Hermione
camminava in un corridoio
lungo e stretto, dalle mura di pietra. Sembrava Hogwarts. Intravedeva
una forte
luce, ma era lontana. Camminava, camminava, camminava, ma era sempre
più
stanca. Sfinita, si accasciò a terra.
Ma, l’impatto non fu con la pietra
dura. Sotto di sé sentiva qualcosa di morbido e caldo. Si
stiracchiò, come se
fosse reduce di un lungo sonno e aprì gli occhi.
Una luce accecante la costrinse a
portarsi una mano sul viso. Che fosse già arrivata a
destinazione?
Si rese conto di essere in un letto.
Nel suo letto. E la luce proveniva da una finestra aperta. Appollaiato
sul
davanzale, c’era un bellissimo giovane. Tratti decisi,
capelli biondissimi ed
indimenticabili occhi grigi.
Un sorriso dolce comparve sul volto
del ragazzo, ma quando lei lo ricambiò, quello si
trasformò in un ghigno
feroce. Hermione, sorpresa, si alzò da letto, avvicinandosi
alla finestra, ma
il giovane si lasciò andare e cadde giù.
La Grifondoro era sconvolta. Sarebbe
morto cadendo da un’altezza simile. Accelerò il
passo e si affacciò. Ma si
protese troppo. E cadde. Sentiva la forza di gravità
trascinarla giù
velocemente. L’attrito con l’aria era sorprendente.
Chiuse gli occhi,
attendendo l’urto. L’ultima cosa che vide furono
due occhi grigi. Poi, il
nulla.
Semplicemente il nulla. Solo buio. Un
senso di angoscia attraversò Hermione. Sentì
qualcosa sfiorarla e rabbrividì.
La stessa cosa che l’aveva sfiorata, ora le stringeva la
mano. Poi un sussurro,
“Lumos”, e la bacchetta che l’altra
persona stringeva in mano sprigionò una
moderata quantità di luce, necessaria per illuminare i loro
volti.
Di nuovo quegli occhi grigi. E si
stavano avvicinando, per poi, man mano, chiudersi. Hermione sentiva il
proprio
respiro affannoso mentre Draco si avvicinava, per sfiorare le labbra
con le
sue. Il cuore martellava furioso. Mancava poco ormai…
Mancava poco e avrebbe
assaporato le sue labbra…
«Hermione,
dannazione, svegliati!»,
esclamò Ginny Weasley, quel sabato mattina del 13 ottobre.
La Prefetta sbatté le palpebre un paio
di volte, per scacciare le immagini del sogno e tornare alla
realtà. Continuava
a vedere quegli occhi grigi avvicinarsi…continuava a vedere
Draco nell’attimo
prima di baciarla. Un bacio che nel sogno non era mai arrivato,
tantomeno
l'avrebbe ricevuto nella realtà. Hermione ripensò
a due giorni prima, quando si
era trovata con il Serpeverde nei sotterranei e lui era stato sul punto
di
sfiorarle le labbra. Un brivido le percorse la schiena, mentre si
alzava e
andava a vestirsi, più che altro trascinata da Ginny.
Prese un maglioncino color crema a
collo alto, che si sposava con la sua carnagione, dei jeans blu e un
giubbino di
pelle marrone, e infilò un paio di stivaletti dello stesso
colore della giacca.
Mise la bacchetta e i soldi in una borsetta a tracolla e
uscì con l’amica, già
pronta da un pezzo, dal dormitorio. Mentre attraversavano la Sala
Comune,
Hermione si sistemava i boccoli castani, che le incorniciavano il volto
a
cuore, con la mano libera.
«Harry e Ron ci aspettano giù?»,
chiese Hermione. La giovane Weasley scosse la testa.
«Credi davvero che porterei anche loro
a fare compere?», ridacchiò. La Prefetta la
imitò.
