7)
Veritasserum
“Dove
vai Potter?” Chiese Daria al compagno, vedendolo
allontanarsi. La prova era
appena finita e, nonostante Vitious li avesse congedati, molti degli
studenti
erano ancora in Sala Grande.
“A
parlare con Amy e mettere in atto il tuo piano”. Le rispose
il ragazzo
continuando a camminare. Daria lo afferrò per un braccio,
bloccandolo e
costringendolo a voltarsi verso di lei. “L’effetto
del Veritasserum non è
ancora finito. Se tu vai a parlarle ora, non riuscirai a mentirle e lei
saprà
la verità”.
Potter
spalancò gli occhi verdi e si sbatté una mano sul
viso. “Non l’avevo
realizzato, grazie. È meglio se vado a chiudermi in camera
con Scorpius e non
esco finché questa pozione non ha finito di fare effetto. A
proposito” aggiunse
allungando il collo “l’hai visto?”
“No.
Non vedo nemmeno Rose..” Si voltò e
alzò sulle punte, aguzzando la vista alla
ricerca dei loro amici scomparsi. Notò una chioma bionda
avanzare nella loro
direzione e si voltò nuovamente verso il Grifondoro.
“In compenso però vedo la
tua ragazza venire verso di noi”.
Lui
strabuzzò nuovamente gli occhi, vagamente spaventato.
“E ora? Verrà a cercarmi
anche in camera, se non mi trova qui. Sa la parola
d’ordine”.
Daria
rifletté per qualche secondo, poi le venne
un’idea. “Vieni con me”. Lo
afferrò
per un braccio e lo trascinò via, fuori dalla Sala Grande.
Percorsero il
corridoio principale per alcuni metri, poi lei lo tirò
dentro ad un passaggio
segreto, che James le aveva mostrato anni prima. Quel ragazzo aveva la
sua
indubbia utilità e competenza in certi campi e uscire dalle
regole era il primo
della lista.
“Dove
stiamo andando?” chiese Potter affiancandola.
“Stanza
delle Necessità. Possiamo stare lì
finché l’effetto della pozione non
svanisce”.
“Buona
idea”. Il ragazzo si aprì in un sorriso sincero e
bellissimo. “Grazie, De Lupo.
Davvero”.
“Daria”.
“Eh?”
fece lui confuso.
“Ehm..
puoi chiamarmi Daria, se ti va..”
Lui
riprese a sorridere “Mi correggo: grazie, Daria.
Davvero”.
Lei
sorrise a sua volta “Prego, Albus”.
Camminarono
per qualche minuto in silenzio, poi lui le chiese. “Posso
sapere perché hai
deciso di chiamarmi per nome e permettermi di farlo? Noi ci conosciamo
veramente solo da poco eppure me lo permetti già, mentre se
non sbaglio Scorp
ci ha messo un sacco ad ottenere il permesso e le tue compagne di
stanza, la
Goyle e la Cartwright, non l’hanno mai avuto”.
“Ci
conosciamo da poco, è vero”. Gli concesse lei,
“Però non puoi dire che non sia
stato tanto il tempo che abbiamo trascorso insieme nonostante
ciò. Ho passato
più tempo con te nell’ultimo periodo che con tuo
fratello, il mio migliore
amico, e mi sono divertita, in più oggi mi sono resa conto
di considerarti.. un
amico, ecco.. e quindi mi è sembrato giusto chiamarti per
nome, perché i miei
amici li chiamo tutti per nome.” Strinse le mani appena le
mani tra loro,
leggermente a disagio: aiutare gli amici era una cosa, dire e spiegare
ad un
ragazzo, che non era James, di considerarlo un amico, facendogli capire
di
tenere, in qualche modo, a lui, era tutt’altra.
“Con
Scorpius ci ho messo un po’ perché non volevo
né fare un torto a Rose, né che
lui si montasse troppo la testa. Le due oche, invece, non le ho mai
considerate
mie amiche, nemmeno per sbaglio”.
“Mi
fa piacere.. cioè non che tu non sia amica delle tue
compagne di stanza.. mi fa
piacere che tu sia amica mia”. Si affretto a spiegare Al.
Daria
lo rassicurò subito con un sorriso “Avevo
capito”.
Lui
annuì, più rilassato. “ Anche io mi
sono divertito con te e ti considero
un’amica, ormai. E come potrei non farlo? Mi hai aiutato un
sacco in diverse
occasioni, anche quando amici non lo eravamo ancora, anzi.”
Lei
si fermò e gli tese la mano “Allora,
amici?”
Lui
sorrise e la strinse “Amici”. La Serpeverde
annuì sorridendo, poi interruppero
il contatto e ricominciarono a camminare.
“C’è
un’altra cosa che mi piacerebbe sapere, ma ho paura che ti
arrabbierai”.
“Paura?
Che Grifondoro sei?” fece lei scherzosamente. “Vai
tranquillo, non sono mica
Rose, io mi arrabbio raramente, lo sai. Troppo faticoso”.
“Come
vuoi, però io ti ho avvertita..” Ci fu una piccola
pausa poi Albus riprese: “Uno
dei motivi per cui non mi andavi a genio era la tua amicizia con Rose.
Vedi, io
pensavo che tu fossi sua amica solo per pietà. Credevo che,
siccome sapevi che
lei era sola, ti facesse pena e avessi deciso di concederle la tua
amicizia, un
po’ come una persona ricca che fa l’elemosina solo
per mettersi in pace la
coscienza, ma continua a guardare con sufficienza le persone
più povere. Ne ero
fermamente convinto e temevo che l’avresti abbandonata,
facendole del male,
come gliene ho fatto io. Quindi
ti
odiavo parecchio, con un astio profondo che non ha nulla a che vedere
con
l’antipatia marcata che Rose e Scorpius chiamano odio
”.
Daria,
che si era fermata sentendo il suo discorso, gli domandò,
esterrefatta “E
queste cazzate da dove boccino spuntano fuori?”
Albus
si grattò la nuca, visibilmente a disagio. “Beh un
po’ sono dovute al fatto che
mi avevi rimproverato e ferito nell’orgoglio e quindi non
potevo pensare bene
di te, e un po’ derivano dal fatto che, tutt’ora,
non riesco a spiegarmi la
vostra amicizia”.
Daria
gli lanciò un’occhiata confusa e vagamente
risentita e lui prese a spiegare,
gesticolando. “Insomma tu e Rose, a parte il Quidditch, i bei
voti e l’essere
Serpeverde, non avete proprio un boccino in comune!”
“Che
intendi dire?” Domandò Daria, che non capiva dove
il ragazzo volesse arrivare. Era
strano per lei non capire il comportamento o i discorsi di qualcuno, ma
con
quel Potter le capitava sempre più spesso di restare
sorpresa.
“Beh,
non puoi negare che siete molto diverse. Avete gusti, abitudini e
comportamenti
contrastanti ed è abbastanza strano che voi due andiate
tanto d’accordo.”
Ah,
ora capisco.. Io e Rose, viste
le nostre personalità, dovremmo detestarci e invece siamo
migliori amiche, quindi
lui ha pensato che io mi fossi interessata a lei per pietà e
lei si fosse
aggrappata a me per necessità.
“In
effetti, ora che mi ci fai pensare è una cosa davvero
strana, però noi amiche lo
siamo davvero e non perché lei mi fa pena e io le servo per
non essere sola.
