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Autore: aamazayn    14/04/2012    6 recensioni
«Ah, si, meglio che vada» Ragionò, tirandosi su dal letto, avanzando a grandi passi verso la porta.
Abbassai lo sguardo, stringendo le mani nei pugni.
«Questa dovrebbe essere la parte dove tu mi fermi, e mi dici che non mi vuoi lasciare» Si girò lui, sorridendo.
«Tu guardi troppo Hannah Montana» Risi, vedendolo avvicinarsi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'And as I walk up to your door
My head turns to face the floor
Cause I can't look you in the eyes and say'
 
Zayn
Tuesday, April 14th, 02:23 a.m


'..Vorrei parlare con te, Zayn, al più presto, spero che tu non ignori questo messaggio. Se vuoi passare domani mattina sono a casa, grazie'
Rintracciai il tasto della segreteria, nel buio, e riascoltai il messaggio.
Ero quasi certo che fosse un sogno, oppure un incubo. Peccato che non stavo sognando, proprio per niente. Lo stomaco mi si stava schiacciando contro la spina dorsale. 
Però, siccome non riuscivo bene a mentire nemmeno a me stesso, decisi di pizzicarmi il dorso della mano, controllando.
Rimasi sveglio, come prima, con gli occhi puntati sul soffitto scuro.
Del resto poteva essere uno scherzo, no? Uno di quelli di pessimo gusto, certo.
Affondai la mano sotto il cuscino senza pensarci, mentre una voce roca e abbattuta continuava a ripetersi nella mia stanza. 
Erano ormai le due del mattino passate, ma io continuavo a rimanere sveglio. La voce scandì il mio nome con deferenza, e io avevo la senzazione di stare sbiancando, sempre di più. Ma era notte, nessuno poteva vedermi. 
Perchè non dormivo? Perchè non lo stavo facendo come ogni sana persona normale?
Faticavo a tenere tutti quei pensieri insieme nella testa, ecco perchè. Sopratutto, perchè non riuscivo a conciliare il fatto che il padre della mia ragazza, che mi odiava profondamente, volesse vedermi, parlare, coversare con me. 
Rabbrivi di colpo. 
Be', aveva senso, probabilmente mi voleva cacciare dal paese, oppure mi avrebbe preso a badilate nel momento più oppurtuno. Fatto stava che voleva vedermi e io avevo paura, una terrificante paura di lui.

 
 
Tuesday, April 14th, 9:34 a.m
 
Giocherellai con il volante, mentre aspettavo che uno dei due semafori della città diventasse verde. Diedi un occhiata a sinistra e brontolai. 
Che cosa diamine stavo facendo? Hope mi avrebbe ucciso.. Naturalmente, se non l'avrebbe fatto prima suo padre.
Scattò il verde e nella fretta, accellerai più del dovuto, schiacciando il piede con forza e guidai fino alla mia destinazione. 
Riuscii a raggiungere il mio traguardo dopo pochi minuti; dopo essere sceso dal mio pickup mi guardai intorno, notando con sollievo che il viale era deserto. 
La casa di Hope si trovava in una tranquilla strada privata, aveva le persiane azzurre e una bandiera inglese che sventolava dal tetto, così da quando l'avevo vista la prima volta.
Sorrisi leggermente, davanti all'ingresso, prima di ritrarre la mano con cui avrei voluto bussato, se l'avessi fatto. Non ero certo della situazione, peccato però che bussai tre volte instintivamente. Che idiota.
Charlie, il padre della mia ragazza, sbucò da dietro la porta e cercò di non fare smorfie nel vedermi sulla soglia. 
«Ciao, come va?» 
Benchè la domanda fosse chiara, non risposi, lui si fece da parte e io entrai nella casa.
«Buongiorno, ho letto il suo messaggio» dissi, dopo un momento di silenzio.
«A quanto pare, siediti ragazzo» 
Risultò sforzarsi nel guardami meno torvo di quanto avesse voluto fare. Di solito si sedeva sulla poltrona, mentre si affiancò al tavolo e io lo seguii, drizzando le spalle.
«Volevo parlarti di mia figlia, ma credo che il discorso sia abbastanza chiaro Per un breve instante, la situazione si affievolì – Sai, ragazzo, siete molto ingenui voi due» 
Ecco fatto, come non detto.
«Che intende dire?» 
«Secondo te non vi ho visto tutte quelle sere? Non vedo mia figlia uscire con te?» Mi chiese con tono calmo e pacato. Non risposi, e lui continuò.
Fece una breve risata. Diverente, certo.
«Quando Hope era piccola, mi parlava spesso di quanto amasse il teatro. Provavamo scene di recitazione quasi tutte le sere, e così decidemmo di voler espandere il suo talento Tossì più volte La Helgton, come scuola teatrale, ci sembrava ottima per la sua dote»
La Helgton? Che c'entrava?
«Ti chiederai che c'entra questo con te. Dista da qui 745 chilometri»
Invece, malgrado la mia confusione, capì il tutto.
Era proprio quello il punto, la distanza. Sapevo bene ciò che voleva dire, e sapevo che cosa aveva avuto intenzione di fare. 
«Se quello che ho fatto hai pensato che sia sbagliato, te ne posso dare conto. Ma so quanto ci tiene Hope, sono suo padre dopotutto, e so quanto ci tiene a te. E' sbagliato rischiare di perdere tutto, soprattutto per il premio»
Il suo discorso non faceva una piega, forse l'unico sbaglio in tutto quello ero io. Non potevo di certo rovinare tutto. Toccava a lui, a lei, decidere. Non a me. 
Sospirai, accennando lo sguardo di Charile su di me. In quel momento, quando i nostri due sguardi si incrociarono capì il perchè ero li, quello che mi voleva chiedere, quello che dovevo fare.
«Me ne vado» Sbottai, alzandomi di scatto e dirigendomi verso la porta.
Ignorai le sue parole, ignorai la pioggia che ormai batteva contro il mio corpo. 
Sbattei gli occhi più volte, annebbiati, piangevo forse ma non ne ero così certo. Raggiunsi l'auto grigia mentre lo sfondo era in confusione e in perenne cambiamento. Vedevo, nella mia testa, me e Hope, sempre io e lei. La sua risata, il suo profumo, le sue parole, e le mie promesse.
Che dovevo fare?! Che cazzo dovevo fare?!
Buttai le mani sul volante, e la testa pure. Piangevo si, ma dovevo andarmene da lì. 
Nella fretta di fuggire affondai il piede sull'accelleratore, e nel silenzio, riuscivo solo a sentire le mie lacrime scendere. Probabilmente, con la velocità che stavo acquistando, sarei andato a sbattere. Ma non mi importava, l'unica cosa davvero importante era Hope, e il suo futuro. 
Io che avevo da offrile?
Poc corn e film? Davvero? 
Il dolore era stravolgente. Proprio così, non capivo, non trovavo un senso al fatto che stavo bene fino a nemmeno venti minuti prima, e in quel momento, dovevo terminare tutto, la nostra relazione doveva finire. 
La realtà era che sapevo che fare.
La realtà era che di futuro non doveva essercene per me, con lei.
La realtà era lei, io, suo padre.
La realtà era il teatro.
La realtà era la mia vita, le differenze, le mie stupide scelte.
La realtà era che riuscivo solo a precepire il mio corpo divincolarsi ma non riuscivo a muovermi dal dolore, dai pensieri, dalla mia vita.
La realtà, quella vera, quella triste, quella che disprezzavo, era sopraggiunta troppo in fretta, e io non riuscivo più a controllarla.
 
