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Autore: Zio Scipione    16/04/2012    2 recensioni
Il cavaliere Peragon e la sua dragonessa Shakira sono in viaggio per spodestare il malvagio re Galbanino. Una revisione totale della storia di Inheritance, pur mantenendone la trama e i personaggi.
Genere: Comico, Fantasy, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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IL PREZZO DEL POTERE

«Ecco, mia signora. Non ne hai più bisogno». Con un morbido fruscio l’ancella Farica tolse le bende dalle braccia tagliuzzate di Nasuada. «Ma, per favore, smettila di tagliarti!»
Nasuada non rispose e rimase immobile finché non arrivo Orrin, re del Surda.
«Allora, che te ne pare?» gli disse mostrandogli le braccia.
«Che sei emo?»
«Ma no, che dici. Noi Varden pratichiamo la Prova dei Lunghi Coltelli per vedere chi è più figo e vince chi si taglia di più».
«Sei emo».
«Bando alle ciance, che volevi dirmi?»
Nasuada si voltò verso la finestra e scorse le case di Belatona che andavano a fuoco.
Potrei sposare Orrin, pensò. Ma sarei felice? Non accetta la mia forte emo(tivi)tà.
«Ecco» disse Orrin, «siamo qui da una settimana e la città va ancora a fuoco. Non è un problema, insomma; capita ogni tanto di lasciare una povera città indifesa in fiamme per una settimana, soprattutto se sei il capo dei buoni, ma, diciamo, quegli Urgali non sono un po’ troppo esaltati?»
«No, gli Urgali mi sono utilissimi».
«Ma generalmente nelle storie fantasy sono loro i cattivi».
«Non caccerò via gli Urgali. Perché poi? Solo perché appiccano incendi nelle nostre città, uccidono i nostri uomini e violentano le nostre elfe?»
«Puzzano e fanno i rutti a tavola».
«Su questo punto hai perfettamente ragione, ma in battaglia ci servono: sono alti tre metri e larghi altrettanto e hanno delle asce insanguinate da far rabbrividire i film horror».
«Sono già insanguinate anche prima di combattere?»
«Certo, se le colorano prima. Altrimenti come fanno a spaventare subito tutti?»
«Senti, Nasuada, questa discussione è perfettamente inutile, lo so che non c’entra niente con lo svolgimento della storia e Paolini l’ha inserita solo per allungare il tutto di cinque pagine, ma ho i miei motivi per odiare gli Urgali».
Nasuada rimase in silenzio per un attimo e poi parlò.
«Hai perso qualcuno per mano loro?»
Le gemme sulla corona di Orrin scintillarono quando il nano annuì.
«Ehi!» disse Nasuada. «Qua dicono che sei un nano!»
«Vabbé che non sono alto, e non mi taglio la barba da mesi, ma darmi del nano mi sembra eccessivo!»
«Comunque, mio caro, che facciamo adesso? Come uccideremo Galbanino? Come sconfiggeremo Murtagh e il suo drago Fastidio?»
«E che ce ne frega? Noi siamo solo personaggi secondari!»
 
UN PARTO DIFFICILE
 
Un urlo: acutissimo, roco, straziante, in mi bemolle.
Peragon trasalì come se Shakira gli avesse infilzato una squama nel callo del piede, e in effetti l’aveva fatto, ma il ragazzo non se ne accorse tanto era potente quell’urlo.
«L’inutilità di questi capitoli mi sconcerta» osservò Arya mentre correva alla tenda della signora partoriente.
Assieme a lui tutti gli ex abitanti di Carvahall se ne stavano ansiosi intorno alla tenda incriminata.
«Arya» le disse Peragon, un attimo prima che rientrasse. «Perché ci vuole tanto? Non puoi anestetizzarla con un incantesimo?»
«Certo che potrei, ma questi qua non vogliono perché odiano il fantasy».
Albriech, il figlio della donna, si alzò da dov’era seduto per correre nella tenda della madre.
«Petrificus Totalus!» gridò Arya. «Non mi distraete!»
Il sole era alto nel cielo, poi diventò basso e infine scomparve, e tutti gli abitanti di Carvahall, Peragon, Shakira e qualche curioso stavano ancora là a fissare la tenda immobile.
Si udì un urlo agghiacciante e poi il silenzio.
«No» mormorò Peragon. «Non può essere morta, Arya mi ha promesso che non l’avrebbe fatta morire, a costo di uccidere tutti gli altri».
La testa di Arya sbucò dalla tenda.
«Peragon, vieni subito».
Il Cavaliere entrò di corsa nella tenda. Là c’erano diverse donne che piangevano e si disperavano. Nel mezzo c’era Elain, la donna, stesa sul pavimento con due x al posto degli occhi, la lingua di fuori e gli uccellini che le giravano sopra la testa cinguettando.
«È… è morta?» chiese Peragon.
«Ma no. Visto che non potevo addormentarla con la magia le ho dato una randellata in testa».
«Complimenti per l’inventiva. E il bambino?»
«Eccola» disse Arya indicando un fagottino di stracci, «però...» e singhiozzò anche lei.
«Però?»
Gertrude, la guaritrice che si trovava nella tenda, si tolse il fazzoletto dagli occhi e diverse lacrime le rigarono il viso.
«La bambina di Elain» disse la donna, «è nata… oh santo cielo, poveretta…»
«Cosa?»
Arya si fece coraggio.
«La bambina è nata truzza».
«Oh santa polenta!»
 
