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Autore: Severa Crouch    20/04/2012    2 recensioni
Questo è un altro spin-off de l'Orizzonte degli Eventi e parte da una frase dell'epilogo: “Alice ricordava, come fosse ieri, l'estate dopo la fine della guerra magica, fu la prima estate di vacanze dopo tanti anni. Alice e Severus viaggiarono molto e trascorsero alcuni giorni nel Wiltshire, lì decisero di sposarsi.”.
Mi son detta perché non mettiamo i nostri due in giro per il mondo (o almeno per la Vecchia Europa) alle prese con qualche avventura -disavventura magica che possa cementare il loro rapporto? (come se 24 anni passati insieme non fossero stati sufficienti..). Dedicata ai lettori che hanno amato la mia Alice. :-)
Ho fatto qualche casino aggiungendo il prologo e spostando i capitoli.. spero che lo recuperiate dal menu!
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'orizzonte degli eventi'
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Quarta tappa: l'Antica Grecia


L'odore del mare inebriava le narici abituate al clima continentale. Il calore del sole di giugno riscaldava la pelle, spesso costretta sotto spessi abiti e nel chiuso delle stanze. Gli occhi faticavano ad abituarsi alla luce solare, amplificata dal bianco delle piccole abitazioni squadrate. Se c'era un posto in cui si poteva assaporare la libertà, quello era la Grecia.

Alice inspirava profondamente l'aria salmastra, il caldo di inizio estate era estremamente piacevole, specie per chi aveva passato il lungo rigido inverno di una Hogwarts sotto l'influsso dei Dissennatori.

Dell'antica città di Micene restavano solo le imponenti rovine, la Porta dei Leoni, le mura poderose, l'acropoli della città, il palazzo ed un labirinto sotterraneo di tombe riservate alle più alte cariche della società micenea.

A quanto ne sapevano i Babbani la città era scomparsa da secoli, ne residuava un centro archeologico di fama mondiale. Tuttavia, i maghi, che nell'antichità svolgevano il ruolo di sacerdoti, mettendo le Arti magiche al servizio della collettività, avevano ricreato l'antica città nei dintorni della vecchia acropoli.

Immersa nella macchia mediterranea e protetta da incantesimi, conformemente allo Statuto di Segretezza, la nuova Micene appariva come un grazioso villaggio greco costruito secondo i dettami dell'architettura classica.

L'impressione che la società magica non seguisse la stessa evoluzione di quella Babbana era evidente a qualsiasi mago, tuttavia la sensazione che a Micene il tempo si fosse fermato all'epoca dei miti e degli eroi era più forte che altrove.

Severus, che aveva dovuto quasi trascinare Alice, perché desistesse dall'idea di concedersi una giornata di ozio al mare, fu sollevato nel vedere come la sua compagna cambiò immediatamente proposito non appena vide le ordinate vie cittadine e la splendida Agorà, da secoli cuore pulsante della Micene magica.

L'attenzione di Alice fu catturata da uno splendido edificio di pianta rettangolare, circondato da colonne doriche, il cui lato principale era sormontato da un timpano finemente scolpito con scene della mitologia. Si chiese se i maghi greci fossero ancora devoti alle divinità dell'antichità.

Le si avvicinò un giovane, che indossava uno splendido chitone bianco e le disse: “Buongiorno, forestieri. Da dove venite?”
Alice osservò il giovane e pensò che le leggende sul fascino dei Greci avessero un fondamento: il corpo del ragazzo era modellato dalla pratica sportiva e il clima estivo aveva dato un colorito sano alla carnagione. Al cospetto, lei e Severus sembravano due malati appena usciti da un ospedale. “Dall'Inghilterra” disse Severus con il tono di chi non gradiva fare conversazione.

Alice approfittò della cordialità di quel giovane affascinante e gli chiese: “Guardavo il tempio, mi chiedevo se siete ancora devoti alle divinità dell'epoca antica o è solo un monumento che ricorda il vostro passato”. Il giovane rise, trovava i turisti estremamente divertenti, specie i maghi nordeuropei, perché bastavano una fila di colonne e un timpano su un edificio e loro erano convinti di trovarsi innanzi ad un tempio. “Madame, quello che sta osservando non è un tempio, è semplicemente la nostra biblioteca!”

