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Autore: Bookwrm389    15/04/2012    4 recensioni
["Sequel" della one-shot Open wounds]
Ed ritorna a Rush Valley con un obiettivo: scovare la persona che ha aggredito il suo meccanico.
E quando la mera violenza si rivela inutile, Ed decide di battere quel tizio al suo stesso gioco... che Winry lo voglia o no.
Genere: Generale, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Edward Elric, Nuovo personaggio, Winry Rockbell
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction è stata tradotta da ChiuEs con il permesso dell'autrice

 

 

Capitolo 8

Scars



Dannazione, Winry, dove sei sparita?”
 
Quella ragazza avrebbe potuto rendergli tutto più facile. Avrebbe potuto lasciare le cose come stavano. Avrebbe potuto restarsene tranquilla a letto, concedendo a Ed di godersi un po’ di meritato riposo notturno dopo quella scarpinata interminabile e una giornata incredibilmente merdosa. Invece no. Lei aveva preferito sparire in piena notte senza lasciare la minima traccia, riuscendo a rendere la merdosa giornata di Ed ancor più merdosa.
 
Ed costrinse il suo corpo pesto e dolorante ad avanzare, percorrendo le strade buie come un segugio che segue una scia, sebbene non desiderasse altro che rannicchiarsi in un cantuccio come un gatto randagio e attendere il sorgere del sole. Probabilmente stava reagendo in maniera esagerata, come aveva detto Al, ma ancora non se la sentiva di girare i tacchi e tornare indietro. La stessa cantilena disperata che tre giorni prima lo aveva spinto a recarsi fino a Rush Valley aveva ricominciato a echeggiare nella sua testa, con lo stesso ritmo frenetico dei battiti del suo cuore.
 
Trova Winry. Trova Winry. Non perdere tempo, non stare a pensare, trovala e basta…
 
Deviò in un vicoletto e appoggiò la schiena contro il muro.
Non avrebbe concluso niente continuando a vagare senza un piano preciso, doveva riflettere. Winry poteva aver avuto mille ragioni valide per decidere di farsi un giro a quell'ora di notte. Forse era stata colta da un’ispirazione improvvisa per quel progetto – qualunque cosa fosse - su cui stava lavorando e, magari, era uscita sperando di recuperare i componenti di cui aveva bisogno prima che i negozi chiudessero.
 
Nah, improbabile. Aveva notato che a Rush Valley il giorno era completamente dedicato al lavoro, ma dopo il calar del sole era tutta un'altra storia. La sera era il momento giusto per uscire a cena fuori e bere con gli amici oppure per rilassarsi nel comfort di casa propria. La maggior parte delle botteghe chiudeva al tramonto e, stando alle poche informazioni di cui Ed era in possesso, Winry aveva lasciato la bottega solo dopo che Garfiel era andato a dormire. Questo che era un dettaglio interessante. Winry non voleva far sapere a Garfiel dove avesse intenzione di andare, quindi aveva atteso che lui si ritirasse nella sua stanza, così da non dover inventare una scusa.
 
Ed inclinò la testa indietro e la sbatté non troppo dolcemente contro il muro. Non aveva la minima idea di dove quella ragazza si fosse potuta cacciare. Sapeva davvero così poco della vita che Winry conduceva a Rush Valley? Se fossero stati a Resembool, avrebbe saputo elencare almeno una mezza dozzina di posti in cui lei sarebbe potuta trovarsi, per un motivo o per l'altro.
 
Beh, pensò con una punta di disagio, suppongo sia una forma di Scambio Equivalente. Nemmeno lui si era mai premurato di mettere Winry al corrente di tutto ciò che lui e Al avevano visto e affrontato durante la ricerca della Pietra Filosofale.
 
Ed controllò l'orologio alla luce di un lampione. Si stava facendo terribilmente tardi. Magari Winry aveva già fatto ritorno alla bottega.
Fece correre lo sguardo da un capo all’altro della strada vuota, squadrando le poche persone che si trascinavano verso casa. All’improvviso, un balenio di capelli biondi qualche lampione più in là attirò la sua attenzione. Cercò di osservare meglio, strizzando gli occhi nel buio. Sì, quella in fondo alla strada era senza dubbio Winry. Fece due lunghi passi nella sua direzione, ma poi qualcosa lo trattenne dal raggiungerla. La ragazza sembrava avere uno scopo preciso, avanzava con lo sguardo corrucciato puntato verso terra e teneva le mani strette a pugno mentre girava l’angolo.
 
Incuriosito, Ed cominciò a correrle dietro. La seguì lungo diverse stradine, grato di aver lasciato il suo vistoso cappotto rosso a casa di Garfiel. Bastavano già i suoi vestiti scuri e laceri ad attirare gli sguardi sospettosi di alcuni passanti, ma Ed si strinse nelle spalle, cercando di muoversi con un’andatura disinvolta e un atteggiamento distaccato. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era che qualcuno lo scambiasse per uno di quei pervertiti che tampinano le ragazze fin sotto casa.
 
Winry non stava tornando alla bottega. Si stava muovendo nella direzione opposta, svoltando in una viuzza disseminata di locali e ristoranti chiassosi e animati. Ed inarcò le sopracciglia, incredulo, quando la vide entrare in un pub senza alcuna esitazione, come fosse stata una cliente abituale. Winry che beveva?
 
Non ci avrebbe creduto finché non l’avesse vista con i suoi occhi.
Attraversò la strada e aprì la porta del locale quel tanto che bastava per entrare, cercando di non attirare l'attenzione su di sé. L'interno era semibuio e gremito di gente, per lo più ragazzi. Ed era sicuro - ci avrebbe scommesso l’orologio d'argento - che almeno un paio di loro fossero minorenni, sebbene stessero cercando di non darlo a vedere. L’uomo al bancone sembrava essere l'unica persona effettivamente sopra i venticinque anni, ma se l’età reale dei suoi clienti non interessava a lui non c’era motivo che altri se ne preoccupassero, no?
Ed si allungò per vedere oltre le teste di alcuni avventori e scorse Winry in piedi in fondo al locale, accanto a tavolo attorno al quale sedevano persone che lui non conosceva.
 
