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Autore: thembra    15/04/2012    3 recensioni
Gli occhi di lui non l’avevano più guardata come in precedenza, sembravano scivolare oltre la sua persona senza vedere che anche senza mutazione era rimasta la stessa identica ragazzina di sempre, sembravano vedere un’estranea distante e fuori posto in un quadro di personalità ben definite e collocate all’interno della cornice.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Logan/Wolverine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Varcare la soglia di quell’imponente villa era come tornare indietro nel tempo a quando per la prima volta, seguendo Ororo e Scott era uscita dall’ascensore di metallo che dall’hangar portava direttamente al piano terra dello Xavier’s Institute.
Tutto le era parso maestoso ed elegante e lei si era sentita tremendamente inadeguata, povera e misera in mezzo a tutto quello sgargiante sfarzo.
Poi erano bastate solo quattro chiacchiere con Charles a farle passare subito quel senso di inferiorità e dopo otto mesi di solitario vagabondaggio aveva nuovamente trovato una casa.
 
“Per di qua Signorina D’Acanto.”
“…oh eccomi…”
 
Scuotendo la testa si concentrò nell’osservare l’enorme salone in cui era giunta al centro del quale partivano delle ampie gradinate che da li salivano fino al primo piano dividendosi in due rami che conducevano rispettivamente a destra e a sinistra compiendo un cerchio che attorniava l’intero perimetro interno della villa, nel punto del primo piano dove le due braccia si rincontravano c’era un ampio soppalco arredato con seggiole e tavolini che davano all’enorme vetrata della facciata principale da cui si poteva vedere l’intero giardino e più in la, le luci irregolari della cupa Gotham.
Il nero e lucente marmo che pavimentava il piano assomigliava a mare ghiacciato e se si guardava le scarpe poteva vedere un'altra lei partire dalle suole e sprofondare in quel nero riflesso.
Compiendo un giro su sé stessa fece una panoramica a 360° rimanendo affascinata dai grandi quadri appesi alle pareti ma soprattutto dalla puntura sottopelle che le scatenò il passar davanti ad un enorme mobilio contenente libri e antichi cimeli.
 
Metallo…tanto metallo da creare un campo magnetico rilevante malgrado quello scaffale fosse stato di legno…
 
“Mi segua Miss D’Acanto.”
 
Aumentando l’andatura affiancò il maggiordomo che nel mentre aveva raggiunto una grande porta di legno rossiccio osando fargli una prima richiesta.
 
“Senta…mi trovo a disagio nell’essere chiamata per cognome…e anche il suffisso signorina…non potrebbe chiamarmi semplicemente Marie?”
“Temo che questo non mi sia possibile signo-”
“Marie…mi chiami solamente Marie la prego! Non sono ricca, non sono nobile e fino a prova contraria sono qui per lavorare esattamente come lei” l’aria impassibile di lui riuscì a metterla in difficoltà “…la prego…”
 
Dopo un millisecondo di silenzio in cui Alfred la scrutò discretamente egli si voltò facendo scattare la pesante maniglia in metallo elaborato per spalancare la porta e farsi da parte.
 
“La sua stanza signorina D’Acanto…”
 
Vibrando internamente di rabbia lei si piantò in faccia il sorriso più falso che possedeva e una volta che varcò la porta di quell’enorme suite che sarebbe stata la sua stanza per i prossimi tre mesi, posò la valigia che si era rifiutata di consegnargli e lo salutò con un sonoro…
 
“Grazie mille…SIGNOR ALFRED!!”
 
Sghignazzando lei chiuse la porta sulla faccia allibita di lui.
A quel gioco si poteva giocare in due.
 
 
Preso in contropiede al confuso Alfred non rimase che fare retro front e tornare di sotto.
A breve il padrone di casa sarebbe rientrato e doveva fargli trovare pronta la cena.
 
“Bel caratterino non trovi?”
“Oh, Signorino Wayne non sapevo foste già di ritorno…”
“Che ci siamo persi Alfred?”
“Nulla signorino Dick, la nostra ospite è appena arrivata e l’ho accompagnata in camera sua.”
 
Sorridendo il nuovo arrivato si allontanò dalla colonna alla quale si era appoggiato affiancando il suo fedele amico.
I suoi due aiutanti dal momento che erano affamati come lupi li precedettero in cucina.
 
“Sono arrivato poco prima di loro, sarei uscito ma mi avete intercettato che stavo per uscire dalla porta segreta, quando si è fermata a guardare le copertine dei libri temevo quasi d’essermi fatto beccare…”
“Miss D’Acanto senza dubbio sa il fatto suo.”
“L’hai detto; credo dovremmo fare tutti un po’ più d’attenzione rispetto alle altre volte.”
 