Alice non riusciva a credere alla figuraccia che aveva appena fatto, dietro di lei Severus tratteneva le risate: il giovane greco l'avrebbe visto imperturbabile come sempre, ma la piega della sua bocca, quella particolare inclinazione dell'angolo sinistro, lei sapeva bene che significava che dentro di sé lui si stava sbellicando dalle risate.

Il ragazzo sorrise gentilmente: “Non si preoccupi Madame, tutti i visitatori cadono nel suo stesso errore di valutazione. Il mio nome è Eracle, per servirla”.

Alice rimase colpita dalla gentilezza del giovane, balbettò: “Piacere, mi chiamo Alice e lui è...”, “...Severus Piton” intervenne Severus, che adesso non rideva per nulla, anzi aveva un'espressione piuttosto seria.

“In Grecia diamo molta importanza all'ospitalità. Durante il vostro soggiorno, per noi Micenei, sarà un grande piacere la vostra gioia e il vostro benessere. Non esitate a chiedere qualsiasi cosa possa recarvi conforto, faremo il possibile per soddisfarla”. Il sopracciglio di Severus si alzò ed Alice capì che lui era perplesso e che questa gentilezza lo rendeva diffidente. In realtà era risaputo che i Greci fossero un popolo molto ospitale, pertanto Alice non trovò nulla di strano nelle parole di Eracle e chiese dove si trovasse la locanda “Perseo”, che portava il nome dell'eroe che secondo il mito aveva costruito le mura dell'antica Micene.

Eracle accompagnò personalmente i due Inglesi alla locanda e si congedò con un baciamano che fece arrossire Alice e la cui visione infastidì Severus.

Il proprietario della locanda, il signor Thanasis, era un allegro uomo di mezza età, magro e con pochi capelli rimasti attaccati ai lati della testa, ai quali dedicava moltissime cure. Secondo la moglie, che assisteva il marito nella conduzione della locanda, lui stesso era la causa della propria calvizie, soprattutto la pervicace ostinazione con cui continuava a spalmarsi ogni giorno una lozione curativa a dispetto della sua evidente inefficacia. I loro battibecchi rendevano l'ambiente familiare ed i turisti finivano per sentirsi a casa.
La vocazione al turismo e la tradizione ospitale del suo paese rendevano questa coppia molto incline a parlare con gli ospiti e dare suggerimenti affinché la vacanza fosse perfetta.

La locanda era in tipico stile greco: un ampio ingresso, arredato sui toni del bianco e del blu richiamava il mare, sulla destra il ristorante serviva ogni genere di prelibatezza che la cucina magica greca riuscisse a concepire. Al piano di sopra, le stanze per gli ospiti erano fresche e dotate di uno splendido terrazzino da cui entrava la brezza del mare poco distante. I bagagli erano già stati sistemati in camera ed Alice era alle prese con la sua guida turistica: c'era così tanto da vedere!

Di comune accordo, decisero di evitare il caos di Atene. La Capitale, infatti, aveva fama di essere una città caotica, polverosa e burocratica, dove per i maghi l'unico interesse era costituito dalla sede del Ministero della Magia.

Le cose realmente interessanti per i turisti maghi si trovavano, invece, nell'entroterra greco. Non era un mistero che gli dei abitassero sul monte Olimpo e si immischiassero di rado nelle faccende umane, allo stesso modo i maghi greci vivevano separatamente dal mondo dei Babbani: la Grecia era il paese con il minor numero di infrazioni allo Statuto di Segretezza Internazionale.

Il vero problema del Ministero della Magia era quello di tenere a bada le numerose Creature Magiche che abitavano i boschi dell'entroterra. In un paese costituito da boschi, monti e numerose isolette, la fuga di Ippogrifi, Manticore, Chimere e Minotauri era un enorme problema ed un pericolo sia per i Maghi che per i Babbani, che potevano finire tra le loro fauci.

