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Autore: Hummingbird    14/04/2012    5 recensioni
Allora avete presente cosa succede quando una fan del royai si mette ad aprire a caso il vocabolario e scrive una storia per ogni parola che trova?
No? Ecco allora leggete questa fic, cento vocaboli (rigorosamente presi a caso) per raccontare cento storie su di loro. Cento.. non uno di più non uno di meno.
Non so perchè era sbagliato l'ordine dei capitoli, ora l'ho aggiustato.
Probabilmente, i primi capitoli li troverete brulicanti di errori ortografici, non fateci caso: appena possibile, li revisionerò tutti quanti...
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Esordire.

 

Per iniziare un discorso, ci sono più fondamentali: parole, intonazioni, propositi e motivazioni. Prima di aprire bocca, ci sono persone che dovrebbero fare un piccolo ripassino mentale...

 

Piano, gli sguardi si cercano e allo stesso tempo provano a sfuggire alla luce a dir poco serafica che passa attraverso le tapparelle dischiuse.

Furtivo, il nostro uomo cercò rifugio dietro una colonna, quasi a voler sfuggire a chi, ormai quotidianamente, rischiava di farlo impazzire; un movimento, un sospiro: non c'è più scampo.

Poi, improvvisamente, due occhi scuri si schiudono in contrasto a quella stessa luce angelica e pura, facendolo annegare nel buio.

Ossidiana nel carbone: due iridi differenti, ma troppo simili per poter essere paragonate...

-Papà, ti ho trovato!-

Risata cristallina, che spezza così semplicemente il silenzio da poter dare fastidio, ma Roy Mustang, il nostro caro alchimista, non potrebbe mai insultare il suo pupillo: Maes Mustang.

Mai stata gioia più grande: l'essere padre, possibilità che sembrava essere davvero lontana da lui stesso, era fantastico; se poi ti ritrovavi ad aver come moglie una delle donne più belle di Amestris... Beh, cos'altro chiedere?!

-Adesso tocca a te contare!- Si lagnò il giovane Mustang.

Roy sorrise, scocciato: il nascondino.

Ma chi mai l'aveva inventato?! Eppure, quando giocava con Riza a villa Hawkeye si divertiva così tanto...

Chi avrebbe mai detto, a distanza di anni, che due bambini cresciuti insieme sarebbero potuti diventare genitori di un angelo come Maes.

Il dolce pargoletto, che ormai aveva tre anni già compiuti, stava letteralmente trascinando suo padre accanto al muro, per non fargli scorgere il suo nascondiglio.

-1...2...3... 10!-

E bravo Mustang, così è facile!

-Maes, io arrivo!- Cercarlo era una pacchia, sapeva dov'era: dentro l'armadio, con il viso nascosto tra i vestiti della madre.

Cinque secondi...Beccato.

Tra le risate, il solletico e le chiacchiere, i pomeriggi volavano.

Un attimo di silenzio, quello necessario a riprendere fiato...

-Papà, tu hai mai tradito la mamma?-

Le labbra di Maes si erano mosse automaticamente, ma non avevo potuto fermare quella domanda innocente, nata da un dubbio inquietante: vedere i genitori dei suoi amici litigare era una fitta al cuore; poi, quando aveva scoperto fortuitamente la parola “tradimento”, aveva quasi sentito un bisogno incombente di chiedere a suo padre se mai avesse commesso quest'errore.

E così, tra un gioco e l'altro, aveva deciso di cominciare un discorso con suo padre, esordendo con quella domanda, che molti avrebbero definito “suicida”.

Roy si girò, cauto, e cercò gli occhi del figlio: erano vitrei, inespressivi; terrorizzati dalla possibile risposta affermativa.

-No-.

Secco, senza incertezze. Maes, ancora così incosciente da non comprendere a pieno il significato della sua stessa domanda, alzò il volto, osservando l'espressione beata del padre.

L'alchimista incrociò le braccia dietro la nuca e si sdraiò sul parquet, come se fosse nulla.

-Vedi Maes, io amo tua madre. Non potrei mai tradirla, e spero che lei lo sappia-

Il bambino, vedendo con quanta sincerità riusciva a rispondere suo padre, si sdraiò sul pavimento, ringraziando il cielo per la fantastica famiglia in cui era nato.

Certo, sua madre e suo padre a volte discutevano, ma finivano sempre per abbracciarsi e ridere; nemmeno fossero due bimbi!

Due occhi ambrati, che avevano seguito tutta la conversazione, erano ormai lucidi e consumati da quel dialogo semplice: dietro la porta del salone, Riza sentiva le lacrime ormai vicine.

Sapeva che Roy non l'avrebbe mai tradita, ma sentir uscire dalla sua bocca quel monosillabo così giusto, “no”, era stata la conferma più dolce che avrebbe mai voluto ottenere.

Così, con passo lento e controllato, avanzò fino ad arrivare al centro della stanza, trovandosi vicino a suo marito, ancora sdraiato. Ignorando la scomodità del parquet, si sdraiò anche lei, allungando un braccio e facendo avvicinare anche il suo bambino.

Eccola là, la famiglia finalmente felice.

E così, da una domanda che non sembrava perfetta per cominciare un discorso, si passa ad un abbraccio, ad un quadretto familiare che sarebbe seriamente da incorniciare.

Perché per esordire in un discorso sincero, serve anche la semplicità e la purezza che appartiene solo ai bambini.

 

 

 

Come back *^* Sono viva!

Ok, dopo aver ricontrollato questo capitolo, spero non ci siano errori.

Mi trovo davanti alla parola “esordire”, che significa “cominciare un discorso”.

La mia mente: Cavolo, l'accendino dov'è quando mi serve?!

Spero vi piaccia, io sono abbastanza convinta di questo capitolo. Fatemi sapere!

  
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