Sorridendo Bruce lanciò un’ultima occhiata verso la direzione in cui c’era la camera di lei e nel farlo gli ripassò in mente la scena a cui aveva assistito in quel vicolo di Gotham, a come quella ragazzina aveva neutralizzato lo scippatore e protetto il neonato e, cosa ancora più sorprendente, non riusciva a capire come avesse potuto fare quel disastro al quartiere dell’ex ospedale senza uccidere neppure un teppistello.
 
 
 
……
 
“Ci ha sparato contro con un Bazooka ti dico!!!”
“Voleva sterminarci credimi amico! E quello che ha fatto alle nostre bandiere…da non credere!!!”
 
Il cavaliere mascherato aveva storto il naso a quel commento, sentirsi chiamare amico da un bamboccio di neanche vent’anni tutto piercing trucco e chiappe al vento non era stato proprio il massimo, ma il suo computer aveva rilevato un’anomala emissione di energia mentre stava facendo ritorno alla caverna e all’ultimo aveva deviato per andare a controllare.
Una volta sceso dall’auto si era trovato di fronte ad una scena che, non fosse stato per la maschera che indossava lo avrebbe fatto ridere a crepapelle.
Decine di corpi giacevano sparpagliati a terra nelle posizioni più assurde e umilianti.
I mezzi di trasporto della banda dei punk pagliacci erano letteralmente disintegrati, le catene che usavano come armi attorcigliate attorno ai lampioni e le numerose borchie catenelle e spille che adornavano i loro già succinti abiti in pelle stavano agglomerate in una massa informe talmente compatta che sembravano fuse le une alle altre, i buchi che il loro esser strappate via dagli indumenti avevano causato completavano l’avvilente scenetta.
 
Si era avvicinato al primo che aveva visto in sé per chiedergli cosa fosse accaduto ma non era tanto sicuro di poter dar credito alle sue parole, l’odore d’alcol che gli impestava l’alito unito probabilmente a qualche pasticca di troppo dovevano avergli alterato la testa.
 
 
……
 
 
Che silenzio.
Sbuffando una nuvola di fumo Marie salì sulla ringhiera del balcone percorrendone tutta la lunghezza in perfetto equilibrio mentre con la testa rivolta al cielo osservava la rossa luna che dato il colore sembrava minacciarla quella tetra città anziché benedirla con la sua bianca luce.
 
Fermandosi circa a metà percorso inspirò veleno ed espirò fumo.
 
“Eppure sei la stessa luna che splende su Staten Island no? Come mai qui sei così maligna? Possibile che la cattiveria e l’indifferenza di questa città siano giunte lassù fino a te corrompendo il tuo bianco cuore!?”
“…”
“Tsk…ehh heh, ma guarda te, finalmente mi viene da fare la filosofa e non c’è nessuno a godersi le mie perle di poesia…”
 
Ridacchiando con un balzo saltò giù nell’oscuro vuoto che separava il suo piano dal giardino atterrando perfettamente su entrambe le piante dei piedi proprio in mezzo alla piazzetta lastricata che fungeva da passaggio per le auto durante i ricevimenti permettendo alle lussuose limousine di arrivare fino al portone principale per far scendere gli invitati mentre questa poi procedeva e girandosi raggiungeva il parcheggio in fondo al viale.
Curiosa osservò l’alta statua che adornava il centro dello spiazzo. Un gargoyle, ugh ma non potevano metterci una Venere di Milo come facevano tutti quanti? I gargoyle erano…inquietanti diamine.
 
…………
 
 
“Però, ha un buon equilibrio chissà se ha mai praticato ginnastica artistica…”
“Perché una non può essere in grado di stare in equilibrio se non ha prima studiato ginnastica?”
“Non ho detto questo Dick, perché devi sempre capire quello che vuoi tu?”
“Perché tu non sei capace di spiegarti bene forse?”
“Con questo che vorresti dire eh?”
“Che se durante la ronda di stasera invece che parlare a vanvera avessi parlato chiaro non saremmo finiti nei guai e…”
“Oddio si è buttata di sotto!!!”
“Eeeeeeh?”
 
Preoccupata Barbara Gordon scattò in piedi spiaccicandosi contro la vetrata della grande finestra della cucina dalla quale stava spiando i movimenti della loro ospite.
Il vederla atterrare con grazia e semplicità però calmò subito la sua agitazione, voltandosi cercò di calmare gli animi ma si accorse che ad ascoltarla c’erano solo Alfred e Dick.
 
