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Autore: frodina178    26/04/2004    0 recensioni
Una storia stravagante, confusionaria e divertente che immagina un'incredibile vita di Elijah Wood.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah Wood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Grazie.." -bofonchiai allontanandomi velocemente,ma pentendomi subito di non essermi dimostrata perlomeno un tantino più riconoscente. Ma porca....... cazzo!Il cellulare non era più nella mia tasca,dovevo averlo lasciato nella macchina del mio accompagnatore,o peggio ancora averlo perduto nella caduta.Ormai rassegnata mi voltai,tanto per dimostrare a me stessa che non ci sarebbero state possibilità di rintracciarlo,ed eccolo arrivare,trafelato,di corsa,sventolando il mio cellulare in aria.Ma nemmeno mi fu a pochi metri che inciampò,volando quasi fosse superman e atterrando a un passo da me.Il suo mento cadendo produsse un rumore preoccupante,e per la seconda volta in una sola serata mi gettai a soccorrerlo.
"Non ho niente....non ho niente......" -tentò di rialzarsi Elijah evidentemente in grande imbarazzo.Non ha niente.......il sangue gli scivolava copioso dalle narici.Sospirai,ma non riuscii comunque a trattenere una risatina.Si tastò il volto con una mano,facendo una smorfia di dolore,poi si accorse di non avere più il mio telefono tra le mani. Il mio telefono!! Bè....si poteva anche dirgli addio....era scivolato lontano,aprendosi in tre;recuperai la scheda.Porsi al giovane un fazzoletto.
"Forse è meglio che dia un'occhiata a quel naso........abito qui vicino!"
"Ti ringrazio,mi basta il fazzoletto!Sono già molto in ritardo...e....ehm..mi dispiace veramente per il tuo cellulare,sembra che oggi non riesca a combinarne una giusta.........te lo ripago subito!"
E' una battuta? mi domandai non sapendo se ridere o no.Scelsi la seconda opzione.Lo salutai un'altra volta,rifiutando i suoi soldi,dirigendomi verso casa.Chissà perchè,ma ero oltremodo contenta che avesse declinato il mio invito,non sapevo la ragione:forse perchè il mio miniappartamento di nemmeno quaranta metri quadri,pieno di scarafaggi e ammobiliato solamente a metà,lurido perchè non avevo mai tempo di metterci mano,mi avrebbe messo in imabarazzo.O forse,pensai,non era questa la ragione,di cui avrei anche potuto fregarmene,la vera questione è che avrebbe potuto esserci il mio fidanzato.Dire fidanzato è oltremodo un eufemismo,perchè fondamentalmente non ci vedavamo quasi mai;ma nonostante questo lui era di una gelosia quasi paranoica,mi telefonava ogni trenta minuti,controllava tutte le persone che frequentavo,mi pedinava.....un incubo.Se anni addietro qualcuno mi avesse detto che avrei potuto reggere un rapporto del genere lo avrei canzonato,eppure ora mi sembrava quasi senza via d'uscita.Sarà perchè quando arrivai in America con una borsa di studio per l'università lui era stato il primo ad accogliermi,a darmi fiducia.Ma la situazione aveva velocemente degenerato.Alzava le mani qualche volta;avevo paura;cerano giorni in cui dovevo letteralmente fuggire,correre per non essere presa a calci e schiaffoni. Dio mio! Mi ripetevo ogni santo giorno;cosa mi bloccava a tranciare di netto quella tortura?Ma chi ha provato come me una simile esperienza sa quanto sia facile dirlo a parole e difficile realizzarlo con i fatti.Avevo mille pensieri per la testa,e sicuramente non sarei riuscita a reggere anche il fatto di non averlo più con me.......perchè in fondo credevo di esserne innamorata.....facile parlarne adesso,distaccata,con occhio freddo e critico,ma allora era diverso,ero in sua balia.
Girai la chiave lentamente,pregando con tutta me stessa di essere sola.Sbirciai:buio.Tirai un sospiro di sollievo e mi chiusi la porta alle spalle,gettando la borsa per terra.La luce si accese di colpo:lui stava davanti a me,estremamente calmo,troppo calmo,preoccupante.Lo fissai terrorizzata poi,con l'aria più indifferente che riuscii a trovare,lo salutai,scostandomi da lui e dirigendomi in cucina.