Anzi, una sì.
 
Callahan.
 
Ed sgusciò di lato e andò ad appoggiarsi contro uno dei pilastri in legno, cercando di nascondersi come meglio poteva alla loro vista. Non riusciva a sentire una parola a causa di tutto il chiacchiericcio che riempiva quelle mura, ma per farsi un’idea della conversazione gli bastò osservare. Winry, che era in piena modalità ‘predicozzo’, sputava parole di rabbia mentre Cal non si degnava nemmeno di guardarla negli occhi. Uno dei ragazzi al tavolo fece un commento sprezzante, che divertì i compagni al punto di farli ululare in segno di apprezzamento, e questa fu l'ultima goccia per Winry. Afferrò Cal per il colletto e lo trascinò giù dalla sedia, spingendolo attraverso porta sul retro del pub mentre quegli altri accompagnavano la scena fischiando e berciando.
 
Ed ignorò quel tavolo di idioti e si lanciò rapidamente al seguito del suo meccanico. Il pensiero di Winry sola con Cal era sufficiente per renderlo… beh, non proprio folle, ma ci stava andando dannatamente vicino. Non c'era verso che se ne tornasse a casa senza ottenere una spiegazione. Sospinse la porta sul retro e la aprì con cautela, ritrovandosi all’interno di un piccolo corridoio. C’era una seconda porta che dava su un vicolo. Era stata lasciata socchiusa, cosa che permise a Ed di udire le voci di Cal e Winry attraverso il piccolo spiraglio.
 
“…cercato dappertutto, ma avrei dovuto immaginarlo che ti avrei trovato qui insieme a quel branco di idioti…”
 
“Devi smetterla d’importunarmi, donna!” scattò Cal. “Cazzo, se sei qui per la storia del tuo amichetto…”
 
“Puoi scommetterci che sono qui per quello!” disse Winry aspramente. “So tutto di quella sfida e del tuo piccolo trucchetto con la ghiaia.”
 
“Ehi, quella della ghiaia non è stata una mia idea,” replicò Cal ad alta voce. “E ho dato al tuo amichetto l’opportunità di andarsene, quindi è colpa sua se si è cacciato in una situazione più grande di lui. Dovresti portartelo in giro legato al guinzaglio, se ti fa preoccupare così tanto.”
 
“Posso immaginare giusto un paio di cosette che potresti avergli detto per convincerlo a non tirarsi indietro,” sibilò Winry. “Ora ascoltami… voglio che tu stia lontano da lui finché non gli avrò sistemato l’automail e lui non sarà ripartito. Se scoprirò che hai tentato nuovamente di avvicinarlo in qualche modo, dovrai preoccuparti di qualcosa di molto più grave di un po’ di sangue dal naso! Intesi?”
 
Una volta ripresosi dalla sorpresa iniziale, Ed fu costretto a premersi una mano sulla bocca per soffocare un’incombente risata. Winry che minacciava Cal? Per proteggere lui? C'era decisamente qualcosa di sbagliato in quella scena!
Sapeva che avrebbe dovuto sentirsi offeso per quell’attacco diretto alla sua virilità, ma era troppo occupato ad esultare e tifare interiormente per Winry. Aveva finalmente sfoderato quel piglio battagliero che ancora non si era manifestato da quando lui e Al erano arrivati a Rush Valley!
 
Ma Ed non fu l'unico a ridere.
 
“M-ma che combinate voi due?” domandò Cal, sghignazzando come se la dichiarazione di Winry fosse stata la barzelletta più divertente che gli era capitato di sentire da molto tempo. “È una specie di gioco di squadra quello che fate? Prima tu cerchi qualcuno da sedurre e ottieni la sua attenzione, poi lo illudi e alla fine convochi in tua difesa quel tuo nobile cavaliere?”
 
La voglia di ridere svanì. C’erano talmente tante cose sbagliate in quella frase che Ed francamente non riusciva a decidere contro quale di esse avrebbe dovuto scagliarsi per primo, ma sentì presto crescere una buona dose di dirompente indignazione a proposito di quel ‘nobile cavaliere’. Tanto per puntualizzare, Winry lo costringeva sempre a impersonare il drago quando giocavano, da bambini. E ogni volta toccava a quel nanerottolo spregevole di Alphonse uccidere il brutto mostro, salvare la principessa e condurla nel suo regno oltre l’orizzonte…
                                            
Winry inspirò rumorosamente. Quando si decise a parlare, a Ed parve di udire distintamente la sua voglia di piangere. “Te lo ripeto per l'ultima volta, io non ho cercato di sedurti! Non ho fatto niente, sei tu che ti sei messo in testa che—!”
 
“Mi sto stancando di sentire queste scuse,” sospirò Cal, respingendo le parole della ragazza con un gesto della mano. “Voglio tornare dai miei amici, quindi perché non te ne torni a giocare con quegli stupidi ammassi di metallo che chiami automail?”
 
Ed udì i suoni ovattati di una piccola zuffa e poi un grido di dolore da parte di Cal.

Non mi importa quello che dici di me, ma non azzardarti mai più a insultare il mio lavoro—!”
 
Poi un sussulto e un gemito strozzato… qualcuno era stato sbattuto contro un muro. Winry. Ed diede una spallata alla porta e si guardò intorno. A prima vista il vicoletto sembrava vuoto, ma riusciva a sentire le voci dei due ragazzi provenire da dietro un cassonetto qualche metro più in là. Coprire quella distanza sarebbe stata questione di un attimo, ma a Ed parve di percorrere un tragitto infinito.
 
“Lasciami andare,” ordinò Winry con tono apparentemente calmo, anche se era percepibile un leggero tremito nella sua voce. “Lasciami andare, subito!”
 