Alice si stese sul letto, sentiva la ruvidità del copriletto in cotone grezzo contro il braccio, chiese a Severus: “Cosa ne pensi di Micene?”, lui si voltò con un sorriso sarcastico e imitando l'accento del giovane greco disse: “Che danno molta importanza all'ospitalità...” e continuando con il suo solito accento perfettamente inglese aggiunse: “...Forse troppa”.

“Sei geloso?” chiese Alice divertita. “Perché dovrei? Non sei mica diventata tutta rossa mentre quel giovincello ti faceva un baciamano” disse, cogliendola in fallo.
Alice lo guardò sorridendo, gli diede un bacio sulla guancia e, sarcastica come sempre, disse: “Almeno non ho distrutto la mia bacchetta!”

Severus alzò un sopracciglio e con un tono molto serio le disse: “Vuoi forse paragonare quel giovane ad una Veela?” Alice scosse la testa, avrebbero continuato a discutere di quel baciamano per tutto il soggiorno greco: “No, certamente, però devi ammettere che era affascinante. In ogni caso, domani saremo a Delphi, non vedo l'ora!”

Alice riprese a scorrere la guida turistica: gli scavi di Delphi erano imperdibili. La via sacra emanava una magia ancestrale, in grado di ricordarle i tempi in cui conduceva le ricerche per conto di Silente; inoltre, avrebbe incontrato la Pizia: il famosissimo oracolo di Delphi.

“Preferisco tornare a parlare del giovane greco, sai che non ho un buon rapporto con le profezie. Mi chiedo se non ti siano bastati tutti gli anni trascorsi in compagnia di Sibilla Cooman perché tu senta il bisogno di ascoltare un'altra ciarlatana”, esclamò Severus, per il quale il futuro era un argomento tabù e sapeva che l'ultima volta che aveva ascoltato una profezia la sua vita era finita sull'orlo del baratro. Non aveva alcuna voglia di correre un altro rischio. Severus era seduto sul bordo del letto, Alice si alzò e gli cinse le spalle con un abbraccio, sentiva la sua schiena calda e ossuta contro il suo petto, sussurrò: “Andrà tutto bene”.

Severus in cuor suo sentiva che non sarebbe andato tutto bene, che la Divinazione il più delle volte è ciarlataneria, però ricordava anche la sensazione di disagio che gli metteva Sibilla Cooman. Lei era stata la donna che aveva predetto la morte di Lily, che gli aveva reso palese l'abisso in cui si trovava e aveva indicato il varco per uscire. Ricordava le rare volte che la incontrava in Sala Insegnanti e di come ogni volta lei gli dicesse: “Non avere paura, Severus: l'amore e la felicità a cui aneli sono più vicini di quanto tu possa credere”. Quante volte aveva scambiato questa predizione per una proposta assolutamente fuori luogo e inopportuna? Gli ultimi tempi, quando la guerra si avvicinava, quelle predizioni e gli avvertimenti si erano intensificati. In qualche strano modo Sibilla Cooman lo aveva messo in guardia grazie alla sua Vista. Adesso, che era in viaggio con Alice e stava iniziando una nuova vita, riusciva a capire il senso di quelle profezie.

Il giorno seguente, Severus si avvicinò alla grotta in cui la Pizia dispensava i suoi oracoli con un misto di paura e preoccupazione, mentre Alice, al contrario, manteneva la serenità di chi spera di ottenere belle notizie: lei non aveva ancora conosciuto l'angoscia del futuro.

La penombra della grotta in cui si trovava l'Oracolo rievocava miti che si perdevano nel tempo. Da sempre gli umani hanno sognato di conoscere e controllare il futuro, fallendo miseramente ogni loro tentativo.

La Pizia era una sacerdotessa devota al dio Apollo, nonché un oracolo di fama mondiale. Attualmente era una donna minuta, con lunghi capelli scuri e una pelle olivastra, indossava una preziosa tunica di lino color porpora. Gli stati di trance avevano lasciato un corpo esausto, pieno di lividi per gli svenimenti improvvisi e un'aria stravolta. Severus notò la somiglianza con Sibilla Cooman nonostante l'evidente diversità d'aspetto con la sua ex collega: la vista del futuro era qualcosa di sconvolgente che lasciava tracce pesanti in coloro che avessero il dono, o la condanna, dell'Occhio Interiore.

