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Autore: RainbowChia    17/04/2012    3 recensioni
SPOILER 2x03. Post Reichenbach.
John Watson si decide finalmente a ricominciare a scrivere sul suo blog ad un anno dalla morte di Sherlock.
Una one shot senza pretese (venuta fuori durante una lezione di storia particolarmente noiosa) in cui John dà ruota libera ai suoi pensieri.
E' la prima ff che pubblico, quindi un po' me ne vergogno, ma spero sia comunque di vostro gradimento.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A dir la verità non so perchè sto scrivendo.
In effetti, ero sicuro che non avrei più postato niente su questo blog.
Non sono particolarmente ispirato, non ho molto da raccontare.
Questo perchè ormai non mi succede più niente. Credo che il motivo principale per cui adesso sono qui, davanti al mio portatile, seduto sulla mia poltrona dell'appartamento 221b di Baker Street, sia la mia analista. Quella benedetta donna, che continua a cercare di capire cosa c'è che non va nella mia testa, mi ha suggerito di ricominciare a scrivere. Raccontare quello che provo, che sento; forse pensa che così riuscirò a farmi una ragione di quello che è successo.

Vuole che affronti la realtà. Vuole che riesca ad elaborare il lutto.

Già. Ancora non mi sembra vero, non l'ho accettato. E non so se lo accetterò mai.
E' passato un anno. Un lunghissimo, maledetto anno. E' come se per tutto questo tempo sia vissuto in una bolla: non ho sentito niente, nè rumori, nè suoni. Tutto mi è sembrato offuscato, ho vissuto in completa apatia.  Ho frequentato non so quante donne, senza neanche rendermene conto; più volte mi sono ritrovato ubriaco in mezzo di strada, senza sapere cosa fare, dove andare. Tutto quello che riuscivo a fare era piangere, urlando il suo nome, disperato.

Sherlock.

Tutto in questo appartamento mi ricorda lui. Per questo motivo dopo la sua morte non ci avevo voluto mettere più piede. Volevo evitare di ritrovarmi davanti ai suoi alambicchi, ai suoi esperimenti sparsi per casa, alla sua poltrona nera, al suo cuscino con la bandiera inglese,  al suo dannato violino. Quel violino che mi svegliava ogni mattina alle sei in punto e che mi accompagnava per tutta la giornata, a meno che Lestrade non convocasse il mio coinquilino.

Adesso, però, ci sono.

Entrare in questo palazzo, al 221b di Baker Street, è stata una delle cose più difficili che avessi mai fatto... in confronto la guerra in Afghanistan era una baggianata. Aprire la porta, salutare Mrs. Hudson, come abitualmente facevo, non mi è mai sembrato più difficile.

La padrona di casa aveva dipinta sul volto un'espressione talmente triste, che stavo per mandare a quel paese tutto e uscire di nuovo, con l'intenzione di non rientrare qua dentro mai più.  Invece ho preso coraggio e ho salito i 17 gradini che portano al salotto del nostro vecchio appartamento. La porta non era chiusa a chiave, così mi è bastato spingere la maniglia per entrare.

Era tutto come lo avevamo lasciato. Il violino di Sherlock era poggiato sulla sua poltrona, un giornale appoggiato sulla mia. Mi guardai intorno e inspirai l'aria che ancora  aveva  il suo profumo. Mi diressi verso la cucina: sul tavolo c'era il classico caos dovuto alle provette che venivano utilizzate dal mio amico per gli esperimenti.
-Non ho avuto il coraggio di toccare nulla, alla fine.- Mrs Hudson mi aveva raggiunto.

-Credevo che avrebbe portato la sua roba ad una scuola.- dissi io, ricordando che lo aveva detto, quel giorno davanti alla tomba di Sherlock.

-Si, ma... non ce l'ho fatta. Anche perchè non sapevo da che parte cominciare. E poi... pensavo che un giorno saresti passato e avresti voluto portar via qualcosa. Un... ricordo.-

-Capisco.-

Tra noi calò un silenzio così pesante, che Mrs. Hudson decise di troncare lasciandomi di nuovo solo.

Così decisi di tirare fuori il mio portatile e di accontentare la mia cara terapista, iniziando a scrivere di getto quello di cui sarei dovuto riuscire a parlare con lei. Ammetto che ha ragione: non parlo del mio ex coinquilino da quando... beh, da quando ha fatto quel che ha fatto. Lei dice che mi servirà per elaborare questo dannatissimo lutto. Dio, quanto odio questa frase. In un anno me l'avrà ripetuta miliardi di volte. Vuole che parli di Sherlock? Molto bene, è giunto il momento di accontentarla.

Dal primo istante in cui ci siamo conosciuti ho provato qualcosa per lui. Curiosità, ammirazione, affetto. Era una completa novità per me, non avevo mai avuto a che fare con uomini del genere.

