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Autore: ___MoonLight    14/04/2012    4 recensioni
«Tu sei riuscito a creare qualcosa di buono, non solo per te stesso. Qualcosa in cui credi.»
Tony gli riservò solo un ostinato silenzio, al che Bruce esitò.
«Ci credi ancora, vero?»
«Che importanza ha? Ho mandato tutto in fumo,» replicò piattamente lui.
«Sei già rinato dalle ceneri, Tony. Davvero non puoi farlo ancora?»

L'Afghanistan ha segnato Tony e gli ha donato l'opportunità di cambiare in meglio la sua vita. Ma il destino ha tutte le intenzioni di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote, e l'immagine corazzata che si è costruito e dietro la quale tenta di riparare i torti commessi e quelli subiti non è più abbastanza per proteggerlo. Cosa succede quando l'uomo diventa davvero di ferro, anche senza armatura?
[Storia completa e revisionata]
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Heart of steel




"And honey, you should know
That I could never go on without you
Honey you are the rock
Upon which I stand"

[Green Eyes – Coldplay]





26 Febbraio, Villa Stark

«Ne è sicuro, signor Stark?»
«Assolutamente.»
«Glielo chiederò ancora una volta: ha l'assoluta certezza che funzioni, che sia perfetto e che non avrà problemi?»
Tony deglutì, fissando l'intrico di cavi che sporgeva dalla placca di metallo poggiata sulla scrivania e il micro-reattore ancora inerte accanto ad essa. Aveva passato l'ultima settimana a costruire la piastra d'aggancio della protesi, concentrandosi sul punto di giunzione tra il suo braccio e il metallo; era rimasto sveglio intere nottate per essere certo di non tralasciare nulla, neanche il più piccolo dettaglio che potesse causare difficoltà... era sicuro, dannatamente sicuro che funzionasse.
Ciononostante non poté reprimere il brivido di paura che gli percorse la schiena quando rispose:
«Sì.»
Ian annuì, sistemandosi le pieghe dalla giacca: non si fidava così ciecamente di lui, ma aveva imparato che, sebbene avesse un'opinione troppo alta di sé, non avrebbe mai affermato nulla in campo tecnico senza esserne sicuro al cento per cento. O perlomeno convinto.
In quel periodo di progettazione serrata avevano finito per instaurare un rapporto, se non di fiducia, almeno di rispetto reciproco: lui dava per buone le sue supposizioni tecniche e meccaniche e Tony si riponeva completamente nelle mani del medico per la parte anatomica. Tra Tony che stemperava l'atmosfera con la sua battuta pronta e il suo incrollabile ottimismo e Ian che lo teneva a bada con burbera schiettezza e inclemente realismo, avevano formato un team piuttosto equilibrato, arrivando a risultati più che notevoli. Ne era prova la meraviglia biotecnologica dinanzi ai loro occhi.
Ian trasse un respiro profondo:
«Molto bene. Ora non ci resta che applicarla e sperare che tutto vada bene. Quando vuole operarsi?» chiese, aspettandosi già la risposta.
Tony non rispose subito, perso nei suoi pensieri, ma quando parlò lo fece in un tono assolutamente deciso:
«Domani.»
Ian sbuffò: come previsto.
«Domani sarà difficile. Le ricordo che ho ancora una vita al di fuori di qui. E mille pratiche da sbrigare prima di poter lasciare il mio posto al General.»
«Allora il prima possibile.» Tony alzò le spalle a camuffare la sua impazienza.