…………
 
Ignara della conversazione che stava avvenendo all’interno delle mura della villa, Marie camminava assorta nei suoi pensieri sul bordo della fontana.
I giochi d’acqua e di luce creavano un effetto quasi ipnotizzante.
 
 
“Non ti ho vista uscire…”
 
Immediatamente si voltò per fronteggiare l’intruso e l’istinto di assumere una posizione di difesa svanì nell’immediato momento in cui gli artici occhi di lui ingabbiarono il suo sguardo.
 
“Sono n-hem saltata giù…” timidamente con un cenno del capo indicò il balcone.
“È senza dubbio un bel salto…”
“Neanche sei metri, sono abituata a molto peggio…”
“Immagino…”
 
Imbarazzata senza saperne il motivo si schiarì la voce. Quello non poteva che essere lui, la sua faccia era identica alla foto presente nel dossier che aveva letto durante il viaggio. Nel ritratto si vedeva benissimo che era un tipo affascinante ma di persona, diamine che pezzo di figo!
Grata all’oscurità del fatto che il rosso imbarazzo che le colorava le guance fosse completamente celato si presentò.
 
“Agente speciale Hawk 8, sono arrivata poco fa Mister Wayne e non abbiamo avuto l’occasione di presentarci…”
“L’onore vorrà dire! Piacere sono Bruce!”
 
Stringendogli la mano non poté fare a meno che rivelargli il suo nome anche se tecnicamente non era tenuta a farlo.
 
“Marie…”
“Posso darti del tu vero?”
“Certo Mist-”
“Ciò include che anche tu puoi fare lo stesso, odio le formalità.”
“Oh, d’accordo allora. Bruce!”
“Bene, ora che ne diresti di rientrare? Fa piuttosto freddo, vorrei presentarti due miei amici, magari davanti ad una tazza di punch bollente.”
“Ok.”
 
Rise d’istinto al suo sorriso e lo seguì.
 
 
…………
 
“Non li vedo più…”
“Ssssht stanno tornando!!!”
“Vorrei farvi presente che spiare le altrui persone non è affatto cosa buona…”
“Tu dici Alfred? Allora come mai fra la mia e quella di Dick c’è anche la tua testa eh?”
 
Barbara sghignazzò al colpo di tosse rilasciato nervosamente dal maggiordomo riprendendo il suo posto a tavola in modo da non essere colta in flagrante dai due in arrivo.
Appena Bruce entrò e con lui la nuova guardia del corpo qualcosa in lei scattò. Quel viso non le era nuovo, aveva già visto il suo volto da qualche parte ma non ricordava dove.
 
“Eccoci qua, loro sono Barbara Gordon, la figlia del commissario che tu hai già avuto occasione di conoscere e lui è Dick Grayson il mio figlioccio.”
 
Si sarebbe aspettata i suoi soci del poker,  due sventole da intrattenimento o che ne sapeva lei, lo zio simpatico e il cugino altrettanto carino, tutto tranne la vista di quei due vispi ragazzini che la stavano guardando curiosi.
 
“Piacere, sono Marie D’Acanto…”
“Lo sappiamo!”
“Eh?”
 
Dick impacciato si morse la lingua ma fu svelto a tirarsi fuori d’impiccio.
 
“Alfred e Bruce ci avevano avvisati del tuo arrivo, è un piacere conoscerti Miss…”
“Solo Marie, odio i convenevoli.”
 
Dicendo ciò lanciò un’allegra occhiata ad Alfred che disinteressato fingeva di pulire un’inesistente macchia dalla lucida anta del frigo d’alluminio.
 
“Allora il tuo compito sarebbe quello di proteggere il nostro Bruce eh?”
“Esatto ah, a tal proposito avrei bisogno di avere la tabella di marcia dei tuoi impegni Bruce in modo da…”
“In bocca al lupo per quella…”
 
Perplessa Marie tornò a guardare il piccoletto.
 
“Come dici?”
“Il mio amico…”  con la voce piena di sarcastico ammonimento Barbara Gordon prese la parola. “…voleva solamente dire che ha così tanti impegni e appuntamenti e fuoriprogramma che spesso e volentieri fa tutto a casaccio e non rispetta nessuna tabella, tutto qui…”
“Oh, capisco, beh non è un problema, dal momento che starò qui potrò averlo sottocontrollo e per quanto riguarda le apparizioni in pubblico basta che me lo facciate sapere una decina di minuti prima se uscite e mi farò trovare pronta.”
“Ah…ok nessun problema ehh hehe.”
 
