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Autore: Zio Scipione    15/04/2012    3 recensioni
Il cavaliere Peragon e la sua dragonessa Shakira sono in viaggio per spodestare il malvagio re Galbanino. Una revisione totale della storia di Inheritance, pur mantenendone la trama e i personaggi.
Genere: Comico, Fantasy, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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DOPO L’ASSEDIO
 
“Galbanino è pazzo, imprevedibile, e tutto quello che vuoi ma se è arrivato là dove sta, a parte qualche tangente e bustarella, a parte qualche favore lavorativo qua e là, a parte qualche parentela a Uru’baen, un briciolo d’intelligenza suppongo ce l’abbia”.
Brom abbassò la pipa. “Ed è forte, esperto, strafigo e ha un drago che neanche in un libro fantasy lo trovi. Però lo devi battere. Tu. Non Arya o Blödhgarm, che tra l’altro non ho idea di chi sia, ma tu”.
Peragon aprì gli occhi. Quello era il videomessaggio che Brom aveva registrato in un ricordo. L’aveva visto spesso da quando Silente gliel’aveva fatto vedere nel pensatoio la prima volta, ma non gli era stato di grande aiuto.
Una cosa gli poteva essere d’aiuto: quella pallina che era diventato Glaedr e che ora se ne stava nello scrigno sotto il letto.
Pronto? Pronto? Ci sei? C’è qualcuno in linea? Provò a dire mentalmente Peragon, ma sentì solo: La invitiamo a richiamare più tardi, grazie.
La porta della tenda si scostò.
«Ehi, Peragon!» disse Arya entrando. «Che facevi?»
«Cerco di contattare Glaedr, ma come l’altro giorno non c’è campo».
«Ah, peccato. Pensi che impazzirà là dentro?»
«Sì, così col cavolo che lo finiamo sto libro! A proposito, la lancia sbrilluccicante dov’è?»
«Nella mia tenda, se non ti dispiace».
«No» rispose Peragon spezzando in due una spada tra il pollice e l’indice. «Affatto».
«E poi tu hai già…».
«…Arya, quante volte te l’ho detto di…»
«…Brisingr!»
I pantaloni di Peragon andarono a fuoco.
«Spenghya du pathnalon!» disse, e si spensero.
«Menomale che questo è un libro e la gente non ti vede, perché sei rimasto inesorabilmente in mutande».
«Certo, e questa potrebbe diventare una scena a luci rosse».
«La possiamo far diventare. Ma solo per questa volta».
«Uhm…».
Splaf! Si aprì la porta della tenda ed entrò un tizio.
«Peragon! Arya!» disse. «Mia madre sta partorendo!»
Peragon lo fissò male, ma così male che ci rimase male persino Glaedr tutto acquattato nella sua pallina.
«No, dico, ma chi stracavolo sei?»
 
 
COS’È UN UOMO
 
Roran Fortemartello era (come si evince dal contesto) forte, cubico e con due spalle larghe tre metri, e il suo peso muscolare lo faceva sprofondare nel fango di quaranta centimetri, ma infondo era un romanticone e il suo primo pensiero fu quello di andare a trovare Katrina, la neo-moglie che aveva perso tra la folla dell’accampamento settimane prima.
«Ciauz, marituccino mio! Ti lovvo tantiximo!» gli disse, non appena le si parò davanti.
«Ti sembra questo il momento di parlare il nanico?»
«Non era nanico, amorino mio <3, non sei contento di rivedermi?»
«Certo, cos’hai cucinato?»
«Niente».
«Che ccooosaaa?»
«LOL scherzavo! Asd, ti ho fatto lo stufato».
«Meglio di niente, donna».
Si sedette al tavolino di legno e mangiò lo stufato, il piatto e il tavolino di legno.
«Ti vedo strano, IMHO c’è qlk ke nn va».
«Se smetti di parlare nanico te lo dico».
«Va bene, dai».
«Nulla… ho ammazzato una pattuglia di soldati, ho ammazzato un’altra pattuglia soldati, ho abbattuto un castello a mani nude e ho ammazzato una terza pattuglia di soldati».
«Non mi nascondi niente?»
«Ah sì, e mi è crollata Belatona in testa, ma non ci ho fatto caso. Tanto in questo libro ti possono pure staccare la testa a morsi e i manager di mio cugino ti guariscono all’istante».
«Senti amoruccio puccioso, non è che sei così forte da lavare anche i piatti?»
«Certo! Sono così figo che mentre parlavamo ho lavato quelli e tutta la tenda».
«Romanticone, che ne diresti di darmi un erede… adesso?»
Arrivò un tizio sullo sfondo.
«Ma non eri già incinta?» disse.
«Chi cavolo sei?» chiese Roran.
«Il fratello di quello che ha rovinato la giornata a tuo cugino. Mia madre sta partorendo!»
  
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