Un soffio di vapore uscì da una fenditura del terreno ai piedi dell'Oracolo. La veggente inspirò profondamente il getto d'aria calda che ne scaturì. Severus deglutì e si accorse che anche Alice era scossa da un brivido di paura: iniziava a sentire il terrore del futuro.

Se vai avanti, morirai. Cambia strada e andrai avanti” disse la Pizia, la sua voce era innaturale, sembrava che una forza misteriosa ed estranea si fosse impadronita del suo corpo. Severus si sentì morire: non avrebbe mai dovuto acconsentire ad ascoltare questo oracolo, adesso un profezia di morte pendeva sulla testa della sua compagna.

La Pizia si avvicinò ad Alice, era ancora in trance, le porse qualcosa. Alice si vide offrire una melagrana e un bulbo di papavero da oppio, li prese e guardò attentamente questo dono, domandandosi il significato di tale gesto.

Uscirono dalla grotta scossi, confusi e preoccupati per quanto era stato appena predetto. Severus si avvicinò ed osservò i doni ricevuti da Alice. Alice disse: “Non capisco: la melagrana e il papavero da oppio sono simboli della dea Hera. Hera è la moglie di Zeus, protettrice del matrimonio e della famiglia, è anche famosa per le scenate di gelosia dovute ai tradimenti del marito. Cosa c'entra con me?”

Severus ripeté: “Se vai avanti, morirai. Cambia strada e andrai avanti. Che questa profezia sia legata ai doni?”

Alice era sempre più confusa: “Non saprei. La melagrana è simbolo di fertilità e abbondanza: è un simbolo positivo. Il papavero da oppio simboleggia la morte. Non riesco a collegare il tutto: forse non necessariamente morirò, forse dipenderà dalle scelte future”.

Severus strinse Alice, era preoccupato esattamente quanto lei. Dopo la guerra pensavano che tutti i problemi sarebbero finiti, che avrebbero potuto fare normalmente i turisti, eppure ancora c'era qualcosa che aleggiava sopra le loro vite, le disse: “Proviamo a dar retta alla Pizia, invece di andare a visitare il teatro, andiamo al mare: dopo questa profezia ti sei meritata una giornata di riposo, che ne dici?”

Alice guardò Severus con tenerezza, la premura di quell'uomo l'aveva colpita da subito ed era una delle molteplici qualità che l'avevano fatta innamorare perdutamente di lui, anche se loro non erano una coppia romantica: non camminavano mano nella mano come le coppiette di maghi in viaggio di nozze che incontravano nei loro viaggi, non passavano il tempo a sbaciucchiarsi come gli adolescenti; i gesti d'affetto li riservavano per i momenti in cui erano soli e non amavano condividere la loro intimità con il resto del mondo, così che agli occhi degli altri sembravano due amici o due colleghi, come lo erano stati per gran parte della loro vita.

Si avviarono lentamente verso il mare, svoltando a destra, lasciando il sentiero che si biforcava verso sinistra e conduceva alle rovine del teatro antico. La salita alla grotta era stata piuttosto faticosa, adesso si godevano la dolcezza della discesa e la splendida vista sul mare e sulle rovine sparse lungo il pendio della collina. Camminavano con la testa ancora persa nelle parole della Pizia, quando sentirono nell'aria una bellissima musica. Si fermarono per ascoltare quella melodia che aveva qualcosa di magico e terribile al tempo stesso.

Incuriositi da quel suono mai udito prima e che non sembrava riconducibile ad alcuno strumento musicale, si avvicinarono silenziosamente alla fonte di quella melodia.

Un'enorme Manticora era intenta a divorare un povero gatto, che aveva avuto la sventura di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lo spettacolo era ripugnante: la creatura aveva la testa d'uomo, il corpo da leone e la coda di scorpione. Alice chiuse gli occhi alla vista del volto umano che divorava avidamente quel povero gatto stretto tra le zampe da leone.

Le leggende sul canto delle Manticore erano vere: esse amavano cantare mentre divoravano le loro prede e il loro canto era celestiale.

