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Autore: AiraD    14/04/2012    5 recensioni
Rose Weasley ha sedici anni ed è una Serpeverde. L’unica Weasley Serpeverde. Il suo più grosso problema? Quel deficiente e presuntuoso Grifondoro, che risponde al nome di Scorpius Malfoy. Anche Daria De Lupo ha sedici anni e anche lei è una Serpeverde. Diversamente dall’amica, lei è italiana e discende da una famiglia potente e antica quanto il tempo. Amici pazzi, una serie di scommesse assurde e un preside dalle idee malsane, le obbligheranno a fare i conti con un piccolo, insignificante organo, chiamato cuore.
--- Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che potesse aprirla un soffio caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.
“Sogni d’oro Weasley”
La voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito, un sussurro caldo che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava nemmeno toccando, ma sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo brivido le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose aprì la porta e uscì senza voltarsi. Conosceva il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro che resta in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione. ---
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Icecream & Cookies'
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7) Veritasserum

 

 

“Dove vai Potter?” Chiese Daria al compagno, vedendolo allontanarsi. La prova era appena finita e, nonostante Vitious li avesse congedati, molti degli studenti erano ancora in Sala Grande.

“A parlare con Amy e mettere in atto il tuo piano”. Le rispose il ragazzo continuando a camminare. Daria lo afferrò per un braccio, bloccandolo e costringendolo a voltarsi verso di lei. “L’effetto del Veritasserum non è ancora finito. Se tu vai a parlarle ora, non riuscirai a mentirle e lei saprà la verità”.

Potter spalancò gli occhi verdi e si sbatté una mano sul viso. “Non l’avevo realizzato, grazie. È meglio se vado a chiudermi in camera con Scorpius e non esco finché questa pozione non ha finito di fare effetto. A proposito” aggiunse allungando il collo “l’hai visto?”

“No. Non vedo nemmeno Rose..” Si voltò e alzò sulle punte, aguzzando la vista alla ricerca dei loro amici scomparsi. Notò una chioma bionda avanzare nella loro direzione e si voltò nuovamente verso il Grifondoro. “In compenso però vedo la tua ragazza venire verso di noi”.

Lui strabuzzò nuovamente gli occhi, vagamente spaventato. “E ora? Verrà a cercarmi anche in camera, se non mi trova qui. Sa la parola d’ordine”.

Daria rifletté per qualche secondo, poi le venne un’idea. “Vieni con me”. Lo afferrò per un braccio e lo trascinò via, fuori dalla Sala Grande. Percorsero il corridoio principale per alcuni metri, poi lei lo tirò dentro ad un passaggio segreto, che James le aveva mostrato anni prima. Quel ragazzo aveva la sua indubbia utilità e competenza in certi campi e uscire dalle regole era il primo della lista.

“Dove stiamo andando?” chiese Potter affiancandola.

“Stanza delle Necessità. Possiamo stare lì finché l’effetto della pozione non svanisce”.

“Buona idea”. Il ragazzo si aprì in un sorriso sincero e bellissimo. “Grazie, De Lupo. Davvero”.

“Daria”.

“Eh?” fece lui confuso.

“Ehm.. puoi chiamarmi Daria, se ti va..”

Lui riprese a sorridere “Mi correggo: grazie, Daria. Davvero”.

Lei sorrise a sua volta “Prego, Albus”.

Camminarono per qualche minuto in silenzio, poi lui le chiese. “Posso sapere perché hai deciso di chiamarmi per nome e permettermi di farlo? Noi ci conosciamo veramente solo da poco eppure me lo permetti già, mentre se non sbaglio Scorp ci ha messo un sacco ad ottenere il permesso e le tue compagne di stanza, la Goyle e la Cartwright, non l’hanno mai avuto”.

“Ci conosciamo da poco, è vero”. Gli concesse lei, “Però non puoi dire che non sia stato tanto il tempo che abbiamo trascorso insieme nonostante ciò. Ho passato più tempo con te nell’ultimo periodo che con tuo fratello, il mio migliore amico, e mi sono divertita, in più oggi mi sono resa conto di considerarti.. un amico, ecco.. e quindi mi è sembrato giusto chiamarti per nome, perché i miei amici li chiamo tutti per nome.” Strinse le mani appena le mani tra loro, leggermente a disagio: aiutare gli amici era una cosa, dire e spiegare ad un ragazzo, che non era James, di considerarlo un amico, facendogli capire di tenere, in qualche modo, a lui, era tutt’altra.

“Con Scorpius ci ho messo un po’ perché non volevo né fare un torto a Rose, né che lui si montasse troppo la testa. Le due oche, invece, non le ho mai considerate mie amiche, nemmeno per sbaglio”.

“Mi fa piacere.. cioè non che tu non sia amica delle tue compagne di stanza.. mi fa piacere che tu sia amica mia”. Si affretto a spiegare Al.

Daria lo rassicurò subito con un sorriso “Avevo capito”.

Lui annuì, più rilassato. “ Anche io mi sono divertito con te e ti considero un’amica, ormai. E come potrei non farlo? Mi hai aiutato un sacco in diverse occasioni, anche quando amici non lo eravamo ancora, anzi.”

Lei si fermò e gli tese la mano “Allora, amici?”

Lui sorrise e la strinse “Amici”. La Serpeverde annuì sorridendo, poi interruppero il contatto e ricominciarono a camminare.

“C’è un’altra cosa che mi piacerebbe sapere, ma ho paura che ti arrabbierai”.

“Paura? Che Grifondoro sei?” fece lei scherzosamente. “Vai tranquillo, non sono mica Rose, io mi arrabbio raramente, lo sai. Troppo faticoso”.

“Come vuoi, però io ti ho avvertita..” Ci fu una piccola pausa poi Albus riprese: “Uno dei motivi per cui non mi andavi a genio era la tua amicizia con Rose. Vedi, io pensavo che tu fossi sua amica solo per pietà. Credevo che, siccome sapevi che lei era sola, ti facesse pena e avessi deciso di concederle la tua amicizia, un po’ come una persona ricca che fa l’elemosina solo per mettersi in pace la coscienza, ma continua a guardare con sufficienza le persone più povere. Ne ero fermamente convinto e temevo che l’avresti abbandonata, facendole del male, come gliene ho fatto io.  Quindi ti odiavo parecchio, con un astio profondo che non ha nulla a che vedere con l’antipatia marcata che Rose e Scorpius chiamano odio ”.

Daria, che si era fermata sentendo il suo discorso, gli domandò, esterrefatta “E queste cazzate da dove boccino spuntano fuori?”

Albus si grattò la nuca, visibilmente a disagio. “Beh un po’ sono dovute al fatto che mi avevi rimproverato e ferito nell’orgoglio e quindi non potevo pensare bene di te, e un po’ derivano dal fatto che, tutt’ora, non riesco a spiegarmi la vostra amicizia”.

Daria gli lanciò un’occhiata confusa e vagamente risentita e lui prese a spiegare, gesticolando. “Insomma tu e Rose, a parte il Quidditch, i bei voti e l’essere Serpeverde, non avete proprio un boccino in comune!”