All’inizio
del primo anno anche io soffrivo di solitudine: ero timidissima e
insicura,
quindi non mi avvicinavo a nessuno, e nessuno si avvicinava a me
perché ero
straniera, avevo un cognome ingombrante che intimoriva chiunque lo
conoscesse e
un accento leggero, ma fastidioso, ero brava a scuola, piacevo agli
insegnati e,
in più, visto che ero riservata, sembravo snob e
presuntuosa.
Mi
ero resa conto che anche tua cugina e Moira si sentivano sole, ma non
facevo
nulla per legare con loro.. rompere il ghiaccio non era il mio forte..
in
realtà non lo è tutt’ora..”
ammise con una punta di imbarazzo. “Il resto lo
sai: ti ho beccato a parlar male di Rose e ti ho sgridato.. speravo che
essendo
più serena sarebbe riuscita a notarmi e, allo stesso tempo,
temevo che non
l’avrebbe fatto perché, come dici tu, una come me non centrava
nulla con lei e se
lei aveva di nuovo te allora non le serviva nient’altro..
Cioè quando ti ho
fatto la scenata ero totalmente disinteressata! Queste cose le ho
pensate dopo!”
Aggiunse in fretta, ricordandosi del precedente giudizio di Al e
temendone un
altro altrettanto sbagliato.
Lui
ridacchiò, piano.“Ti ho mai detto che sei una
strana Serpeverde?”
Lei
gli sorrise e proseguì il suo racconto, arrossendo
perché, nonostante tutto,
parlargli di se stessa e delle sue sensazioni ancora la innervosiva e
imbarazzava. “Comunque quella stessa sera mi sono resa conto
che, contro tutte
le mie aspettative, Rose era ancora giù.. allora ho mandato
al diavolo le mie
insicurezze e la mia timidezza e ho rotto il ghiaccio”.
Concluse il discorso
con un largo sorriso e un leggero imbarazzo.
“Mi
piacerebbe proprio sapere come hai fatto”. Disse Al,
sorridendo a sua volta.
“Non eri incapace di attaccare bottone?”
“Un
modo l’ho trovato, guarda”. Daria toccò
la sua mente e gli mostrò il ricordo di
quella sera lontana, quando, in mancanza di idee migliori, aveva
sbattuto sul
tavolo il libro di Erbologia e dichiarato che, siccome la materia le
riusciva
troppo difficile e faticosa, rinunciava ad essere la migliore e
perciò lei e
Rose potevano essere amiche.
Il
ragazzo scoppiò a ridere. “Non ci credo! Hai fatto
veramente così?”
“Certo.
Siamo sotto Veritasserum, Al: non posso mentirti nemmeno attraverso i
ricordi,
quindi sei costretto a credermi”. Il sorriso le si
bloccò sul nascere mentre
realizzava il significato delle proprie parole.
Non
posso mentirti nemmeno
attraverso i ricordi, quindi sei costretto a credermi.. sei costretto a
credermi..
“Beh
almeno l’hai avvisata del tuo essere indubbiamente assurda.
Anche se credo che,
a quel punto, lo avesse già intuito da sola”.
Albus aveva proseguito col suo
discorso, ovviamente ignaro di ciò che l’assurdo
cervello dell’altra stava
macchinando. “Ora il perché siate diventate amiche
è chiaro, ma.. come fate ad
esserlo ancora? Coi caratteri che avete dovreste odiarvi”.
La
Serpeverde si riscosse e decise di rimandare quanto appena progettato e
rispondere prima alle sue domande e, magari, saziare anche la propria,
di
curiosità.
“Vero,
probabilmente dovremmo. Il motivo per cui non è
così non è chiarissimo nemmeno
a me, ma suppongo che, quando si ci vuole davvero bene, le differenze
non
importino più di tanto. E poi.. Rose è
l’unica persona che riesce sempre a
interpretare i miei comportamenti. Da un mio gesto, da un mio sguardo,
da una
qualunque cosa apparentemente insignificante, lei è sempre
capace di dedurre il
mio stato d’animo.. Poi, non appena l’ha capito mi
bombarda di domande finché
non gliene spiego la ragione”. Il sorriso sereno e pacifico
le nacque,
spontaneamente, sulle labbra. “Questa è
l’unica ragione per cui non sono ancora
stata ammazzata, nonostante tutti i miei cambi di umore improvvisi,
imprevisti
e invisibili”.
Si
fermarono in un corridoio all’altezza dell’arazzo
di Barnaba il Babbeo: erano
arrivati destinazione. Daria passò tre volte davanti
all’arazzo e, al terzo
passaggio, una porta comparve sul muro.
“Lunatica,
eh?” Le chiese Al, con un sorriso, e la precedette attraverso
la porta.
“Non
puoi nemmeno immaginare quanto”. Daria lo seguì
immediatamente, entrando in una
stanza piccola e accogliente, dai colori caldi, ma volutamente neutri. Il fuoco del caminetto
illuminava l’ambiente
con una luce bassa e soffusa che dava un aria decisamente comoda alle
due
poltrone, poste vicino al camino.
Daria
si sedette su una poltrona e Al sull’altra, poi la Serpeverde
chiese: “Mi
spiegheresti tu una cosa ora?”
Il
ragazzo annuì con un sorriso, “Chiedi
pure”.
“Se
non sbaglio hai detto che hai sempre cercato di convincere Jam a
lasciare un
po’ di libertà a Lily”. Il ragazzo
annuì ancora e lei proseguì: “Eppure
tua
sorella all’inizio di quest’anno mi ha detto che tu
e Scorpius avevate preso il
posto di James e Fred a capo delle sue “guardie del
corpo”. Mi spieghi perché
le stai sul fiato sul collo ora che tuo fratello non lo fa
più?”
“Beh,
diciamo che Scorp considera Lils la sorellina che non ha mai avuto ed
è
protettivo con lei quasi quanto James.. ora che lui non le sta
più sempre
addosso Scorpius ha pensato che fosse suo preciso dovere prenderne il
posto,
così, per cercare di controllarlo e limitarlo faccio finta
di dargli man forte,
mentre in realtà lo depisto e fornisco vie di fuga alla
piccoletta. Scorpius è
terribilmente ingenuo in certi casi ed incredibilmente facile da
fregare”.
Lei
ridacchiò: “In effetti.. non è molto
sveglio in certe situazioni.” Poi,
tornando seria, continuò: “Però tu sei
molto più ingenuo di lui”.
“L’hai
detto anche alla prova.. ma non capisco che intendi”.
La
ragazza sospirò pesantemente. “Quello che sto per
mostrarti te lo farà capire,
ma non sarà facile da accettare.
Però
tieni a mente quello che ti ho detto prima: non posso mentirti nemmeno
attraverso
i ricordi e ciò che ti mostro deve
essere
accaduto veramente ”.
Il
ragazzo le lanciò uno sguardo confuso. “Ma che
vuoi dire?”
Lei
non rispose, ma gli toccò la mente con la propria,
riversando in essa uno dei
suoi ricordi. Uno, che risaliva solo a qualche giorno prima, ma che
l’aveva
tormentata a lungo e intensamente.
Daria
sorrise, scuotendo
leggermente la testa, e stava per commentare la sua ultima frase,
quando la sua
attenzione fu catturata da qualcos’altro.