“Non credo che tu lo voglia sul serio,” mormorò Cal, abbassando la voce fino a renderla roca. “Allora non sei sempre così frigida come pensavo… Se avessi saputo che bastava parlare del tuo lavoro per far emergere questo lato di te, ti avrei steso su quel tavolo più velocemente di quanto—”
 
Non ebbe la possibilità di finire la frase. Ed aveva aggirato il cassonetto e stretto il braccio meccanico intorno alla gola di Cal, trascinandolo lontano dal muro contro cui era stata intrappolata Winry. Cal annaspava, aggrappandosi al suo braccio, ma Ed non aveva la minima intenzione di allentare la presa.
 
“Giù le mani da lei!” gli ringhiò in un orecchio. “Altrimenti sarai costretto a dire addio anche a tutti gli altri arti!”
 
“Ed!” gridò Winry, spalancando gli occhi. “Ed, ma cosa— come hai fatto—?”
 
I piedi di Ed persero bruscamente il contatto col suolo quando Cal gettò il suo peso all’indietro e lo mandò a sbattere violentemente contro il muro alle sue spalle. L’impatto gli spezzò il respiro e Ed si ritrovò a grugnire tentando di non mollare la presa. Cal afferrò il polso di Ed e cominciò a tirare per allontanarlo dal suo collo. Due braccia meccaniche stavano lottando l’una contro l'altra, con gli ingranaggi che piagnucolavano in segno di protesta. Se l’automail di Ed fosse stato in perfette condizioni non ci sarebbe stata partita, ma uno strano spasmo al gomito lo avvertì che il braccio era ormai allo stremo.
 
All’improvviso, infatti, l’articolazione del gomito cedette e si scalzò. Cal afferrò l’avambraccio di Ed, che ormai penzolava mollemente, e se ne servì per scaraventare il ragazzo contro un paio di cassonetti. Ed quasi perse i sensi quando la sua spalla urtò dolorosamente, ma per fortuna non si slogò di nuovo. Le mani di Cal agguantarono il retro della sua maglietta, ma prima che potesse fare qualsiasi altra cosa Winry lo colpì con un calcio sul costato, forte. Non appena il ragazzo lasciò Ed, lei fece oscillare il coperchio di un bidone per abbatterlo sulla sua testa. Il fendente andò a segno solo di striscio, colpendo Cal sulla tempia e facendolo imbestialire ancor di più. Winry tentò un secondo colpo ma lui intercettò il coperchio a mezz’aria e glielo strappò di mano, gettandolo via.
 
Ne ho abbastanza di te, stronza!”
 
Il grido di avvertimento di Ed arrivò troppo tardi e non poté in alcun modo impedire a Cal di sferrare il suo pugno. Il suo pugno metallico. Cal non tentò nemmeno di dosare la forza con cui colpì Winry esattamente all’altezza della mascella. La testa della ragazza si girò di scatto e Ed, nella foga del momento, ebbe seriamente timore che le si fosse spezzato il collo. Winry cadde a terra scompostamente, come una bambola di pezza, e non mosse più un dito.
 
A quella vista la bestia che dimorava nel petto di Ed ruggì e si liberò, e questa volta lui non fece nulla per arginarne la furia. Si gettò su Cal con un ruggito animale, scagliandosi contro il volto e il petto di quel bastardo con i suoi tre arti rimasti. Si rendeva conto a malapena degli attacchi che Cal sferrava a sua volta, perché la rabbia che lo stava avvolgendo gli impediva di avvertire i nuovi lividi che andavano ad accumularsi sopra i vecchi o di farsi distrarre dalle fasciature ormai lacere che ricadevano e fluttuavano attorno al suo corpo ossesso come i bendaggi di una mummia.
In quello scontro non c’era spazio per tecniche e movimenti studiati, niente che avesse a che fare con l’onore o l’orgoglio. Quello scontro era violenza pura, brutale e viscerale. L’esito che avrebbe avuto non interessava a nessuno dei due: ciò che importava era ferire l’avversario ogni volta che se ne avesse la possibilità.
 
I due erano finiti a pestarsi di fronte alla porta del pub proprio nel momento in cui la porta del locale si spalancava e un gruppetto di persone uscì sulla strada. Ed li notò appena. Non gli importava chi assistesse alla lotta, bastava che non intervenisse. Ma quelli lo fecero. Gli amici di Cal erano troppo brilli per unirsi alla rissa ma ancora abbastanza sobri da immischiarsi e provare a separare i loro corpi avvinghiati. Ed si ritrovò inchiodato al muro, trattenuto da tre paia di braccia, mentre Cal si rimise in piedi.
 
Ed cercò di liberarsi dalla stretta di quelle persone, urlando parole che lui per primo riusciva a comprendere a stento. “Lasciatemi andare bastardi, non provate a fermarmi! Io ti AMMAZZO, cazzo, io ti—!
 
“Che cosa sta succedendo qui?” domandò uno dei nuovi arrivati. “Chi è questo ragazzino?”
 
“Oh merda!” strillò un altro, indicando Winry, che ancora giaceva a terra. “Cosa è successo alla tua ragazza?”
 
“Che cosa ti pare che sia successo?” replicò Cal con uno sbuffo, pulendosi un rivolo di sangue dal mento. “Ci stavamo facendo gli affari nostri, poi questo ragazzo ci ha visti scherzare un po’ e
 
“No… non è andata affatto così.”
 
Cinque teste si girarono contemporaneamente verso la ragazza sdraiata sul selciato del vicolo, e il cervello di Ed finalmente si liberò di ogni pensiero omicida. Winry si stava lentamente riprendendo, e si accovacciò sulle ginocchia tamponando con la mano lo squarcio che le si era riaperto sul labbro. Il suo mento era completamente macchiato di sangue, che ancora grondava copiosamente dalla ferita. A quella vista Ed deglutì di riflesso, ripensando alle innumerevoli volte in cui anche lui aveva assaporato il suo stesso sangue. Si liberò dalla stretta degli amici di Cal, ancora distratti, e andò a inginocchiarsi davanti alla ragazza, spostandole la mano in modo da poter constatare quanto fosse messa male.
 