"Dove sei stata?" -si decise lui,sedendosi e accendendosi lentamente una sigaretta.Trasalii...cosa avrei dovuto dirgli?Sicuramente se avessi tentato di spiegargli che ero semplicemente nervosa e che avevo bisogno di stare da sola sarebbe scoppiato il finimondo.
"Problemi in facoltà........" -mi limitai a rispondere,togliendo dal frigo il cartoccio del latte e portandomelo con noncuranza alla bocca.Sembrò aver accetato la mia spiegazione,ma il suo silenzio mi preoccupava assai.Improvvisamente con uno scatto lanciò con una manata per aria la confezione da cui stavo bevendo e mi afferrò i polsi impedendomi qualsiasi movimento.
"Lasciami...." -mormorai cercando di sembrare convincente.Ma il tremore mi tradiva.
"Non me la fai a me puttana...dimmi dove sei stata!" -era ubriaco,lo vedevo dai suoi occhi e lo sentivo dal suo alito.
"Te l'ho già detto... -cercai di non farlo innervosire ulteriolmente -ci sono stati dei problemi......"
Non lasciò che terminassi la frase,mi sbattè violentemente contro il muro,stringendomi i polsi. "Mi fai male.......AH!" -mi stava facendo veramente male,il mio sangue sembrava essersi bloccato e le mani mi formicolavano.Andando contro tutti i miei propositi di restare calma cercai di liberarmi,ottenendo l'effetto contrario.
"Sei solamente una lurida puttana troia degna di tua madre.....incapace di fare un cazzo......" Perchè?!?!?Perchè gli permettevo di umiliarmi in questo modo?Iniziò a lambirmi il collo con la lingua,e sentivo la sua eccitazione cominciare a premere contro di me..."Non pensare.. -mi sussurrò all'orecchio- che te la faccia passare liscia così...." Iniziò a muovere il suo bacino contro il mio.
"LASCIAMI BASTARDO!" -non riuscii a trattenere le lacrime.
La mattina dopo mi sveglia,nuda,sul divano.Lui non c'era,doveva essersene andato al lavoro.Era successo ancora,di nuovo,mi ero promessa che non glielo avrei più permesso,ma era andato di nuovo come al solito.Ormai ci avevo fatto il callo:chiunque avrebbe affermato con assoluta certezza che quella che esercitava su di me era una pura violenza carnale,ma io la vedevo,volevo vederla,in un altro modo.Trovavo mille ragioni per giustificarlo,per trovare una spiegazione nei suoi comportamenti.E quando tornava da me con la coda tra le gambe,straripante di scuse,ormai ripetute a memoria ogni volta,io mi scioglievo e dicevo a me stessa che sarebbe stata l'ultima..l'ultima possibilità che gli avrei concesso.......ce ne erano state almeno trenta di quelle concessioni........

Università di medicina di Los Angeles , 3 Dicembre , ore 14:30

"Michelle!!!!!!" -mi voltai.Una ragazza si stava sbracciando correndo nella mia direzione.Mi richiamò a grna voce:era Diana,ragazza cilena,conosciuta due anni prima,al mio arrivo negli Stati Uniti,con cui avevo legato presto e ora eravamo amiche a dir poco inseparabili.Era lei che mi ospitava quando Paul,il mio ragazzo,andava eccessivamente fuori di matto,era lei che mi consolava e si sorbiva senza parlare i miei sproloqui.Era lei a cui ero unita nel mio secondo più grave problema:l'alcool.Entrambe ne facevamo un uso improprio,sia nei momenti opportuni che in quelli meno opportuni.Mi sentivo in colpa:aveva iniziato a bere e a fumare da quando mi aveva conosciuta,ma lei continuava imperterrita a negare che la colpa fosse mia,lo riteneva quasi un'offesa:"Credo di poter essere responsabile delle mie azioni!" mi ripeteva sempre.Diana....e sì.....Diana......se dovevamo sbagliare allora lo facevamo insieme!
"Cosa succede?" -le sorrisi andandole incontro.Mi saltò al collo baciandomi sulle guance appassionatamente:"L'ho passato,l'ho passato!!!!!" -mi urlò nelle orecchie,rintronandomi. "Cosa cosa hai passato?!?!?" -domandai prendendole le mani e cominciando a saltellare assieme a lei,contagiata dalla sua stessa euforia.
"L'esame!L'esame del professor Brock!L'ho superato a pieni voti!!!!!"