Severus prese per mano Alice e silenziosamente come erano arrivati se ne andarono. Non si poteva rischiare di essere visti da una Manticora e sperare di sopravvivere all'incontro, il Ministero della Magia le segnalava come Creature Mortali, da XXXXX, poiché la loro pelle era in grado di resistere agli incantesimi dei maghi.

Alice si domandò se la profezia della Pizia non si riferisse proprio all'incontro con la Manticora: avevano progettato di visitare il teatro, poi Severus aveva proposto il mare, così avevano cambiato strada ed erano sopravvissuti.

Se vai avanti, morirai. Cambia strada e andrai avanti” le parole dell'oracolo sarebbero risuonate a lungo nella testa confusa di Alice e Severus.

Scossi dall'incontro con la Manticora, decisero di non rischiare oltre: la Grecia era un posto famoso per i brutti incontri con Creature pericolose, probabilmente per Hagrid sarebbe stato una specie di paradiso terrestre, ma loro non avevano la robustezza e la resistenza agli incantesimi del Mezzogigante. Convinti di seguire la profezia della Pizia, stravolsero i loro piani e partirono immediatamente, abbandonarono l'idea di andare in Italia e decisero che l'Egitto, regno delle Fenici e degli Ippogrifi, sarebbe stato un posto decisamente più tranquillo.

Sul traghetto che li portava verso il Cairo, Severus ed Alice ammiravano un bellissimo tramonto sul mar Egeo, che ricordava loro di essere vivi per un miracolo, o per una profezia.





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N.d.A.: Eccomi di nuovo qua! :-)
Scusate per il ritardo nell'aggiornamento: sono stata presa dalle altre due (!!) long che ho iniziato e che vi segnalo "Scacco matto" http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1032129&i=1 su vita e opere di François Draco Piton e "Come un satellite" http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1032410&i=1 su un nuovo OC, Kate Brownhil, compagna di corso di Barty Crouch jr.
Finito l'angolo pubblicitario, torniamo ai nostri due eroi. Li avevamo lasciati tranquilli a spasso per Praga, tra sinagoghe e concerti di Mozart e li ritroviamo che hanno rischiato di finire sbranati da una Manticora. Confesso che mi sto divertendo tantissimo a scrivere questi capitoli per lo studio e la ricerca dei miti che c'è dietro! :-D
Non so se Severus è IC nell'essere geloso in questo modo: di sicuro era geloso di James Potter e adesso che si è dichiarato con Alice penso che si faccia meno problemi ad esternare i suoi stati d'animo, con il suo solito sarcasmo. Tra l'altro Alice si conferma tutt'altro che una femme fatale, dato che l'unica volta che prova a rendersi interessante fa una figuraccia (con somma soddisfazione di Severus).
Allora, i riferimenti a Sibilla Cooman sono frutto delle idee strambe che mi mette in testa Charlotte McGonagall e i suoi crack pairing. C'entrando la Divinazione non potevo non mettere un riferimento a Sibilla, lo avevo previsto ma l'ho sviluppato un po'. Inizialmente doveva esserci un battibecco tra Alice che amava la Divinazione (memore delle notti passate con Sibilla disperata dal licenziamento della Umbridge - non pensate male, eh!) e Severus scettico. Charlotte mi ha fatto cambiare idea, mi ha aperto gli occhi su una possibile sensibilità di Severus alle profezie e il timore che provocano. Ho giocato sul fraintendimento della frase sulla vicinanza dell'amore e della felicità (immagino lo sguardo disgustato di Severus che rivolge a Sibilla credendo che lei si riferisca a se stessa e non ad Alice looool). 
Questo capitolo lo dedico a Charlotte per l'ispirazione su Sibilla Cooman e a Sbarauau che ieri sera si è rivelata (insieme a Charlotte) fonte di ispirazione sui miti greci (e poi perché una dedica se la merita senz'altro) <3
Un saluto ai lettori silenziosi, a Lulu_Herm che è una lettrice affezionata e alla mia mitica Austen95, che è meravigliosa!
Alla prossima
Severa_Sha :-)

 

   
 
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