«Se si sente pronto io non ho problemi a operarla tra tre giorni, durante il finesettimana. Così potrò monitorarla nelle ore immediatamente successive. Ho passato l'ultimo periodo a ripassare ogni singolo passo dell'operazione, e poi posso sempre contare su JARVIS. Anche se degli assistenti in carne ed ossa sarebbero meglio, per un'operazione così delicata,» aggiunse.
«Non sono solo io a spingere per la privacy a tutti i costi...» commentò Tony, in tono lievemente accusatorio.
«Non mi metta in mezzo alle sue beghe governative. Io sono un semplice medico.»
Tony scosse la testa, contrariato. Aveva ricevuto un lapidario specchietto da parte dello SHIELD che gli raccomandava di mantenere "la massima riservatezza" in quel frangente delicato, senza poi spiegare come avrebbe dovuto seguire una direttiva del genere. In realtà si era stupito che non si fossero fatti vivi prima. Pepper stessa sembrava sorpresa dal loro silenzio e gli aveva ribadito di non aver ricevuto ulteriori informazioni da parte loro, ma aveva l'impressione che lo stesse volutamente tenendo all'oscuro di qualcosa. O forse erano semplicemente impegnati a gestire chissà quale minaccia incombente, dinanzi alla quale la sua momentanea inattività passava in secondo piano.
La voce di Ian lo riscosse dai suoi pensieri irritati:
«Posso farcela anche da solo, anche se ci metterò molto più tempo, aumentando i rischi per lei. Deve però assicurarmi la disponibilità dei suoi robot: sono bravo, ma io non ho superpoteri.»
L'occhiataccia di Tony gli bastò per capire quanto il suo commento fosse a sproposito e si schiarì la gola prima di continuare:
«Basta che la signorina Potts si tenga a disposizione in caso di emergenza; non importa se non è qualificata: le dirò io cosa fare se sarà necessario,» spiegò, senza nascondere il suo disappunto.
«Sarà felicissima di prendere parte a un'altra operazione chirurgica poco ortodossa...» commentò Tony, lasciandosi scappare un sorriso sotto i baffi. «I robot sono a sua disposizione, ma si assicuri che distinguano la destra dalla sinistra prima di iniziare a tagliuzzarmi,» sbuffò, in un macabro tentativo d'ironia che Ian non sembrò apprezzare particolarmente. «La ringrazio per aver accettato la mia offerta,» aggiunse poi, più serio.
«Potevo forse rifiutare? Per un lavoro così sono anche disposto a passar sopra a qualche dettaglio poco convenzionale... come un'operazione in casa propria,» commentò Ian con franchezza.
Tony alzò le spalle, come a dire che per lui la stravaganza era la norma.
Era contento di aver offerto quel lavoro a Ian. Era una persona competente e capace, oltre che perfettamente in grado di tenergli testa, ed era proprio quella qualità a valergli la stima che provava nei suoi confronti, nonostante si trovasse spesso in disaccordo con lui. In fin dei conti era lo stesso criterio che aveva adottato nell'assumere Pepper e non si era mai pentito di quella scelta.
Inoltre la sezione biotecnologie mediche delle Stark Industries languiva da un po'. Dopo la chiusura del reparto bellico erano stati costretti ad operare una redistribuzione radicale dei fondi, oltre che ammortizzare la perdita di molti dei loro finanziatori. Tony aveva deciso di puntare sull'energia pulita per rilanciare l'azienda, finendo per trascurare molti dei dipartimenti minori al punto da essere obbligato a congelarne alcuni – rimpiangeva ancora la chiusura della sezione spaziale. Magari il contributo del dottor Mitchell non sarebbe stato decisivo, ma era qualcosa. 