Si avvicinò loro uno dei compagni di Cal, un ragazzo più grande d’età, con i capelli rosso scuro, e Ed automaticamente si accostò a Winry con fare protettivo. Ma il ragazzo si limitò a lanciare a Ed un’occhiata curiosa, offrendo loro la bandana che fino a un momento prima aveva tenuto avvolta intorno al suo braccio. Ed la agguantò e la porse a Winry, che se la premette sul labbro.
 
“Cos’è successo?” domandò pacatamente il rosso, rivolgendosi a Winry.
 
“Te l’ho appena spiegato!” sbottò Cal con impazienza.
 
“È stato Cal a colpirmi,” ribatté Winry, con un tono così limpido e greve che nessuno avrebbe potuto dubitare della sua veridicità. “E Ed è intervenuto per proteggermi.”
 
Gli amici di Cal si scambiarono occhiate smarrite, cercando di analizzare le versioni contrastanti. Il ragazzo della bandana aggrottò la fronte, pensieroso. Si inginocchiò e con molta attenzione asciugò il sangue dal mento di Winry, esaminando la ferita. Poi afferrò molto meno delicatamente il polso destro di Ed e scrutò le nocche della sua mano meccanica.
 
“Queste viti non corrispondono alle impronte sul suo mento,” annunciò a tutti i presenti, guardando Cal. “E, ad ogni modo, non ha abbastanza dita per poter sferrare un pugno. A parte lui, tu sei l'unico qui a possedere un automail, Cal.”
 
Cal fece una smorfia, biascicando alla ricerca di qualche scusante. “Oh, andiamo ragazzi…”
 
Il rosso si rialzò, con in volto un’espressione di estremo ribrezzo. “Amico, io ho una sorella! Chi mi assicura che la prossima volta che avrai voglia di menar le mani non toccherà a lei?”
 
Cal si rivolse agli altri, cercando manforte, ma anche loro sembravano stare dalla parte di Winry. Cal ribolliva, guardando Ed e Winry con smodato disgusto, e alla fine si allontanò a grandi passi dal vicolo. Winry soffocò un singhiozzo, ma con una rapida occhiata al suo viso Ed poté constatare che si trattava di un gemito di dolore più che di un pianto trattenuto. Un labbro spaccato fa male, chiunque tu sia.
 
“Andiamo,” mormorò Ed. Non avrebbe saputo determinare se la sua voce stesse tremando a causa della rabbia o della paura. Forse entrambe le cose. “Torniamo da Garfiel. Dai, Win…”
 
Winry gli permise di avvolgere l’ormai unico braccio funzionante attorno al suo busto e si fece aiutare a rimettersi in piedi. Dopo qualche attimo di tentennamento, Ed decise di continuare a tenere il braccio attorno alla sua vita. In una situazione del genere, nessuno avrebbe potuto scambiare quel gesto per una romanticheria, no? No, apparentemente no, infatti Winry non si oppose in alcun modo e a sua volta avvolse il braccio attorno al busto di Ed, appoggiando la testa sulla sua spalla.
 
Il rosso tenne d’occhio la sagoma di Cal finché non si fu assicurato che se n’era veramente andato, poi si voltò verso di loro lasciandosi sfuggire un brontolio di rabbia. “Ho sempre pensato che Cal fosse un farabutto, ma sinceramente non mi sarei mai aspettato che potesse arrivare a tanto. Ce la fai ad accompagnarla a casa da solo?”
 
Ed annuì, poi ripeté il gesto anche verso gli altri, in segno di ringraziamento. Fra di loro non gli parve di riconoscere i due arbitri della sfida di quella mattina. Probabilmente questi ragazzi erano solo compagni di bevute di Cal, conoscenti che occasionalmente incontrava al bar e a cui si univa per un paio di bicchieri a fine giornata. Non c’era da meravigliarsi che avessero osato voltargli le spalle così facilmente.
 
“Ehi,” mormorò Winry, sorridendo debolmente dietro alla bandana. “Grazie per il vostro aiuto. Mi dispiace di avervi dato degli idioti.”
 
Gli altri accettarono le scuse e borbottarono un saluto affrettato prima di rientrare nel locale, ma il rosso si fermò sulla soglia e sfoggiò un sorriso disarmante. “Nessun problema. Rockbell, giusto? I tuoi lavori non sono niente male. Magari un giorno di questi perderò un braccio e passerò in bottega a prenotare un appuntamento.”
 
Ed sbatté le palpebre, incredulo nell’udire la nota spensierata dietro quelle parole. Da quando perdere un braccio era diventata una cosa divertente? Guardò Winry in cerca di una spiegazione… e rimase di stucco vedendola arrossire.
 
“E-ehm,” balbettò la ragazza, facendo correre lo sguardo fra il rosso e Ed. “I-in questo momento la mia agenda è un po’ piena…”
 
“Okay, ho afferrato.” ridacchiò il ragazzo, alzando le mani in segno di resa. “Questo ragazzo è un cliente con la precedenza, giusto? Portala a casa sana e salva, biondino.”
 
Ed attese che la porta si chiudesse alle spalle del rosso prima di rivolgersi a Winry. “Cliente con la precedenza? Non capisco.”
 
Winry si strinse nelle spalle mentre cominciarono a zoppicare verso la strada principale. “Beh… lui stava… ehm…”
 
“Cosa?” domandò Ed.
 
“Ci stava provando con me,” mormorò Winry, diventando ancor più rossa. “È che… beh sai, con tutte queste botteghe di automail, il gergo giovanile di questo posto si è… evoluto in quella direzione.”
 
Ed si fermò di colpo, i pensieri accartocciati attorno ad un unico concetto. “Ci stava provando? Ma… ma ha solo parlato di prenotare un appuntamento in bottega! Se qui tutti si esprimono in questo modo come si fa a distinguere i veri clienti dai— dai—”
 
Marpioni?” suggerì Winry con malizia.
 
