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Autore: Hero98    15/04/2012    5 recensioni
Una scuola con dei professori alquanto bizzarri narratti dalla giovane studente Lamila Gletmit.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la confusione dell’ora precedente tutti i miei compagni di classe erano agitati. Si domandavano che tipo di professore sarebbe entrato adesso, se sarebbe stato gentile come quello di spagnolo o terribile come quello di educazione fisica.
Ad un tratto entrarono nella stanza due professori, uno che avevamo già visto poco prima sbraitare contro il professor Antonio e l’altro che gli somigliava molto. Aveva i capelli un po’ più chiari dell’altro ed era leggermente più basso, gli occhi socchiusi color nocciola e un sorriso stampato sul volto gli davano un’aria spensierata e ingenua. Saltellava allegra dietro l’altro professore che gli stava facendo varie raccomandazioni:-Se qualche alunno stronzetto ti da fastidio vieni subito a chiamarmi in sala professori… Mi raccomando fai attenzione alla lavagna ancora la fai cadere come l’ultima volta! E se fanno casino prima minacciali con una nota e se non funziona minaccia di torturarli!
L’altro assunse un’espressione preoccupata e anche un po’ timorosa.
-Ma fratellone… io non farei mai una cosa simile! Stai tranquillo, mi sembrano bravi ragazzi andrà tutto bene! –disse con una vocina sottile e tornò a sorridere per tranquillizzare quello che doveva essere suo fratello maggiore e come tale era preoccupato per lui.
Allora il professore più alto uscì dall’aula borbottando un qualcosa che suonò al mio orecchio come offesa e l’altro si sedette tranquillo al suo posto dietro la classica osservando il registro mentre dondolava le gambe in modo molto infantile.
-Veeh, allora ragazzi, io sono il vostro professore d’italiano, Feliciano Vargas! –esclamò contento guardandoci tutti con i suoi occhi da cerbiatto.
Sembrava essere molto dolce e ingenuo quindi dei ragazzi vollero approfittarsene.
-Ehi professore! Potrebbe venire un attimo qui? Non capisco il significato di questa frase! –esclamò infatti un ragazzo dall’ultimo banco sventolando la mano in aria per farsi notare di più.
Il professore si alzò e saltellò allegro verso di lui contento che gli chiedesse aiuto, nel frattempo altri due ragazzi si avvicinarono alla cattedra e misero una puntina da compasso sulla sedia del professore. Io infuriata dal loro comportamento ne feci inciampare uno con uno sgambetto e ghignai divertita guardandolo imprecare sul pavimento per poi tornare al suo posto.
Appena il professore si stette per sedere al suo posto mi alzai di scatto:- Si fermi! C’è una puntina sulla sua sedia!
Lui mi guardò confuso e la levò:- Oh che strano… Forse mi è caduta quando mi sono alzato! Grazie signorina, veeh!
Mi portai una mano alla fronte sconsolata e tornai a sedermi con un sospiro, mi chiedevo come facesse ad essere così ingenuo. Scommetto che il fratello avrebbe imprecato e minacciato tutti.
Il professor Vargas si mise comodo al suo posto e fece per girare la pagina del registro ma il pollice e l’indice rimasero attaccati.
-Oh… non si staccano? –mormorò agitando le dita e tutta la pagina nel tentativo di allontanarle. Ma ogni tentativo fu vano.
-Professore! Forse dovremo tagliarle! –urlò uno stupido ridendo con i suoi amici artefici di quello scherzo che purtroppo era sfuggito al mio sguardo attento. Il fatto è che mi ero concentrata anche a guardare il professore quando si era allontanato dalla cattedra per paura che lo facessero inciampare o gli infilassero cose strane nella maglia o nelle scarpe.
-T-Tagliarle? –balbettò spaventato il professore e iniziò a piagnucolare con le lacrime agli occhi.
Sospirai ancora e mi avvicinai a lui con un paio di forbici da carta. Lui mi guardava spaventato e tremante pregandomi di non farlo, che era ancora troppo giovane e che aveva parenti in città come se a me importasse qualcosa e soprattutto come se stessi per ucciderlo. Con molta calma gli tenni ferma la mano e tagliai con le forbici il pezzo di carta attaccato alle sue dita.
Lui mi guardava incredulo per poi rivolgermi un ampio sorriso:-Veeh! Grazie grazie! Sei la mia salvatrice!
-Adesso deve solo sciacquarle sotto l’acqua e il pezzetto si staccherà… -dissi con un sospiro e tornai al mio posto guardando truce i miei infantili compagni di classe.
Il professore trotterellò fuori dall’aula felice e anche quell’ora finì.
   
 
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