“Che intendi dire?” Domandò Daria, che non capiva dove il ragazzo volesse arrivare. Era strano per lei non capire il comportamento o i discorsi di qualcuno, ma con quel Potter le capitava sempre più spesso di restare sorpresa. 

“Beh, non puoi negare che siete molto diverse. Avete gusti, abitudini e comportamenti contrastanti ed è abbastanza strano che voi due andiate tanto d’accordo.”

Ah, ora capisco.. Io e Rose, viste le nostre personalità, dovremmo detestarci e invece siamo migliori amiche, quindi lui ha pensato che io mi fossi interessata a lei per pietà e lei si fosse aggrappata a me per necessità.

“In effetti, ora che mi ci fai pensare è una cosa davvero strana, però noi amiche lo siamo davvero e non perché lei mi fa pena e io le servo per non essere sola.

All’inizio del primo anno anche io soffrivo di solitudine: ero timidissima e insicura, quindi non mi avvicinavo a nessuno, e nessuno si avvicinava a me perché ero straniera, avevo un cognome ingombrante che intimoriva chiunque lo conoscesse e un accento leggero, ma fastidioso, ero brava a scuola, piacevo agli insegnati e, in più, visto che ero riservata, sembravo snob e presuntuosa.

Mi ero resa conto che anche tua cugina e Moira si sentivano sole, ma non facevo nulla per legare con loro.. rompere il ghiaccio non era il mio forte.. in realtà non lo è tutt’ora..” ammise con una punta di imbarazzo. “Il resto lo sai: ti ho beccato a parlar male di Rose e ti ho sgridato.. speravo che essendo più serena sarebbe riuscita a notarmi e, allo stesso tempo, temevo che non l’avrebbe fatto perché, come dici tu,  una come me non centrava nulla con lei e se lei aveva di nuovo te allora non le serviva nient’altro.. Cioè quando ti ho fatto la scenata ero totalmente disinteressata! Queste cose le ho pensate dopo!” Aggiunse in fretta, ricordandosi del precedente giudizio di Al e temendone un altro altrettanto sbagliato.

Lui ridacchiò, piano.“Ti ho mai detto che sei una strana Serpeverde?”

Lei gli sorrise e proseguì il suo racconto, arrossendo perché, nonostante tutto, parlargli di se stessa e delle sue sensazioni ancora la innervosiva e imbarazzava. “Comunque quella stessa sera mi sono resa conto che, contro tutte le mie aspettative, Rose era ancora giù.. allora ho mandato al diavolo le mie insicurezze e la mia timidezza e ho rotto il ghiaccio”. Concluse il discorso con un largo sorriso e un leggero imbarazzo.

“Mi piacerebbe proprio sapere come hai fatto”. Disse Al, sorridendo a sua volta. “Non eri incapace di attaccare bottone?”

“Un modo l’ho trovato, guarda”. Daria toccò la sua mente e gli mostrò il ricordo di quella sera lontana, quando, in mancanza di idee migliori, aveva sbattuto sul tavolo il libro di Erbologia e dichiarato che, siccome la materia le riusciva troppo difficile e faticosa, rinunciava ad essere la migliore e perciò lei e Rose potevano essere amiche.

Il ragazzo scoppiò a ridere. “Non ci credo! Hai fatto veramente così?”

“Certo. Siamo sotto Veritasserum, Al: non posso mentirti nemmeno attraverso i ricordi, quindi sei costretto a credermi”. Il sorriso le si bloccò sul nascere mentre realizzava il significato delle proprie parole.

Non posso mentirti nemmeno attraverso i ricordi, quindi sei costretto a credermi.. sei costretto a credermi..

“Beh almeno l’hai avvisata del tuo essere indubbiamente assurda. Anche se credo che, a quel punto, lo avesse già intuito da sola”. Albus aveva proseguito col suo discorso, ovviamente ignaro di ciò che l’assurdo cervello dell’altra stava macchinando. “Ora il perché siate diventate amiche è chiaro, ma.. come fate ad esserlo ancora? Coi caratteri che avete dovreste odiarvi”.

La Serpeverde si riscosse e decise di rimandare quanto appena progettato e rispondere prima alle sue domande e, magari, saziare anche la propria, di curiosità.

“Vero, probabilmente dovremmo. Il motivo per cui non è così non è chiarissimo nemmeno a me, ma suppongo che, quando si ci vuole davvero bene, le differenze non importino più di tanto. E poi.. Rose è l’unica persona che riesce sempre a interpretare i miei comportamenti. Da un mio gesto, da un mio sguardo, da una qualunque cosa apparentemente insignificante, lei è sempre capace di dedurre il mio stato d’animo.. Poi, non appena l’ha capito mi bombarda di domande finché non gliene spiego la ragione”. Il sorriso sereno e pacifico le nacque, spontaneamente, sulle labbra. “Questa è l’unica ragione per cui non sono ancora stata ammazzata, nonostante tutti i miei cambi di umore improvvisi, imprevisti e invisibili”.

Si fermarono in un corridoio all’altezza dell’arazzo di Barnaba il Babbeo: erano arrivati destinazione. Daria passò tre volte davanti all’arazzo e, al terzo passaggio, una porta comparve sul muro.

“Lunatica, eh?” Le chiese Al, con un sorriso, e la precedette attraverso la porta.

“Non puoi nemmeno immaginare quanto”. Daria lo seguì immediatamente, entrando in una stanza piccola e accogliente, dai colori caldi, ma volutamente neutri.  Il fuoco del caminetto illuminava l’ambiente con una luce bassa e soffusa che dava un aria decisamente comoda alle due poltrone, poste vicino al camino.

Daria si sedette su una poltrona e Al sull’altra, poi la Serpeverde chiese: “Mi spiegheresti tu una cosa ora?”

Il ragazzo annuì con un sorriso, “Chiedi pure”.

“Se non sbaglio hai detto che hai sempre cercato di convincere Jam a lasciare un po’ di libertà a Lily”. Il ragazzo annuì ancora e lei proseguì: “Eppure tua sorella all’inizio di quest’anno mi ha detto che tu e Scorpius avevate preso il posto di James e Fred a capo delle sue “guardie del corpo”. Mi spieghi perché le stai sul fiato sul collo ora che tuo fratello non lo fa più?”

“Beh, diciamo che Scorp considera Lils la sorellina che non ha mai avuto ed è protettivo con lei quasi quanto James.. ora che lui non le sta più sempre addosso Scorpius ha pensato che fosse suo preciso dovere prenderne il posto, così, per cercare di controllarlo e limitarlo faccio finta di dargli man forte, mentre in realtà lo depisto e fornisco vie di fuga alla piccoletta. Scorpius è terribilmente ingenuo in certi casi ed incredibilmente facile da fregare”.

Lei ridacchiò: “In effetti.. non è molto sveglio in certe situazioni.” Poi, tornando seria, continuò: “Però tu sei molto più ingenuo di lui”.

“L’hai detto anche alla prova.. ma non capisco che intendi”.