Ed lanciò nuovamente uno sguardo verso il pub e strinse la sua presa su Winry mentre cercava di schiarirsi le idee. Provarci. C'erano dei tizi che ci provavano con Winry. Che, a guardarla bene, in effetti non era poi così male. In altre circostanze lo avrebbe negato fino alla nausea, ma in quel momento non riusciva a raccontarsi troppe bugie, con il braccio che circondava quel corpo caldo e insospettabilmente formoso…
 
“Non riesco a capire perché ci stesse provando con te,” esclamò a voce alta, soffocando i pensieri e maledicendo Al per avergli messo in testa quei discorsi strani, poco prima. “Probabilmente quel tipo non immaginava neanche in che guaio stava per andare a cacciarsi, altrimenti se ne sarebbe rimasto alla larga fin da subito.”
 
“Non fare il cafone, Ed,” mormorò Winry, senza molta energia.
 
Il cammino di ritorno alla bottega di Garfiel fu tranquillo. Più di una volta Ed aveva aperto la bocca per rompere il silenzio, ma l’atteggiamento remissivo di Winry lo aveva trattenuto dal provare ad avviare una conversazione o fare altre domande. Continuava a guardare preoccupato la bandana, che a poco a poco diventava sempre più rossa, e fu tentato di suggerire una deviazione dal medico più vicino, per vedere se c’era bisogno di punti, ma qualcosa gli disse che Winry si sarebbe opposta a quell’idea con le unghie e con i denti.
 
Le luci della bottega di Garfiel erano ancora spente quando arrivarono. Evidentemente Al non aveva ancora concluso le ricerche nella sua metà della città. Ed mollò Winry sulla sedia più vicina e, non preoccupandosi nemmeno di cercare un interruttore della corrente, andò a prendere del ghiaccio. Winry avvolse attorno ad esso la bandana e appoggiò l’impacco freddo al labbro, piegata in due sulla sedia. Ed fece per appoggiarsi al tavolo, ma finì disteso sul pavimento poichè il braccio rotto si era rifiutato di sostenere il suo peso.
 
Winry immediatamente si allungò per tastare l’automail, ma Ed trasse il braccio fuori dalla portata della ragazza e si alzò. “Potrai darci un’occhiata domani,” disse con tono severo. “In questo momento non sei assolutamente in grado di lavorare.”
 
“Ma… guarda il tuo braccio!” protestò Winry. “Potrebbero esserci frammenti o parti allentate sparse all’interno del rivestimento… si rovineranno i fili!”
 
“Per questo c’è tempo. Tu sei più importante!”
 
“Ed, io sto—!”
 
“Non azzardarti a dirmi che stai bene!” esplose Ed, con rabbia. “Quel bastardo ti ha quasi spaccato i denti!”
 
Winry chinò la testa, ma a Ed non sfuggirono le occhiate furtive che la ragazza gli lanciava, prendendo nota della gravità dei vari danni alle parti meccaniche causati dalla gara e poi dalla scazzottata. E questo fece rabbuiare Ed ancora di più. Winry se ne stava lì, a grondare sangue su tutto il dannato pavimento, eppure ancora una volta era lui a far preoccupare lei!
 
Tese la mano per aiutarla ad alzarsi dalla sedia. Non appena lei si fu rimessa in piedi, Ed la sollevò per la vita e se la issò sopra la spalla. Quella manovra rischiò seriamente di trasformarsi in un duplice schianto a terra – il dolore alla spalla si era riacutizzato e le gambe affaticate tremavano a causa dell’aumento del peso da sostenere - ma in qualche modo Ed riuscì a rimanere in piedi. Winry mugolò qualche parola di sorpresa e si aggrappò con forza a lui quando il ragazzo iniziò a salire le scale. “Edward—!
 
“Ti porto a letto,” annunciò Ed, grato che lei non avesse potuto scorgere il suo sussulto imbarazzato non appena si era reso conto del potenziale doppio senso. “Hai bisogno di dormire un po’,” riformulò. “Hai lavorato tutto il giorno e invece di prenderti una pausa sei andata in cerca di una rissa. Di tutte le cose stupide e idiote—”
 
Non sono andata in cerca di una rissa!” ribatté Winry, alzando la voce per farsi sentire mentre Ed chiudeva la porta della sua camera con un calcio.
 
“Sì, certo,” disse Ed, sardonico. “Infatti non hai trascinato Cal fuori da un locale e non hai minacciato di spaccargli il naso.”
 
Winry si bloccò. “Hai ascoltato? C-cos’altro hai…?”
 
“Abbastanza,” la interruppe Ed. “Ho sentito abbastanza.”
 
Il silenzio e la docilità che seguirono gli consentirono di trovare con relativa facilità una via attraverso i vestiti e gli utensili sparsi su tutto il pavimento e di raggiungere il letto per deporvi la ragazza. La testa di Ed girava leggermente a causa dello sforzo improvviso, così rimase anche lui seduto sul materasso per riprendere un po’ di fiato. Riusciva a sentire distintamente lo sguardo di Winry fissargli la nuca, ma non tentò nemmeno domandarsi a cosa stesse pensando. Gli eventi appena trascorsi aleggiavano ancora sopra le loro teste, come una nuvola scura.
 
“Ed, posso chiederti una cosa?” chiese Winry, adagio. “Tu… rispondimi onestamente.”
 
La ragazza si sollevò su un gomito, mentre con l’altra mano continuava a sostenere la borsa del ghiaccio. Ed si sentì sollevato nel constatare che il sanguinamento stava già rallentando. Lei sembrava essere combattuta fra il porre effettivamente la sua domanda oppure no, e continuava a voltarsi ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano.
 
“Pensi che… a volte… sembra che io… mi vesta male?”
 
“…mi stai chiedendo dei consigli di moda?” ribatté Ed, incredulo. “Scusa ma non mi pare proprio il momento adatto per questo genere di discorsi.”
 
Winry lo fissò. “No, non intendevo in quel senso!”
 
“Allora cosa intendevi?”
 
“I-io vorrei,” balbettò Winry, parlando con una voce così flebile che Ed quasi non riuscì a udirla. “Voglio sapere se… se pensi che il mio modo di vestire sia…”
 
“Sia…?”
 