La prima volta che incontrai Sherlock Holmes ricordo di aver pensato di essere davanti ad un pazzo, un maniaco, un folle. Beh, in effetti non c'ero andato molto lontano. La cosa più strana fu che non mi preoccupai di condividere con un emerito sconosciuto l'appartamento al 221b. Di solito ho sempre fatto fatica a relazionarmi con le persone e, soprattutto, a fidarmi di loro: questo non accadde con Sherlock. Riposi in lui tatta la mia fiducia... probabilmente perchè sentivo quanto fosse simile a me. Dava l'impressione di non avere molti amici. A dir la verità, dava l'impressione di non averne neanche uno.

Aveva bisogno di me tanto quanto io ne avevo di lui.

Ci sono stati momenti, nella mia convivenza con Sherlock, in cui avrei voluto prenderlo a ceffoni a causa del suo sentirsi superiore ad ogni altro essere umano, oppure quando mi escludeva dai suoi piani. Peggio ancora, quando escludeva se stesso dalle emozioni e dai sentimenti, rinnegandoli ripetutamente. Come fece con la Adler.

Come ha sempre fatto con me.

Sì, perchè sono sicuro che per lui significassi qualcosa, esattamente come lui per me.

Ricordo perfettamente una nostra conversazione durante il caso del Mastino di Baskerville. Mi disse di non avere amici. Mi arrabbiai così tanto... sono sempre stato eccessivamente permaloso, in effetti. Ma non lo avevo capito. Come la maggior parte delle volte, d'altronde. Sherlock ha sempre costituito un mistero per me, non riuscivo mai a comprenderlo fino in fondo. Comunque, il giorno dopo mi spiegò quello che voleva dire la sua frase della sera prima: lui non aveva amici, certo.

Aveva solo me.

Credo sia stato quello il momento.
Penso che ogni persona, almeno una volta nella vita, riesca a sentirsi così felice tanto che potrebbe esplodere da un momento all'altro.

Anche se non lo detti a vedere, sentii in me crescere una felicità, una gioia, mai provata prima -e che temo non riproverò mai più- ; il mio stomaco si aggrovigliò e a stento trattenni un sorriso. Sapere che ero l'unica persona importante nella vita di Sherlock e che ero il solo ad essere riuscito a trovare la chiave del suo "Palazzo Mentale", come lo chiamava lui, mi inorgogliva in maniera, forse, eccessiva.

Fu da quel giorno che iniziai a notare e a far caso a come, effettivamente, Sherlock mi trattava e considerava, diversamente da tutti gli altri. Non ha mai palesato il suo affetto, sia chiaro, ma capivo che, nella sua maniera alquanto stravagante, ne nutriva. Si preoccupava per me.

Ora che ci penso, lo ha sempre fatto. Sempre.

Persino quando c'è stata di mezzo Sara: quando fummo rapiti da quell'assurdo clan cinese. Se non fossi stato coinvolto anch'io di certo Sherlock non si sarebbe scomodato più di tanto. Odiava Sara, avrebbe lasciato tranquillamente che la freccia le si conficcasse nel cervello, ne sono sicuro.

In effetti, ha sempre detestato tutte le donne con cui uscivo.

E tutte le donne con cui uscivo mi hanno sempre lasciato per colpa sua.

"Non farmi competere con Sherlock Holmes, John." Quando Jeanette mi disse così a Natale di tre anni fa per poco non mi strozzai con il succo d'arancia.

Possibile che tutti scambiassero me e Sherlock per una coppia?!  Sempre, tutte le sante volte che mettevamo piede fuori di casa: prima la signora Hudson, poi Angelo al ristorante, poi Sherlock stesso ha pensato che ci provassi con lui, poi Microft, poi Molly, persino quel pazzo di James Moriarty!

Il fatto che mi ha sempre lasciato basito è che Sherlock non lo ha mai negato e non ha mai ribattuto. Intanto io, invece, cercavo disperatamente di far capire al mondo che eravamo solo colleghi. E' servito a qualcosa? No, certo che no.

Rinunciai così ad avere un qualunque tipo di relazione con le donne, a causa del mio caro coinquilino sociopatico. Ammetto che non ne sentii la mancanza. Con Sherlock poteva succederti di tutto, tranne che annoiarti. Lui, piuttosto, tendeva ad annoiarsi spesso, ma per me non poteva esserci niente di più comico. Quando non aveva un caso tra le mani, passava le giornate avvolto nella sua vestaglia blu (o solamente nel suo lenzuolo bianco), dicendo "Noia, noia, noia" in continuazione e sparando contro il nostro povero muro. Mi divertivo ad osservarlo, prendendolo in giro, poi scendevo al piano di sotto dalla Signora Hudson che temeva fosse in corso chissà quale sparatoria.

Insomma, in parole povere: Sherlock era il mio mondo.