La ragazza sospirò pesantemente. “Quello che sto per mostrarti te lo farà capire, ma non sarà facile da accettare.  Però tieni a mente quello che ti ho detto prima: non posso mentirti nemmeno attraverso i ricordi e ciò che ti mostro deve essere accaduto veramente ”.

Il ragazzo le lanciò uno sguardo confuso. “Ma che vuoi dire?”

Lei non rispose, ma gli toccò la mente con la propria, riversando in essa uno dei suoi ricordi. Uno, che risaliva solo a qualche giorno prima, ma che l’aveva tormentata a lungo e intensamente.

Daria sorrise, scuotendo leggermente la testa, e stava per commentare la sua ultima frase, quando la sua attenzione fu catturata da qualcos’altro.

Si trovavano vicino all’ingresso della torre di Corvonero e l’udito ipersviluppato della ragazza si era attivato di sua spontanea iniziativa, cosa che accadeva abbastanza raramente, permettendole di sentire qualcosa che mai si sarebbe aspettata.

“... il tuo povero ragazzo, Amanda?” Chiese una voce acuta e femminile, che Daria non aveva mai sentito prima.

Ci fu una risata e poi la risposta di quella che doveva essere Amanda Corner, la ragazza di mini-Potter: l’italiana non aveva mai sentito nemmeno la sua di voce, prima, quindi, non poteva esserne certa. “E perché mai? Lui è talmente imbranato, mi sembra di baciare un bambino di tre anni tutte le volte. È così patetico.” Daria non credeva alle sue orecchie: lei non era certo una fan di Albus Potter, ma ora sapeva che era un bravo ragazzo e non si meritava un’arpia del genere per fidanzata.

“E poi Amy sta con quello sfigato solo per il suo cognome, no Amy?” Chiese un’altra ragazza.

“Già sinceramente avrei preferito suo fratello James, ma lui non ci sarebbe mai cascato, quindi mi sono dovuta accontentare del Potter tonto e imbranato”. Seguirono altre risate e Daria smise di ascoltare: stava iniziando ad arrabbiarsi.

Il silenzio che piombò tra loro era denso e pesante e la ragazza non se la sentiva di romperlo, perché proprio non sapeva cosa dire.

Però non posso nemmeno pretendere che lo faccia lui e magari lui ha bisogno che io dica qualcosa che lo distragga o conforti.

Quindi, dopo qualche lungo minuto, si fece coraggio e disse. “Mi dispiace davvero tanto Al: io non volevo ferirti né intromettermi in cose che non mi riguardano, ma non volevo nemmeno che tu continuassi ad essere ingannato da lei.. sei un bravo ragazzo e non ti meriti un trattamento del genere e una come lei non si merita il tuo affetto e la tua fiducia”.

 Lui alzò lo sguardo, posandolo su di lei, ma non disse niente. La Serpeverde, allora, visto che era abituata a parlare sempre con tutti i suoi amici dei loro problemi e ad aiutarli a risolverli decise di prendere il toro per le corna e aiutare Al a superare la delusione. “È normale che tu ti senta rotto,  tradito, triste e probabilmente depresso e non è un problema se hai bisogno di piangere, o se mi vuoi insultare o prendere a pugni per sfogarti. Fallo pure, niente di quello che dirai o farai uscirà da questa stanza”. Concluse con un piccolo sorriso, che il ragazzo ricambiò con uno ancora più piccolo.

“In realtà..” cominciò lui, dopo un po’, “non mi sento affatto triste e depresso, solo molto stupido, per non aver capito chi fosse in realtà Amanda e per essermi fatto ingannare, e decisamente furioso, con lei, ma soprattutto con me stesso.” L’ammissione sorprese abbastanza l’italiana, che si aspettava una reazione molto peggiore.

Dopo qualche altro minuto di silenzio il ragazzo riprese: “In realtà sono anche parecchio confuso..” Ci fu un’altra pausa poi lui continuò. “Vedi io pensavo di essere innamorato di lei, eppure sapere che per lei io non ho mai contato nulla e che tutto era solo una finzione non mi ha ferito né distrutto, né altro, sono solo decisamente arrabbiato e irritato per essere stato ingannato.”

Come riesce a concentrarsi su questo ora?Dopo essere stato ingannato a quel modo dovrebbe, come minimo, essere furioso.. invece, anche se sostiene di essere arrabbiato, riesce a pensare a qualcosa come questo e a sentirsi confuso.. Strano ragazzo.. O forse si concentra su queste cose perché non vuole esplodere davanti a me..

Daria si ricordava vagamente di aver già sentito qualcuno fare un discorso simile, ma proprio non le veniva in mente chi.

“Probabilmente non era vero che l’amavi: magari stavi bene con lei, e ti divertivi, però non era un legame tanto profondo, perché altrimenti ti sentiresti ferito e tradito, oltre che furioso”.

“Ok, ma come ho fatto a prendere un abbaglio simile? Credere di amare una per cui non provavo nemmeno un affetto profondo? Anche se, ora che ci penso, mi sento tradito e sono parecchio incazzato”. Daria poteva vedere, con estrema chiarezza, la sua rabbia nei pugni serrati con forza, nella linea dura della mascella e, soprattutto, nei suoi occhi verde chiaro, che, come sempre, riflettevano perfettamente il suo umore. 

Ora che ci penso? Ma quanto è fuori questo?

“Non so.. Probabilmente tendi a sentirti molto vicino anche a persone che forse non lo sono, magari ti sembrava qualcosa di forte e ti sei convinto fosse amore, oppure sei uno che esagera.. Ci sono un milione di altre possibilità, ma non so quale sia quella giusta.” Ci pensò un po’ poi disse: “Comunque non è una cosa così unica e grave: è capitato anche a me una volta!”

Allora realizzò: Ah ecco  perché mi sembrava familiare come discorso: io ne ho fatto uno praticamente identico a Rose!

Gli occhi verdi di Al erano anche curiosi ora. “Davvero? Quando?”

“Mah.. Durante l’estate tra il quarto e il quinto, ho conosciuto uno che mi piaceva abbastanza, ci siamo girati attorno  per un po’ come amici ed eravamo entrambi interessati, lo sapevano tutti nel nostro gruppo , poi, sotto consiglio di tua cugina – c’era anche lei in Italia – mi sono fatta avanti, lui ha detto che preferiva che restassimo amici e io mi sono detta d’accordo.

Non ho versato una lacrima, nonostante io sia abbastanza incline al pianto. Dopo un po’ lui ha preteso di ricominciare a comportarsi come prima, ovvero a provarci spudoratamente e ad allungare le mani, io gli ho fatto capire che non era così che funzionava e ho capito cosa volesse veramente. Durante l’intera storia io ho provato rabbia, fastidio, irritazione, ma pochissimo dolore e mi sono ritrovata a fare a Rose un discorso simile a quello che tu hai appena fatto a me”.

“E ovviamente hai realizzato subito di non essere innamorata di lui”.