Il medico aveva un curriculum impressionante e risultava come mentore di alcuni dei chirurghi più illustri del Paese: Tony si era chiesto a più riprese perché mai una mente come la sua si limitasse a lavorare al General Hospital di Los Angeles, pur in una posizione di rilievo, piuttosto che in una qualche prestigiosa clinica privata in Svizzera. Fissò l'uomo seduto davanti a lui, ingrigito e dal volto che sembrava scolpito in una tavola di legno in cui fossero state incastonate due acquamarine. 
Per ora, Ian rimaneva per lui un enigma.
«Quante possibilità di successo ho?» chiese all'improvviso, anche per rompere il silenzio che si era protratto un po' troppo a lungo.
Mitchell sembrò prendere per un attimo in considerazione l'idea di mentirgli, poi parve ripensarci.
«Di solito non scoraggio un paziente prima di un intervento, ma trattandosi di un'operazione mai eseguita prima d'ora...» s'interruppe, titubante. «Il 45% circa. Né più né meno.»
Tony si aspettava una cifra simile, ma fu comunque un duro colpo.
«La prego, continui a parlare nella mia lingua: probabilità di rigetto e di decesso?» chiese, sforzandosi di mantenere la calma.
«Rigetto più o meno 60%... forse 65. Morte, fortunatamente, sotto al 30%.»
«Fortunatamente? Non capisco nulla di medicina, ma di statistiche ne so qualcosa: è comunque molto alta. Esattamente, cosa potrebbe andar storto?»
«Mille cose, e lo sa bene, ma a meno che non le recida per sbaglio un arteria il rischio più grande è che si infetti la ferita; allora bisognerebbe riempirla di antibiotici o, in casi estremi, asportare e reimpiantare la protesi. Idem, se non peggio, se il suo corpo non dovesse accettarla come tale. Dobbiamo anche sperare che in seguito l'osteointegrazione degli agganci in titanio faccia il suo corso.»
Tony si mosse nervosamente sulla sedia, irrequieto.
«Molto bene... cioè, male. Insomma, detesto non avere la situazione sotto controllo. Non che così cambi qualcosa, ma sapere a cosa vado incontro è già un passo avanti.»
Ci fu un'altra pausa, durante la quale Tony fissò intensamente la protesi e il micro-reattore, come se così potesse svelarne gli eventuali difetti.
Nel suo studio, probabilmente la stanza meno utilizzata a Villa Stark, scese un silenzio interrotto solo dal ticchettio dell'orologio a muro. Tony guardò nervoso fuori dalla vetrata e seguì il profilo della costa californiana che si perdeva all'orizzonte, in cerca di una calma che stentava a trovare.
«Pepper lo sa? Intendo, riguardo alle possibilità di successo,» si decise a chiedere.
«Non ancora, devo...»
«Perfetto, non glielo dica. È già abbastanza preoccupata e si infurierà quando le dirò che mi opero così presto,» commentò, passandosi la mano sul volto tirato.
Ian evitò di rispondere, ma era chiaramente in disaccordo con quella decisione. D'altronde, la parola del paziente era legge. Si alzò dalla sedia sgranchendosi le gambe e prese la piastra d'aggancio e il micro-reattore con accortezza.
«Vuole che la chiami e la informi almeno dell'operazione?» si offrì, volendo diminuire lo stress per Tony: un accumulo di tensione in quei giorni avrebbe potuto ostacolare l'anestesia totale.
«Magari glielo accenni e le dica di venire qui... provvederò io a spiegarle tutto nei particolari. Grazie,» aggiunse in ritardo, ma il medico era già uscito.
"E ora, un bel sorriso. Magari non la prenderà così male."


