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Autore: Theredcrest    19/04/2012    1 recensioni
Anderville è una metropoli come tante altre nel mondo, e come tante altre dà ospitalità ad una quantità inimmaginabile di ospiti soprannaturali. Tra tutti, spicca la società dei Vampiri per il suo intenso bisogno di contatti e relazioni con gli umani e le altre creature presenti. Questa storia parla di Rachele, una vampira ventenne mai stata umana, e del suo percorso per diventare una "Madre" e ricoprire il ruolo più ambito di tutti.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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STETSON



«Devi stare a questionare su tutto o è solo una tua abitudine?»
Mi affaccendo ai fornelli, accendendo il gas e girando attorno a vari scaffali alla ricerca del contenitore di latta dove solitamente teniamo le bustine di Tè. In realtà non abbiamo molto, solo un po' di scatolette e roba secca, mai cibo fresco, ma anche se non mangiamo la Madre esige qualcosa ci sia nel caso arrivino ospiti inaspettati. Trovo la latta, la poso vicino allo zucchero sugli scaffali inferiori. Ogni tanto invita a casa uno dei suoi partner, quindi si spiega questa necessità.
«No, veramente dico. Un minimo di sale in zucca...»
«Anche tu non scherzi» mi risponde divertito. «Sei così acida che non ti si può stare accanto!»
«Zitto, altrimenti l'acido te lo infilo so io dove...» gli faccio sbattendo con poca grazia il pentolino dell'acqua sul fornello acceso. Sghignazza, evidentemente divertito dai miei rimbrotti mentre faccio avanti e indietro dalla cucina alla sala, risistemando il tavolo e la coperta per metà fradicia. Gliene ho lasciata una pulita, in modo non mi goccioli in giro. Poso l'ultimo soprammobile sul centrino del tavolo prima di passare al telefono che viene di nuovo messo al suo posto. Ho bistrattato fin troppo quel povero apparecchio e ho deciso di concedergli pietà all'ennesimo tour per tutta casa, ma il coltello, quello me lo sono tenuto alla cintola per sicurezza. Ho nascosto in un cassetto quelli disponibili in cucina, così non dovrò preoccuparmi del tizio a meno non si metta a frugare in giro.
«Come ti chiami, acidella?» Alla buon'ora! Il ragazzo ha finalmente deciso di fare conversazione, anche se gli spaccherei volentieri il muso per il nomignolo. Sembra gli piaccia indispettire il suo prossimo e se così fosse almeno in questo saremmo piuttosto simili. Sto al gioco, gli rispondo tornando a controllare l'acqua lasciata sul fuoco.
«Rachele. E tu, arrogantone?»
«Sirius.»
«Carino.»
Alzo le spalle con noncuranza, facendo capire che glie l'avrei detto anche se si fosse chiamato Ermenigildo, e verso l'acqua bollente in una tazza venendo investita dal vapore caldo. Solo quando gliela poso davanti mi accorgo mi sta porgendo la mano per una stretta, ma evito elegantemente di curarmene e faccio finta di essere troppo occupata con altro per rispondere al suo saluto.
«Sei gentile, eh» commenta a mezza voce, infastidito.
«È solo una formalità come tante altre.»
Non li capisco gli umani: se conoscono già il mio nome, perché vogliono anche la mia mano? Ho letto in un qualche libro che la loro è una tradizione, e che la mano aperta significa mostrare all'altro di non avere armi. Io sono armata e, anche se toccare la gente altrui non fosse così off-limits per me, comunque non apprezzerei il contatto fisico.
Con un sorrisetto, me ne torno a controllare i panni stesi sul camino che fumano di vapore, asciugandosi senza fretta. Alcuni sono ancora zeppi come i jeans, mentre la maglietta è appena umida. La rigiro per controllare sia indossabile, poi gliela riporto.
«Hai trovato uno Stetson, per caso?»
Gli consegno la maglia con uno sguardo interrogativo.
«Cos'è?»
«Lo Stetson?» Mi guarda indignato, come se dovessi conoscere ogni singola cosa su questa terra. «Un cappello da cowboy.»
«Visto niente del genere» replico semplicemente. «Ho fatto fatica a notare te sotto la neve, figuriamoci un cappello. Non bevi?»
Mi sembra non abbia ancora toccato la tazza.
« Non mi hai dato le bustine.»
«Ah... già... »
Purtroppo ha ragione: bere un Tè senza Tè è un po' difficile. Gli passo la latta e lo zucchero, vagamente a disagio.
«Non sono abituata ad avere ospiti» mi giustifico, incrociando le braccia. Lui mi lancia un'occhiata sarcastica, un sopracciglio sollevato.
«E fai spesso la governante?»
Se la circolazione di un vampiro lo permettesse, arrossirei di vergogna e rabbia.
«Ma come-» faccio per sbottare, poi mi mordo la lingua. Vorrei fargli ingoiare a forza qualcosa, qualunque cosa, fosse anche un mestolo, ma se rispondessi alle sue stupide insinuazioni non farei che dargli soddisfazione e basta.
“Maschi...” penso esasperata. Quelli del nostro Clan sono decisamente meglio, zitti e buoni ai margini del vivere quotidiano o imbottigliati come sangue pregiato in una qualche cantina dei nobili. Di solito nell'ambito della società vampirica non vi è alcuna differenza gerarchica e sociale in base al sesso perché i vampiri trasformano altri umani in vampiri, quindi non c'è differenza. Dico di solito, perché da noi le cose vanno un po' diversamente, tant'è che ci chiamano “Clan delle Madri” o più comunemente “genitrici”.
Non è che non nascano individui di sesso maschile, intendiamoci, anzi; quelli che vengono al mondo però sono sterili e incapaci di trasformare, inutili e imperfetti. In una società fervida come la nostra questo è considerato ben peggio di qualsiasi difetto fisico e mentale, e non è raro che questi poveretti finiscano dimenticati dal resto del mondo o si suicidino per disperazione. Se volevate sapere da dove vengono i vampiri emo di tanti e tanti romanzi, ora avete la risposta.
Comunque, il mio attuale coinquilino non ha ancora risposto alla mia vecchia domanda.
«Non mi hai ancora detto cosa ci facevi nella mia proprietà.»
Il Tè che stava sorseggiando gli va quasi di traverso alla domanda improvvisa. Ridacchio mentre tossisce, ma quando si riprende non sembra molto disposto a parlarne.
«Era una domanda amichevole, non ho intenzione di farti arrestare, anche se dovrei.»
«Davvero?» Mi guarda poco convinto e sospira.
«Davvero» affermo io, convincente.
Tace per un po', lo lascio bere la sua tazza in tranquillità mentre io mi appoggio ad un ripiano, le braccia conserte. Per perdere tempo gioco con un piccolo timer a forma di mucca, del tutto inutile dato non cuciniamo. Anche se sapessi farlo, temo sarei una frana.
Dopo un po', finalmente, Sirius si decide a parlare.




Note dell'autore
Il traguardo del quinto capitolo è stato raggiunto!! *suona trombe a festa per la lunghezza apocalittica* Ed eccoci qua col proseguio della precedente scena, dopodichè forse capiremo le intenzioni dell'idiota sbarcato in casa Rachele... ma questo ovviamente, nella prossima puntata xD Slogan da fiction a parte, spero vi sia piaciuto, presto le cose si faranno un po' più movimentate e interessanti e magari incontreremo nuovi personaggi /hehehe/
Grazie a tutti quelli che mi leggono! Sentitevi liberi, come sempre, di lasciarmi un commento, per me è importante sapere i vostri pareri!
Un saluto e al prossimo capitolo!
  
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