Lei lo guardò sorpresa. “Eh? No, in realtà i primi dubbi mi sono venuti  solo quando ne ho parlato con  Moira e lei mi ha fatto notare quanto fosse stata insolita e poco drammatica la mia reazione e, infine, ho avuto bisogno che James mi dicesse chiaro e tondo che non l’amavo, perché me ne rendessi conto. Da allora tuo fratello si diverte a tirare fuori l’argomento con una certa frequenza”.

Ok , forse sono fuori quanto lui. Pensò, considerando la situazione.

Poi ci rifletté bene e si corresse: Meglio senza il forse. Anzi, probabilmente lo sono anche più di lui.

Ci rifletté ancora e si corresse di nuovo: Meglio senza il probabilmente.

Passò qualche altro minuto, in cui Daria valutò senza troppa serietà o attenzione entrambe le situazioni, poi interruppe, nuovamente, il silenzio, curiosa. “Cosa hai intenzione di fare con Viperanda?”

“Con chi?” Chiese lui confuso.

“La Corner. Si chiama Amanda, no?” Il ragazzo annuì e lei proseguì: “ed è una vipera, quindi ho deciso che la chiamerò Viperanda. Una persona tanto stronza e arrivista non merita un nome vero e proprio, nemmeno quello di un animale: ci potrebbero essere delle ragazze di nome Amanda, buone e giuste che non hanno fatto nulla per essere costrette a condividere il nome con una persona così stronza, ma non è nemmeno giusto insultare le vipere, paragonandole a lei. Perciò Viperanda è il nome migliore”.

Lui ridacchiò, senza apparire troppo sorpreso. “Mi sembra appropriato”.

“Lo so. I miei nomignoli lo sono sempre.” Rispose, soddisfatta dall’averlo fatto ridere. “Allora cosa farai con lei?”

“Boh, penso che per il momento non la lascerò..”

“No?”

“No. Sinceramente, ora come ora, non mi va di far sapere a tutta la scuola il modo in cui sono stato giocato, senza contare che, stando ancora un po’ con lei, terrò qualunque altro ragazzo ingenuo lontano dal suo veleno”.

Lei annuì, sorridendo. “Ha senso, ma non era “lontano dalle sue grinfie”?”

“Beh, sì, ma le vipere non hanno le grinfie no? Hanno i denti velenosi”.

Entrambi sorrisero e la Serpeverde assentì. “Giusto. Comunque è un ragionamento generoso. Mi piace”. E lo gratificò con un bel sorriso caldo. Il più caldo del suo repertorio e che di solito rivolgeva solo a Marme e Rosie.

Chiacchierarono per un po’ di cose poco importanti e Daria intuì che Al volesse distrarsi e non pensare. Allora gli fece una domanda che le ronzava in testa dalla fine della sfida. “Senti Al, alla prova hai detto di avermi vista arrabbiata davvero per due volte. La prima, ovviamente, è stata la famosa scena al primo anno, ma la seconda?”

Il ragazzo sorrise. “Qualche settimana fa, dopo colazione. Stavo andando con Scorp e altri ragazzi nei sotterranei e abbiamo sentito la voce di mia cugina che litigava con la Cartwright e la Goyle e poi, quando lei stava per esplodere, ti abbiamo vista arrivare e terrorizzare quelle due, facendole scappare a gambe levate.” Poi ridacchiò. “E come biasimarle? Eri propri accecata dalla rabbia quella volta! Non ti sei nemmeno resa conto che io e Scorp eravamo dietro di loro e ci siamo goduti tutta la scena.”

Lei sorrise un po’ imbarazzata. “Sì ero abbastanza fuori di me, anche se quello non è niente” Il sorriso si fece divertito e consapevole.

“Aspetta… Vuoi dire che puoi essere peggio? Già così eri abbastanza spaventosa, non oso immaginare come saresti se perdessi davvero il controllo”.

“I miei poteri impazzirebbero. Per questo sin da bambini ci viene insegnato a controllare la rabbia. In teoria dovremmo essere tutti calmi e controllati e arrabbiarci molto raramente, ma ci sono le eccezioni. Mia sorella, per esempio.” Il ragazzo annuì e la conversazione si spostò di nuovo su argomenti meno importanti e di circostanza.

 Ad un certo punto Al, senza alcun motivo apparente, disse: “Che ne pensi, tu, della scommessa di Jamie?”

“Seccatura enorme. Ed immensa perdita di tempo ed energie, sue per tentare di vincerla, nostre per tentare di non subire danni gravi.”

“Concordo in pieno”. Ci fu una breve pausa, poi sul viso del ragazzo comparve un sorriso Malandrino. “Almeno per quanto riguarda noi due. Su Rose e Scorpius non ci metterei la mano sul fuoco”.

Lei ricambiò il sorriso. “L’hai notata anche tu allora? L’attrazione?”

“E come avrei potuto non accorgermene? È talmente palese. Ma guai a parlarne davanti ad uno dei due, specie davanti a Rosie”.

La ragazza assentì, divertita. “Ti mangerebbe vivo”.

Quasi come se fosse stata chiamata, la voce di Rose giunse chiara, forte e abbastanza disperata nella mente dell’altra Serpeverde: - ITALIANA! Si può sapere dove cazzo sei finita? Vieni immediatamente in dormitorio, ho bisogno di te–

Un istante dopo, prima che Daria avesse il tempo di rispondere all’amica, la ragazza avvertì un altro messaggio. – Daria, ho combinato un casino,  faresti meglio a venire–

Che boccino è successo? Si chiese, lei preoccupata.

- Cinque minuti e sono lì – Mandò un doppio messaggio e si alzò dalla poltrona.

“Tutto bene?”

Daria alzò appena lo sguardo: aveva fretta, una fretta incredibile di tornare al dormitorio e scoprire perché le sue più care amiche fossero entrambe in preda al panico.

“è quello che vorrei sapere anch’io. Rose e Moira mi hanno entrambe mandato un messaggio mentale, chiedendomi di raggiungerle al più presto”. Spiegò frettolosamente, dirigendosi verso la porta.

“Aspetta.. Come un messaggio mentale? Ma non eri tu la sola capace di comunicare telepaticamente?”

“Sì, ma se una mente con cui sono abituata ad entrare in contatto, pensa intensamente a me, io riesco a sentirla e a riceverne i pensieri anche ad una moderata distanza”. Non si voltò, mentre parlava, la mano già sulla maniglia.

“Daria?”

“Sì?” La ragazza si voltò di scatto, leggermente irritata e questo provocò un piccolo incidente: Al, che doveva essersi avvicinato parecchio per darle un bacio sulla guancia, sbagliò obbiettivo e, invece di poggiarsi sul suo viso, le labbra del Grifondoro sfiorarono appena quelle della Serpeverde.

Entrambi fecero immediatamente un passo indietro, lui quasi inciampando nel tappeto, lei sbattendo la schiena contro la porta. Daria vide le guance del ragazzo colorarsi leggermente di rosso e fu sicura che anche le proprie si stessero arrossando e non altrettanto leggermente.

Lui fece un sorriso e si passò una mano sulla nuca, vagamente a disagio. “Volevo ringraziarti, per tutto: sei un’amica preziosa. Scusa per l’incidente”.