«Dannazione, Herm. Siamo veramente in
ritardo. Ti avevo detto di svegliarti. Hai scombussolato i miei
piani.», si
lamentò poco dopo Ginny. «Cosa diamine hai sognato
che non ti ha permesso di
destarti?».
Hermione fu scossa da un brivido. Si
sentì a disagio e si limitò a fissare il
pavimento di pietra.
L’amica la guardò interrogativa.
«Hermione…», la chiamò, ma la
persona
alla quale si stava rivolgendo era assente, con la mente da
tutt’altra parte,
rivivendo il sogno della notte precedente.
Ginny le prese la mano. «A me puoi
dirlo.».
E così, fino a quando non furono
giunte dal custode Gazza, Hermione le raccontò
l’incubo.
Mentre si lasciavano il castello alle
spalle, iniziò a cadere una pioggerellina fitta.
Le due Grifondoro si strinsero nelle
giacche, rimpiangendo di non essersi messe qualcosa di più
pesante addosso.
Il tragitto
sembrò più lungo del solito,
mentre un gelido vento sferzava i loro volti.
Dopo una ventina di minuti giunsero
davanti a “I Tre Manici di Scopa”, dove si
rifugiarono per ripararsi dal freddo.
Quando si furono finalmente sedute,
con un boccale di calda Burrobirra davanti, Ginny parlò.
«Che cosa credi che significhi?».
Hermione capì al volo e sospirò. «Non
saprei…la mia…come potrei
chiamarla…ossessione? verso Draco Malfoy.».
«Dire che ti sei preso una cotta per
lui mi sembra un eufemismo, Hermione.», rise Ginny.
L’amica si unì a lei.
Più tardi,
dopo essersi assicurate che la pioggia fosse cessata, uscirono dal pub,
in
cerca di qualche negozio di abbigliamento.
«Se solo Madama
McClan fosse anche qui…»,
esclamò la giovane Weasley, guardando una vetrina.
«Aspetta…devo
comprarmi una piuma nuova!» disse la
Prefetta, indicandole Scrivenshaft.
«Non oggi,
Hermione.»,
ribatté Ginny, con l’aria di non
voler sentire proteste, e la trascinò dentro Stratchy
& Sons.
«Ginny, guarda.
Ti piace questo?», le chiese la
Prefetta, una dozzina
di minuti dopo, mostrandole un abito rosa, molto settecentesco.
L’amica scosse
la testa, con decisione.
«Ho trovato
l’abito per te.», disse, poi,
tirando fuori un abito
blu scuro che ricordava il ‘700 francese, vestito che
all’epoca era chiamato andrienne.
Hermione ne
rimase estasiata. Ginny sorrise, soddisfatta, mentre tornava alla
ricerca del
suo.
Poco dopo,
esibiva un abito nero di seta, senza spalline, con il corpetto
drappeggiato
impreziosito da perline dorate e una lunga gonna dalla linea morbida e
fluida.
Le stava d’incanto.
Comprarono
anche due maschere per la festa che s’intonavano
perfettamente con i vestiti.
Soddisfatte
degli acquisti, uscirono dal negozio.
«Ginny, per
favore. Devo comprare una piuma.»,
esclamò la Prefetta, che non si era ancora arresa.
«Ti accompagno
fino a lì, ma ti aspetto fuori.»,
sbuffò l’amica.
«Torniamo al
castello?», le chiese
Hermione poco più tardi, mentre
sistemava la piuma d’aquila nella borsetta.
«Veramente volevo
fermarmi da Mielandia.», rispose la
rossa.
A metà
strada tra Scrivenshaft e Mielandia, incontrarono Harry e Ron che
uscivano da Zonko, carichi di
pacchetti.
Hermione li
scrutò interrogativa.
«Non stavamo
facendo nulla di male!», borbottarono
in coro. Poco dopo due bambini uscirono
correndo dal negozio, andando quasi a sbattere contro la Prefetta.
«Thomas!
Zacharias! Venite qua!»,
ordinò la madre, trafelata, mentre
usciva con buste colme di scatoline.