"NO!?!?!?!?" -dissi fingendomi estremamente stupita.In realtà non avevo il minimo dubbio che lo avrebbe passato tranquillamente,io avevo fiducia nelle sue potenzialità,che erano altissime,era solamente lei che aveva una stima di se stessa proprio nulla.........
Per festeggiare decidemmo che quella sera saremmo andate al Latin Lovre,un locale un pò fuori mano.
"E a Paul cosa dici?" -si preoccupò lei quando ritornò con i piedi per terra,esaurita l'esaltazione.Non me ne ero dimenticata,ma sapevo quanto per lei fosse importante sentirsi premiata per i suoi sforzi,e le mentii spudoratamente:"No!Oggi non c'è!E' andato via per lavoro........." Effettivamente era un problema......un grosso problema!Ma non volevo pensarci!Sarei stata fuori tutta la notte e se il giorno dopo mi avrebbe ammazzata di botte....no!Non volevo pensarci!Quella era la serata dedicata a Diana,e volevo rivolgere la mia attenzione solamente a lei!
"Hai lezione ora?" -mi domandò.Sollevai gli occhi al cielo,sconsolata:"Purtroppo sì.....e delle più noiose anche!Non posso saltarla,ho l'esame tra poco e ci sono alcune cose,tante a dirla tutta,che non mi sono particolrmente chiare....."
"A che ora finisci?"
Guardai l'orologio:"Alle cinque sono fuori,mi aspetti al bar della facoltà?"
"Si!Ti aspetto li!Allora a dopo!"
"Senti..... -le chiesi- Siccome dopo non ho voglia di tornare a casa non è che mi presti qualche cosa di tuo da indossare?"
"Ma certamente...anzi.......nel mio armadio ci sono più vestiti tuoi che miei,quindi......."
La salutai sorridendo,come ero fortunata;era in quei momenti di piccola gioia e piccola complicità che mi rendevo conto di quanto le volessi bene,di quanto fosse importante per me,di quanto era grazie a lei e non a Paul che ero riuscita a sopravvivere li,in America.
La giornata scivolò in fretta,alle nove eravamo nel suo appartamentino,piccolo ma grazioso,che condivideva con altre tre ragazze.Era curato,accogliente,caldo e assolutamente personale.Sui muri c'erano poster e murales realizzati direttamente da loro,psichedelici,oppure ritratti di cananti o politici....poesie e pensieri svolazzavano ovunque sparsi su foglietti di carta,che attaccavano ai mobili o al frigo.Dal soffitto pendevano un'infinità di ciondoli indiani,che nelle giornate ventose,se lasciavi le finestre aperte,tintinnavano allegramente all'unisono.Vi erano solamente due stranze:una la divideva Diana con la sua compagna Carol,l'altra,più piccolina,l'avevano lasciata a Cintya.Questa era una ragazza strana,non cattiva,anzi,ma molto molto strana;non l'avevano mai vista con uomo,sapevano che lavorava come barista,ma non sapevano ne dove ne quando.Parlavano,parlavano spesso,ma mai di lei,del suo passato o del suo presente.Ma a Diana andava bene così,si trovava a suo agio in quella casa.
Scelsi dall'armadio il vestito più bello:era azzurro,senza spalline lungo e abbastanza aderente:accarezzava senza volgarizzarla la mia figura abbastanza slanciata e muscolosa.Legai i capelli lunghi e castano scuro in un coda alta,limitandomi ad abbellire i miei occhi con del rimmel e a risaltare le labbra con un gloss rosato.
Nemmeno le dieci che eravamo già im macchina,la mia macchina,con la musica a tutto volume e un bel pò di alcool nelle vene.Nessuno avrebbe detto che eravamo due studentesse di medicina,ma in quei due anni c'era una cosa che avevamo imparato a fare bene:sdoppiarci.In un contesto potevamo apparire completamente diverse da quello che magari saremmo diventate la sera stessa.Questa era una di quelle notti in cui avevamo deciso di lasciarci completamente andare,se la morte avesse voluto prenderci non avrebbe dovuto fare altro che allungare la mano;non che la aspettavassimo certo,ma nemmeno ce ne preoccupavamo,niente inibizioni,niente morale,niente ripensamenti o esitazioni.Se volevi fare una cosa la facevi,subito.Quelle serate riuscivano a ricaricarci per mesi interi,erano uno sfogo totale,mentale e fisico.
