CAPITOLO 15
«Perché ascolti canzoni che
dicono “l’inferno non è un cattivo posto dove stare”? Sono orribili.» sentenziò
Psyche rivolta a Derek il quale alzò ulteriormente il volume del lettore CD
della sua macchina.
«Non sono orribili! E poi
lo fanno per darsi un’immagine, non perché lo pensino.»
rispose.
«Io rimango del parere che
sono orribili, e tu, in quanto protettore di demoni, dovresti essere il primo a
odiarli.» replicò lei.
«E invece mi piacciono,
qualcosa in contrario?» domandò Derek voltandosi per un momento a guardarla.
Psyche non rispose e si
voltò a guardare fuori dal suo finestrino. Stavano in viaggio da circa un’ora,
ma Derek si era rifiutato di dirle dove la stava portando, sperava solo che
fosse un posto tranquillo e che non incappassero in altri cacciatori. Aveva
ancora addosso la paura di due settimane prima e probabilmente era quello il
motivo per cui Derek la stava portando lontana dalla città: per farla rilassare
e per dimenticare l’accaduto.
«A che stai pensando?» le
domandò lui dopo parecchi minuti di silenzio.
«A niente.» rispose lei
cercando una posizione più comoda sul sedile; la cintura di sicurezza le dava
una tremenda sensazione di trappola e si dimenava come una bambina
piccola.
«Ti ho detto che non devi
più pensarci.» replicò Derek leggendo tra le righe.
Psyche gli rivolse uno
sguardo viola e penetrante «A volte mi chiedo se sai leggere nella mente come
Subconscio…» disse.
«Non serve essere una ninfa
infernale per capire che il tuo niente significa cacciatori. E comunque speravo
che l’avventura ti avesse dimostrato la mia abilità di protettore: speravo non
avessi più paura quando sei con me.» disse Derek con un mezzo sorriso stampato
in faccia. Psyche sorrise, fu il suo primo sorriso. Derek fu felice di essere
riuscito a scioglierla un po’.
«Fra quanto arriviamo?»
chiese lei tornando a guardare fuori dal finestrino.
«Ci siamo quasi. Ancora
dieci minuti e poi potrai toglierti la cintura.» rispose lui ridendo. In realtà
sapeva che l’unica cosa che manteneva Psyche nella macchina era proprio quel
pezzo di stoffa duro che l’appiccicava al sedile: era una fortuna che non
sapesse come si mettesse e si sfilasse.
«Come fate a rimanere
legati con questa cosa senza impazzire?!» chiese Psyche che non riusciva a
mettersi comoda.
«Pensiamo che se non
resistiamo a tenerci la cintura ci arriva una bella multa. I soldi sono un
ottimo deterrente.» rispose Derek con semplicità. Psyche non sembrò soddisfatta
della risposta, forse sperava in qualche trucco per non sentirsi intrappolata
dietro la fascia e che le impedisse di sclerare.
«Rilassati…è l’unico modo
per non sentirla.» le disse lui mentre svoltava in una stradina laterale. Psyche
cercò di distendere i nervi, ma i suoi occhi stavano diventando di un giallo
sempre più arancio.
«Arrivati!».
«Era ora…» commentò Psyche
schiarendo gli occhi «Toglimi quest’affare di dosso!».
«La gentilezza che non hai
mai avuto…» decretò Derek «Ecco fatto: sei libera.».
Psyche non se lo fece
ripetere due volte e in men che non si dica balzò fuori dall’auto. Erano in un
paesino marittimo, si sentiva l’odore di mare a miglia dalla riva e i gabbiani
che starnazzavano in cielo lasciavano pochi dubbi. Psyche si voltò verso Derek
«Perché siamo qui?».
«Perché voglio che ti
distrai e che ti rilassi – come pensava – e perché è estate e d’estate si va al
mare.» disse lui chiudendo la macchina e avviandosi per una
stradina.
