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Autore: LandOfMagic    15/04/2012    3 recensioni
Le sventure sembrano non finire per chi porta il cognome Potter. Come a dire, la storia si ripete... E se anche la piccola Lily Potter subisse lo stesso destino del padre? Come si svolgerà il primo anno ad Hogwarts tra nuovi professori, nuovi amici e vecchie conoscenze?
DAL CAP. 10:
“Non avevo dubbi che sarebbe stata smistata a Corvonero. È una secchiona, forse peggio della madre!” sussurrò Ron all’indirizzo di Harry.
“Ronald Weasley, ti ho sentito sai? Almeno io non ho dovuto Confondere l’esaminatore di guida per ottenere la patente babbana!” lo rimbeccò la moglie.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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9.
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"Figlio, fratello, padre, amante, amico:

c'è posto nel cuore per tutti gli affetti,
come c'è posto in cielo per tutte le stelle."
Victor Hugo




“Perbacco, sei la fotocopia di tua madre”
“Hai gli stessi occhi della povera Ginevra!”
“Sei tale e quale a tua madre”

Seduta su uno scomodissimo sedile in uno scompartimento di seconda classe Lily vedeva gli edifici e le vie della Londra babbana rimpicciolire ed allontanarsi mentre il treno sfrecciava sui binari. Una centrifuga di tetti, case, forme e colori che diventavano puntini indistinguibili senza nome contro il chiarore dell’orizzonte mattutino.
Sir. Pongi aspirava una miscela inglese di tabacco dalla cannuccia della sua pipa di radica ed era intento a formare degli anelli di fumo che Lily puntualmente si divertiva a deformare e distruggere con un risolino ed un gesto scaltro della mano. Quando lei aveva espresso il desiderio di recarsi sulla tomba della madre, il leprecauno aveva acconsentito ad accompagnarla, non senza una smorfia di seccatura iniziale, frutto del suo carattere scostante e lunatico.
Lily voleva vederla, voleva sapere dove riposava, voleva salutare la donna che l’aveva data alla luce e di cui, con triste rammarico, non serbava alcun ricordo dettagliato se non un vago sentore di miele e cannella nei suoi capelli quando la prendeva in braccio per cullarla.
Ginevra Weasley aveva sacrificato la sua vita per lei. Quella visita era dovuta. Era un bisogno che Lily aveva sentito crescere da quando tutte quelle persone a Diagon Alley l’avevano descritta così somigliante a lei.
Un’ora e venti più tardi erano giunti alla stazione di Charlbury, la cittadina babbana più vicina al villaggio di Burford.
Sir. Pongi, che non poteva essere visto dai Babbani, ma solo da coloro che possedevano poteri magici, si fiondò giù dal treno e si diresse con passo sicuro verso la zona della biglietteria. Lily, dal canto suo, rimase immobile sull’ultimo gradino della pedana, persa nella contemplazione di quel via vai di persone che si riversavano sui binari, scontrandosi e mescolandosi senza nemmeno conoscersi.
“Signorina, noi vorremmo scendere! Si dia una mossa!” si lamentò qualcuno alle sue spalle. La ragazzina a quell’esclamazione di stizza si riscosse e scese prontamente, cercando con lo sguardo il Signor Pongi. Lo vide destreggiarsi in mezzo alla folla, evitando un gruppo di uomini in giacca e cravatta, ed aggirare una colonna di cemento dietro la quale, però, lo perse di vista. Affrettò il passo e lo raggiunse.
“Che fine aveva fatto, Signorina? Non rimanga indietro, può essere pericoloso ed inoltre abbiamo poco tempo!” la ammonì il leprecauno con il tono più severo che gli aveva mai sentito usare.
“Poco tempo per cosa?”
“Adesso lo vedrà da sé!”
Arrivarono nei pressi della biglietteria, dove un marasma di gente stava aspettando il proprio turno in fila indiana. Un uomo in divisa d’affari seguitava a lanciare sguardi preoccupati al grande orologio digitale sopra i tabelloni delle partenze e protestava ad alta voce per l’inefficienza del sistema ferroviario che, lasciando aperto un solo sportello, gli avrebbe di certo fatto perdere il treno. Mentre una donna di mezza età era impegnata a tenere a bada quelle pesti dei suoi due figli che tentavano di sgattaiolare ovunque, creando fastidi alle altre persone in coda.
Il leprecauno passò oltre senza darsene cura ed indicò a Lily una porta nel muro accanto all’ultimo sportello della biglietteria. Porta che ovviamente era nascosta ai Babbani da Incantesimi di Occultamento. Una scritta luminosa avvertiva: BIGLIETTERIA TRASPORTI MAGICI.
“Faccia attenzione che nessuno la veda quando la attraversa” le bisbigliò il Signor Pongi, entrando per primo.
Lily si diede una rapida occhiata intorno. Nessuno stava guardando nella sua direzione ed il luogo era già di per sé abbastanza nascosto dall’ultimo sportello che in quel momento era chiuso.
Lily afferrò la maniglia d’acciaio ed entrò in quello che si rivelò essere poco più che uno sgabuzzino male illuminato.
Un mago con un berretto da ferroviere sorrise loro dall’altra parte di un vetro. Una targhetta sulla sua divisa lo identificava come SIG. GUIDORIO CELERIS, Addetto Ufficio Trasporti Magici.
Babbanofilo convinto, il Signor Guidorio nutriva una profonda passione per il mondo dei non-maghi, tanto da aver finito per sposare una Babbana e aver messo al mondo una vagonata di marmocchi tutti quanti maghinò.
“In cosa posso esservi d’aiuto?”
“Una passaporta per il cimitero di Burford” fu la richiesta di Sir. Pongi.