***


«Il reattore le ha fritto il cervello?»
«Ancora no, per fortuna. Le assicuro che sono nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, un po' meno di quelle fisiche.»
Pepper si morse il labbro, angosciata; ogni suo gesto esprimeva preoccupazione, ansia e nervosismo. Ponderò per un secondo se prenderla in giro per questo, ma ci ripensò rapidamente capendo che farlo sarebbe stato solo crudele da parte sua.
«Pepper, mi sento pronto. Non come vorrei, questo no, ma sono abbastanza calmo per farmi operare tra pochi giorni. Se aspettassi ancora non so come potrei reagire. Forse con un attacco di panico, non lo so. Cerchi di capirmi,» aggiunse intensamente, tentando di catturare il suo sguardo, ma lei continuava a sfuggirlo.
La donna si appoggiò alla scrivania dietro di sé, fissando il pavimento di parquet lucido e stringendo le braccia attorno al proprio corpo come per impedirsi di crollare come un castello di carte. Tony si sporse appena dalla sedia a rotelle, ma era troppo lontano per raggiungerla e fece per rinunciare. Pepper però colse il suo movimento e si accostò appena a lui per permettergli di sfiorarle il braccio, in un gesto che lui sperò fosse rassicurante.
La donna scosse appena la testa, tormentandosi le mani. Era impallidita e Tony riusciva a vedere chiaramente ciascuna delle lentiggini che le costellavano il volto fine. Non riuscì a distogliere lo sguardo. Si rese conto di quanto la stesse facendo preoccupare e di cosa doveva essere stato per lei quel periodo. Aumentò appena la presa sul suo braccio e quello parve riscuoterla; posò una mano su quella di Tony sua, riuscendo finalmente a esprimersi:
«Non può operarsi adesso, è tutto troppo affrettato. Non è pronto, non credo proprio che lei sia pronto per una cosa simile,» disse d'un fiato, parlando con impeto e gesticolando molto, come le capitava sempre quando era agitata.
Tony scosse la testa con un mezzo sorriso.
«È lei che non è pronta,» disse, prendendola in contropiede.
Capiva perfettamente la sua posizione: aveva rischiato troppe volte di perderlo, e sapevano entrambi di non avere nessuno se non l'altro.
«No,» ammise lei. «Non sono pronta a vederla morire sotto i ferri o per qualunque altro motivo, come non ero pronta un anno fa quando...» si lasciò sfuggire, interrompendosi di colpo nel realizzare ciò che stava per dire.
«Pepper...» lo sguardo di Tony si fece improvvisamente più cupo: non voleva che pensasse a quello.
Non era giusto che quell'evento tormentasse anche lei.
«Mi dispiace, non volevo...»
«Va tutto bene, Pep. Anzi, visto che parla dell'Afghanistan...» esitò brevemente per scrutare la sua reazione, concludendo che fosse abbastanza calma per continuare: «... insomma, non vorrei peggiorare la situazione ma là ho affrontato di peggio: mi hanno operato a cuore aperto, senza anestesia e con degli strumenti chirurgici medievali. E sono ancora vivo,» disse d'un fiato, pentendosi di aver voluto continuare per forza.
Non riusciva ancora a parlarne con leggerezza senza sentire una punta di disagio in fondo allo stomaco. Dovette prendere un grosso respiro per calmarsi, ma riuscì a sfoggiare la sua solita aria spavalda.
«Andrà tutto bene: non muoio così facilmente.»
Le fece l'occhiolino, cercando di infonderle un po’ di coraggio anche se era lui il primo ad averne bisogno. La donna non sembrò affatto convinta, ma gli strinse la mano tra le sue, in un tentativo di incoraggiarsi a vicenda.
«Non mi preoccupa solo l'operazione. Anche il... il dopo,» confessò infine Pepper, lasciando intendere il resto.
«Vedo che Ian l'ha comunque informata,» commentò lui seccato.
«Ho minacciato di impedirgli l'operazione se non mi avesse detto chiaramente quali erano i rischi. E lei dovrebbe sapere che non può nascondermi nulla.»
Tentò un sorrisetto nervoso senza molto successo e Tony lo ricambiò con spontaneità: tipico di Pepper. Riusciva ad essere terrificante, quando voleva. E lui lo sapeva molto bene.
Pepper fece per tornare a tormentarsi inconsciamente le mani, ma Tony la trattenne con fermezza, intrecciando le dita alle sue per impedirglielo, pur consapevole dell'estraneità di quel gesto nel loro rapporto. Intuì lo sguardo perplesso di Pepper posarsi su di lui, ma lo sfuggì, concentrandosi sulla gamba dei suoi pantaloni vuota e annodata all'altezza del ginocchio. Lei non si sottrasse al contatto e Tony si sentì stupidamente felice.
«Si impianterà tutto il braccio?» chiese infine Pepper per rompere quel silenzio, e sciolse infine la stretta che la univa alla mano di Tony; lui la lasciò andare subito, ritraendosi un po' a malincuore.
«No, solo la piastra di base, quella che si collega ai nervi, e il micro-reattore. Il resto lo impianterò dopo da solo,» spiegò poi con disinvoltura; mentre parlava fece un cenno verso la propria spalla mutilata. «Ah, un'altra cosa che la farà infuriare,» aggiunse, sbirciando di sottecchi lo sguardo ora esasperato della donna. «Non mi operano in ospedale. Si ricorda la stanza inutile?»
«L'ex-camera di suo padre?»
«Esatto... eviterebbe di pronunciare la parola "padre"? Lo sa che mi irrita. Comunque, dovrà essere smantellata e sterilizzata da cima a fondo in modo che sia linda e pinta entro venerdì. Basterà equipaggiarla con le apparecchiature mediche che avevamo ordinato tempo fa e sarà una sala operatoria funzionale in tutto e per tutto. Almeno è servita a qualcosa, alla fine,» commentò acido, senza riuscire a trattenersi. «Entro lunedì potrò iniziare a lavorare sul serio,» concluse poi sorridendo ottimisticamente.
Parlava come se niente fosse, sovrappensiero. Pepper lo osservò con attenzione, cercando di leggere la sua espressione impertinente, ma oltre intravide solo una serena noncuranza.
Non sembrava veramente preoccupato, e forse era quello che preoccupava di più lei.