Si
trovavano vicino all’ingresso
della torre di Corvonero e l’udito ipersviluppato della
ragazza si era attivato
di sua spontanea iniziativa, cosa che accadeva abbastanza raramente,
permettendole
di sentire qualcosa che mai si sarebbe aspettata.
“...
il tuo povero ragazzo,
Amanda?” Chiese una voce acuta e femminile, che Daria non
aveva mai sentito
prima.
Ci
fu una risata e poi la risposta
di quella che doveva essere Amanda Corner, la ragazza di mini-Potter:
l’italiana non aveva mai sentito nemmeno la sua di voce,
prima, quindi, non
poteva esserne certa. “E perché mai? Lui
è talmente imbranato, mi sembra di
baciare un bambino di tre anni tutte le volte. È
così patetico.” Daria non credeva
alle sue orecchie: lei non era certo una fan di Albus Potter, ma ora
sapeva che
era un bravo ragazzo e non si meritava un’arpia del genere
per fidanzata.
“E
poi Amy sta con quello sfigato
solo per il suo cognome, no Amy?” Chiese un’altra
ragazza.
“Già
sinceramente avrei preferito
suo fratello James, ma lui non ci sarebbe mai cascato, quindi mi sono
dovuta
accontentare del Potter tonto e imbranato”. Seguirono altre
risate e Daria
smise di ascoltare: stava iniziando ad arrabbiarsi.
Il
silenzio che piombò tra loro era denso e pesante e la
ragazza non se la sentiva
di romperlo, perché proprio non sapeva cosa dire.
Però
non posso nemmeno pretendere
che lo faccia lui e magari lui ha bisogno che io dica qualcosa che lo
distragga
o conforti.
Quindi,
dopo qualche lungo minuto, si fece coraggio e disse. “Mi
dispiace davvero tanto
Al: io non volevo ferirti né intromettermi in cose che non
mi riguardano, ma
non volevo nemmeno che tu continuassi ad essere ingannato da lei.. sei
un bravo
ragazzo e non ti meriti un trattamento del genere e una come lei non si
merita
il tuo affetto e la tua fiducia”.
Lui alzò lo
sguardo, posandolo su di lei, ma
non disse niente. La Serpeverde, allora, visto che era abituata a
parlare
sempre con tutti i suoi amici dei loro problemi e ad aiutarli a
risolverli
decise di prendere il toro per le corna e aiutare Al a superare la
delusione. “È
normale che tu ti senta rotto, tradito,
triste e probabilmente depresso e non è un problema se hai
bisogno di piangere,
o se mi vuoi insultare o prendere a pugni per sfogarti. Fallo pure,
niente di
quello che dirai o farai uscirà da questa stanza”.
Concluse con un piccolo
sorriso, che il ragazzo ricambiò con uno ancora
più piccolo.
“In
realtà..” cominciò lui, dopo un
po’, “non mi sento affatto triste e depresso,
solo molto stupido, per non aver capito chi fosse in realtà
Amanda e per
essermi fatto ingannare, e decisamente furioso, con lei, ma soprattutto
con me
stesso.” L’ammissione sorprese abbastanza
l’italiana, che si aspettava una
reazione molto peggiore.
Dopo
qualche altro minuto di silenzio il ragazzo riprese: “In
realtà sono anche
parecchio confuso..” Ci fu un’altra pausa poi lui
continuò. “Vedi io pensavo di
essere innamorato di lei, eppure sapere che per lei io non ho mai
contato nulla
e che tutto era solo una finzione non mi ha ferito né
distrutto, né altro, sono
solo decisamente arrabbiato e irritato per essere stato
ingannato.”
Come
riesce a concentrarsi su
questo ora?Dopo essere stato ingannato a quel modo dovrebbe, come
minimo,
essere furioso.. invece, anche se sostiene di essere arrabbiato, riesce
a
pensare a qualcosa come questo e a sentirsi confuso.. Strano ragazzo..
O forse
si concentra su queste cose perché non vuole esplodere
davanti a me..
Daria
si ricordava vagamente di aver già sentito qualcuno fare un
discorso simile, ma
proprio non le veniva in mente chi.
“Probabilmente
non era vero che l’amavi: magari stavi bene con lei, e ti
divertivi, però non
era un legame tanto profondo, perché altrimenti ti
sentiresti ferito e tradito,
oltre che furioso”.
“Ok,
ma come ho fatto a prendere un abbaglio simile? Credere di amare una
per cui
non provavo nemmeno un affetto profondo? Anche se, ora che ci penso, mi
sento
tradito e sono parecchio incazzato”. Daria poteva vedere, con
estrema
chiarezza, la sua rabbia nei pugni serrati con forza, nella linea dura
della
mascella e, soprattutto, nei suoi occhi verde chiaro, che, come sempre,
riflettevano perfettamente il suo umore.
Ora
che ci penso? Ma quanto è fuori
questo?
“Non
so.. Probabilmente tendi a sentirti molto vicino anche a persone che
forse non
lo sono, magari ti sembrava qualcosa di forte e ti sei convinto fosse
amore,
oppure sei uno che esagera.. Ci sono un milione di altre
possibilità, ma non so
quale sia quella giusta.” Ci pensò un
po’ poi disse: “Comunque non è una cosa
così unica e grave: è capitato anche a me una
volta!”
Allora
realizzò: Ah ecco perché mi
sembrava familiare come discorso: io
ne ho fatto uno praticamente identico a Rose!
Gli
occhi verdi di Al erano anche curiosi ora. “Davvero?
Quando?”
“Mah..
Durante l’estate tra il quarto e il quinto, ho conosciuto uno
che mi piaceva
abbastanza, ci siamo girati attorno per
un po’ come amici ed eravamo entrambi interessati, lo
sapevano tutti nel nostro
gruppo , poi, sotto consiglio di tua cugina – c’era
anche lei in Italia – mi
sono fatta avanti, lui ha detto che preferiva che restassimo amici e io
mi sono
detta d’accordo.
Non
ho versato una lacrima, nonostante io sia abbastanza incline al pianto.
Dopo un
po’ lui ha preteso di ricominciare a comportarsi come prima,
ovvero a provarci
spudoratamente e ad allungare le mani, io gli ho fatto capire che non
era così
che funzionava e ho capito cosa volesse veramente. Durante
l’intera storia io
ho provato rabbia, fastidio, irritazione, ma pochissimo dolore e mi
sono
ritrovata a fare a Rose un discorso simile a quello che tu hai appena
fatto a
me”.
“E
ovviamente hai realizzato subito di non essere innamorata di
lui”.
Lei
lo guardò sorpresa. “Eh? No, in realtà
i primi dubbi mi sono venuti solo
quando ne ho parlato con Moira
e lei mi ha fatto notare quanto fosse
stata insolita e poco drammatica la mia reazione e, infine, ho avuto
bisogno
che James mi dicesse chiaro e tondo che non l’amavo,
perché me ne rendessi
conto. Da allora tuo fratello si diverte a tirare fuori
l’argomento con una
certa frequenza”.
Ok
, forse sono fuori quanto lui. Pensò,
considerando la situazione.
Poi
ci rifletté bene e si corresse: Meglio
senza il forse. Anzi, probabilmente lo sono anche più di
lui.
Ci
rifletté ancora e si corresse di nuovo: Meglio
senza il probabilmente.