“Provocante,” mormorò lei a denti stretti.
 
Sì, udire quella parola fu decisamente più sconcertante che sentirsi richiedere consigli di moda.
Nei lunghi attimi di silenzio nei quali Ed cercò di assemblare nella sua testa un qualsiasi concetto coerente, Winry rimase immobile. Non sembrava neppure che stesse respirando. Pareva che sentire il responso di Ed fosse l’unica cosa al mondo che le importasse, in quel momento.
 
“M-ma che stai dicendo?” sbottò Ed, sforzandosi per far uscire le parole. “Chi ti ha detto che…?”
 
Ma indovinò la risposta ancor prima di finire la domanda. Si premette una mano sugli occhi, talmente sfinito da non riuscire nemmeno a richiamare a sé la rabbia. “Cal… ovvio, chi altri sarebbe potuto essere? Ti ha veramente detto così?”
 
“Tra le altre cose,” ammise Winry con voce debole.
 
Ora si spiegavano un sacco di cose. Come l’improvviso desiderio di Winry di assomigliare ad una vecchia zitella, ad esempio. Ma questa rivelazione fece incazzare Ed ancora di più. “Ma perché ti sei messa in testa che lui avesse ragione? E, tanto per rispondere alla tua domanda, no. Non c'è niente di… provocante nel tuo modo di vestire!”
 
Winry alzò un sopracciglio, incredula. “Davvero? Niente?”
 
“Sì, niente!” disse Ed con impeto. “Winry, da quanto tempo ci conosciamo noi due? Non credi che io sappia di cosa sto parlando?”
 
Ancora non sembrava convinta, ma almeno lo stava ascoltando. Ed si guardò intorno in cerca di una qualsiasi ispirazione a sostegno della sua tesi e individuò qualcosa di nero sul pavimento. “Okay, prendi quella specie di top a tubo, per esempio. Mostra più pelle di qualsiasi altra maglietta tu possegga, ma tu lo indossi lo stesso. Perché?”
 
“Ehm,” vacillò Winry. “Perché… beh, perché è ​​comodo. E quando lavoro non mi fa venire caldo…”
 
“Bene,” disse Ed con tono pragmatico. “Sono motivazioni perfettamente logiche, per nulla mirate ad attirare l’attenzione. Ti ho vista lavorare con quel coso addosso moltissime volte, e tu eri sempre concentrata al cento per cento sul tuo lavoro. Minacciavi di staccare la testa a morsi a chiunque tentasse di distrarti. Se il tuo intento fosse quello di sedurre, staresti tutto il tempo a sciorinare quegli strani doppi sensi sugli automail.”
 
Quella frase riuscì a strapparle un debole sorriso. Debole a causa del labbro, che ancora le pulsava. “Hai uno strano modo di rincuorare la gente, Ed.”
 
“Ma che dici, io sono un esperto!” si lodò il ragazzo. “Allora, ci siamo capiti oppure devo raccattare ogni singolo pezzo di vestiario sparso qui attorno finché non la smetterai di comportarti da idiota?”
 
Winry posò l'impacco di ghiaccio e la bandana sul comodino, con uno sguardo ancora troppo turbato per i gusti di Ed. “Non si tratta solo dei vestiti. Lui… ha detto qualcosa riguardo al mio comportamento nei confronti dei clienti…”
 
“Per il fatto che sei amichevole?” disse Ed seccamente. “Che ti prendi cura di loro? Che sei socievole? Che cerchi sempre di costruire ottimi automail? Oh sì, tutto questo fa di te una vera figlia del peccato.”
 
“Tu non c'eri,” tagliò corto Winry. Il suo sguardo per un po’ si perse nel vuoto, focalizzato su qualcosa che Ed non poteva vedere. “Tu non hai sentito come… come lo ha detto…”
 
“Non mi interessa quello che ha detto, si sbaglia!” esclamò Ed, quasi urlando. “Come puoi permettergli ancora di farti sentire così? Dopo tutti i guai che ti ha causato, dopo quello che ti ha fatto—!”
 
“Perché ho paura di lui!”
 
Quelle parole zittirono Ed all’istante. Winry si sdraiò su un fianco e premette il viso sul cuscino, con gli occhi disperatamente chiusi, e il ragazzo sentì la gola stringersi al pensiero che forse, pochi giorni prima, lei si era rannicchiata in quella stessa posizione prima di decidere di chiamarlo, quando lui ancora non immaginava alcunché.
 
“Non posso farci niente,” continuò Winry, con il viso ancora premuto sul cuscino. Le sue parole scivolavano confuse attraverso la stoffa. “Io non voglio avere paura di lui. Ma nessuno mi aveva mai… assalita in quel modo. Così, dal nulla, prima ancora che io potessi rendermi conto di cosa stava succedendo. E quando gli ho detto di fermarsi, lui non lo ha fatto… e-e adesso ogni volta che lo incontro ripenso a quanto ero s-spaventata  e a come non riuscivo a togliermelo di dosso…”
 
Sta parlando, notò Ed, frastornato. La paura di Winry doveva essere contagiosa perché il ragazzo sentiva il suo stesso cuore pulsargli dolorosamente nel petto, una solida massa di agonia. Stava parlando di quella faccenda. A lui, proprio come aveva detto Al. Ma una parte di Ed gridava interiormente, strepitava, perché non voleva stare a sentire. Faceva già abbastanza male guardare il labbro di Winry e assistere ai suoi attacchi di depressione, così come aveva già fatto abbastanza male udire le piccole e striscianti allusioni di Cal… ma venire effettivamente a conoscenza di tutti i dettagli da parte dell’unica persona alla quale era disposto a credere fu anche peggio. Le sue gambe fremevano dall’urgenza di correre fuori dalla stanza con le mani premute sulle orecchie, mentre gli ingranaggi del suo braccio cigolavano reagendo alla tensione del suo corpo.
 
Ma correre via avrebbe significato lasciare che Winry affrontasse tutto questo da sola. E Ed non poteva farlo.
 
