza l'uso della bocca.

La risata denigratoria che seguì lo riscosse. Odiava quando qualcuno lo prendeva in giro. Usò la rabbia come fonte di energia per distrarsi dal dolore; lo guardò in faccia e desiderò con tutte le sue forze di farlo fuori. La sua forza di volontà era reale, queste erano state le parole di Irving, doveva solo concentrarsi e tenere a bada le sensazioni fisiche del suo corpo come gli era stato insegnato e incanalare le emozioni nella sua magia.

E poi, senza che se ne accorgesse, la rabbia aumentò e la concentrazione si frammentò fino a perdere il suo centro. Vide Greagoir, le sue parole, le sue espressioni, e sentì l'improvvisa voglia abissale di spaccargli la faccia; vide il vecchio volto sporco di sangue distrutto dai suoi pugni. Poi Irving con quel suo eterno sorriso paterno; voleva fargli da padre quando lui un padre ce l'aveva già, un padre con i suoi stessi occhi che lo guardava camminare via rimanendo là a fissarlo sulla porta senza fare niente, niente! Vide suo padre davanti a sé e se stesso allungare mani infuocate verso di lui intrappolandolo in un abbraccio infernale. Suo padre cominciò a gridare.

«NO!»

Scosse la testa, sconvolto, tentando di ripulirla da quella violenza cieca, boccheggiando per ritrovare ossigeno, e impose alla sua mente di focalizzarsi: il demone cercava di distrarlo con illusioni, non doveva capitolare proprio ora! Si fece forza, chiuse gli occhi e mantenne la calma, e più rimaneva saldo più il dolore diminuiva, rendendo tutto più chiaro. Era il momento di usare il cervello.

Ricoprì il bastone dell'elemento ghiaccio, sentì le mani rinfrescarsi e il demone allontanarsi con un ringhio. Non aspettò che si riprendesse e attaccò nuovamente con il ghiaccio. Il demone dell'Ira barcollò e Elmer gli scoccò il colpo finale con una sfera di energia che mise fine al combattimento. La creatura urlò in modo disumano e si insabbiò nella terra.

Ecco fatto. Finito. Vittoria. C'era quasi da chiedersi “tutto qui? Già fatto?”.

Allora perché sentiva di aver dato uno spettacolo al di sotto della sua preparazione?

Con un grugnito si tirò su a fatica e tastò le parti del corpo ustionate. Le ferite non erano miracolosamente guarite, aveva la veste bruciata, le spalle che erano una visione orripilante, le mani ridotte a un macello, eppure non perdeva sangue e il dolore stava diventando un distante pulsare; incredibile quanto la forza di volontà fosse utile nell'Oblio. Per curiosità provò a concentrarsi sulla propria forma per ripristinare il suo aspetto iniziale.

«Ce l'hai fatta, ce l'hai davvero fatta!»

La voce squillante e gioiosa di Topo quasi gli fece venire un infarto.

“Il fottuto sorcio!”

S'era dimenticato del fottuto roditore. Come aveva potuto dimenticarsi del fottuto roditore?!

Si girò lentamente, i denti digrignati, una faccia da spavento, fissandolo con uno sguardo da killer: lui era appena scampato ad una possessione e ad una morte per carbonizzazione ed ecco quest'altro fresco come una rosa senza la minima traccia di sofferenza. La vita era ingiusta, ma adesso toccava a quella piccola feccia, oh se gli toccava.

«Già, evviva me.» replicò con astio stringendo il bastone e facendo mentalmente scorrere senza fretta la lista di incantesimi mortali che avrebbe potuto usare per l'occasione.

Credeva di avere a che fare con uno dalla memoria a breve termine? Oltre al fatto che, se non si fosse stupidamente curato di Topo, non si sarebbe disturbato con un glifo e avrebbe attaccato immediatamente con incantesimi primordiali che gli venivano decisamente più veloci.