NINNANANNA
 
«Peragon, devi guarire la bambina» disse Arya.
«Ma non hai visto l’ultima volta che casino ho combinato?»
«Ehi, piano con gli insulti» disse Elva.
«Fallo tu, Arya, ti prego».
«Non credo che dopo la randellata me lo lascino fare».
«Ma io devo risparmiare le energie! Nasuada non mi ha fatto neanche proteggere Roran con un cavolo di incantesimo di base inutile per farmi risparmiare le forze!»
«Senti, qua abbiamo un contratto di ottocentoventuno pagine. Non possiamo affrontare le situazioni così superficialmente».
«Ve bene, ma nel frattempo tu fammi un’assicurazione, così se creo un altro mostro almeno siamo coperti».
Gertrude rientrò nella tenda, posando la bambina nella sua culla.
Quando Peragon la guardò rimase sconcertato. Aveva una magliettina con scritto HoUzE4EvEr, gli occhialoni da sole multicolore sfaccettati e diversi piercing negli angoli più improponibili della faccia.
«Ci sarà parecchio lavoro da fare» disse Peragon. Gertrude si sedette ad una sedia a giocare ad Angry Dragons, un giochino in cui con una fionda si dovevano lanciare dei draghetti verso Uru’Baen e uccidere il re Galbanino a forma di maiale.
«Non l’avevano vietato quel gioco?» osservò Peragon e si mise a giocare con lei.
Dopo due ore si sentì un mugolio.
«Cavolo, la bambina!»
Peragon ritornò davanti alla culla, lasciando a malincuore Gertrude proprio al penultimo livello.
- Ma che ccavolo!– pensava Peragon – E mo come faccio? Non so neanche come si dice truzzo nell’antica lingua! E se poi mi diventa come Elva?
- Guarda ti sento! È colpa tua se so leggere la mente.
- Scusa, Elva, è che non so neanche da che parte cominciare.
- Ti passo un dizionario dell’antica lingua, disse Arya inserendosi nella conversazione
-Piccolo mio! – disse Shakira –Ascolta i suggerimenti di Arya, ne sa più di te!
- E allora perché lo devo fare io il lavoro?
- Non è mica colpa mia se ‘sti Varden sono razzisti, disse Arya
- Non siamo razzisti! E tu, Peragon, sbrigati che domani si parte per Dras Leona
- Nasuada! Ma tu non sai parlare telepaticamente
- La sto aiutando io, disse Angela
- Ma insomma mi fate lavorare?!
«Peragon, non vedo cambiamenti» disse Gertrude.
«Stai zitta, pure tu, accipigna!» e la fece sobbalzare dalla sedia.
«No, che non avevo salvato!» disse recuperando l’iPhone da terra.
«Non ne posso più di queste vocette nella testa!»
«Posso consigliarti uno psicologo, mio caro?»
Un ora dopo Peragon uscì dalla tenda stanco ma trionfante.
«Sai che se ora arrivassero i cattivi saremmo fottuti?» sussurrò ad Arya. «Con le poche energie che mi rimangono, con Murtagh ci potrei soltanto fare una partita a tris»
«Oppure stringere la mano a tutti i Varden che vogliono complimentarsi con te».
  
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