***


Toccare quel vecchio ombrello rotto, con le stecche sgangherate e la calotta di tessuto usurato, era stata l’esperienza più stramba che Lily Potter avesse mai provato in tutta la sua giovane vita. Ancora più stravagante che salire a bordo di una Trasportina. Sebbene sia il Signor Guidorio sia Sir. Pongi l’avessero avvertita dei possibili effetti collaterali, non si era aspettata certo di sentirsi mancare la terra sotto i piedi per essere sbalzata nel vuoto ed inghiottita in un vortice impazzito. Il tutto era durato solo una manciata di secondi ma Lily avvertiva ancora un pesante vuoto allo stomaco. E forse non era dovuto solo al suo primo viaggio con una Passaporta. Ora che stavano varcando i cancelli del camposanto le sembrò di essere diretta su una strada di non-ritorno. Non avrebbe più respirato la tranquilla vita contadina di Ambra. Si era aperto un mondo tutto nuovo davanti a lei. La fragile campana di vetro sotto la quale i Signori Goradiel l’avevano tenuta per tutti quegli anni si era frantumata in mille pezzi. Ed ogni coccio era un passo in più verso il suo destino.

Il cimitero di Burford, oltre il bosco di robinie, era di impronta stilistica prettamente anglo-babbana, al pari dei moltissimi parchi cimiteriali che sorgevano in tutta l’Inghilterra.
I cancelli in ferro battuto erano sempre aperti, anche di notte.
A Lily parve di ritrovarsi in un luogo fuori dal tempo mentre avanzava tra decine e decine di lapidi bianche, tutte uguali, che spuntavano dal terreno in formazioni precise ed ordinate. Sir. Pongi si sedette sulla prima panchina che incrociò lungo il viale, tanto per concedere alla ragazzina una più che giusta privacy. La giovane Potter sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto ora che la consapevolezza di essere vicino alla sua vera madre l’aveva colta senza riserve. Prese un respiro profondo ed oltrepassò una scultura in pietra che raffigurava un angelo ad ali spiegate. Il caldo sole del mattino ne faceva risplendere i contorni di un bianco cristallino, cosicché osservato da una certa distanza pareva davvero una visione paradisiaca.
Non sapeva dove cercare esattamente e dove dirigersi, si lasciava guidare semplicemente dal cuore e dall’istinto. Imboccò un vialetto, contornato di cipressi, che delimitava l’inizio della parte vecchia del cimitero, dove l’erba ed i rampicanti la facevano da padrone sulle tombe ormai dimenticate.
Arnold, la piccola Puffola Pigmea che portava sempre con sé, si svegliò all’improvviso e rotolò per terra emettendo strilli acutissimi. Continuò a rotolare fino a fermarsi ai piedi di una tomba che si ergeva accanto ad un cespuglio di rose bianche. Alcuni petali morbidi e candidi sfioravano il profilo di una donna dai lunghi capelli rossi e gli occhi dello stesso colore del budino di cioccolato che Lily amava tanto mangiare.
Ginevra Molly Weasley Potter.
Figlia, sorella, moglie e madre meravigliosa.
Manca all’affetto di tutti i suoi cari.