Lei arrossì ulteriormente per il complimento: non era abituata a riceverne da chiunque non fosse James o Rose. “Uhm.. non c’è pro-problema”. Prese un respiro profondo e sorrise. “Prego. È la cosa che so fare meglio: essere una buona amica”.

Normalmente avrebbe detto qualcosa come “Prego, mi ha fatto piacere”, o frasi simili, ma in quel caso proprio non aveva potuto: permettere ad Al di scoprire la verità su Viperanda non le aveva fatto piacere, per niente. Certo lei le era decisamente antipatica, molto più delle due ochette con cui doveva dividere la stanza, ma far soffrire un amico non poteva farle piacere.

 

 

***

***

 

 

“Bene! Con questo direi che è chiaro che abbiamo un pareggio! Prime a pari merito, dopo questa sfida iniziale, abbiamo la coppia Weasley-Malfoy e quella De Lupo-Potter.” Il preside cominciò a sperticarsi in lodi e complimenti ai ragazzi, ma Rose smise di prestare attenzione e uscì dalla Sala Grande, irritata.

Detestava i pareggi, li detestava da anni. Pareggiare voleva dire essere allo stesso livello di qualcun altro, dividere il premio e l’attenzione, non essere unica. E lei odiava quella sensazione.

Da piccola era sempre stata paragonata alla madre e messa a confronto con gli altri cugini e non era mai stata unica, sempre e solo una delle tante Weasley o l’intelligente figlia di Hermione Greanger in Weasley. Era una situazione che le andava bene, in cui si sentiva a suo agio, come tutti gli altri suoi cugini: il dover fare i conti con genitori dalla fama ingombrante e un mare di altri ragazzini era il prezzo da pagare per far parte della loro splendida e amorevole famiglia, un piccolo prezzo.

Poi era arrivata ad Hogwarts ed era stata smistata a Serpeverde. Si era ritrovata improvvisamente sola, improvvisamente lontana ed esclusa dal suo mondo. I cugini più grandi avevano ben altro da fare che prendersi cura della piccola pecora verde di famiglia, i più piccoli avevano dato retta ad Al che si sentiva offeso e aveva deciso di ignorarla. Gli adulti, tolti zio Harry e zia Gin e i nonni, avevano preferito non interferire nella lite in corso tra sua madre e suo padre e non le avevano mai dato un grosso appoggio. Quella era stata la prima volta in cui Rose si era sentita davvero sola.

Col tempo si era convinta che, come la confusione era stato il prezzo da pagare dell’appartenere alla famiglia, così la solitudine era il prezzo dell’unicità. Lei era unica e speciale, capirlo l’aveva aiutata a superare il trauma e riprendersi, ma da quel momento essere la prima era diventato fondamentale per lei e non aveva più accettato di buon grado di essere confusa con gli altri cugini o paragonata alla madre.

Daria era il suo unico punto fermo, ora, e l’unica persona da cui riusciva ad accettare di essere eguagliata.  Questo era il solo motivo per cui il castello era ancora in piedi: come il primo giorno di scuola era riuscita a controllarsi solo perché l’italiana era al suo fianco, così quella sera riusciva, faticosamente, ad accettare il pareggio, perché ad eguagliarla era stata lei.    

La ragazza si chiuse alle spalle la porta di una delle aule vuote in cui lei e Daria avevano studiato con i ragazzi. Avrebbe atteso fino a che il resto degli studenti non fosse uscito dalla Sala Grande e non si fosse allontanato a dovere, per non rischiare di incontrare qualcuno, di doverci parlare e di dire qualcosa che non voleva.

Maledetta pozione.

Diede un calcio ad una sedia, frustrata ed irritata, si sedette su un banco e iniziò a pensare ad una protesta contro il preside e il fatto che li avesse obbligati a prendere il Veritasserum, ben sapendo che non l’avrebbe mai messa in atto. Stava giusto progettando di dare fuoco alla scuola quando la porta dell’aula si aprì con un cigolio.

Rose si voltò, pronta a fronteggiare l’invasore e a scappare per evitare di parlarci, ma, invece di trovarsi davanti un qualche studente curioso e pieno di domande, gli occhi azzurri della ragazza ne incrociarono un paio grigi e decisamente divertiti.

“Che ci fai tu qui, Malfoy?”

“Mi nascondo e aspetto. Come te, Weasley”. Poi sorrise ironico e disse: “Pare che passare tutto quel tempo insieme sia servito, no? Abbiamo avuto la stessa idea e ci siamo rifugiati nello stesso posto! Non è fantastico?”

L’espressione del ragazzo permise a Rose di capire che la stava prendendo in giro, così lei sbuffò e rispose, contrariata: “Per niente, Malfoy. Se passare tanto tempo insieme fosse servito davvero, allora non avresti sbagliato la risposta e noi non avremmo pareggiato”.

L’irritazione della ragazza stava per raggiungere livelli decisamente preoccupanti e il ghigno sul volto del compagno non stava aiutando.

“Beh non è mica colpa mia se niente ti mette a disagio: come potevo sapere la risposta scusa?”

La ragazza lo fissò con una certa rabbia: mi auguro, anzi gli auguro, di aver capito male.

“Prego? Stai forse dando la colpa a me perché mi mostro a disagio raramente?”

“Esattamente”, rispose lui con la stessa espressione irriverente di sempre. “Anzi inizio a dubitare che tu sia umana. Sei una specie di freddo robot che è impossibile mettere in imbarazzo”.

Rose si alzò di scatto: “Non sapere e non ricevere una buona dose si attenzione mi mettono a disagio. Mentre essere presa per il culo da te mi fa incazzare. Tanto”.

“Lo so” Malfoy ora stava sorridendo e appariva sereno e soddisfatto. “Però è troppo divertente raggirarti e estorcerti informazioni. Quando ti arrabbi, smetti di ragionare, Weasley.”

Non ci posso credere mi sono fatta giocare come una bambina.

“Ad ogni modo”, continuò il Grifondoro con la stessa aria rilassata di prima. “non penso che sia colpa tua, per niente. Ero solo molto curioso e questo era il modo più veloce, nonché il più divertente, per scoprire quello che volevo sapere”.

“Ho sempre saputo che sei fuori di testa, Malfoy” fece Rose, più tranquilla, tornando a sedersi sul banco. “Ma non immaginavo avessi anche istinti suicidi”.

Malfoy prese una sedia e si sedette di fronte a lei, sollevando appena le spalle in risposta alla sua osservazione, il ghigno strafottente di nuovo presente sul viso: “Attraente, eh?”

Rose se lo aspettava, solo sperava che il confronto avvenisse in un altro momento. Magari uno in cui non era costretta ad essere sincera. Auto convincendosi che quella del ragazzo era una domanda retorica, la Serpeverde scoprì di essere in grado di eluderla.

“Bellissima?” Lo sfidò, sollevando un sopracciglio.

“Beh, lo sei”. Il Grifondoro alzò le spalle, il ghigno immutato.