Passò
qualche altro minuto, in cui Daria valutò senza troppa
serietà o attenzione
entrambe le situazioni, poi interruppe, nuovamente, il silenzio,
curiosa. “Cosa
hai intenzione di fare con Viperanda?”
“Con
chi?” Chiese lui confuso.
“La
Corner. Si chiama Amanda, no?” Il ragazzo annuì e
lei proseguì: “ed è una
vipera, quindi ho deciso che la chiamerò Viperanda. Una
persona tanto stronza e
arrivista non merita un nome vero e proprio, nemmeno quello di un
animale: ci
potrebbero essere delle ragazze di nome Amanda, buone e giuste che non
hanno
fatto nulla per essere costrette a condividere il nome con una persona
così
stronza, ma non è nemmeno giusto insultare le vipere,
paragonandole a lei.
Perciò Viperanda è il nome migliore”.
Lui
ridacchiò, senza apparire troppo sorpreso. “Mi
sembra appropriato”.
“Lo
so. I miei nomignoli lo sono sempre.” Rispose, soddisfatta
dall’averlo fatto
ridere. “Allora cosa farai con lei?”
“Boh,
penso che per il momento non la lascerò..”
“No?”
“No.
Sinceramente, ora come ora, non mi va di far sapere a tutta la scuola
il modo
in cui sono stato giocato, senza contare che, stando ancora un
po’ con lei,
terrò qualunque altro ragazzo ingenuo lontano dal suo
veleno”.
Lei
annuì, sorridendo. “Ha senso, ma non era
“lontano dalle sue grinfie”?”
“Beh,
sì, ma le vipere non hanno le grinfie no? Hanno i denti
velenosi”.
Entrambi
sorrisero e la Serpeverde assentì. “Giusto.
Comunque è un ragionamento
generoso. Mi piace”. E lo gratificò con un bel
sorriso caldo. Il più caldo del
suo repertorio e che di solito rivolgeva solo a Marme
e Rosie.
Chiacchierarono
per un po’ di cose poco importanti e Daria intuì
che Al volesse distrarsi e non
pensare. Allora gli fece una domanda che le ronzava in testa dalla fine
della
sfida. “Senti Al, alla prova hai detto di avermi vista
arrabbiata davvero per
due volte. La prima, ovviamente, è stata la famosa scena al
primo anno, ma la
seconda?”
Il
ragazzo sorrise. “Qualche settimana fa, dopo colazione. Stavo
andando con Scorp
e altri ragazzi nei sotterranei e abbiamo sentito la voce di mia cugina
che
litigava con la Cartwright e la Goyle e poi, quando lei stava per
esplodere, ti
abbiamo vista arrivare e terrorizzare quelle due, facendole scappare a
gambe
levate.” Poi ridacchiò. “E come
biasimarle? Eri propri accecata dalla rabbia
quella volta! Non ti sei nemmeno resa conto che io e Scorp eravamo
dietro di
loro e ci siamo goduti tutta la scena.”
Lei
sorrise un po’ imbarazzata. “Sì ero
abbastanza fuori di me, anche se quello non
è niente” Il sorriso si fece divertito e
consapevole.
“Aspetta…
Vuoi dire che puoi essere peggio? Già così eri
abbastanza spaventosa, non oso
immaginare come saresti se perdessi davvero il controllo”.
“I
miei poteri impazzirebbero. Per questo sin da bambini ci viene
insegnato a
controllare la rabbia. In teoria dovremmo essere tutti calmi e
controllati e
arrabbiarci molto raramente, ma ci sono le eccezioni. Mia sorella, per
esempio.” Il ragazzo annuì e la conversazione si
spostò di nuovo su argomenti
meno importanti e di circostanza.
Ad un certo punto Al, senza
alcun motivo
apparente, disse: “Che ne pensi, tu, della scommessa di
Jamie?”
“Seccatura
enorme. Ed immensa perdita di tempo ed energie, sue per tentare di
vincerla,
nostre per tentare di non subire danni gravi.”
“Concordo
in pieno”. Ci fu una breve pausa, poi sul viso del ragazzo
comparve un sorriso
Malandrino. “Almeno per quanto riguarda noi due. Su Rose e
Scorpius non ci
metterei la mano sul fuoco”.
Lei
ricambiò il sorriso. “L’hai notata anche
tu allora? L’attrazione?”
“E
come avrei potuto non accorgermene? È talmente palese. Ma
guai a parlarne
davanti ad uno dei due, specie davanti a Rosie”.
La
ragazza assentì, divertita. “Ti mangerebbe
vivo”.
Quasi
come se fosse stata chiamata, la voce di Rose giunse chiara, forte e
abbastanza
disperata nella mente dell’altra Serpeverde: - ITALIANA!
Si può sapere dove cazzo sei finita? Vieni immediatamente in
dormitorio, ho bisogno di te–
Un
istante dopo, prima che Daria avesse il tempo di rispondere
all’amica, la ragazza
avvertì un altro messaggio. – Daria,
ho
combinato un casino, faresti
meglio a
venire–
Che
boccino è successo?
Si chiese, lei preoccupata.
-
Cinque minuti e sono lì – Mandò
un doppio messaggio e si alzò dalla poltrona.
“Tutto
bene?”
Daria
alzò appena lo sguardo: aveva fretta, una fretta incredibile
di tornare al
dormitorio e scoprire perché le sue più care
amiche fossero entrambe in preda
al panico.
“è
quello che vorrei sapere anch’io. Rose e Moira mi hanno
entrambe mandato un
messaggio mentale, chiedendomi di raggiungerle al più
presto”. Spiegò
frettolosamente, dirigendosi verso la porta.
“Aspetta..
Come un messaggio mentale? Ma non eri tu la sola capace di comunicare
telepaticamente?”
“Sì,
ma se una mente con cui sono abituata ad entrare in contatto, pensa
intensamente a me, io riesco a sentirla e a riceverne i pensieri anche
ad una
moderata distanza”. Non si voltò, mentre parlava,
la mano già sulla maniglia.
“Daria?”
“Sì?”
La ragazza si voltò di scatto, leggermente irritata e questo
provocò un piccolo
incidente: Al, che doveva essersi avvicinato parecchio per darle un
bacio sulla
guancia, sbagliò obbiettivo e, invece di poggiarsi sul suo
viso, le labbra del
Grifondoro sfiorarono appena quelle della Serpeverde.
Entrambi
fecero immediatamente un passo indietro, lui quasi inciampando nel
tappeto, lei
sbattendo la schiena contro la porta. Daria vide le guance del ragazzo
colorarsi leggermente di rosso e fu sicura che anche le proprie si
stessero
arrossando e non altrettanto leggermente.
Lui
fece un sorriso e si passò una mano sulla nuca, vagamente a
disagio. “Volevo
ringraziarti, per tutto: sei un’amica preziosa. Scusa per
l’incidente”.
Lei
arrossì ulteriormente per il complimento: non era abituata a
riceverne da
chiunque non fosse James o Rose. “Uhm.. non
c’è pro-problema”. Prese un respiro
profondo e sorrise. “Prego. È la cosa che so fare
meglio: essere una buona
amica”.