In quel momento scese un silenzio abbastanza pesante, finite le presentazioni e le chiacchiere inerenti al suo impiego Marie non sapeva più di che parlare così con un sorriso piatto si concentrò nel guardare fuori dalla finestra.
L’arrivo di Alfred e di due tazzine di punch bollente fu provvidenziale. Ai due ragazzini furono invece servite due belle tazze di cioccolata bianca e caramello e rimase piacevolmente colpita nel vedere la complicità con cui i due ragazzini sorseggiavano le loro bevande scambiandosi sguardi d’intesa mentre parlavano a bassa voce di qualcosa.
Ah, forse aveva capito, lei doveva essere la fidanzatina del figlioccio di Bruce per questo si trovava li, non vedeva altra spiegazione altrimenti anche se…
Nel dossier che le avevano consegnato al quartier generale non era menzionato nessun figlioccio ma questo probabilmente era dovuto al fatto che le notizie erano piuttosto datate infatti l’ultimo rapporto, stilato peraltro dalla stessa Kim, parlava di un milionario play boy dal carattere spesso infantile che si prodigava anima e corpo alla rinascita di Gotham con cospicue donazioni ad enti, associazioni e soprattutto ospedali.
Kim, aveva letto nel dossier, era stata mandata a Gotham due anni prima che lei entrasse negli Hawks quindi erano passati 4 anni e mezzo. Nel suo rapporto non erano menzionati nessun figlioccio e nessuna Barbara Gordon, solo Bruce Wayne ed il suo maggiordomo Alfred Pennyworth erano stati nominati e ovviamente il commissario Gordon che era il suo appoggio a Gotham.
 
Improvvisamente i grandi occhi color del caffè di Barbara si bloccarono su di lei come pure quelli neri di Dick e quelli azzurri di Bruce.
 
“Che c’è?”
“Non hai sentito che Bruce ti ha fatto una domanda?”
“Oh, no Barbara, ero assorta nei miei pensieri domando scusa…”
 
Imbarazzata posò la tazzina sul grande tavolo di legno attorno al quale stavano seduti.
 
“Dimmi pure Bruce.”
“Non era nulla di importante, solo ci chiedevamo da dove vieni…”
“Meridian, Mississippi. Sono nata e cresciuta là, poi a 17 anni mi sono trasferita a New York e infine a States Island dove risiedo tutt’ora.”
 
D’improvviso il colpo del palmo di Barbara schiantato sul tavolo spezzò la quiete.
 
“Ecco dove ti ho vista! L’anno scorso ci sono stata con la squadra di ginnastica artistica e c’era una tua foto appesa in bella vista nell’aula magna della palestra di Meridian.”
“Oh,  davvero c’è ancora?”
“Si, quando ho chiesto di chi si trattava mi hanno spiegato che eri l’orgoglio del Meridian Community College, prima ai nazionali di ginnastica artistica per tre anni consecutivi, i primi due frequentavi ancora il secondo e terzo anno alla Lamar high school e l’ultimo eri una matricola del MCC.”
“In effetti l’ho praticata fino al primo anno di college poi ho dovuto lasciar perdere…”
 
Marie non perse l’occhiata di vittoria che la ragazzina aveva lanciato a Dick e il conseguente sbuffo annoiato di lui ma non sembrava una cosa particolarmente rilevante quindi non indagò oltre.
 
“Che peccato però, eri una bomba, perché hai lasciato perdere?”
“Diciamo che i miei interessi sono mutati improvvisamente, un giorno ginnastica, quello dopo pistole e zone di guerra…”
“Oh…”
“Mi è dispiaciuto abbandonare ma mi tengo in esercizio quando posso, tu invece? Sei ad alti livelli no? A Meridian si tiene una tappa dei campionati nazionali, se hai partecipato vuol dire che sei una tosta!”
“Non per vantarmi ma…promessa nella nazionale giovanile per le prossime olimpiadi.”
“Ah però! Beh, se ti va possiamo allenarci un po’ insieme qualche volta…starò qui per i prossimi tre mesi di occasioni ce ne saranno di sicuro.”
“Sarebbe un onore!”
“Affare fatto allora!”
“Mi permetti ancora una domanda?”
“Certo Bruce.”
“Dopo che hai abbandonato il college cosa hai fatto?”
“Ho completato gli studi in un istituto privato appena fuori New York, successivamente sono entrata nel progetto d’addestramento degli Hawks, sono stata promossa a membro effettivo della squadra ed eccomi qua.”
“Devi essere davvero in gamba però.”
“Grazie Dick.”
 