La sua tranquillità e la semplicità della sua risposta la spiazzarono e a Rose ci vollero alcuni secondi per trovare un modo più o meno intelligente per rispondere.

“So di essere bella, grazie: È un dato oggettivo… Ma “bellissima”.. non ti pare un po’ esagerato e, soprattutto, soggettivo?” La Serpeverde arricciò le labbra in un ghigno, sperando di cancellare quello del biondo.

Malfoy però non cambiò espressione, anzi il suo ghigno si fece, se possibile, ancora più irritante. “Sei la ragazza più bella della scuola, insieme a Dominique, e lo sanno tutti. Quindi direi che no, non mi pare che il superlativo sia esagerato e soggettivo”.

Lei colse al volo la via di fuga che la frase del ragazzo le aveva fornito e rispose con una certa sicurezza. “Lo stesso ragionamento vale anche per l’aggettivo che ho usato io: anche tu sei un bel ragazzo e lo sanno tutti, perciò il fatto che tu sia attraente è un dato puramente oggettivo”.

Il Grifondoro continuò a sogghignare e, sollevando una mano, mosse l’indice a destra e sinistra, mimando un “no”. “La situazione è diversa, Weasley. Il fatto che tu mi abbia descritto come “attraente”, vuol dire che inconsciamente sei attratta da me”.

Il ghigno del ragazzo si allargò e Rose si ritrovò a boccheggiare senza parole.

Io attratta da Malfoy?

Si riscosse abbastanza in fretta e scosse la testa.

Che razza di assurdità.

“Ti piacerebbe, Malfoy. Ma ti sbagli: ho detto che sei attraente perché molte ragazze sono attratte da te, ma non io. Chiaro?”

“Non ti credo nemmeno un po’”.

“Problema tuo. Siamo ancora sotto Veritasserum quindi non posso che essere sincera”.

“Non dubito della tua sincerità,Weasley, ma della tua consapevolezza. Puoi dire di non essere attratta da me anche se lo sei e farlo senza mentire, perché sei convinta di non esserlo”.

“Ti sbagli”. Sibilò lei, leggermente sulla difensiva.

“Vogliamo verificare?” chiese il ragazzo alzandosi dalla sedia su cui era seduto e avvicinandosi.

“Assolutamente no!” rispose lei, sfidandolo con lo sguardo a fare un altro passo.

Il ragazzo si fermò, ma continuò a fissarla ghignando. “Hai paura di scoprire che ho ragione, perché in fondo lo sai che, se mi avvicinassi a te, non riusciresti più a starmi lontana”.

“Spiacente sono più intelligente di così e non cedo alle tue provocazioni”. Rose si alzò dal banco su cui era stata seduta tutto il tempo. “Buonanotte Malfoy”. Gli voltò le spalle e si avvicinò alla porta. Non le importava più di aspettare che tutti gli altri studenti fossero tornati nelle loro stanza, voleva solo andarsene da quell’aula  prima di commettere un omicidio.

Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che potesse aprirla un soffio caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.

“Sogni d’oro Weasley”

La voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito, un sussurro caldo che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava nemmeno toccando, ma sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo brivido le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose aprì la porta e uscì senza voltarsi.

Conosceva il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro che resta in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione.

Sono attratta da Scorpius Malfoy. Merda. 

Rose si diresse a passo spedito verso i sotterranei, la sua camminata somigliava molto ad una fuga. La ragazza sperava, ardentemente, di non incontrare nessuno e sentiva il bisogno, quasi soffocante, di parlare con Daria.

Merlino, fa che sia qui dentro. Pensò davanti alla porta chiusa della sua stanza.

Abbassò la maniglia e constatò che Merlino, tanto per cambiare, non le aveva dato retta: la camera era vuota fatta eccezione per Moira che fissava il soffitto, sdraiata sul letto. La mora alzò lo sguardo sentendola entrare e Rose registrò distrattamente che non sembrava di buon umore.

Sfrecciò attraverso la stanza e spalancò con foga la porta del bagno, sperando di trovarci Daria e trovandolo, invece, deserto. Si voltò e setacciò di nuovo la stanza con lo sguardo, ottenendo lo stesso risultato di prima.

“Daria?” ringhiò.

“Ancora fuori”. Rispose Moira, che la stava ancora guardando. “L’ho vista uscire dalla Sala Grande con tuo cugino”.

“Cazzo.” Se era con James non sarebbe tornata molto presto.

“Se hai urgente bisogno di lei, puoi contattarla telepaticamente.” Rose la fissò stralunata per un secondo: Malfoy aveva ragione anche su quello, quando si arrabbiava, Rose smetteva di ragionare.

“Oppure..” continuò Moira prima che Rose avesse modo di contattare effettivamente l’amica, “invece di disturbare lei, puoi provare a parlarne con me”.

“No grazie”. Rispose, lapidaria.

“Siamo amiche, Rose” Proseguì l’altra tirandosi a sedere. “Se hai un problema puoi parlarne con me”.

“Ho detto: no grazie, Moira. Mi serve Daria”.

“Sì ma Daria non c’è e non può esserci sempre, Rose”. Il tono di Moira era rimasto neutro, ma le sue parole le mandarono il sangue al cervello e la rossa cessò definitivamente di ragionare.

“Questo lo so da sola, Kirson. Ma di sicuro non mi metto a parlare dei miei problemi con te, che non sei nemmeno mia amica”.

“Ah no? E cosa sarei? No guarda lo so da sola: una povera idiota che perde il suo tempo ad ascoltare le tue cazzo di crisi isteriche, tutti i santi giorni, e si illude di contare qualcosa per una stronza a cui importa solo di se stessa e considera la sua migliore amica una specie di cagnolino scodinzolante da chiamare ogni volta che le gira”.

“Come cazzo ti permetti di criticare il mio rapporto con Daria? Tu non sai nemmeno cosa vuol dire la parola amicizia! Dici tanto che siamo amiche, ma lo vedo come mi guardi a volte, sai? Come se volessi infilarmi un coltello nella schiena. E tu vorresti che io mi confidassi con te? Stronza doppiogiochista ipocrita”.

“Stronza?!  Tu stai chiamando stronza me? Tu che giochi da anni con i sentimenti di Dave, che è tanto scemo da crederti una specie di dea perfetta. Tu che fai finta di non sapere che è innamorato di te per continuare a fare i tuoi comodi e ottenere favori. Tu che te ne freghi se così uccidi lui e me”.

“Ma che cazzo stai dicendo?! Io e Dave siamo amici!”

“No. Io e Dave siamo amici. Tu sei solo una stronza che fa finta di non sapere perché le conviene così.”

La sorpresa e l’incredulità scossero Rose quel tanto da farle recuperare un po’ di lucidità e capire che doveva chiamare Daria, subito.

- ITALIANA! Si può sapere dove cazzo sei finita? Vieni immediatamente in dormitorio, ho bisogno di te–

Pochissimi istanti dopo le giunse la risposta, preoccupata, della sua migliore amica.

- Cinque minuti e sono lì –

Rose si rilassò leggermente e si sedette sul letto, gli occhi fissi sulla porta, in attesa.