Normalmente
avrebbe detto qualcosa come “Prego, mi ha fatto
piacere”, o frasi simili, ma in
quel caso proprio non aveva potuto: permettere ad Al di scoprire la
verità su
Viperanda non le aveva fatto piacere, per niente. Certo lei le era
decisamente
antipatica, molto più delle due ochette con cui doveva
dividere la stanza, ma
far soffrire un amico non poteva
farle piacere.
***
***
“Bene!
Con questo direi che è chiaro che abbiamo un pareggio! Prime
a pari merito,
dopo questa sfida iniziale, abbiamo la coppia Weasley-Malfoy e quella
De
Lupo-Potter.” Il preside cominciò a sperticarsi in
lodi e complimenti ai
ragazzi, ma Rose smise di prestare attenzione e uscì dalla
Sala Grande,
irritata.
Detestava
i pareggi, li detestava da anni. Pareggiare voleva dire essere allo
stesso
livello di qualcun altro, dividere il premio e l’attenzione,
non essere unica. E lei odiava
quella sensazione.
Da
piccola era sempre stata paragonata alla madre e messa a confronto con
gli
altri cugini e non era mai stata unica, sempre e solo una delle tante
Weasley o
l’intelligente figlia di Hermione Greanger in Weasley. Era
una situazione che
le andava bene, in cui si sentiva a suo agio, come tutti gli altri suoi
cugini:
il dover fare i conti con genitori dalla fama ingombrante e un mare di
altri
ragazzini era il prezzo da pagare per far parte della loro splendida e
amorevole famiglia, un piccolo prezzo.
Poi
era arrivata ad Hogwarts ed era stata smistata a Serpeverde. Si era
ritrovata improvvisamente
sola, improvvisamente lontana ed esclusa dal suo mondo. I cugini
più grandi
avevano ben altro da fare che prendersi cura della piccola pecora verde
di
famiglia, i più piccoli avevano dato retta ad Al che si
sentiva offeso e aveva
deciso di ignorarla. Gli adulti, tolti zio Harry e zia Gin e i nonni,
avevano
preferito non interferire nella lite in corso tra sua madre e suo padre
e non
le avevano mai dato un grosso appoggio. Quella era stata la prima volta
in cui
Rose si era sentita davvero sola.
Col
tempo si era convinta che, come la confusione era stato il prezzo da
pagare
dell’appartenere alla famiglia, così la solitudine
era il prezzo dell’unicità.
Lei era unica e speciale, capirlo l’aveva aiutata a superare
il trauma e
riprendersi, ma da quel momento essere la prima era diventato
fondamentale per
lei e non aveva più accettato di buon grado di essere
confusa con gli altri
cugini o paragonata alla madre.
Daria
era il suo unico punto fermo, ora, e l’unica persona da cui
riusciva ad
accettare di essere eguagliata. Questo
era il solo motivo per cui il castello era ancora in piedi: come il
primo
giorno di scuola era riuscita a controllarsi solo perché
l’italiana era al suo
fianco, così quella sera riusciva, faticosamente, ad
accettare il pareggio,
perché ad eguagliarla era stata lei.
La
ragazza si chiuse alle spalle la porta di una delle aule vuote in cui
lei e
Daria avevano studiato con i ragazzi. Avrebbe atteso fino a che il
resto degli
studenti non fosse uscito dalla Sala Grande e non si fosse allontanato
a
dovere, per non rischiare di incontrare qualcuno, di doverci parlare e
di dire
qualcosa che non voleva.
Maledetta
pozione.
Diede
un calcio ad una sedia, frustrata ed irritata, si sedette su un banco e
iniziò
a pensare ad una protesta contro il preside e il fatto che li avesse
obbligati
a prendere il Veritasserum, ben sapendo che non l’avrebbe mai
messa in atto.
Stava giusto progettando di dare fuoco alla scuola quando la porta
dell’aula si
aprì con un cigolio.
Rose
si voltò, pronta a fronteggiare l’invasore e a
scappare per evitare di parlarci,
ma, invece di trovarsi davanti un qualche studente curioso e pieno di
domande,
gli occhi azzurri della ragazza ne incrociarono un paio grigi e
decisamente
divertiti.
“Che
ci fai tu qui, Malfoy?”
“Mi
nascondo e aspetto. Come te, Weasley”. Poi sorrise ironico e
disse: “Pare che
passare tutto quel tempo insieme sia servito, no? Abbiamo avuto la
stessa idea
e ci siamo rifugiati nello stesso posto! Non è
fantastico?”
L’espressione
del ragazzo permise a Rose di capire che la stava prendendo in giro,
così lei
sbuffò e rispose, contrariata: “Per niente,
Malfoy. Se passare tanto tempo
insieme fosse servito davvero, allora non avresti sbagliato la risposta
e noi
non avremmo pareggiato”.
L’irritazione
della ragazza stava per raggiungere livelli decisamente preoccupanti e
il
ghigno sul volto del compagno non stava aiutando.
“Beh
non è mica colpa mia se niente ti mette a disagio: come
potevo sapere la
risposta scusa?”
La
ragazza lo fissò con una certa rabbia: mi
auguro, anzi gli auguro, di aver capito male.
“Prego?
Stai forse dando la colpa a me perché mi mostro a disagio
raramente?”
“Esattamente”,
rispose lui con la stessa espressione irriverente di sempre.
“Anzi inizio a
dubitare che tu sia umana. Sei una specie di freddo robot che
è impossibile
mettere in imbarazzo”.
Rose
si alzò di scatto: “Non sapere e non ricevere una
buona dose si attenzione mi
mettono a disagio. Mentre essere presa per il culo da te mi fa
incazzare.
Tanto”.
“Lo
so” Malfoy ora stava sorridendo e appariva sereno e
soddisfatto. “Però è troppo
divertente raggirarti e estorcerti informazioni. Quando ti arrabbi,
smetti di
ragionare, Weasley.”
Non
ci posso credere mi sono fatta
giocare come una bambina.
“Ad
ogni modo”, continuò il Grifondoro con la stessa
aria rilassata di prima. “non
penso che sia colpa tua, per niente. Ero solo molto curioso e questo
era il
modo più veloce, nonché il più
divertente, per scoprire quello che volevo
sapere”.
“Ho
sempre saputo che sei fuori di testa, Malfoy” fece Rose,
più tranquilla,
tornando a sedersi sul banco. “Ma non immaginavo avessi anche
istinti suicidi”.
Malfoy
prese una sedia e si sedette di fronte a lei, sollevando appena le
spalle in
risposta alla sua osservazione, il ghigno strafottente di nuovo
presente sul
viso: “Attraente, eh?”
Rose
se lo aspettava, solo sperava che il confronto avvenisse in un altro
momento. Magari
uno in cui non era costretta ad essere sincera. Auto convincendosi che
quella
del ragazzo era una domanda retorica, la Serpeverde scoprì
di essere in grado
di eluderla.
“Bellissima?”
Lo sfidò, sollevando un sopracciglio.
“Beh,
lo sei”. Il Grifondoro alzò le spalle, il ghigno
immutato.
La
sua tranquillità e la semplicità della sua
risposta la spiazzarono e a Rose ci
vollero alcuni secondi per trovare un modo più o meno
intelligente per rispondere.
“So
di essere bella, grazie: È un dato oggettivo… Ma
“bellissima”.. non ti pare un
po’ esagerato e, soprattutto, soggettivo?” La
Serpeverde arricciò le labbra in
un ghigno, sperando di cancellare quello del biondo.