Di nuovo scese il silenzio ma stavolta fu leggero e benvenuto.
Dopo aver bevuto con calma il suo punch, che nel frattempo si era raffreddato, si congedò e salì a dormire.
 
“Non ci posso credere, potrò allenarmi con lei! Chissà quante cose avrà da insegnarmi…yehhah!!”
“Cos’hai da essere così eccitata me lo spieghi? Stai attenta piuttosto a non lasciarti sfuggire dettagli riguardanti le nostre…”
“Stare attenta a non fare quello che fai tu quindi? Oh stai tranquillo Dick, io non sono citrulla, so tenere la bocca chiusa a differenza di te!!”
 
Proprio mentre il povero Dick stava gonfiando guance e petto come un vero galletto l’intervento di Bruce mise tutto a tacere.
 
“Su forza, dobbiamo andare a dormire anche noi, è molto tardi. Barbara fa chiamare un taxi da Alfred e…”
“Posso farlo anche da sola Bruce, ho un cellulare e anche delle dita per comporre numeri sai?”
 
E mentre la giovane ginnasta digitava il numero della compagnia di taxi la neutra voce di Alfred l’avvertiva che aveva già provveduto e che una macchina la stava aspettando fuori in parcheggio già da 20 minuti.
 
“Non vedevi l’ora che me ne andassi eh? Addirittura venti minuti, tsè.”
“Buonanotte signorina Barbara.”
“Notte ‘fred, notte gente!!!”
 
……
 
 
Tranquillità…                     uno sbuffo
Significava pace…                       un altro sbuffo
Che significava niente da fare…                      di nuovo sbuffa
Il che voleva dire niente missioni, niente cooperazioni e…niente lei…        ennesimo sbuffo
 
“Sono felice di essere qui con te Logan…”
 
Come diavolo avrebbe fatto a farle dire quelle parole se non aveva occasione di incrociarla!?
 
Sbuffando per la decimillesima volta Logan si alzò dal divano seccato.
Decine di paia d’occhi lo seguirono piuttosto scocciati.
I suoi continui sospiri a quanto aveva capito stavano rovinando la bellissima atmosfera del film che i ragazzini stavano guardando.
 
“Shala lalla la la il ragazzo è troppo timido, coraggio baciala!”
 
La sirenetta!!? Il suo impeccabile sopracciglio scattò in orbita allibito.
Come diamine avevano fatto a convincerlo a guardare la sirenetta!?
Mangiandosi un paio d’imprecazioni che avrebbero dato gli incubi perpetui ai mocciosi, Logan si affrettò ad uscire dalla sala audiovisivi direzione cucina più precisamente frigo più precisamente birra!
 
Fu grande la delusione nel trovare il suo scomparto privato solitamente traboccante dell’alcolico totalmente vuoto.
 
“’Ro!”
 
Due secondi dopo  Ororo entrò nel suo campo visivo.
 
“Che c’è?”
“Esco a bermi un paio di birre.”
“Ok farò controllare i bambini da Kitty, ci vediamo domani, poche porcherie mi raccomando.”
 
Ridendo Tempesta tornò nel suo studio a finire il riepilogo mensile delle spese coi farfugliamenti di Logan come accompagnamento vocale.
 
Un’ora dopo varcò la soglia di un bar nel quale non era mai stato.
Aveva voglia di cambiare quella sera e l’allegra insegna del Tom’s Grill bar aveva attirato subito la sua attenzione.
La musica era decente, la clientela sembrava gente alla buona e anche lo stile di quel locale gli era assai gradito.
Assi di legno simil grezzo rivestivano le pareti lasciando qua e la qualche chiazza scoperta di muro vivo coi mattoni rossi ben visibili. Le luci al neon si intonavano perfettamente all’ambiente e davano un atmosfera calorosa, i tavoli ricavati da grandi botti sopra le quali erano posizionati degli spessi ovali di larice come superficie erano pieni fino all’inverosimile di panini pinte di birre patatine e recipienti colmi di alette di pollo fritte.
Un’ode al colesterolo in poche parole.
Hah, quel posto gli piaceva!
 
“Per te amico!”
 
Sotto al suo naso, in contemporanea alla voce apparve una pinta di ottima birra appena spillata.
 
“Grazie ma, di solito non accetto birre dagli sconosciuti, in special modo se questi poi sono uomini…”
 
Guardò storto il barista guadagnandosi una risata profonda e una scrollata di spalle.
 