La mia vita girava tutta intorno a lui.

Prima di conoscerlo non avevo nulla; se non l'avessi incontrato probabilmente sarei tornato in guerra.
Mi ha salvato dalla noia, dalla rabbia, dalla frustrazione, dalle tenebre in cui ero caduto dopo l'Afghanistan.

E adesso?

Tutto finito. Sherlock ha portato con sé nella tomba una parte rilevante di me, se non tutta.
E' stato l'unico che mi ha dato felicità, una felicità autentica, durante tutti gli anni in cui siamo stati insieme. Non mi ero mai sentito così, e sono certo che non mi capiterà mai più.

E qui la gente potrebbe pensare male, ma sapete che vi dico?

Che forse tutti hanno sempre avuto ragione e l'unico idiota che non se ne è mai reso conto sono stato proprio io.

Forse amavo davvero Sherlock Holmes.

Ma ora non più. Non dopo quello che ha fatto.

L'ho visto cadere giù dal tetto del Barth's, ho udito il suono delle sue ossa fracassarsi contro il cemento. Non mi sono mai sentito più inutile e impotente di quel momento.

Ma lui è stato un bastardo egoista e lo odio per questo. Si è buttato giù, senza pensare a come avrebbero reagito gli altri. Senza pensare a come avrei reagito io.

Eppure era un genio, avrebbe dovuto prevedere la mia reazione, capire che non poteva lasciarmi da solo, che avevo bisogno di lui.

Dannazione, avrebbe dovuto mettermi al corrente dei suoi fottuti piani, invece di allontanarmi! Saremmo riusciti a trovare una soluzione alternativa, sicuramente! Ma no, come al solito a me non ha detto nulla! Ha lasciato che me ne andassi dalla Signora Hudson, sapendo che stava bene e che il mio aiuto era del tutto superfluo, anzi, inutile.

Perchè lo ha fatto? Come pensava di farcela da solo? Glielo avevo appena detto, porca miseria: Gli amici proteggono le persone.

Io avrei potuto proteggerlo.

Non so neanche da cosa, ma avrei potuto. Avrei fatto di tutto, diamine, di tutto, per lui. Se fosse servito a qualcosa mi sarei buttato io di sotto da quel tetto. O magari avremmo potuto trovare una soluzione un po' meno drastica.

Invece no. Ha ritenuto fosse meglio fare tutto di testa sua, come ogni santa volta. Mi sento così arrabbiato e furioso nei suoi confronti... deve aver pensato che non fossi all'altezza di quello che stava accadendo, che non potessi capire. Bene, bravo, adesso sicuramente non ci riesco.

Il povero dottor Watson proprio non riesce a comprendere quel gran genio di Sherlock Holmes.

Accidenti, la tastiera si sta bagnando delle mie lacrime. Da quanto tempo ho iniziato a piangere? Non me ne sono nemmeno accorto.
D'accordo, dovrei andarmi a preparare una bella camomilla. Non qui, me ne tornerò nell'appartamento mio e di Mary e me la preparerà lei.

Già, non vi ho detto di Mary.

Beh, c'è ben poco da dire: ci siamo conosciuti un mese dopo la morte di Sherlock, lei si è innamorata di me e... forse anch'io di lei. Per un momento ho dimenticato il mio ex coinquilino frequentandola, ma in questi ultimi tempi, avvicinandosi l'anniversario della sua morte, le cose sono tornate esattamente come prima, se non peggio.

I giornali hanno ricominciato a pubblicare tutte le loro varie stronzate della serie "Anniversario della morte di un bugiardo" oppure "E' già passato un anno da quando il Falso Eroe di Reichenbach si è buttato giù dal tetto", ecc...

Mary cerca di nascondermi i giornali apposta, ma li ritrovo tutti nel cestino della carta. E poi esiste la televisione. Non riesco a trovare pace.

Il fatto che poi i giornalisti e tutta la gente continui a marciare su questa cosa del 'falso eroe' mi irrita profondamente.

Sherlock poteva essere di tutto: irritante, narcisista, schizofrenico ("iperattivo sociopatico" mi correggerebbe), viziato, scansafatiche ("Passami il telefono, John." "Ma ce l'hai in tasca." "E allora?"), ma mai falso.

"E' tutto vero. Sono un falso. I giornali hanno sempre avuto ragione."

Sono sicuro che le sue ultime parole su quel tetto non fossero vere. Non ho idea del perchè me le abbia volute dire, ma non importa: io non c'ho mai creduto.

E nessuno riuscirà mai a convincermi che mi ha detto una bugia.

Crederò sempre in lui, in tutto quello che è stato e che sarà.

Un eroe.

Il mio eroe.

Si, certo, mi ha sempre detto che gli eroi non esistono, ma ogni tanto anche il grande Sherlock Holmes può sbagliare.

  
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