***


29 Febbraio, Villa Stark

«Signor Stark, se è pronto possiamo cominciare l'anestesia. Si assicuri di essere calmo e rilassato, o potrebbero sorgere complicazioni,» lo informò Ian, facendosi loro incontro con una flebo per nulla rassicurante in mano.
«Ricevuto. Sono calmissimo,» lo rassicurò lui.
Pepper lo fissò esitante.
«Sono pronto,» le ribadì Tony, con una sicurezza che non sentiva sua.
L'ago fece più male di quanto si fosse aspettato, tanto che gli strappò un'esclamazione di sorpresa, più che di dolore. Sentì subito il braccio intorpidirsi e un velo freddo che gli avvolgeva il resto del corpo. Non percepiva già più la flebo.
«Dovrebbe addormentarsi entro dieci minuti al massimo. Non si agiti, deve abbandonarsi al sonno,» lo avvertì Ian, notando lo sguardo di puro panico che Tony rivolse a Pepper.
Ian indossava mantellina e grembriule sterili, mascherina e cuffia; solo i suoi occhi azzurri schermati dagli occhiali erano visibili, e si fissarono penetranti su di lui.
«Io sono di là, sterilizzo gli strumenti, controllo che sia tutto in ordine e torno. Signorina Potts, si assicuri che stia calmo e tenga a portata di mano l'abbigliamento chirurgico: non si sa mai,» le ingiunse a voce più bassa, sparendo oltre la porta a tenuta stagna che Tony aveva fatto installare a tempo record.
Pepper sperò con tutto il cuore che Ian non avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Non era assolutamente in grado di affrontare la visione di Tony sotto i ferri.
Questi era sdraiato sulla brandina, con un panno a coprire fianchi e inguine e lo sguardo rivolto al soffitto. Respirava affannosamente e non sembrava affatto sul punto di addormentarsi. Pepper spostò la sedia accanto a lui, senza cercare di nascondere la sua ansia, ma quando vide che era più teso che mai assunse un'espressione che sperava fosse rassicurante. Gli strinse la mano, sperando che la sentisse ancora, e lui ricambiò la stretta con forza, come aggrappandosi a lei.
«Non funzionerà. Andrà storto qualcosa, me lo sento... ho sbagliato sicuramente qualche calcolo,» sussurrò concitato, sentendosi invadere dalla paura che trapelava dal velo allentato del proprio autocontrollo.
«Tony Stark che dubita della sua genialità?» chiese ironica Pepper, cercando di tranquillizzarlo e di tranquillizzare anche se stessa. «Non ha sbagliato niente; non ricordo sinceramente una sola volta in cui abbia sbagliato qualcosa nel suo campo,» ribattè lei, decisa, ma le sue parole non parvero fare effetto.
«Ma che mi è venuto in mente? Potevo vivere benissimo anche senza quest'assurda idea delle protesi... mi sento una cavia da laboratorio! Dannazione, sono un idiota!» imprecò, tremante.
Stavolta Pepper si accigliò. Forse il sedativo lo stava disinibendo più di quanto si stesse rendendo conto, e si chiese se quello che stava parlando fosse il vero Tony, quello che aveva intravisto solo raramente oltre la sua maschera di spavalderia.
«Lei ha la possibilità di ricostruirsi una vita, al contrario di molta altra gente: non la getti via così alla leggera,» lo rimproverò infine.
Tony emise un sospiro sibilante, annuendo appena.
«Giusto. Ho... ho fatto una promessa,» farfugliò, e per un attimo non sembrò neanche essere cosciente di dove fosse. «Ormai non posso tirarmi indietro,» mormorò appena, sentendosi chiudere l'occhio man mano che il sedativo faceva effetto. «Se penso che dovrò rifarlo anche per la gamba...» rabbrividì, non sapendo se ne avrebbe avuto il coraggio e, soprattutto, se ne sarebbe stato in grado.
Spostò lo sguardo appannato su Pepper e si sentì crudele per lasciarsi andare a simili scenate di panico davanti a lei: la stava solo facendo soffrire. Si impose, per l'ennesima volta, la calma, anche se già si sentiva fluttuare in uno strano limbo di grigia oscurità.
Era semplice, dopotutto: doveva solo addormentarsi e poi si sarebbe risvegliato senza problemi, cercò di autoconvincersi. E se anche non si fosse risvegliato, non si sarebbe comunque accorto di nulla.
Giusto?
«Signorina Potts... la proposta di trasferirsi qui in pianta stabile è ancora valida,» sorrise a fatica, tentando di distrarsi da quello che stava per accadere.
Pepper sembrò per un momento spiazzata dal repentino cambio di tono e argomento, ma poi assunse un'espressione più tranquilla.
«Credo proprio che accetterò, signor Stark, ma...»
«Avrà una sua camera, non si preoccupi,» la anticipò con un debole sogghigno ironico. «Basta che quando mi sveglio lei sia qui,» aggiunse piano, come parlando da una grande distanza e chiedendosi se il sedativo non lo stesse facendo delirare.
Pepper per tutta risposta gli strinse un po' più forte la mano.
Ian rientrò in quel momento, armato di una torcetta elettrica. Si avvicinò a Tony e gliela puntò nell'occhio, osservando la pupilla, che reagì debolmente alla luce.
«Ho freddo...» bofonchiò Tony; sembrava momentaneamente distaccato dalla realtà e aveva l'occhio semichiuso.
Mormorò qualche altra frase sconnessa, prima di addormentarsi docilmente e con un'espressione serena sul volto. Ian lo trasferì con attenzione in sala operatoria, rivolgendo un cenno d'intesa a Pepper. Lei si sedette di nuovo, poggiando il viso tra le mani e preparandosi a una lunga attesa.


