(S)He.
In your…life
Non
appena Elena mise piede nel piccolo bar, l’uomo dietro il bancone la salutò
come se la conoscesse da tempo.
«
Marinato anche oggi? », le domandò con un’aria divertita, passando uno
straccetto sul bancone. Lei gli sorrise debolmente prima di scandagliare con lo
sguardo ad uno ad uno i tavolini in cerca della persona che doveva incontrare.
Una
fitta le trafisse il petto non appena vide se stessa seduta ad un tavolino
appartato. Si sentì come fosse morta. E forse doveva esserlo davvero, si trovò
a considerare rabbrividendo. Anche se questo non spiegava certo il perché il
suo spirito, anziché andare nell’aldilà, fosse bloccato nel corpo di un altro.
Prese
un grosso respiro e avanzò, guardando i suoi stessi occhi fissarla ad ogni
passo, finché si lasciò cadere sulla sedia, stremata come se avesse appena
affrontato una maratona.
Fu
come riflettersi allo specchio, solo che la figura davanti a sé compiva gesti
diversi dai suoi, che lei non poteva manovrare. Fu in quel preciso istante che
le venne in mente la lezione che aveva spiegato la sua professoressa di
italiano il giorno prima. Considerò che Pirandello, con il suo dramma del vedersi vivere, aveva anticipato
perfettamente ciò che lei ora stava provando.
L’espressione,
quella invece, doveva essere la stessa che aveva lei in quel momento. Stupore,
rabbia, terrore, le vedeva alternarsi una dopo l’altra tra quei lineamenti che
conosceva fin troppo bene.
«
Cosa vi porto? », il barista interruppe quella silenziosa contemplazione,
lanciandole uno sguardo di complicità. Elena storse la bocca in una smorfia e
con la sua nuova voce si apprestò a chiedere un caffè. Il tizio la guardò
stupito dell’ordinazione ma non disse nulla.
«
Di solito ordino un cappuccino », le spiegò la figura che aveva di fronte.
Sentire
la sua stessa voce stranamente non le diede così fastidio, come credeva. Aveva
sempre pensato di avere una pessima voce, tant’era che quando la registrava per
poi riascoltarla, le veniva voglia di strapparsi le orecchie.
Il
signore portò il suo caffè e si defilò, ma non prima di lanciare una rapida
occhiata al davanzale della persona che gli stava di fronte, ovvero al suo.
Allora Elena dovette trattenere un urlo accorgendosi di un dettaglio, non così
poco trascurabile per lei.
«
Di solito io indosso il reggiseno sotto i vestiti », piagnucolò mettendosi le
mani tra i capelli, disperata.
Aveva
lasciato cadere il fatto che il suo viso non fosse minimamente truccato e che i
suoi capelli non fossero stati spazzolati adeguatamente ma ciò che più le fece male
era il pensiero che Luca avesse visto ogni particolare intimo del suo corpo e
questo le faceva venire una gran voglia di seppellirsi viva.
«
No, no, no », si lagnò, battendo i piedi per terra.
«
Vuoi finirla di comportanti come… », Luca si bloccò
in cerca della parola esatta, « come una ragazza? » concluse guardandosi intorno.
Elena
si accorse solo in quel momento come tutti i presenti si fossero girati a
guardare. Doveva dare proprio spettacolo la vista di un ragazzo che piagnucola
come una femminuccia.
«
Scusa », mormorò abbassando lo sguardo,
vergognandosi come una ladra.
Il
problema era che non poteva certo non comportarsi come una ragazza, visto che
fino a quella mattina lo era stata.
«
Senti », continuò Luca appoggiando i gomiti sul tavolo, « dobbiamo trovare un modo… una soluzione a tutto questo ».
Certo,
peccato che ad Elena non venisse in mente nulla, ma nonostante ciò finse
ugualmente di pensare, appoggiando una mano sotto il mento. Una balla di fieno
che rotola solitaria: avrebbero trovato questo se le avessero aperto il
cervello in quel preciso istante.
«
Allora? ».
Elena
scosse la testa e lo guardò in malo modo. Come pretendeva che avesse già una
soluzione in così poco tempo?