«Ora però, piccola schifosa feccia di Oblio, voglio sentire la vera storia dietro quella tua faccia da ratto, se non ti dispiace. Quanti ne hai venduti prima di me? Sei mai stato un apprendista? Sei mai stato umano?»

«Di cosa parli? Certo che sono un apprendista! O almeno credo, io... non ricordo... non so più nemmeno il mio nome... L'Oblio, è questo luogo che ci cambia, che ci consuma dentro! Hai forse dimenticato che i templari hanno distrutto il mio corpo? Come credi mi sia sentito? Hanno ucciso me come hanno fatto con te!»

«Fino a prova contraria io sono ancora vivo, e ne ho abbastanza della tua parte da povera vittima con conveniente amnesia. Che mi dici della tua tunica?»

«Che vuoi dire?»

«Quella che indossi è la tunica dei maghi anziani, non degli apprendisti.»

“Pirla.” aggiunse gongolante tra sé.

Silenzio. Topo lentamente sorrise e il suo sguardo si fece scaltro e superbo. Non rispose e cambiò argomento. Iniziò a camminare attorno al giovane come il gatto che passeggia beffardo attorno al topolino, la sua voce, il suo atteggiamento erano completamente diversi.

“Aspetta un attimo, che sta succedendo?” si chiese mettendosi sulla difensiva.

«Hai sconfitto il demone, hai completato la tua prova. Con le tue capacità col tempo diverrai un maestro incantatore senza eguali. L'ho capito subito.» sussurrò suadente dandogli i brividi. «E forse, in tutta quella grandezza, c'è un piccolo spazio per qualcuno di piccolo e... dimenticato come il sottoscritto. È l'unico modo per me di uscire da qui. Passeremo insieme il confine del Velo, devi solamente permettermelo. Me l'hai promesso.»

«Non credo proprio. Comincio a pensare che quello non fosse il vero demone da affrontare...»

E questa volta non si vergognava di ammettere a se stesso di star cominciando a preoccuparsi sul serio. Il ratto aveva fatto la parte del debole fino a poco fa, ora se ne usciva con un ghigno malvagio e una scaltrezza pericolosa.

«Non essere stupido. Non senti la lama sul tuo collo? Stanno per ammazzarti alla stregua di una carogna! Per i templari sei già morto.» lo incalzò.

«Basta con queste stronzate! Non mi fiderò di te e non ti permetterò mai di oltrepassare il Velo attraverso di me!»

Alzò il bastone pronto a castare un incantesimo, incurante della fatica: secondo il suo modesto parere, la miglior difesa era l'attacco.

«Ah, ragazzo mio.» La voce di Topo cambiò nettamente assumendo una tonalità simile a quella dell'altro demone, un'aura maestosa e schiacciante si irradiò da lui. «Dov'è la tua voglia di schiacciare chi ti è inferiore e ti controlla? Dov'è il tuo orgoglio?»

Sotto i suoi occhi Topo si illuminò e cambiò forma divenendo un essere spaventoso dalla pelle violacea, il volto indefinito e scavato, le orbite luminose di un viola intenso che gli tolsero il fiato e lo lasciarono a bocca aperta per il terrore.

«Tieniti stretto il tuo acume, mago, perché le vere prove non hanno mai fine.»

Quello che prima era stato il sudicio roditore scomparve teletrasportandosi altrove mentre Elmer si sentì improvvisamente svenire.




Note dell'autore
E questo è uno dei capitoli più lunghi che vedrete XD
Non ho voluto suddividerlo perché volevo togliermi dai piedi in fretta questa parte, dato che l'ho fatta molto fedele a quello che accade in gioco e chiunque abbia fatto l'origine da mago la sa a memoria.
Come potete vedere ho cercato di sintetizzare al massimo i dialoghi predefiniti del gioco, che tanto li sappiamo più o meno tutti e rileggerli, beh, sarebbe abbastanza noioso, giusto? Questo è uno dei pezzi dove trovate il maggior numero di frasi prese dal gioco, tranquilli ^^
Approfitto per ringraziare ancora Mikoru per il codice html *-*
  
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