Quando vide la porta spalancarsi di colpo, Rose sospirò di sollievo e ringraziò con lo sguardo l’amica appena arrivata. Daria aveva il fiatone ed era evidente che avesse corso, ma non si prese nemmeno un secondo per riposarsi e, immediatamente, chiese:

“Allora? Che boccino è successo?”

Rose non se lo fece ripetere due volte e condivise con lei tutti i suoi ricordi di quella sera, a partire dal momento stesso in cui si erano perse di vista, alla fine della prova.

Dopo poco, però, Daria la interruppe: “Parti dal principio o non capirò niente”. Rose la guardò, confusa: lei era partita dall’inizio, sapeva come funzionava.

Poi, notò che Daria non stava guardando lei, ma Moira e che quest’ultima aveva annuito piano.

Anche lei deve aver chiesto aiuto a Daria. Strano, non è da lei.

Qualche minuto dopo – Rose non aveva idea se ne fossero passati un paio oppure una marea – Daria sospirò pesantemente,  con un movimento fluido si staccò dal muro a cui si era appoggiata e si sedette sul tappeto verde con intarsi argentati che stava in mezzo alla stanza.

Fece un gesto con la mano, come per invitarle a sedersi di fronte a lei e, vedendo che nessuna delle due si muoveva, esplicitò l’invito a parole. La sua voce era tranquilla, come se, sedersi sul pavimento quando c’erano ben cinque letti disponibili, fosse la cosa più naturale e normale del mondo.

“Allora tanto per cominciare teniamo tutte a mente che oggi è stata una giornata abbastanza stancante per tutte e tre e che è comprensibile essere un po’ più.. come dire? irritabili del solito, ecco. Questo non giustifica nessuno, però credo che, conoscendo la giornata e le ragioni dello stress dell’altra, potreste capirvi meglio e.. non so io sono convinta che conoscere la storia dietro ad un evento sia fondamentale per capirlo e aiuti parecchio. Posso raccontare, riassumendo i motivi per cui entrambe siete di cattivo umore?”

Rose annuì: conosceva le idee di Daria e, anche se in quel momento trovava leggermente irritanti i suoi modi tranquilli e un po’ da psicologa, sapeva che lei era la migliore in quel genere di cose.

Anche Moira doveva aver annuito perché Daria cominciò a parlare e a raccontare la giornata di Rose. Con grossa sorpresa della rossa, però, l’italiana non iniziò il suo riassunto-racconto da dove lei aveva cominciato a mostrarle i ricordi, ma spiegò brevemente come Daria stessa avesse fatto stancare l’amica con tutta la sua ansia e come il dover bere il Veritasserum l’avesse irritata.

Il racconto di Daria fu breve e conciso, ma toccò tutti i punti chiave e Rose si rese conto, che, in effetti, il punto da cui l’altra era partita era molto più appropriato di quello che lei stessa aveva scelto.

“Moira, ora riassumerò a Rose i motivi del tuo di stress e non ho intenzione di mentire, né cercare di trovare qualche scusa plausibile per le tue parole. Non lo faccio per mancarti di rispetto o contrariarti, ma perché credo che uno dei motivi per cui voi due oggi avete litigato sia il fatto che, per non tradire Dave, ti sei tenuta sempre tutto dentro e hai finito per scoppiare”. La De Lupo fece una pausa, senza, però distogliere lo sguardo da quello di Moira. “Immaginavo che prima o poi sarebbe successo, Mo-Mò. Però credevo che saresti scoppiata prima.” Un sorriso dolce comparve sulle labbra di quella strana ragazza e Rose scosse la testa, ormai rassegnata ai ragionamenti incomprensibili dell’altra. “Ci vuoi davvero bene, vero? E sei riuscita a trattenerti solo perché non volevi in nessun caso ferire Rose, né creare problemi a me. Grazie e scusa”.

“Non mi devi ringraziare, Daria. E soprattutto non hai motivo di scusarti”.

“Invece ce l’ho eccome Mo-Mò. Non sto mantenendo molto la promessa, vero?”

Rose a quel punto era decisamente persa e non capiva di cosa stessero parlando.

“Ora questo ha un importanza minore, ma ne riparleremo, Mo.” A quel punto Daria si voltò verso di lei e la inchiodò con lo sguardo.

“Rose, Moira non stava mentendo quando ti ha detto che Dave è innamorato di te. È la verità: tu gli piaci da anni, ma non te ne sei mai resa conto e, senza volere, l’hai ferito più volte. E questo ha ferito anche Moira, perché, vedi.. lei ama Dave incondizionatamente, anche se sa che lui vede solo te.

Noi due possiamo solo immaginare cosa voglia dire, amare un ragazzo che ti considera solo la sua migliore amica e non fa che parlare di un’altra, che non riesci nemmeno ad odiare perché anche lei è tua amica e le vuoi bene. In più tu non ricambi i sentimenti di Zab e lui soffre e si sfoga con Moira, che sta ancora più male e non sa cosa fare.

Con questo non voglio dire che sia colpa tua, Rosie: non scegliamo di chi innamorarci e spesso soffriamo e facciamo soffrire. Però, quando a farci soffrire o a soffrire per colpa nostra è qualcuno che ci è vicino, beh.. è ancora più dura.

Oggi, durante il tuo quiz, Dave ti ha lodata in tutti modi possibili e, quando ti ha sentita dire che Scorpius era attraente.. beh è arrivato alla stessa conclusione e cui sei arrivata tu: ha capito che sei attratta da suo cugino ed è inutile dire che la cosa non l’ha reso felice. Come al solito, si è sfogato con Moira, che, stanca e di cattivo umore, si è sentita rispondere male da te ed ha finito con  l’esplodere.”  Daria concluse il suo racconto e rimase in silenzio, lasciandole un po’ di tempo per riflettere.

Rose si voltò per osservare Moira: faceva fatica a credere che lei, così matura, realista e cinica, fosse innamorata di un ragazzo idealista e ottimista come Dave e le risultava ancora più difficile capire come fosse stata in grado di essere sua amica e restarle a fianco per anni senza esplodere mai, nonostante tutto lo stress, il dolore e la rabbia che doveva aver sentito.

Non riusciva a capacitarsene e per un po’ dubitò della sincerità della sua amicizia per lei. Poi, però, si ricordò delle parole di Daria e capì: Moira le voleva bene, forse aveva iniziato a volergliene da prima che Dave si infatuasse di lei, e proprio perché a lei teneva parecchio era riuscita a sopportare in silenzio, fino a quel momento.

Il suo altruismo e la sua forza colpirono profondamente la rossa Serpeverde, che, mai aveva immaginato di causare tanto dolore a quella che era, a conti fatti, una sua cara amica.

Il loro rapporto era sempre stato strano: Rose le aveva sempre voluto molto bene, ma non si era mai confidata con lei, né fidata di lei e la cosa non le aveva mai creato problemi, perché nemmeno l’altra l’aveva mai fatto. Ora, però, capiva il perché del suo comportamento e, con immenso stupore, si erse conto di aver trovato un’altra persona che le era sempre stata accanto, comunque e nonostante tutto, un’altra persona di cui, forse, poteva riuscire a fidarsi completamente e totalmente.