«
Dai, insomma, devi sapere come fare. Sei tu quella intelligente…
».
Non
era certo il momento di sentirsi lusingata da quello che Elena aveva
interpretato come un complimento, ma non potette fare a meno di gioirne un
pochino dentro di sé. Luca la reputava intelligente. Sì, a scuola andava bene,
certo, meglio di lui, ma non avrebbe mai immaginato che se ne accorgesse.
Sembrava sempre fuori dal mondo, come se tutto ciò che lo circondava non gli
importasse o, semplicemente, non fosse alla sua altezza.
Pensandoci
bene però, Luca non doveva considerarla proprio alla sua altezza, visto che
quella era stata la discussione più lunga e articolata che i due avessero mai
avuto prima di allora e solo perché non avevano altra scelta…
«
Oddio… », disse sbarrando gli occhi.
Luca
si mise immediatamente in posizione d’ascolto, attento a qualunque cosa lei
stesse per dire.
«
Credo di dover fare pipì », concluse imbarazzata incrociando le gambe.
Lui
sospirò, alzando gli occhi al cielo. Non era certo quello che voleva sentire.
Elena
sapeva che la situazione non doveva essere affatto buona, nemmeno per lui, però
un po’ di comprensione non sarebbe guastata.
«
Emh… », tossicchiò Luca, « Mi raccomando la distanza… ».
Si
alzò sbuffando, esattamente come avrebbe fatto qualunque ragazza infastidita e
andò verso la toilette. Quasi l’abitudine non la fece entrare in quella delle
donne, ricordandosi poco dopo di essere attrezzata in modo tale da essersi
guadagnata l’altra porta: quella con l’omino senza gonna.
Per
sua fortuna non c’era nessun’altro. L’unica cosa positiva di essere un uomo:
non dover fare una fila chilometrica per andare in bagno.
Non
seppe se essere più disgustata per la vista dell’orinatoio che aveva di fronte
o se per il fatto di dover prendere in mano il suo nuovo inquilino al piano di
sotto.
Il
fatto di non poter sedersi era un grave ostacolo. Lei, che non riusciva nemmeno
a farla se il bagno era “alla turca”. Fu lì per lì per cambiare idea e tornare
indietro ma poi prese un coraggio che nemmeno sapeva di possedere e ci riuscì.
Era persino stato più facile di quello che pensava, tanto che scoppiò a ridere
da sola, come un’idiota.
Dopo
essersi lavata le mani più del necessario, tornò di là ma Luca non c’era più.
Per un attimo il cuore le salì in gola.
Davvero
se n’era andato lasciandola da sola?
Quando
lo vide uscire dal bagno delle donne il suo viso divenne una maschera di cera.
Quasi avrebbe preferito si fosse dato alla fuga.
I
due si guardarono imbarazzati, senza sapere cosa dire.
Elena
provò ad aprire bocca per poi richiuderla senza dire una parola.
«
Andiamo », suggerì Luca, precedendola.
Camminarono
uno vicino l’altro ma non si rivolsero nemmeno una parola come fossero due
perfetti sconosciuti. E in effetti lo erano, si ritrovò a riflettere Elena.
Cosa
sapeva di Luca? Non molto. Potevano anche conoscere i rispettivi corpi adesso,
ma niente di più.
In
altra circostanza le sarebbe sembrato un sogno camminare accanto a lui,
marinare la scuola e passare l’intera giornata insieme, ma in quel momento le sembrò
di stare vivendo più un incubo ad occhi aperti.
L’aria
fresca della mattina non le dava fastidio. Il corpo di Luca era confortevole e
caldo, molto più del suo. Elena aveva una pelle molto delicata e spesso il
freddo le feriva le mani e le labbra. Adesso le sembrava di poter camminare
anche senza vestiti, senza beccarsi nemmeno un raffreddore.
Presero
la metropolitana. C’erano
molti posti liberi accanto a suo ma Luca preferì sedersi di fronte, lontano da
lei. Poggiò la testa al vetro e chiuse gli occhi, come se stesse dormendo e
come se lei non esistesse. Un moto di rabbia colse Elena. Chiuse le nocche in
due pugni per cercare di trattenere l’ira e la forza che le scorreva attraverso
le vene. Odiava che Luca riuscisse ad essere così criptico…
così Luca anche quando era Elena.