“Allora direi che è tutto a posto, Io non sono una sconosciuta e men che meno un uomo.”
 
Girandosi non appena riconobbe la voce si rilassò sorridendo alla bionda che aveva appena preso posto sullo sgabello accanto.
 
“Logan” lo salutò alzando la pinta.
“Hey, Kim” imitandola cozzò la sua caraffa contro quella di lei.
“Non avrei mai detto che ti saresti ricordato il mio nome.”
“Non sono poi così pessimo, non credere a tutto quello che Marie ti può aver detto…”
 
Lei si fermò dal bere la sua birra fermando il polso a mezz’aria. Sorridendo lo guardò furbetta.
 
“Lei non mai aperto bocca né su di te né sugli altri. Lo dicevo solo perché in tutte le occasioni che abbiamo lavorato assieme prima che Marie entrasse negli Hawks voi elite nemmeno ci rivolgevate la parola a noi comuni mortali…”
 
Le scappò una risatina nel constatare che c’era rimasto di merda.
 
“Fa niente, e comunque sia noi non le abbiamo mai chiesto nulla a parte il fatto che eravamo un po’ curiosi di sapere come mai una nostra recluta conosceva ed era, se così si può dire, in confidenza con i membri dell’elite.”
“E che vi ha detto?”
“Che per un po’ è stata assieme a voi, che non era adatta al vostro mondo e che per questo se ne è andata”
“Ridurre quattro anni a solo <<un po’>>, heh tipico di Marie.”
“…sembra che ci siano parecchie faccende in sospeso fra di voi no?”
“Nh?”
“Voi elite e Marie intendo…”
“Ah…no, non molte in realtà, una forse.”
“O qualche suo multiplo…ma non sono affari miei. Piuttosto dimmi, come mai sei qui? Non ti avevo mai visto nel nostro covo prima o poi.”
“Il vostro covo?”
“Beh, la sede degli Hawks non è molto distante, questa è l’unica via che porta a States e di ritorno a casa dato che il Tom’s è di strada ci fermiamo sempre per una birra e un biliardo, con Marie e gli altri…”
“E stasera sei sola?”
“Kenton se ne è andato mezz’ora fa, Clay è impegnato a Boston con un paio dei nostri e Marie…”
“Marie?”
“Marie è in missione segreta! Ma non dirlo a nessuno è” rise portandosi l’indice alle labbra “un segreto!”
“E dove?”
“Non te lo posso dire.”
“Dov’è Clayton me lo hai detto però…”
“Che motivo avresti per andare da Clayton scusa?”
 
Logan sbiancò, lei ridendo gli puntò contro l’indice.
 
“Hah, beccato!”
“Se è per questo non ho motivo nemmeno di cercare lei…”
“Oh lo immagino, infatti sei qui percheeeeeeeè?”
“Avevo bisogno di un paio di birre…” ci restò male nel vedere che in due sorsi aveva già finito la sua pinta
“ o magari un loro multiplo…”
“Bene perché avevo giusto voglia di un compagno di bevuta, da sola mi annoio e l’amico qui dietro al banco non è alla mia altezza…”
“Scusa tanto se sono qui per lavorare Kim, davvero!”
“Oh andiamo Glenn, non t’arrabbiare!”
 
Ma dal sorriso beffardo presente sul viso barbuto di lui si evinceva chiaramente che stava al gioco.
 
“Queste le offre la casa, gli amici di Marie sono miei amici!”
“Thank’you Glenn!”
“E tu l’accetti Logan? Fa conto che si a da parte di Marie!”
“Grazie amico, facci compagnia.”
“Ma si, una posso concedervela.”
 
 
Due ore dopo la strana coppia era diventata un trio. Un trio secco completo che a malapena sapeva restare in piedi o peggio ancora, camminare per fare il giro al tavolo da biliardo sopra il quale s’era spostata la compagnia.
Verso le tre di notte Logan lasciò Kim e il suo nuovo amico Glenn avvinghiati sopra la verde stoffa del biliardo; non c’aveva messo molto a capire che fra i due c’era qualcosa ma quando il loro amoreggiare aveva decisamente passato il limite della sua già alta soglia di sopportazione li aveva salutati con un cenno e aveva infilato la porta.
Non era riuscito a farsi dire niente di quello che voleva sapere da Kim nonostante ci avesse provato a più riprese approfittando dell’ubriachezza della bionda che tuttavia non si era lasciata fregare e aveva riso ad ogni suo tentativo facendogli anche i complimenti.
 