Malfoy
però non cambiò espressione, anzi il suo ghigno
si fece, se possibile, ancora
più irritante. “Sei la ragazza più
bella della scuola, insieme a Dominique, e
lo sanno tutti. Quindi direi che no, non mi pare che il superlativo sia
esagerato e soggettivo”.
Lei
colse al volo la via di fuga che la frase del ragazzo le aveva fornito
e
rispose con una certa sicurezza. “Lo stesso ragionamento vale
anche per
l’aggettivo che ho usato io: anche tu sei un bel ragazzo e lo
sanno tutti,
perciò il fatto che tu sia attraente è un dato
puramente oggettivo”.
Il
Grifondoro continuò a sogghignare e, sollevando una mano,
mosse l’indice a
destra e sinistra, mimando un “no”. “La
situazione è diversa, Weasley. Il fatto
che tu mi abbia descritto come “attraente”, vuol
dire che inconsciamente sei
attratta da me”.
Il
ghigno del ragazzo si allargò e Rose si ritrovò a
boccheggiare senza parole.
Io
attratta da Malfoy?
Si
riscosse abbastanza in fretta e scosse la testa.
Che
razza di assurdità.
“Ti
piacerebbe, Malfoy. Ma ti sbagli: ho detto che sei attraente
perché molte
ragazze sono attratte da te, ma non io. Chiaro?”
“Non
ti credo nemmeno un po’”.
“Problema
tuo. Siamo ancora sotto Veritasserum quindi non posso che essere
sincera”.
“Non
dubito della tua sincerità,Weasley, ma della tua
consapevolezza. Puoi dire di
non essere attratta da me anche se lo sei e farlo senza mentire,
perché sei
convinta di non esserlo”.
“Ti
sbagli”. Sibilò lei, leggermente sulla difensiva.
“Vogliamo
verificare?” chiese il ragazzo alzandosi dalla sedia su cui
era seduto e
avvicinandosi.
“Assolutamente
no!” rispose lei, sfidandolo con lo sguardo a fare un altro
passo.
Il
ragazzo si fermò, ma continuò a fissarla
ghignando. “Hai paura di scoprire che
ho ragione, perché in fondo lo sai che, se mi avvicinassi a
te, non riusciresti
più a starmi lontana”.
“Spiacente
sono più intelligente di così e non cedo alle tue
provocazioni”. Rose si alzò
dal banco su cui era stata seduta tutto il tempo. “Buonanotte
Malfoy”. Gli
voltò le spalle e si avvicinò alla porta. Non le
importava più di aspettare che
tutti gli altri studenti fossero tornati nelle loro stanza, voleva solo
andarsene da quell’aula prima
di
commettere un omicidio.
Posò
la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che
potesse aprirla un soffio
caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.
“Sogni
d’oro Weasley”
La
voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito,
un sussurro caldo
che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava
nemmeno toccando, ma
sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo
brivido
le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose
aprì la porta e
uscì senza voltarsi.
Conosceva
il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro
che resta
in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione.
Sono
attratta da Scorpius Malfoy.
Merda.
Rose
si diresse a passo spedito verso i sotterranei, la sua camminata
somigliava
molto ad una fuga. La ragazza sperava, ardentemente, di non incontrare
nessuno
e sentiva il bisogno, quasi soffocante, di parlare con Daria.
Merlino,
fa che sia qui dentro.
Pensò davanti alla porta chiusa della sua stanza.
Abbassò
la maniglia e constatò che Merlino, tanto per cambiare, non
le aveva dato
retta: la camera era vuota fatta eccezione per Moira che fissava il
soffitto,
sdraiata sul letto. La mora alzò lo sguardo sentendola
entrare e Rose registrò
distrattamente che non sembrava di buon umore.
Sfrecciò
attraverso la stanza e spalancò con foga la porta del bagno,
sperando di
trovarci Daria e trovandolo, invece, deserto. Si voltò e
setacciò di nuovo la
stanza con lo sguardo, ottenendo lo stesso risultato di prima.
“Daria?”
ringhiò.
“Ancora
fuori”. Rispose Moira, che la stava ancora guardando.
“L’ho vista uscire dalla
Sala Grande con tuo cugino”.
“Cazzo.”
Se era con James non sarebbe tornata molto presto.
“Se
hai urgente bisogno di lei, puoi contattarla
telepaticamente.” Rose la fissò
stralunata per un secondo: Malfoy aveva ragione anche su quello, quando
si
arrabbiava, Rose smetteva di ragionare.
“Oppure..”
continuò Moira prima che Rose avesse modo di contattare
effettivamente l’amica,
“invece di disturbare lei, puoi provare a parlarne con
me”.
“No
grazie”. Rispose, lapidaria.
“Siamo
amiche, Rose” Proseguì l’altra tirandosi
a sedere. “Se hai un problema puoi
parlarne con me”.
“Ho
detto: no grazie, Moira. Mi serve Daria”.
“Sì
ma Daria non c’è e non può esserci
sempre, Rose”. Il tono di Moira era rimasto
neutro, ma le sue parole le mandarono il sangue al cervello e la rossa
cessò
definitivamente di ragionare.
“Questo
lo so da sola, Kirson. Ma di sicuro non mi metto a parlare dei miei
problemi
con te, che non sei nemmeno mia amica”.
“Ah
no? E cosa sarei? No guarda lo so da sola: una povera idiota che perde
il suo
tempo ad ascoltare le tue cazzo di crisi isteriche, tutti i santi
giorni, e si
illude di contare qualcosa per una stronza a cui importa solo di se
stessa e
considera la sua migliore amica una specie di cagnolino scodinzolante
da
chiamare ogni volta che le gira”.
“Come
cazzo ti permetti di criticare il mio rapporto con Daria? Tu non sai
nemmeno cosa
vuol dire la parola amicizia! Dici tanto che siamo amiche, ma lo vedo
come mi
guardi a volte, sai? Come se volessi infilarmi un coltello nella
schiena. E tu
vorresti che io mi confidassi con te? Stronza doppiogiochista
ipocrita”.
“Stronza?! Tu
stai
chiamando stronza me? Tu che giochi da anni con i sentimenti di Dave,
che è
tanto scemo da crederti una specie di dea perfetta. Tu che fai finta di
non
sapere che è innamorato di te per continuare a fare i tuoi
comodi e ottenere
favori. Tu che te ne freghi se così uccidi lui e me”.
“Ma
che cazzo stai dicendo?! Io e Dave siamo amici!”
“No.
Io e Dave siamo amici. Tu sei solo
una stronza che fa finta di non sapere perché le conviene
così.”
La
sorpresa e l’incredulità scossero Rose quel tanto
da farle recuperare un po’ di
lucidità e capire che doveva chiamare Daria, subito.
-
ITALIANA!
Si può sapere dove
cazzo sei finita? Vieni immediatamente in dormitorio, ho bisogno di
te–
Pochissimi
istanti dopo le giunse la risposta, preoccupata, della sua migliore
amica.
-
Cinque minuti e sono lì –
Rose
si rilassò leggermente e si sedette sul letto, gli occhi
fissi sulla porta, in
attesa.
Quando
vide la porta spalancarsi di colpo, Rose sospirò di sollievo
e ringraziò con lo
sguardo l’amica appena arrivata. Daria aveva il fiatone ed
era evidente che
avesse corso, ma non si prese nemmeno un secondo per riposarsi e,
immediatamente, chiese:
“Allora?