Nel
momento in cui il treno dall’altro senso incrociò il suo, lei sobbalzò
visibilmente, vedendo riflesso il volto di Luca nei grandi vetri scuri. Era
patetico: adesso la intimidiva anche il suo riflesso! Decise quindi, di
concentrarsi sul proprio corpo e, per la prima volta in vita sua, si stupì di
trovarsi così bella. O forse era Luca che riusciva a riflettere dall’interno il
suo fascino anche su di lei?
Quando
arrivarono a casa, la stessa nella quale si era svegliata qualche ora prima, un
brivido attraversò la schiena di Elena.
Erano
soli.
Sentì
il panico attanagliarle la gola, esattamente come si sarebbe sentita se Elena
fosse stata nel proprio corpo. Vedere la sua figura, controllata da Luca,
compiere anche i più semplici gesti (come deporre le chiavi in un posacenere)
in quell’ ambiente che non conosceva le fece azzerare la saliva in bocca.
Rispetto
a quella mattina, ebbe il tempo di osservare con più attenzione i dettagli e
sul mobile all’entrata, si fermò ad guardare alcune fotografie. Erano tutte
foto di qualche anno fa. Nessuna recente, eppure distinse il piccolo Luca
ritratto in una, abbracciato ad un ragazzo di qualche anno più grande.
«
E’ mio fratello. Federico », spiegò Luca, apparso improvvisamente alle sue
spalle.
Non
ci volle molto per Elena a collegare di avere già avuto il piacere di fare la
sua conoscenza quella stessa mattina.
Avrebbe
voluto chiedergli dove fossero i suoi genitori, come si chiamavano, che lavoro
facessero ma si trattenne dal farlo e aspettò che fosse Luca a parlargliene. Ma
ciò non avvenne. Era evidente non la volesse nella sua vita, nemmeno adesso che
Elena c’era dentro con tutte le scarpe.
In
ogni caso Elena fece le sue deduzioni. L’appartamento dove viveva Luca era
piccolo e poco curato. Un piccolo disimpegno all’entrata collegava a destra la
cucina, a sinistra le due camere da letto e di fronte si trovava un piccolo bagnetto. Tutto ciò le fece
presupporre che vivesse da solo con suo fratello.
«
Hai fame? », le domandò Luca rompendo il silenzio, mentre Elena prendeva posto
in cucina.
«
No, grazie », disse distendendo le lunghe gambe sotto il tavolo.
Il
suono del suo cellulare, poggiato sul tavolo, la distolse dai suoi pensieri.
L’abitudine la portò a premere il pulsante verde prima che si accorgesse di non
poter certo rispondere.
“Pronto,
pronto”, sentì la voce della sua amica Monica dall’altro capo del telefono che
la reclamava.
Dopo
aver tirato un grosso sospiro passò il cellulare a Luca.
«
Pronto? ». Luca rispose non prima di aver portato gli occhi al cielo.
«
Già. Stamattina non stavo tanto bene… », giustificò
la sua assenza.
«
La festa di Paolo, dici? », domandò ad alta voce perché anche Elena potesse
sentirlo. Lei gli fece cenno di “no” con l’indice.
«
Sì, certo », rispose invece Luca, forse troppo desideroso di mettere a tacere
la sua amica.
Elena
lo guardò torva. Non sarebbe andata a quella festa nemmeno se fosse stata in
lei, figuriamoci in quel modo.
«
Come pensi di andarci così? », tuonò
non appena Luca concluse la conversazione.
«
Si dia il caso », le rispose lui con odio, « che prima di sabato io sarò
nuovamente nel mio corpo, intesi? ».
Elena
riuscì a sentire tutto il suo disprezzo mentre pronunciava quelle parole.
Ciao ragazze (c’è qualche ragazzo all’ascolto?)
Se siete arrivate sin qui vuol dire che avete letto ben 2 capitoli di questa storia. Come me la sto cavando? Vi piacciono i personaggi?
Ringrazio mao18
per essere stata così gentile da commentare. Spero di poter leggere altre
recensioni nei prossimi giorni.
A presto,
Eli