“Nice Try my fellow, maybe next time!! ”
 
E poi era andata avanti a ridere a oltranza diventando sempre più spudorata con l’uomo che a suo dire a bere non era alla sua altezza.
 
Alzando gli occhi al cielo si mise le mani in tasca concedendosi dopo tanto tempo d’ammirare le stelle.
Non poteva certo negare di non essersi divertito, anzi, allo Xavier’s non c’era nessuno col quale passare serate del genere e le sue sere di bevute era costretto a passarsele sempre in solitaria.
In quel momento si trovò ad invidiare Marie, si era trovata una bella combriccola con cui se la spassava quasi tutte le sere.
 
“Lei non mai aperto bocca né su di te né sugli altri.”
 
Le parole di Kim in qualche modo lo mortificarono. E così non parlava mai di loro eh?
Dimenticati e sostituiti con dei nuovi amici come succedeva coi vestiti quando questi diventavano vecchi o non erano più di moda, miseri stracci da nascondere o eliminare, questo erano diventati loro per Marie…
Maledicendosi mentalmente scosse la testa.
Marie era una che non parlava mai di chi non era presente e, cosa più importante, era una capace di tenere lo stesso paio di jeans per oltre tre anni fregandosene della moda perché uno, a lei della moda non gliene era mai fregato niente e secondo… perché quel paio de jeans glieli aveva regalati lui.
Sbuffando diede un pugno al cemento di un lampione.
 
“Hai fatto bene cazzo! Hai fatto dannatamente bene ragazzina…”
“Hey…”
 
Voltandosi si ritrovò nuovamente faccia  faccia con la bionda, fingere che non fosse successo niente quando era chiaro che lei lo avesse visto sclerare non sarebbe servito.
Schiarendosi la gola buttò li due parole a caso.
 
“Che c’è, Glenn non è alla tua altezza nemmeno in quell’altro senso?”
 
La risata di lei fu allegra e cristallina.
 
“No, volevo solo dirti una cosa…”
“E sarebbe?”
“Lei…Marie intendo…non parla molto di voi perché preferisce tenersi tutto dentro ma soprattutto perché, e credimi quando te lo dico…non vi ha affatto messi da parte.”
“Eh?”
“Io la conosco bene e lo vedo benissimo il lampo di nostalgia che le attraversa gli occhi quando vi vede o siete nominati o… beh, non l’ho mai vista farlo ma immagino che provi un sacco di nostalgia anche quando è sola in ufficio e apre il primo cassetto della sua scrivania per tirare fuori la foto del vostro gruppo che tiene ben nascosta sotto le carte dei vecchi riepiloghi conto spese…”
“La nostra foto?”
“Si…ci siete tutti, tu lei la ragazzina con la coda, quella mi che mi pare si chiami Jubes e Scott e Jean e…”
“L’abbiamo scattata alla fine di una sessione d’addestramento, quando sono stati accettati come membri effettivi degli x-men…”
“Come ti ho detto quella volta alla foce dell’Attawapiskat, non le è passata ma sono convinta che se anche tu la conosci come la conosco io il suo comportamento scontroso e diffidente e…ostile diciamocelo, è dettato dal fatto che ha paura a fidarsi di nuovo di voi…”
“Ha fatto la difficile anche con voi all’inizio?”
“Per niente, siamo entrate subito in sintonia…due giorni che era membro ufficiale e già sbaraccavamo assieme il sabato sera o passavamo le serate una a casa dell’altra; quello che voglio farti capire è che non ha perso la fiducia negli altri, non ha paura a fidarsi delle nuove persone che incontra se queste sono degne della sua attenzione, la sua difficoltà sta nel rischiare nuovamente con coloro con cui ha già fallito una volata…”
“Non è stata lei a fallire, noi abbiamo sbagliato noi le abbiamo…”
 
I palmi alzati di lei lo zittirono.
 
“Non voglio sapere cosa avete fatto o detto o pensato, non sono affari miei questi solo…abbi pazienza…abbiate tanta pazienza con lei, vi sta aspettando e vi sta cercando ma a modo suo, coi suoi tempi e le sue insicurezze, voi non forzatela e non costringetela ad accettare le vostre scuse ormai non ce n’è più bisogno, quella è acqua passata, lasciate che sia lei a scusarsi con voi, poi tornerà. Tutto qui.”
“Ma tu, perché mi dici questo?”
“Perché sono sua amica e voglio che sia serena.”
 