All’improvviso Rose si sentì un po’ meno sola e forse un po’ meno unica, ma non era un brutta sensazione. Anzi.

“Voi due vi somigliate e non ve ne siete nemmeno rese conto: siete entrambe profondamente altruiste, ma per voi è una cosa talmente naturale che non ci fate nemmeno caso”. Rose si voltò verso Moira sperando che capisse: non era mai stata brava a chiedere scusa o a parlare dei suoi sentimenti – di solito lo faceva Daria per lei – ma ci stava provando, a modo suo.

 

 

***

***

 

Daria sorrise, sentendo la frase di Rose e capì che si stava scusando, a modo suo, con Moira.

Spero solo che anche Mo-Mò lo capisca.

“Bene! Direi che io il mio lavoro l’ho fatto!” esclamò alzandosi. “Ora nessuna di voi due è curiosa di sapere cosa ho fatto io sta sera?” Chiese con entusiasmo, gettandosi sul suo letto.

“Non ci interessa quello che hai fatto con Jam, Daria, a meno che non abbiate litigato furiosamente o pomiciato appassionatamente. Quello sì che sarebbe interessante”.

“Rosie, credo tu abbia sbagliato persona, sono Daria non Meg: io non litigo con Jam né desidero segretamente di pomiciarci”. Fece, scherzando, poi si rese conto che c’era qualcosa che non quadrava: lei non era con James. Se fossi stata con James, me ne ricorderei, ma io mi ricordo di essere stata con Al. “E poi io non ero con James, ma con Al”.

“Le avevo detto che eri con suo cugino e deve aver frainteso”. Spiegò, brevemente Moira, che ancora non guardava Rose.

“Infatti è così. Aspetta.. sei stata con Al tutto questo tempo? Forza sputa il rospo! Voglio sapere cosa avete fatto!”

Daria sorrise e cominciò a raccontare, senza omettere nulla, a parte lo scambio di battute sulla scommessa di James: Rose non avrebbe gradito. Raccontò loro persino di Viperanda e della sua stronzaggine senza limiti: erano due delle sue tre più care amiche, si fidava ciecamente di loro e per loro non aveva segreti. Entrambe le ragazze si dissero disgustate dal comportamento della Corner e Rose promise che gliel’avrebbe fatta pagare, prima o poi.

Quando Daria raccontò loro dell’Incidente entrambe scoppiarono a ridere e cominciarono a prenderla in giro.

“Non ci credo! Al ti ha baciata! Non vedo l’ora di dirlo a James!”

“Sporca traditrice! Non ci pensare nemmeno a dirlo a Marmellata!”

“Senti Daria”, cominciò Moira con una certa serietà. “hai intenzione di farti baciare da tutti i cugini di Rose o ti limiti ai fratelli Potter?”

“ Questa volta è stato un incidente! Solo un incidente!” Daria, che si era illusa che almeno lei fosse clemente, le lanciò un cuscino mentre Rose iniziava ridere più forte.

“Certo, certo. Dicono tutti così”.

 “Ehi, guardate che ora si è fatta. Strano che le due ochette non siano ancora rientrate allo stagno, no?” Disse poi, cercando di cambiare discorso.

Moira alzò le spalle, indifferente. “Si saranno infilate nel  letto di qualche ragazzo, come al solito. Dormono fuori una notte su due e si permettono di dare della troia a te, Rose. Che ipocrite”.

Daria percepì con chiarezza l’intensità del momento: era la prima volta, in tutta la sera, che Moira si rivolgeva direttamente a Rose e la guardava negli occhi. L’italiana guardò Rose e poi Moira, poi di nuovo Rose e così via, spostando lo sguardo dieci volte al secondo, abbastanza velocemente da farsi venire il mal di testa. Quando le vide sorridere si alzò di scatto, fece alzare anche loro, che si erano sdraiate, come lei, sui loro letti, e le coinvolse in un abbraccio di gruppo.

“Bisogna festeggiare!” Esclamò contenta.

“Cosa? Il fatto che tu sia riuscita a farti baciare da entrambi i Potter?”

“O è solo il bacio di Al a renderti tanto euforica?”

“Stronze!” Esclamò Daria ridendo e pestando un piede ad entrambe.

Continuarono a ridere e a scherzare per un po’ e, quando, finalmente, spensero le luci e si decisero a dormire, erano già le tre passate. Daria era decisamente esausta e sperava ardentemente in una notte tranquilla e riposante, ma le sue speranze furono deluse. L’italiana quella notte fece un sogno strano, il primo di una lunga serie.

Daria vide una se stessa più grande guardarsi in uno specchi a figura intera e lisciare nervosamente pieghe inesistenti del suo abito da sposa. Era bianco e di fattura semplice, ma le calza a pennello e il colore chiaro creava un bel contrasto con la sua carnagione e con i suoi capelli scuri lasciati quasi interamente sciolti. Era bella, molto più bella di quanto fosse abituata a vedersi.

Accanto a lei c’era Rose che si osservava in un altro specchio, anche lei più grande, anche lei vestita da sposa. Il suo abito, però, era azzurro chiaro e di fattura più complicata e la faceva apparire ancora più splendida.

“Rosie, sei assolutamente bellissima!”Esclamò Meg, vestita in un bell’abito da damigella rosso fuoco.

“La tua dolce metà avrà un infarto, vedendoti. Credimi.”Moira indossava un abito uguale a quello di Margaret, ma verde.

“Lo spero per lui”. Fece Rose lanciando alla sua immagine un ultimo sguardo critico, poi si voltò verso di lei e disse “In ogni caso, penso che non sarà il solo a necessitare del pronto soccorso. Manderai mio cugino all’ospedale per apnea troppo prolungata, italiana.”

Daria la guardò, scettica e nervosa. “Dici?”

“Assolutamente!” Fece Meg, convinta.

“Già al ballo di Halloween ad Hogwarts gli era bastato vederti col vestito per restare a bocca aperta e senza parole. Lo stenderai, credimi”.

Daria si svegliò di soprassalto, in testa un'unica domanda.

Per quale assurdo motivo ho sognato di sposarmi con James???

  

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Innanzitutto mi scuso per il ritardo disumano, spero che la lunghezza dal capitolo basti a farmi perdonare, ma ne dubito. Quindi, se ci riesco, oggi vi posto tre foto. Tante come i mesi che c’ho messo a postare.

Il capitolo.. Beh che sarebbe stato sincero l’avevo detto, quante avevano intuito almeno in parte a cosa mi rifirevo?

Ad ogni modo non ho molti commenti da fare.. credo che si spieghi abbastanza da sé.

Solo una cosa: ricordatevi del sogno di Daria, perché sarà abbastanza importante in futuro.. Ah se siete attente noterete che il capitolo contiene il segreto per capirlo, almeno in parte..

Questa è Moira

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Questa è Rose

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E.. Questa è Daria

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Un bacio

AiraD

  
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