***


«Non va bene! Non va affatto bene! Lo sta rigettando! Il bisturi cinque, Potts, il cinque!»
«Mitchell, il reattore sta...»
«Mi dia quel bisturi! Tamponi qui e prema forte! Non lasci o lo perdiamo!»
«Il cuore! Mitchell!»
«No...»
«Tony!»


***


Non era così male essere in anestesia totale, riflettè Tony da qualche parte tra la realtà e l'oblio. L'oscurità era di tanto in tanto inframmezzata da un lampo blu. Non capiva se fosse sveglio o meno. Era sospeso in una dimensione di passaggio non meglio identificata, simile al coma, ma meno profondo. Poteva anche essere morto da quel che riusciva a sentire, cioè niente. Era come scivolare in un pacifico dormiveglia.
Percepì un barlume di coscienza.
"Dove sono?"


***

Luce. Luce ovunque, così forte da trapassargli gli occhi; la sentiva quasi brillare nella mente, per quanto era intensa. Poi arrivò il dolore, smorzato e soffuso, ma costante. Le macchie di colore che gli danzavano davanti agli occhi assunsero contorni più definiti, e fu in grado di distinguere... un volto?
«Pepper...» rantolò a fatica, ricollegando la chiazza rossastra ai i suoi capelli.
Gli sembrò che stesse sorridendo, ma tutto era ancora sfocato... e gli girava la testa come una trottola impazzita. Sentì la sua voce, distorta e lontana; gli ferì le orecchie e sentì l'istinto di tapparsele, se solo avesse capito dov'era il resto del suo corpo.
"Sono vivo," realizzò in ritardo, quando finalmente avvertì una lontana percezione di sé.
La vista gli si schiarì un poco, e riconobbe il soffitto della sua stanza. Mosse la testa, felice di riuscirci, e scoprì di avere una flebo piantata nel braccio, così evitò di muoversi troppo.
"Dov'è andata...?"
Si guardò intorno confuso e la vide rientrare di corsa nella stanza per sedersi accanto a lui sul letto. Stava dicendo qualcosa, ma le parole erano un'accozzaglia indistinguibile di suoni. Lei dovette rendersi conto che era ancora in stato confusionale, perché smise di parlare, limitandosi a rivolgergli un sorriso raggiante. Tony udì un fischio acuto e fu come se qualcuno avesse finalmente deciso di restituirgli l'udito; strizzò l'occhio, assordato, poi riportò lo sguardo su Pepper restituendole spontaneo il sorriso, ancora un po' intontito.
«Sono vivo!» esclamò con voce gracchiante e stupendosi della sua stessa vitalità, nonostante fosse continuamente assalito dalle vertigini.
«Sì. Sì, è vivo, per fortuna...» disse Pepper con voce un po' rotta dall'emozione.
«Cosa è successo? È andato tutto bene?»
«Sì, è andato bene. Ma ha rischiato tanto... veramente tanto,» mormorò Pepper, improvvisamente seria.
«Ci sono state complicazioni?»
«Molte. Il micro-reattore ha interferito col reattore principale appena Ian l'ha impiantato. Ha rischiato di rigettarlo.»
«Non l'avevo previsto; non... non sarebbe dovuto accadere, il micro-reattore è troppo piccolo per...» gli finì il fiato e dovette fermarsi per riprendere il controllo della sua bocca impastata.
