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Autore: Theredcrest    16/04/2012    1 recensioni
Anderville è una metropoli come tante altre nel mondo, e come tante altre dà ospitalità ad una quantità inimmaginabile di ospiti soprannaturali. Tra tutti, spicca la società dei Vampiri per il suo intenso bisogno di contatti e relazioni con gli umani e le altre creature presenti. Questa storia parla di Rachele, una vampira ventenne mai stata umana, e del suo percorso per diventare una "Madre" e ricoprire il ruolo più ambito di tutti.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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ARRIVO ALLA VILLETTA



Spalanco la porta della nostra baita di montagna con forza, facendo penetrare nel calore di casa una folata di vento gelido. Con un gesto stizzito, mi limito a scrollarmi di dosso l'acqua che mi cola dai capelli a causa della neve dell'esterno; mi metto meglio in spalla il mio bottino e poi supero l'uscio richiudendo col piede la porta, sbattendola con fare definitivo. Inizio ad avere un po' di sete.
Il mio stomaco brontola e si lamenta, ma lo zittisco convincendolo che tra poco troverà tutto quello che cerca nella ghiacciaia al piano di sotto, una cantina adibita a enorme freezer dove teniamo le nostre provvigioni. Non tutti sono così fortunati o abbienti da avere un piano apposito dove conservare il sangue, in particolare i vampiri più giovani creati da un sire poco importante, ma la nostra famiglia è ricca e da generazioni il capitale non fa che aumentare: secondo la Madre i soldi non bastano mai, anche perché, dice, sta investendo sul mio futuro.
Mi dirigo al tavolo della sala da pranzo all'entrata e strattono il copritavolo da un lato, facendo cadere le poche cose posate lì sopra: una bacinella d'argento riempita di frutta finta, qualche soprammobile insignificante in plastica che cade sul parquet dell'interno. Guardo il danno fatto, ma poco importa.
Il passaggio dal freddo di fuori al calore interno è  tanto insignificante per me quanto esasperante per l'umano congelato che tengo a spalle, quindi mi affretto a mollare il malloppo lungo e disteso sul banco spoglio, calciando via gli elementi di disturbo lì attorno. Sedie? Non ci servono. Centrini di pizzo? Gettati sul divano poco distante.
Lo sistemo faccia in alto e lo spoglio di maglietta e giacca senza fare una piega. Credete non abbia già visto un uomo in mutande? Ce ne sono a bizzeffe sulle copertine patinate dei giornali di casa che pubblicizzano intimo, profumi e orologi in tutte le salse, non ho motivi di scandalizzarmi. Lui invece ne avrebbe più di uno, perché si dà il caso mi abbia infradiciato dalla testa ai piedi di neve.
Almeno respira ancora e sembra aver ripreso un po' di colore, mi dico, perché sarebbe stato un peccato buttare via tanta fatica per nulla. Vado a prendere una coperta di pelo in un angolo della stanza e gliela butto addosso nel dubbio abbia freddo; già che ci sono, spingo il tavolo più vicino al camino della sala facendo volare anche i pantaloni intrisi d'acqua che indossa, affatto affascinata dall'effetto del freddo sulla fisiologia maschile.
Sembra piuttosto giovane, avrà forse la mia età o qualcosa di più.
Concentrandomi sui dettagli intravedo un occhio chiaro, quindi sposto la mia attenzione sulla dentatura e gli sollevo un lato del labbro.
Una fila di denti dritti e regolari da copertina. Il dentista dev'essere stato il suo migliore amico d'infanzia e probabilmente sua madre lo voleva in televisione come modello, ma  niente a che vedere coi nostri canini iper-sviluppati di serie, retrattili e non.
Sì, ci sono delle differenze tra succhiasangue e succhiasangue, non siamo tutti fatti con lo stampino. Diciamo che alcuni di noi sanno respirare, mangiare normalmente, generare calore, sognare o dormire e fare molte altre cose, ma siccome siamo divisi in parecchie razze nessuno sa fare tutta questa roba insieme, non per davvero, ma solo una ed una soltanto. Le altre caratteristiche sono un'illusione di un'ora o due, riprodotte utilizzando il sangue dei nostri corpi e limitate nel tempo, mentre il vero dono è unico e trasmesso da sire a infante.
Tutti i membri di una determinata razza, meglio chiamata Clan, possiedono un determinato dono ed è questo che ci distingue gli uni dagli altri, principalmente.
Per via della mia razza, io e mia madre siamo un po' più rare della massa, motivo per il quale siamo quasi costrette all'isolamento: una volta a stagione possiamo riprodurci con un umano e dare vita ad un altro del nostro clan, solo come noi. Non c'è una spiegazione esatta al perché possiamo farlo, sappiamo solo che gli altri trasformano e per contro noi ci riproduciamo, a volte diventando oggetti d'invidia per chi ha perso la capacità di figliare da tempo. Questo non vale per tutti, fortunatamente, ma è abbastanza da spingerci a fare accordi con il resto dei Clan, certe volte anche sfavorevoli come quello in vigore da quattro secoli a questa parte. Ecco perché non vorrei essere nei panni della Madre, non vorrei mai la responsabilità di prendere decisioni così grandi o di farmi amici importanti che non mi piacciono, ma vanno tenuti per forza in considerazione.
A proposito dell'accordo, presto o tardi inizierò anch'io con questa specie di girandola della maternità vampirica, ma lei continua a dirmi non è ancora il momento, e che non ho l'età o la capacità di fare questa cosa per cui ci vuole un rito piuttosto complicato. Per fortuna i doni dovrebbero essere innati.
I miei pensieri vengono interrotti da un colpo di tosse alle mie spalle. Mi volto a zanne scoperte, irritata, ma scopro subito che è solo la sardina umana lasciata a scongelare sul tavolo: sono stata abituata a rimanere da sola per talmente tanto tempo, grandi eventi esclusi, che qualsiasi rumore estraneo mi fa schizzare come una trottola impazzita pronta ad azzannare il malcapitato. Di norma non sono io la paranoica della famiglia, ma l'abitudine gioca brutti scherzi. Per di più, se la Madre tornasse non credo approverebbe molto la presenza dell'ospite, quindi mi toccherà stare all'erta nel caso rientri prima del tempo. Fosse per lei, non dovrei nemmeno toccarlo, un umano.
Con molta probabilità, penso, non vale comunque la pena di preoccuparsi ora. Piuttosto avrei intenzione di accontentare lo stomaco, dato l'idea di saltare alla gola dello sconosciuto davanti al fuoco inizia a non indignarmi più così tanto. Sospiro e mi dirigo giù per gli scalini bui del seminterrato fino alla ghiacciaia dotata di freezer e frigoriferi, strappando sacche di sangue agli scaffali più freschi.




Note dell'autore
Questa volta la mancanza del mio beta reader divino si è fatta sentire, ma non ho desistito ed ecco qua un nuovo capitolo! Lo so, mi rendo conto è piuttosto corto ma, sarò sincera, secondo me è più comodo per i lettori (io non riuscirei a leggere ventitrè pagine di fila senza una pausa). Poi c'è la questione per cui non riesco a fare pagine lunghe senza perderne in fluidità del testo, ma quella è un'altra storia xD
Scherzi a parte, spero che anche questo noiossissimo secondo capitolo piaccia! Per me sarebbe molto importante ricevere dei commenti per poter migliorare, quindi spero qualcuno voglia accontentare le mie lagne x°D
Grazie a tutti e al prossimo capitolo!
  
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