«Mi scusi.», aggiunse
rivolta a Hermione, e se
ne andò.
***
«Ho un
dubbio.», esclamò Ron quando
arrivarono al castello.
Ginny aggrottò le sopracciglia. «Beh?».
«A che vi servono
quegli abiti?», chiese. Le due
amiche si
scambiarono uno sguardo.
«Fatevi gli
affari vostri.», rispose la
rossa, in tono spiccio. Il
fratello la guardò male.
«Ma che bel
quartetto.»,
biascicò Draco Malfoy, seguito da
Zabini e dalla Parkinson, evitando accuratamente lo sguardo di
Hermione. Non si
erano più incontrati, da quel giovedì sera,
durante la ronda e nessuno dei due
aveva più cercato altri contatti.
«Cos’hai
comprato, Weasley? Altri stracci?»,
ridacchiò la Serpeverde, perfida. I
Serpeverde ghignarono.
«Zabini! Parkinson! Nel mio ufficio!»,
esclamò una stizzita Minerva McGranitt, con una pergamena in
mano.
«I vostri voti di Trasfigurazione sono
pessimi. Venite con me.», ordinò. Pansy e Blaise
la seguirono di malavoglia.
«Harry, Ron! Mi
sono appena ricordata una cosa!»,
esclamò Ginny, trascinandoli per una manica. «Avevo promesso
agli altri membri della squadra che ci saremmo
messi d’accordo per il prossimo allenamento.».
I due
ragazzi annuirono, ma poi guardarono Hermione. Lei fece un cenno
d’approvazione
e li salutò.
«Vedo che siamo
rimasti soli.»,
disse Draco, avvicinandosi spavaldo a lei.
Gli occhi grigi catturarono quelli di
lei. Un brivido le percorse la schiena.
Stava ricordando il sogno. E stava
ricordando la situazione in cui lei aveva visto quei pozzi
d’argento. Lui stava
per baciarla.
«Te ne sei andato.», disse, in un
sussurro. L’espressione
del Serpeverde
mutò. Aveva gettato via la maschera di arroganza e ora
Hermione, a malincuore,
vi lesse solo distacco.
Dal canto suo, Draco, era turbato, ma
sperava di risolvere le cose mostrandosi indifferente.
Perché non voleva permettere
(non poteva!), che trapelasse la
minima emozione.
«Lo
so.», rispose infine, lo sguardo che incatenato a
quello della ragazza.
«Perché?», domandò Hermione,
mentre
sentiva gli occhi pizzicare. Le lacrime sarebbero uscite a momenti.
Il Serpeverde si rese conto che non
sopportava vederla così. Eppure, per sei lunghi anni, quella
era stata la sua
soddisfazione. Ma non ora. No, adesso qualcosa era cambiato.
Sentì l’urgente bisogno di consolarla
e quasi si meravigliò di se stesso.
E lì, in mezzo al corridoio che
portava alla Sala Grande, che sarebbe stato riempito di lì a
pochi momenti da
studenti desiderosi di pranzare, si avvicinò a lei,
catturandole le labbra in
un breve, dolce bacio.
.::
Note
::.
Posso pure dire di aver chiuso il capitolo
col botto!
Forse sono stata un po’ affrettata, ma dubito che rivedrete
una
scena simile troppo presto!
Mancano ancora due settimane al ballo e credo che passeranno
lentamente. :P
Spero vi sia piaciuto il pezzo iniziale, quello del sogno.
Perché quando
dormiamo non riusciamo a controllare sempre i sogni, e Hermione ne
è la prova.
Passa da un sogno all’altro, come credo capiti a tutti.
La parte centrale non è proprio un granchè, ma
son certa che l’ultimo
pezzo vi sia piaciuto.
Ma passiamo ai saluti: come al solito ringrazio chi recensisce
questa fanfic, chi la segue e chi la ha tra i preferiti! C:
Oddio, si è fatto tardi!
Kisses,
Yuls. ♥