Incapace di pensare o dire altro Logan scostò lo sguardo dagli azzurri occhi di lei posandoli sul cemento del parcheggio cosparso di mozziconi di sigarette e linguette di lattine.
 
“Beh, ora torno dentro o Glenn ci si addormenta sopra quel dannato biliardo…ci vediamo Logan! Passa ancora di qua, mi sono divertita stasera!”
“…contaci bionda!”
 
La risata di lei continuò ben oltre le porte in stile saloon oltre le quali svanì di li a poco.
 
Che strana donna una contraddizione.
Prima gli rivelava parole categoriche facendogli pensare il peggio, poi si prendeva la briga di seguirlo e raccontargli tutto quello che aveva bisogno di sentirsi dire risollevandogli animo morale e speranze.
Sorridendo si diresse alla moto.
 
 
…Che begli amici si era trovata la sua Marie.
 
……………………
 
 
 
Name: Anna Marie D’Acanto
Birthplace:Anderson Regional Medical Center-Meridian Mississippi
Address: 3021 N Hills Meridian (39301) // current residence: 1302 Vermon Blvd States Island NY (10314)
 
Seduto alla scrivania della sua camera da letto Bruce leggeva con attenzione il dossier che si era fatto spedire da Gordon eludendo la sua iniziale perplessità col fatto che voleva essere sicuro di sapere con chi aveva a che fare prima di accogliere estranei in casa sua, gli aveva pure detto che aveva fatto lo stesso gli anni precedenti al suo arrivo come commissario e che il suo predecessore non aveva obiettato.
Non era stato difficile averlo e se doveva essere sincero era piuttosto deluso dalla scarsità di informazioni presenti nel fascicolo, ma hey, era un membro speciale di un corpo speciale, mica potevano sbandierare i suoi dati al vento come niente giusto?
 
Aprendo il suo server speciale entrò con facilità nell’archivio federale di States Island dove gli fu altrettanto semplice entrare nel database dei membri del corpo speciale Hawks.
 
I dati anagrafici erano identici a quelli riportati nel dossier ma trovò molte notizie riguardanti le missioni a cui aveva preso parte rendendosi effettivamente conto di quanto fosse in gamba quella ragazzina.
Notò un’incongruenza temporale però nell’arco compreso fra i suoi 18 e 21 anni.
Stando a ciò che la stessa Marie gli aveva detto poco prima, dopo che aveva abbandonato il MCC si era trasferita in una scuola fuori New York che però non veniva menzionata da nessuna parte.
Incuriosito aprì un browser internet e inserì il suo nome nel motore di ricerca.
Scoprì immediatamente che non si era trasferita in un'altra scuola, bensì era sparita dalla circolazione per ben 4 anni in seguito ad un incidente successo col suo fidanzato.
 

MISSING GIRL ANNA MARIE D’ACANTO
WE WANT YOU BACK, PLEASE COME HOME MARIE
THE MERIDIAN’S MISSING GIRL NOT YET BEEN FOUND
PLEASE HELP US! The desperate call of the parents has not been answered
 
I titoli delle maggiori testate locali si sovrapponevano con notizie e informazioni più o meno eclatanti.
Si andava dal presunto rapimento a fini di estorsione dal momento che la ragazzina proveniva da una ricca famiglia borghese alla fuga per la paura di quello che era accaduto ad una sbandata, al coinvolgimento in qualche setta religiosa…tutte parole che venivano puntualmente smentite dai genitori di lei che non chiedevano altro che riavere indietro la loro bambina.
 
Quattro anni dopo i medesimi giornali riportavano la felice notizia del suo ritorno a casa liquidando il tutto con la spiegazione che se n’era andata per la paura d’esser ritenuta responsabile di quello che era accaduto al suo allora fidanzato Cody Mcgyllan.
 
Andò avanti a cercare ma non trovò nulla che gli potesse essere utile.
Spulciando il database degli Hawks cercò di capire cosa le fosse successo in quei 4 anni di buio ma niente, fu tutto inutile, nei rapporti sfogliati erano riportati gli esiti di svariate missioni alcune delle quali portate avanti con la collaborazione di una squadra a pagamento chiamata elite.
…niente che potesse interessargli.
Uscendo dal database e dal browser spense il computer e si tuffò esausto sotto le coperte.
Erano le 4 e mezza di notte.
Menomale che lui al mattino dormiva fino a tardi.
 
 
 
 
 
Ok, 12 pagine di word, un record per una pigrona cronica come me….
Fatemi sapere gente, mi raccomando!!!
Alla prossima!!!
TH =)
  

  
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