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Autore: pippobook    18/04/2012    0 recensioni
Era da una vita che non tornavo in questo posto.
Ormai non ricordavo più niente: le vie, le piazze, le case, tutto era cambiato e niente mi faceva tornare ai tempi di quando avevo sei anni.
Quell'isola dal aereo sembrava così piccola ma poi, quando entri in aeroporto tutto cambia.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Era da una vita che non tornavo in questo posto.
Ormai non ricordavo più niente: le vie, le piazze, le case, tutto era cambiato e niente mi faceva tornare ai tempi di quando avevo sei anni.
Quell’isola dall’aereo sembrava così piccola ma poi, quando entri in aeroporto tutto cambia. Oggi è il mio undicesimo compleanno e come regalo ho forse avuto quello di tornare nel posto in cui sono nato e cresciuto, quello nel quale siamo scappati io e mia madre, dove mio padre era morto per tenermi in vita, quel fatidico giorno è stato il giorno nel quale tutto è cambiato.
Uscito dall’aereo ho visto mio madre e i suoi occhi blu erano un misto di felicità e paura: felice poiché tornava dove la sua giovinezza le ha dato dei ricordi bellissimi ma, cinque anni fa le hanno tolto un pilastro importante della sua vita; mentre andavamo verso il ritiro dei bagagli sentivo il profumo salmastro del mare, quel profumo che ho risentito alcune volte mentre ho girato il mondo alla ricerca di pace, quella pace, che un giorno troverò, provando a diventare più forte, non solo di spirito ma anche fisicamente, ma ancora non riesco a esprimere il sentimento che provo ma i ricordi riaffiorano al contrario, non da dove ebbe inizio, ma da dove finì la mia vita qui nelle Isole Paguri: quella notte c’era la luna piena ed io ero spaesato; mi ricordo tanti uomini, io e mia madre che correvamo verso un aereo, tanti uomini intorno ed io con quegli occhi aperti come due lune piene che erano ancora a quell’immagine che, quando ci penso mi fa venire un grande mal di testa.
Ritiriamo i bagagli come in ogni aeroporto e prendiamo un taxi verso la nostra casa, quella casa che lasciai cinque inesorabili anni fa ed i ricordi affiorano ancora: uomini intorni alla casa a combattere con le loro armi un nemico fin troppo forte per tutti loro assieme, ma lottavano; mia madre che prendeva giusto due vestiti e che mi urlava di fare presto, con le lacrime agli occhi e la voce interrotta dai singhiozzi che le procurava il pianto.
Il mal di testa era sempre più forte ma ormai ero così abituato che non lo facevo più vedere alle persone.
Prima di passare per casa però una cosa mi ricordo molto bene ed è che bisogna passare dalla scuola, quel posto nel quale tutto è successo, dove ora è eretta una statua al caduto per dare la possibilità a tutti di poter salvarsi da una persona molto cattiva; mi ricordo ancora quell’arma che trafiggeva mio padre, quell’arma che, anche lui, brandiva ma per un obbiettivo diverso e poi mi ricordo il sangue, tanto sangue che schizzava da tutte le parti, sangue di mio padre che girandosi mi disse con le sue ultime forza: “sii un uomo che porti la pace, giustizia e che possa vivere una vita con il sorriso”.
Ora ho in mente quella parola, quella sensazione che ribolle da cinque lunghi anni dentro di me: VENDETTA.
Il mal di testa sale ancora di più, piano piano perdo le forze ripensando all’uomo che uccise mio padre: capelli argentati fisico scolpito che mette paura e quegli occhi, neri come la pece, quelli nei quali ti perdi e rimani immobile poiché non trovi nessuna via d’ uscita.
Mi ricordo ancora due cose di quella persona: la prima è una ferita lunga tutto il pettorale che gli ha lasciato mio padre, una ferita lunga in orizzontale, l’unico fendente andato a segno nella sua battaglia senza possibilità di vittoria, e poi il suo nome era HEXANOR.
Il mal di testa si fa più acuto, non riesco a trattenerlo, ormai siamo quasi arrivati a casa e vedendola riesco a vedere i bei momenti passati insieme a mio padre: le corse le sue avvertenze a non fare il cattivo bambino; ma poi i suoi occhi neri ritornano ed insieme anche una frase: “ bentornato a casa……figlio mio”.
Casco di punto in bianco senza un minimo di forze, con quella frase che riecheggia nella testa e che mi fa stare ancora peggio.
  
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