Faticava a decifrare ciò che gli stava dicendo Pepper.
«... poi si è stabilizzato, ma ha avuto un arresto cardiaco. Abbiamo davvero temuto di perderla.»
Tony riuscì ad avere un moto di sorpresa nonostante la spossatezza che sentiva.
«Lei era lì?» mormorò incredulo.
«Ho dovuto aiutare Mitchell; da solo non ce l'avrebbe fatta.»
Tony non poté fare altro che guardarla con sguardo perso, ammirato e allo stesso tempo senza parole. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, per poi rassegnarsi a rivolgerle un semplice, enorme sorriso di gratitudine.
Trovò solo allora il coraggio di guardarsi il moncherino: la piastra metallica che era la base della protesi sembrava aderire perfettamente alla sua pelle, circondata da una fasciatura che nascondeva i punti di sutura esterni. C'era una medicazione che copriva l'estremità distale della clavicola, dove immaginò fosse impiantato il micro-arc.
«Ce l'ha fatta...» mormorò incredulo, sfiorando il bordo metallico con i polpastrelli.
«Anche lei,» lo corresse Pepper, con il sorriso che non riusciva ad abbandonare le sue labbra e gli occhi un po' lucidi.
Tony si sarebbe messo a ridere e urlare dalla felicità se solo ne avesse avuta la forza, ma era veramente esausto, così si limitò ad emettere una risatina, soffocata in un accesso di tosse.
«Gliel'ho detto che ce l'avrei fatta; dovrebbe imparare a fidarsi di me,» commentò con un mezzo ghigno sicuro di sé.
Pepper scosse la testa senza sapere come esprimere il proprio sollievo, ma Tony lo fece al posto suo: ignorando il dolore, si sollevò a sedere e catturò Pepper in un abbraccio improvviso, stringendola a sé col braccio sano e ignorando la sua esclamazione di sorpresa.
Fece male, dannatamente male, ma si sentì scoppiare di gioia quando udì la risata spontanea e un po' rotta dalle lacrime di Pepper risuonargli nel petto.




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Revisione effettuata il 15/02/2018
 

Note Delle Autrici:

Ta-daaa, siamo di nuovo qua. Contente? u.u *parte coro di fischi* coffcoff, comunque, non ci stanchiamo mai di tormentare Tony... non si era notato eh? Ma, dopotutto, adesso sarà felice per un po'... e ora arriveranno gli altri problemi! :D
Dunque, ci siamo date a un fluff spaventoso... speriamo di non aver esagerato ^^'
Ringraziamo come sempre alliearthur, Rogue92 e sofy96 che hanno recensito gli scorsi capitoli <3

Alla prossima! :D

Moon&Light


P.S. Piccola precisazione: Pepper aiuta Mitchell nell'operazione, ma non partecipa in prima persona. Ci spieghiamo: gli passa solo gli strumenti, controlla le apparecchiature e ferma il sangue (insomma, non impugna bisturi e roba varia, sarebbe ridicolo). Per tutto il resto... c'è JARVIS & la sospensione dell'incredulità :D

 



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