Spensi la settima sigaretta da quando eravamo partiti,tracannando di gusto l'ennesimo sorso di rum,tentando di guardare la strada che sfrecciava veloce davanti a me e che cominciava ad appannarsi. Meno male che siamo quasi arrivate....... -mi ritrovai a pensare.La musica che usciva dal locale poteva sentirsi non ancora arrivate,e quando ormai fummo nel parcheggio luci e rumori ci investirono.Eccitate ed emozionate corremmo all'interno,dopo aver fatto l'immancabile ora di fila e controllo documenti.
"Finalmente......" -si lasciò sfuggire Diana crollando su un divanetto miracolosamente libero.Mi sedetti accanto a lei,accendendomi una sigaretta e guardandomi attorno:era una serata particolare,sembrava esserci più movimento delle ultime due volte in cui c'era stata.
"Forza..... -mi solevò di peso la mia amica- Buttiamoci nelle danze!" Così,tra un bicchiere di vodka e un ballo,si fecero le due......le tre..le quattro......alle quattro e mezza eravamo sfinite.Il locale aveva cominciato a svuotarsi lentamente,e la musica ora era più calma e sensuale,quasi a voler far riprendere serenità a quelle menti che si erano scatenate tutta la notte.
Gli effluvi dell'alcool,del fumo e della stanchezza nell'esaltazione del momento non si erano fatti sentire,così,quando ci ritrovammo sedute e ferme,le nostre teste e in nostri stomaci comicnciarono a roteare.Sarà stata la situazione,le sostanze,la voglia di parlare che presimo a discorrere dei nostri problemi.Quando venne fuori l'argomento che io non avevo più soldi per pagarmi la retta e che la borsa di studio ormai era scaduta Diana si ricordò che doveva dirmi una cosa riguardo un lavoro che le avevano proposto.La incitai a parlarmente,ma lei mi disse che era meglio tornare a casa,così la mattina avrebbe chiamato l'"amico" che gliene aveva parlato.Accettai,troppo sconvolta per protestare.E fu così che il mattino dopo venni a conoscenza di quell'opportunità.
Polo,l'amico di Diana,era veramente un bel ragazzo,vestito divinamente,curato ed estremamente gentile.Non saprei dire se fosse stato anche simpatico o meno,perchè data la sua "professionalità"non mi diede indizi per ricostruire il suo carattere.Ma non mi serviva:Diana era una bella ragazza,veramente bella,ed era risaputo che con i ragazzi sapeva proprio farci,anzi,spesso sembrava quasi le cascassero ai piedi,E il suo fingere di non accorgersi di questa sua forza la rendeva ancora più attraente.Il suo amico era il fratello di un uomo che gestiva una società di accompagnatrici,donne che venivano ingaggiate per feste private o piccoli festini,e che avrebbero dovuto fare compagnia agli invitati.Non feci fatica a comprendere che tipo di "compagnia",ma mi venne assicurato che non ero obbligata a fare cose che non mi sentissi,così mi tranquillizzai.In fondo quei soldi mi servivano,mi serivivano da morire.Se fossi stata in Italia probabilmente sarei riuscita a trovare altri modi,aiuti per uscire da quella situazione,ma non negli Stati Uniti,non se rappresentavo un numero.
Il problema più grosso sarebbe stato Paul:dirgli di quello che avevo intenzione di fare sarebbe come stato dargli una pistola in mano e disegnarmi sul petto un bersaglio,ne sarebbe andato della mia stessa vita.Elaborai un piano assieme a Diana:tre sere dopo avremmo avuto il nostro primo ingaggio,così lei,verso le sette,mi avrebbe chiamato,pregandola di andare da lei che stava male,un'influenza intestinale.Paul mi avrebbe accompagnato in macchina e sarebbe salito anche lui,così si sarebbe reso conto che stava male per davvero(stava a Diana recitare bene la parte.......).Poi la mia amica avrebbe cominciato a piangere e a lamentarsi di problemi "femminili",ragazzi,chili di troppo,brufoli,etc.......conoscevo abbastanza bene Paul da dire che primo non avrebbe trovato il coraggio,vigliacco qual era,di trattarmi male in presenza di estranei,secondo non si sarebbe sorbito tutte quei futili piagnistei;si sarebbe incazzato,mi avrebbe preso in disparte e se ne sarebbe andato con la promessa di farmela pagare il giorno dopo.Ma io avrei trovato il modo di raddorcirlo,o almeno ci avrei provato.......dovevo in ogni modo fare quello che volevo fare!Così mi lanciai............
  
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