Che boccino è successo?”
Rose
non se lo fece ripetere due volte e condivise con lei tutti i suoi
ricordi di
quella sera, a partire dal momento stesso in cui si erano perse di
vista, alla
fine della prova.
Dopo
poco, però, Daria la interruppe: “Parti dal
principio o non capirò niente”.
Rose la guardò, confusa: lei era partita
dall’inizio, sapeva come funzionava.
Poi,
notò che Daria non stava guardando lei, ma Moira e che
quest’ultima aveva
annuito piano.
Anche
lei deve aver chiesto aiuto a
Daria. Strano, non è da lei.
Qualche
minuto dopo – Rose non aveva idea se ne fossero passati un
paio oppure una
marea – Daria sospirò pesantemente, con
un movimento fluido si staccò dal muro a cui si era
appoggiata e si sedette sul
tappeto verde con intarsi argentati che stava in mezzo alla stanza.
Fece
un gesto con la mano, come per invitarle a sedersi di fronte a lei e,
vedendo
che nessuna delle due si muoveva, esplicitò
l’invito a parole. La sua voce era tranquilla,
come se, sedersi sul pavimento quando c’erano ben cinque
letti disponibili,
fosse la cosa più naturale e normale del mondo.
“Allora
tanto per cominciare teniamo tutte a mente che oggi è stata
una giornata
abbastanza stancante per tutte e tre e che è comprensibile
essere un po’ più..
come dire? irritabili del solito, ecco. Questo non giustifica nessuno,
però
credo che, conoscendo la giornata e le ragioni dello stress
dell’altra,
potreste capirvi meglio e.. non so io sono convinta che conoscere la
storia
dietro ad un evento sia fondamentale per capirlo e aiuti parecchio.
Posso
raccontare, riassumendo i motivi per cui entrambe siete di cattivo
umore?”
Rose
annuì: conosceva le idee di Daria e, anche se in quel
momento trovava
leggermente irritanti i suoi modi tranquilli e un po’ da
psicologa, sapeva che
lei era la migliore in quel genere di cose.
Anche
Moira doveva aver annuito perché Daria cominciò a
parlare e a raccontare la
giornata di Rose. Con grossa sorpresa della rossa, però,
l’italiana non iniziò
il suo riassunto-racconto da dove lei aveva cominciato a mostrarle i
ricordi,
ma spiegò brevemente come Daria stessa avesse fatto stancare
l’amica con tutta
la sua ansia e come il dover bere il Veritasserum l’avesse
irritata.
Il
racconto di Daria fu breve e conciso, ma toccò tutti i punti
chiave e Rose si
rese conto, che, in effetti, il punto da cui l’altra era
partita era molto più
appropriato di quello che lei stessa aveva scelto.
“Moira,
ora riassumerò a Rose i motivi del tuo di stress e non ho
intenzione di
mentire, né cercare di trovare qualche scusa plausibile per
le tue parole. Non
lo faccio per mancarti di rispetto o contrariarti, ma perché
credo che uno dei
motivi per cui voi due oggi avete litigato sia il fatto che, per non
tradire
Dave, ti sei tenuta sempre tutto dentro e hai finito per
scoppiare”. La De Lupo
fece una pausa, senza, però distogliere lo sguardo da quello
di Moira.
“Immaginavo che prima o poi sarebbe successo,
Mo-Mò. Però credevo che saresti
scoppiata prima.” Un sorriso dolce comparve sulle labbra di
quella strana
ragazza e Rose scosse la testa, ormai rassegnata ai ragionamenti
incomprensibili
dell’altra. “Ci vuoi davvero bene, vero? E sei
riuscita a trattenerti solo
perché non volevi in nessun caso ferire Rose, né
creare problemi a me. Grazie e
scusa”.
“Non
mi devi ringraziare, Daria. E soprattutto non hai motivo di
scusarti”.
“Invece
ce l’ho eccome Mo-Mò. Non sto mantenendo molto la
promessa, vero?”
Rose
a quel punto era decisamente persa e non capiva di cosa stessero
parlando.
“Ora
questo ha un importanza minore, ma ne riparleremo, Mo.” A
quel punto Daria si
voltò verso di lei e la inchiodò con lo sguardo.
“Rose,
Moira non stava mentendo quando ti ha detto che Dave è
innamorato di te. È la
verità: tu gli piaci da anni, ma non te ne sei mai resa
conto e, senza volere,
l’hai ferito più volte. E questo ha ferito anche
Moira, perché, vedi.. lei ama
Dave incondizionatamente, anche se sa che lui vede solo te.
Noi
due possiamo solo immaginare cosa voglia dire, amare un ragazzo che ti
considera solo la sua migliore amica e non fa che parlare di
un’altra, che non
riesci nemmeno ad odiare perché anche lei è tua
amica e le vuoi bene. In più tu
non ricambi i sentimenti di Zab e lui soffre e si sfoga con Moira, che
sta
ancora più male e non sa cosa fare.
Con
questo non voglio dire che sia colpa tua, Rosie: non scegliamo di chi
innamorarci e spesso soffriamo e facciamo soffrire. Però,
quando a farci
soffrire o a soffrire per colpa nostra è qualcuno che ci
è vicino, beh.. è
ancora più dura.
Oggi,
durante il tuo quiz, Dave ti ha lodata in tutti modi possibili e,
quando ti ha
sentita dire che Scorpius era attraente.. beh è arrivato
alla stessa
conclusione e cui sei arrivata tu: ha capito che sei attratta da suo
cugino ed
è inutile dire che la cosa non l’ha reso felice.
Come al solito, si è sfogato
con Moira, che, stanca e di cattivo umore, si è sentita
rispondere male da te
ed ha finito con l’esplodere.” Daria concluse il suo
racconto e rimase in
silenzio, lasciandole un po’ di tempo per riflettere.
Rose
si voltò per osservare Moira: faceva fatica a credere che
lei, così matura,
realista e cinica, fosse innamorata di un ragazzo idealista e ottimista
come
Dave e le risultava ancora più difficile capire come fosse
stata in grado di
essere sua amica e restarle a fianco per anni senza esplodere mai,
nonostante
tutto lo stress, il dolore e la rabbia che doveva aver sentito.
Non
riusciva a capacitarsene e per un po’ dubitò della
sincerità della sua amicizia
per lei. Poi, però, si ricordò delle parole di
Daria e capì: Moira le voleva
bene, forse aveva iniziato a volergliene da prima che Dave si
infatuasse di
lei, e proprio perché a lei teneva parecchio era riuscita a
sopportare in
silenzio, fino a quel momento.
Il
suo altruismo e la sua forza colpirono profondamente la rossa
Serpeverde, che,
mai aveva immaginato di causare tanto dolore a quella che era, a conti
fatti,
una sua cara amica.
Il
loro rapporto era sempre stato strano: Rose le aveva sempre voluto
molto bene,
ma non si era mai confidata con lei, né fidata di lei e la
cosa non le aveva
mai creato problemi, perché nemmeno l’altra
l’aveva mai fatto. Ora, però,
capiva il perché del suo comportamento e, con immenso
stupore, si erse conto di
aver trovato un’altra persona che le era sempre stata
accanto, comunque e
nonostante tutto, un’altra persona di cui, forse, poteva
riuscire a fidarsi
completamente e totalmente.