 
 
Thursday April 16th, 11:57
 
Non era più solo un incubo; i pini neri parevano avanzarsi verso di me, mentre sfrecciavo sull'asfalto. Parcheggiai lontanto, come mio solito.
Tutte tecniche che avevamo progettato insieme.
Una sagoma della casa con le tendine blu incombeva sempre più vicina a me, e i pini si agitavano appena, quando me la trovai davanti. Scavalcai la spiepe, aggrappandomi al pezzo di ferro che sbucava dal muro e raggiunsi il balcone, quel balcone. 
E poi, come un lambo, la scena cambiò. Non c'eravamo più io e lei sdraiati lì a vedere le stelle, c'era solo un disastro che stavo per compiere. 
Strinsi le mani fino a toccarmi le unghie con i palmi, doloranti per i troppi pugni che avevo afflitto al muro nel panico. 
Scossi i vetri, e la mia vista si affilò, all'improvviso tutto si fece più chiaro, mentre una figura piombò davanti a me.
Hope non piangeva, ma faceva dei grossi respiri veloci, spaventati.
Tutto era perfetto, ma poi una piccola cosa, irrilevamente, era andata storta.
«Pensi che ti farò entare davvero?»
Ero io quello che non riusciva a respirare, contorsi le labbra a muoversi, le bolle d'aria a trasformarsi in sussurri sulla mia lingua. 
«Non voglio entrare, infatti»
 


















Non potete immaginare quanto sia stato difficile per me scrivere questo capitolo,
per farvi risultare tutte le cose alla massima chiarezza, e spero che qualcosina l'abbiate capito.
Sono tipo in una fase 'depressayoh' perchè mi dispiace ahahah
Dovete immaginarvi me che vado da mia sorella triste e sconsolata e le leggo il capitolo ahah
Detto questo, volevo rubarvi cinque secondi per ringraziarvi:
siete davvero davvero davvero gentili, secondo me vi pagano per tutto quello che mi scrivete :') Anche se non ho capito se vi piace la storia o no ahahah
mi tirate su di morale, e mi fate stare meglio, quuuindi GRAZIE!
Spero davvero che ora vi sia più chiaro....
Ora sicuro mi trovo a leggere: 'non ho capito nulla lo stesso' ahahah
benissimo, non scoraggiamoci :')
stay strong, sempre e comunque, no?
ancora grazie mille, vi voglio bene!
cèc :)
 
p.s non per dire eh, ma ho pubblicato il capitolo esattamente oggi per la data giusta (14 aprile) ahahah sono molto soddisfatta :')
  
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