“Probabilmente non sai nemmeno di cosa sto parlando,” concluse Winry mestamente. “Mi… mi dispiace…”
 
Ed si voltò, puntando lo sguardo sulla porta dall'altra parte della stanza. Non c’era modo di continuare a guardarla senza sentir crescere lo sconforto dentro sé stesso. “Io lo so,” replicò debolmente. “O perlomeno… mi ero fatto un’idea del perché di tutto questo, ma ho passato tutto il resto del tempo a sperare di sbagliarmi.”
 
“Non credo che sarebbe arrivato al punto di farmi veramente del male,” mormorò Winry, come se quella precisazione avesse potuto fare la differenza. “Ma credo anche che non abbia nemmeno considerato l’eventualità che potessi rifiutarlo. Lui mi ha proprio… mi ha completamente fraintesa. Ha pensato che stessi flirtando con lui anche se non lo stavo facendo affatto, e…”
 
“Fino a dove si è spinto?”
 
Non avrebbe saputo spiegare da dove fosse emersa quella domanda. Quella era decisamente l'ultima cosa che voleva sapere, ma al tempo stesso sentiva che era un particolare importante. Molto importante.
 
“Non molto lontano,” rispose Winry, timidamente. Ogni parola le pareva estorta, accompagnata da uno strascico di dolore e vergogna, ma decise di continuare ugualmente. “Mi ha quasi… beh, mi ha…”
 
 “Cosa?” insisté Ed, vedendola esitare.
 
“…baciata,” disse Winry d’un fiato. “Ci ha messo un po' a capire che non avevo alcuna intenzione di rispondere al bacio, ma non voleva demordere. E quando gli ho ordinato di fare marcia indietro e lasciami andare… si è arrabbiato. Mi ha spinta verso il banco da lavoro, forse più forte di quanto intendesse. Ecco come mi sono spaccata il labbro. Avrebbe potuto provare a saltarmi addosso di nuovo, ma ho afferrato uno dei miei attrezzi e…”
 
“Lo hai mandato al tappeto,” intervenne Ed con un ghigno feroce.
 
“Poi ha girato i tacchi e se n’è andato,” concluse Winry, mentre sul suo viso si allargava un piccolo sorriso. Quel movimento allontanò i lembi della ferita che andava coagulandosi e una piccola goccia di sangue sgorgò nuovamente dal suo labbro inferiore.
 
“Devi tenerci questo sopra!” la sgridò Ed, esasperato, afferrando la borsa del ghiaccio e poggiandogliela sul labbro, cogliendo al volo l'opportunità di fare finalmente qualcosa per lei piuttosto che starsene lì seduto con aria patetica. Si rese conto che la sua mano stava tremando visibilmente solo quando Winry la prese tra le sue.
 
“Non sono l'unica a cui ha fatto del male,” sussurrò Winry, con gli occhi colmi di quella orribile tristezza che Ed assolutamente detestava. “Mi sono accorta del dolore che provi anche al minimo movimento. Ed, perché sei arrivato a ridurti così solo per rivalerti su di lui?”
 
Ed aprì la bocca e la richiuse. Beh, visto che erano in vena di sincerità…
 
“Non sapevo cos'altro fare,” mormorò. “Tu non volevi parlarmi di… tutto questo. Non sapevo che cosa avrei dovuto fare. Volevo solo… solo cercare di appianare le cose, in qualche modo.”
 
Suonava proprio come una misera scusa. Winry infatti non se la bevve e il suo viso stava già tornando ad assumere l’espressione vuota e sofferente di poco prima. “Ma, Ed, sapevi benissimo che la vendetta non mi sarebbe stata di alcun aiuto…”
 
Ed appoggiò la mano sul materasso, vicino al cuscino, e si chinò su di lei per guardarla dritta negli occhi. “So che per te non farà alcuna differenza, ma… hai la minima idea di quanto mi abbia sconvolto il pensiero di quello che avrebbe potuto farti?”
 
Le labbra di Winry si schiusero con un gemito di sorpresa. “Sconvolto…?”
 
“Sì, sconvolto,” ripeté Ed con più foga, permettendo alle parole di fluire incontrollate, cercando di liberarle prima di perdere il coraggio di parlare. “Anzi, più che sconvolto, fottutamente terrorizzato. E sai perché? Perché io non ero qui per fermarlo. Non avrei mai nemmeno saputo di lui se tu non mi avessi telefonato quella notte! Come impedire che qualcosa di simile accada di nuovo? Quello stronzo non ti lascerà in pace per molto. Per come la vedo io, l'unico modo per rimetterlo in riga è fare in modo che lui abbia paura di noi. Ecco perché. Eccoti la mia ragione. Puoi odiarmi finché vuoi, ma le cose stanno così.”
 
Sulla fronte aggrottata di Winry si formò una piccola ruga, ma questa volta la ragazza sembrò davvero riflettere sulle sue parole. Deglutì. “Io non… non ti odio, Ed.”
 
Sarebbe potuta suonare come una dichiarazione piuttosto innocente… se solo gli occhi di lei non avessero saettato sulle sue labbra di lui. Per un istante. Solo per un brevissimo istante. Ma quell’istante fu sufficiente per alterare l'atmosfera tra loro, rendendo Ed improvvisamente, spaventosamente consapevole di quanto fossero vicini. Stavano praticamente respirando la stessa aria e ad ogni singola inalazione il seno di Winry si sollevava pericolosamente, arrivando quasi a sfiorargli il costato. Si ritrovò a chiedersi come sarebbe stato sentirselo premuto contro il petto, durante un bacio…
 
Migliaia di bandierine rosse cominciarono ad agitarsi nella mente di Ed, che si sentì avvolgere da puro e travolgente panico. Quelle sue fantasie lascive erano probabilmente andate a stamparsi sul suo volto paonazzo, pronte per essere lette da Winry!
Fece per tirarsi indietro, imponendosi una rapida ritirata seguita da una doccia fredda come punizione.
 