Psyche sorrise felice
seguendo Derek che la stava scortando alla spiaggia e che canticchiava canzoni
da vecchio marinaio per darsi un tono.
«Sei stonato.» disse lei
per il puro gusto di farlo arrabbiare.
«Comcomecossa??» esclamò
lui avvicinandosi a lei come per riuscire a sentire meglio «Come sarei
io??».
«Stonato.» disse lei
allontanandosi da lui temendo vendetta.
«Ti do 10 secondi per
ritrattare tutto o è meglio che ti metti a correre.» l’avvisò
Derek.
«Sei stonato!» ribadì
Psyche cominciando ad aumentare il passo e finendo con il correre per scappare
da Derek che aveva cominciato a rincorrerla assetato di
vendetta.
L’acqua era
piacevolissimamente calda e le onde che si infrangevano sulla spiaggia le
bagnavano dolcemente le caviglie. Era rilassante e il rumore dell’acqua
contribuiva a distenderle i nervi. Derek la osservava seduto su uno scoglio,
stando ben attento a non perderla di vista: essendo lontani da casa la sua aura
era rintracciabile dai cacciatori che sarebbero potuti apparire in ogni momento
e questa era l’ultima cosa che desiderava, portare Psyche a rilassarsi per
trovare la fonte delle sue paure non sarebbe stato il massimo. Ma poteva
succedere. Meglio stare attenti.
«Perché mi fissi?» gli
chiese la ninfa voltandosi a guardarlo. Per un momento ebbe un tuffo allo
stomaco per il colpo, era così concentrato nei suoi pensieri che la voce di
Psyche lo aveva totalmente preso alla sprovvista.
«Non ti fisso, ti tengo
d’occhio. Non si sa mai…» rispose.
«Se hai paura che scappi
ancora perché mi porti in giro?» domandò ancora lei.
«Perché spero vivamente che
tu non lo faccia, ma non mi fido al 100%: sei sempre un demone.» disse Derek
facendole posto sullo scoglio.
«Se hai paura che scappi
allora starò qui, così mi terrai d’occhio senza fissarmi.» sentenziò Psyche
sedendosi accanto a lui.
«Ti piace il posto?» le
chiese speranzoso di essere riuscito nel suo intento.
«Molto. E’ rilassante…e poi
mi piace l’acqua.» rispose lei facendo dondolare i piedi, quasi si sentisse in
imbarazzo.
«Strano…pensavo che ai
demoni piacesse il fuoco…o forse è vero che gli opposti si
attraggono?».
«Credo sia per quello:
l’acqua completa il fuoco. Forse mi sento completata
dall’acqua.».
«E a che stai pensando,
ora?» domandò ancora Derek.
«Al mare.» rispose Psyche
alzando lo sguardo verso di lui per vedere se ci credeva o meno. Un arcobaleno di colori invase le iridi
della ninfa facendole sembrare di vetro.
«Facciamo progressi, da
niente a al mare…vuol dire che ho avuto l’idea giusta.» commentò Derek
sforzandosi di distogliere gli occhi da quelli di Psyche che gli avevano fatto
contorcere stranamente lo stomaco.
«Grazie.» bisbigliò la
ninfa vergognandosi di quella parola che aveva appena
pronunciata.
Per la seconda volta Derek
si voltò a guardarla e suo malgrado sentì di nuovo il suo stomaco contorcersi
nel fissare gli occhi multicolori di Psyche che lo fissava silenziosa e non
seppe come, ma un secondo dopo la stava baciando. Un bacio lungo e dolce, senza
motivo. Quando si staccarono Psyche lo guardava interrogativa. Voltò il viso
dall’altra parte carico di imbarazzo e sensi di colpa. «Scusa…non so che mi è
preso.» disse rifiutandosi di tornare a guardarla in
faccia.
«Non è successo niente.»
decretò lei calma togliendosi la sabbia dai piedi e rimettendosi le scarpe
«Torniamo a casa.».