Peter
portava spesso la gonna, i tacchi, le calze. Usava gli
smalti per unghie dai colori più vivaci e si truccava meglio
di molte donne,
oltre a riservare ai suoi capelli un’attenzione spropositata. Si depilava tutto, e anche
i suoi movimenti
richiamavano molto quelli di una ragazza.
E per quanto cercasse di negarlo, Martin trovava tutto questo
schifosamente
attraente. Non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno quando il suo
corpo forniva
evidenti prove a favore di ciò.
- Per fortuna avevi la chitarra per coprirti… -
sussurrò Peter al suo orecchio,
una volta rientrati nel backstage dopo
il concerto. – Povero piccolo Sweet, che non
riesce a controllarsi -.
Martin fu scosso da un brivido quando il biondo gli
mordicchiò il lobo. Lo
odiava con tutto sé stesso, perché si divertiva a
provocarlo senza poi dargli
alcuna soddisfazione. – Vaffanculo, London -.
Non erano mai andati a letto insieme. Certo, qualche volta si erano
scambiati
qualche bacio in svariate parti del corpo, ma non avevano mai fatto
nulla sul
serio. Non che lui fosse gay, ovvio, ma a volte sentiva un
irrefrenabile
istinto di prendere Peter, sbatterlo sul pavimento e scoparlo tanto a
lungo da
farlo piangere. Era una scena che si ripeteva spesso nella sua testa,
quando
calava la notte e la mente viaggiava verso la lussuria. Sognava anche
le donne,
anzi, molto spesso erano donne, ma a volte era Peter.
- Era per via di quella ragazza dai capelli rossi in prima fila, vero?
– lo
provocò il biondo. Non c’era nessun altro nel
backstage, Eric e Simon dovevano
essere già usciti per gli autografi, e Peter gli camminava
lentamente attorno
come un gatto randagio, accarezzandogli i capelli.
Martin deglutì. Stavolta sembrava avere intenzione di fare
le cose sul serio. –
Uhm… non proprio – rispose, ricambiando goffamente
il sorriso malizioso di
Peter, avrebbe provato in tutti i modi ad evitare che fosse lui a
condurre le
danze.
- Ah, no? E allora cos’è stato ad eccitarti
così tanto? – continuando a stargli
addosso, gli sfiorò le cosce. Martin arrossì.
– Una certa biondina – rispose,
rimarcando la desinenza femminile.
- Oh, bionda dici? – Peter mormorò avvicinandosi
ancora di più a lui, facendo
quasi aderire i loro toraci. – E com’era vestita
questa bionda? -
In quel momento, Martin non voleva fare altro che proseguire con quel
gioco
perverso. – Aveva indosso una gonna, con dei
leggins… zebrati – sussurrò,
abbassando lo sguardo lungo il corpo di London per accertarsi che
indossasse
ancora suddetta mise. – E una maglietta strappata... ha mosso
il culo per me
per tutta la sera -.
Peter sorrise mordendosi un labbro ed azzerò la distanza tra
loro facendo
incontrare le loro bocche in un bacio profondo, costringendo le sue
labbra a
dischiudersi. Seppure avessero sperimentato diverse volte una cosa del
genere, Martin
era sicuro di non averlo mai baciato in quel modo.
Fece scorrere le mani attraverso i suoi capelli biondi e poi lungo la
schiena,
fino ad arrivare alle sue natiche. Le strinse fra le dita,
costringendolo ad
appoggiarsi contro di lui per non perdere l’equilibrio. Peter
gemette nella sua
bocca, mandandolo fuori di testa: era davvero bravo a provocare.
Sentì la sua erezione premere contro la propria attraverso
la stoffa e d’istinto
gli alzò la gonna fino all’ombelico, per poter
infilare una mano nei leggins
zebrati. Le loro bocche erano incollate e, forse per la prima volta,
entrambi
provavano davvero il desiderio di proseguire.
Erano sul punto di svestirsi e farlo sul pavimento, quando il loro
idilliaco
momento fu interrotto.
- Che cazzo state facendo? -
Simon, visibilmente ubriaco, aveva aperto la porta del backstage, con
una
bottiglia di Jagermeister in una mano e un paio di slip da donna
nell’altra. I
due si staccarono immediatamente e Peter risistemò la gonna,
schiarendosi la
voce. – Fatti i cazzi tuoi -.
- Uscite dai, la gente mi chiede che fine avete fatto – li
invitò il cantante,
appoggiandosi allo stipite della porta. Martin giocherellava con il
colletto
della propria t-shirt, imbarazzato come non lo era mai stato.
C’era stato
qualcosa di differente rispetto alle volte in cui lo avevano fatto per
gioco.
Concentrandosi per far sparire il rossore alle guance, diede
l’impressione di
avviarsi verso la porta. – Vai pure tu, arriviamo tra un
attimo -.
Non appena Simon fu uscito dalla stanza, si voltò nuovamente
verso Peter con
sguardo famelico. Non era intenzionato a lasciare quella stanza senza
averlo
sistemato per le feste. Con sua grande disappunto, però,
Peter non diede alcun
segno di voler andare avanti e, anzi, si incamminò in
direzione di Cruz. –
Andiamo -.
Deluso, Sweet lo
seguì con sguardo
basso. Prima di uscire però, Peter gli alzò il
mento con due dita e sussurrò
praticamente sulle sue labbra – E comunque, non era per te
che muovevo il culo.
Non ho certo bisogno di questi espedienti per rigirarti come mi pare -.
Gli leccò
la guancia prima di voltarsi e proseguire verso il corridoio.
NOTE DELL'AUTRICE: Peter London è una troia, ma gli vogliamo bene anche così.