Quel semplice epitaffio inciso in caratteri corsivi sanciva una verità semplice quanto immortale.
“Mamma!” sussurrò Lily con voce spezzata dall’emozione. Con una mano scostò i petali di rosa ed accarezzò la fotografia.
Dei passi distinti alle sue spalle ed uno scricchiolare di rametti ed erba calpestata la costrinsero ad asciugarsi la lacrima solitaria che le solcava la guancia.
“Dobbiamo andare di già?”
Ma non fu la voce del Signor Pongi a risponderle.
“Puoi restare quanto vuoi…”
Una mano forte e calda sulla spalla.
“…Lily…”
Sebbene non ricordasse di aver mai sentito quella voce, il brivido e la scarica d’adrenalina causatele da quel tocco le diedero la sicurezza che si poteva trattare di una sola persona al mondo. L’aveva visto solo quando non era altro che una bambina di pochi mesi, eppure se avesse dovuto immaginarsi un padre che non fosse stato il Signor Goradiel, se lo sarebbe immaginato esattamente come Harry Potter. Una zazzera di capelli disordinati e brizzolati e due occhi verdi nascosti da un paio di occhiali dalle lenti tonde e dalla montatura spessa.
Si voltò con una lentezza simile a quella di chi sogna ad occhi aperti e, accompagnata da quell’alone di sacralità che aleggiava sugli stretti sentieri del parco cimiteriale e sulla tomba di Ginevra, scoppiò a piangere senza freni. Gestire così tante emozioni in pochi giorni non era affatto semplice, soprattutto se il soggetto in questione era solo una bambina di undici anni.
I suoi singhiozzi risuonarono nel cimitero quasi deserto, rimbombarono fra le pietre ed i marmi dei porticati dove si susseguivano statue e sculture di ogni stile architettonico e dove lo stesso pavimento era costituito da lapidi.
Harry la lasciò sfogare, egli stesso era un fiume in piena di emozioni che a malapena riusciva a contenere. Prima fra tutte la gioia infinita nel rivedere quella figlia che per tutti quegli anni aveva potuto solo osservare di nascosto. Per proteggerla, per tenerla al sicuro, per allontanarla da qualsiasi minaccia. Finché fosse arrivato il momento opportuno. E quel momento ora era lì. Davanti a quegli occhi scuri pieni di lacrime, occhi che gli ricordavano l’immenso amore perduto della sua vita ma che allo stesso tempo lo riempivano di speranza e di orgoglio.
Davanti a quelle lentiggini e a quei capelli fulvi che, colpiti dal sole, avevano le stesse sfumature del grano maturo nei campi.
Il cuore di Harry palpitò e gli tremarono le mani quando Lily si gettò senza preavviso tra le sue braccia. Una scossa di commozione e poi il sollievo di averla lì davvero, di poterla stringere.
Quel momento ora era lì. All’eterna presenza di Ginny, in quella città di morti immersa nel verde.
Harry chiuse gli occhi e la strinse con tutte le sue forze, come se fosse l’ultima azione che avrebbe compiuto al mondo. Quando li riaprì, salutò silenziosamente la tomba della moglie.
“Ginny, amore, non ho dimenticato la nostra promessa”.
   
 
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