Ma lo bloccò la mano di Winry, che si posò sulla sua mascella. Le sue dita scivolavano sui bordi della compressa di garza che vi era stata applicata. L’intero corpo di Ed sussultò quando quelle dita si infilarono fra i suoi capelli, accendendo i suoi sensi al punto che si sentì bruciare a quel tocco. Winry lo stava osservando con molta attenzione, cercando di decifrare la sua espressione con quegli occhi che parevano diventati di un blu scurissimo nella luce fioca. Blu come il cielo nel cuore della notte, di tutte quelle notti che da bambini avevano passato sotto le stelle.
 
Non voglio che succeda, pensò Ed, disperatamente, quando Winry sollevò la testa dal cuscino con un obiettivo ben chiaro in mente. Lei è… lei è una mia amica, il mio meccanico, e NON MI PIACE, maledizione! Solo perché tutti gli altri lo pensano e anche Al lo pensa e solo perché non riesco neanche a RESPIRARE se lei mi sta così vicina non significa che io… che io…
 
Quello che seguì poté a malapena definirsi un bacio. Fu un mero sfiorarsi di labbra, dal momento che Winry volle evitare qualsiasi pressione sul labbro inferiore. Ma fu sufficiente. Più che sufficiente. Se il solo palmo della sua mano lo aveva marchiato a fuoco, questo gli scatenò in testa un’esplosione nucleare, che spazzò via dal suo cervello qualsiasi particella di pensiero e di ragione e, dannazione, Ed non aveva mai immaginato che potesse bastare il respiro di qualcuno per andare su di giri…
 
Winry interruppe il contatto dopo pochi secondi, ma non gli concesse che qualche centimetro di spazio per respirare, come se fosse in attesa di una risposta o di un rifiuto. Ma, anche se lo avesse voluto, Ed non sarebbe riuscito a reagire in alcun modo. Era troppo impegnato a cercare di rammentare il suo nome e ad affrontare l’allarmante consapevolezza che avrebbe voluto baciarla a sua volta.
 
Una porta si aprì al piano di sotto e i due ragazzi schizzarono lontani l’uno dall’altra quando Al chiamò i loro nomi. Ed balzò in piedi, balbettando qualcosa per nascondere l’improvvisa timidezza che lo aveva investito. “I-io… è meglio che vada ad avvertire Al che siamo tornati. Sai, era preoccupato anche lui e quindi…”
 
Si interruppe quando Winry gli prese la mano e gli strinse le dita, fissandolo incerta. “Domani mi permetterai di rimettere in sesto quel braccio, vero?”
 
“Certo,” rispose Ed con un rapido sorriso. “Certo, sicuramente. Cioè, a patto che tu ne abbia voglia e che ti sia possibile. So che hai anche altri clienti.”
 
“Già,” ammise Winry, con un lampo misterioso negli occhi. “Ma tu hai la precedenza.”
 
Uno strano calore si raccolse nello stomaco di Ed e s’irradiò tutt’intorno quando finalmente il ragazzo afferrò quello che aveva voluto dire il rosso davanti al pub. Niente al mondo avrebbe potuto fermare il sorriso compiaciuto che ora si stava formando sulla sua bocca. “Okay. Ora dormi un po’, maniaca della meccanica.”
 
“Anche tu, fanatico di alchimia.”
 
Un attimo dopo, Ed chiuse la porta della camera di Winry alle sue spalle e si appoggiò alla parete del corridoio, premendosi il palmo della mano sulle palpebre. Si sentiva… esausto. Come se fosse stato costretto ad entrare in una centrifuga, sballottato e trascinato in una dozzina di direzioni diverse, prima di riuscire a raccapezzarsi nel marasma delle sue emozioni e ritornare in sé.
 
O forse era stata Winry a farlo per lui.
 
Non poté impedirsi che ripensarci. Lei lo aveva baciato. Winry lo aveva baciato. E a lui era piaciuto. Certo, non era stato chissà quale bacio, ma lei non lo avrebbe mai fatto solo per mandargli in pappa il cervello. Lei lo aveva voluto. Aveva voluto lui. Con un solo colpo, ben assestato, le barriere costruite fin dall'infanzia si erano fatte meno solide, e Ed non seppe decidere se sentirsi elettrizzato per quella novità o infuriato perché nessuno – nemmeno il suo stesso corpo! - gli stava lasciando possibilità di scelta in proposito. Cavolo, ormai persino Winry sembrava determinata a mandarlo in subbuglio.
 
Guardò fuori dalla finestra in fondo al corridoio, ripensando ad un’altra maniaca della meccanica, quella di molto tempo prima. La Winry dodicenne che, sporgendosi dalla veranda delle Rockbell con le guance colorite e gli occhi azzurri splendenti di determinazione, strepitava verso di lui con voce stridula
 
“Se pensi che io sia una maniaca della meccanica, va bene, ma farai meglio ad abituarti! Perché finché indosserai i MIEI automail, non riuscirai a sbarazzarti di me, che ti piaccia o no!”
 
Ed si toccò le labbra con due dita e la pelle formicolò in risposta, ancora in fiamme per il bacio. Sorrise a sé stesso e si diresse verso il divano del laboratorio, scendendo le scale con passo baldanzoso.
Beh, forse non è una prospettiva così orribile, dopo tutto…

 



 
 

 Continua...

 


*** 


Nota della traduttrice
Capitolo un po' ostico - sia per la lunghezza, quasi doppia rispetto ai precedenti (e i cap. 9 e 10 non sono da meno!), sia per la complessità di quel turbine di emozioni che Win ha scatenato nel povero Ed - ma spero di essere riuscita a renderlo in un italiano quantomeno decente ^^

Come al solito ringrazio tutti i lettori che non si sono ancora fatti scoraggiare dai miei tempi biblici (XD) e in particolare Lady Airam, SAKURACHAN_KumikoKurokawa, martyki e biondocenere per gli ultimi, gentilissimi commenti :)

A presto con il prossimo capitolo di HS!
ChiuEs

   
 
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