All’improvviso
Rose si sentì un po’ meno sola e forse un
po’ meno unica, ma non era un brutta
sensazione. Anzi.
“Voi
due vi somigliate e non ve ne siete nemmeno rese conto: siete entrambe
profondamente altruiste, ma per voi è una cosa talmente
naturale che non ci
fate nemmeno caso”. Rose si voltò verso Moira
sperando che capisse: non era mai
stata brava a chiedere scusa o a parlare dei suoi sentimenti
– di solito lo
faceva Daria per lei – ma ci stava provando, a modo suo.
***
***
Daria
sorrise, sentendo la frase di Rose e capì che si stava
scusando, a modo suo,
con Moira.
Spero
solo che anche Mo-Mò lo
capisca.
“Bene!
Direi che io il mio lavoro l’ho fatto!”
esclamò alzandosi. “Ora nessuna di voi
due è curiosa di sapere cosa ho fatto io sta
sera?” Chiese con entusiasmo,
gettandosi sul suo letto.
“Non
ci interessa quello che hai fatto con Jam, Daria, a meno che non
abbiate
litigato furiosamente o pomiciato appassionatamente. Quello
sì che sarebbe
interessante”.
“Rosie,
credo tu abbia sbagliato persona, sono Daria non Meg: io non litigo con
Jam né
desidero segretamente di pomiciarci”. Fece, scherzando, poi
si rese conto che
c’era qualcosa che non quadrava: lei non era con James. Se fossi stata con James, me ne ricorderei, ma io
mi ricordo di essere
stata con Al. “E poi io non ero con James, ma con
Al”.
“Le
avevo detto che eri con suo cugino e deve aver frainteso”.
Spiegò, brevemente
Moira, che ancora non guardava Rose.
“Infatti
è così. Aspetta.. sei stata con Al tutto questo
tempo? Forza sputa il rospo!
Voglio sapere cosa avete fatto!”
Daria
sorrise e cominciò a raccontare, senza omettere nulla, a
parte lo scambio di
battute sulla scommessa di James: Rose non avrebbe gradito.
Raccontò loro
persino di Viperanda e della sua stronzaggine senza limiti: erano due
delle sue
tre più care amiche, si fidava ciecamente di loro e per loro
non aveva segreti.
Entrambe le ragazze si dissero disgustate dal comportamento della
Corner e Rose
promise che gliel’avrebbe fatta pagare, prima o poi.
Quando
Daria raccontò loro dell’Incidente entrambe
scoppiarono a ridere e cominciarono
a prenderla in giro.
“Non
ci credo! Al ti ha baciata! Non vedo l’ora di dirlo a
James!”
“Sporca
traditrice! Non ci pensare nemmeno a dirlo a Marmellata!”
“Senti
Daria”, cominciò Moira con una certa
serietà. “hai intenzione di farti baciare
da tutti i cugini di Rose o ti limiti ai fratelli Potter?”
“
Questa volta è stato un incidente! Solo un
incidente!” Daria, che si era illusa
che almeno lei fosse clemente, le lanciò un cuscino mentre
Rose iniziava ridere
più forte.
“Certo,
certo. Dicono tutti così”.
“Ehi, guardate che
ora si è fatta. Strano che
le due ochette non siano ancora rientrate allo stagno, no?”
Disse poi, cercando
di cambiare discorso.
Moira
alzò le spalle, indifferente. “Si saranno infilate
nel letto di
qualche ragazzo, come al solito. Dormono
fuori una notte su due e si permettono di dare della troia a te, Rose.
Che
ipocrite”.
Daria
percepì con chiarezza l’intensità del
momento: era la prima volta, in tutta la
sera, che Moira si rivolgeva direttamente a Rose e la guardava negli
occhi.
L’italiana guardò Rose e poi Moira, poi di nuovo
Rose e così via, spostando lo
sguardo dieci volte al secondo, abbastanza velocemente da farsi venire
il mal
di testa. Quando le vide sorridere si alzò di scatto, fece
alzare anche loro,
che si erano sdraiate, come lei, sui loro letti, e le coinvolse in un
abbraccio
di gruppo.
“Bisogna
festeggiare!” Esclamò contenta.
“Cosa?
Il fatto che tu sia riuscita a farti baciare da entrambi i
Potter?”
“O
è solo il bacio di Al a renderti tanto euforica?”
“Stronze!”
Esclamò Daria ridendo e pestando un piede ad entrambe.
Continuarono
a ridere e a scherzare per un po’ e, quando, finalmente,
spensero le luci e si
decisero a dormire, erano già le tre passate. Daria era
decisamente esausta e
sperava ardentemente in una notte tranquilla e riposante, ma le sue
speranze
furono deluse. L’italiana quella notte fece un sogno strano,
il primo di una
lunga serie.
Daria
vide una se stessa più grande
guardarsi in uno specchi a figura intera e lisciare nervosamente pieghe
inesistenti del suo abito da sposa. Era bianco e di fattura semplice,
ma le
calza a pennello e il colore chiaro creava un bel contrasto con la sua
carnagione e con i suoi capelli scuri lasciati quasi interamente
sciolti. Era
bella, molto più bella di quanto fosse abituata a vedersi.
Accanto
a lei c’era Rose che si
osservava in un altro specchio, anche lei più grande, anche
lei vestita da
sposa. Il suo abito, però, era azzurro chiaro e di fattura
più complicata e la
faceva apparire ancora più splendida.
“Rosie,
sei assolutamente
bellissima!”Esclamò Meg, vestita in un
bell’abito da damigella rosso fuoco.
“La
tua dolce metà avrà un infarto,
vedendoti. Credimi.”Moira indossava un abito uguale a quello
di Margaret, ma
verde.
“Lo
spero per lui”. Fece Rose
lanciando alla sua immagine un ultimo sguardo critico, poi si
voltò verso di
lei e disse “In ogni caso, penso che non sarà il
solo a necessitare del pronto
soccorso. Manderai mio cugino all’ospedale per apnea troppo
prolungata,
italiana.”
Daria
la guardò, scettica e
nervosa. “Dici?”
“Assolutamente!”
Fece Meg,
convinta.
“Già
al ballo di Halloween ad
Hogwarts gli era bastato vederti col vestito per restare a bocca aperta
e senza
parole. Lo stenderai, credimi”.
Daria
si svegliò di soprassalto, in testa un'unica domanda.
Per
quale assurdo motivo ho sognato
di sposarmi con James???
Spazio
autrice:
Innanzitutto
mi scuso per il ritardo disumano,
spero che la lunghezza dal capitolo basti a farmi perdonare, ma ne
dubito. Quindi,
se ci riesco, oggi vi posto tre foto. Tante come i mesi che
c’ho messo a
postare.
Il
capitolo.. Beh che sarebbe stato sincero l’avevo
detto, quante avevano intuito almeno in parte a cosa mi rifirevo?
Ad
ogni modo non ho molti commenti da fare.. credo
che si spieghi abbastanza da sé.
Solo
una cosa: ricordatevi del sogno di Daria, perché
sarà abbastanza importante in futuro.. Ah se siete attente
noterete che il
capitolo contiene il segreto per capirlo, almeno in parte..
Questa
è Moira
Questa
è Rose
E..
Questa è Daria
Un
bacio AiraD