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Autore: Haruakira    20/04/2012    4 recensioni
C' è una piccola cittadina americana e tante casette colorate, ci sono dei vicini che innaffiano le aiuole o affacciati alla finestre, poi ci sono altri vicini che si insultano per strada o attraverso le staccionate, piani di sabotaggio, telecomandi che volano fuori dalle finestre, papere giganti nel cortile della chiesa, poliziotti che mangiano ciambelle, meccanici con la passione per i film horror , farmacisti con la sindrome di Cupido, insegnanti che mettono in scena commedie teatrali come Otello e Giulietta... e molto, molto altro.
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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c. 2 il buon vicinato
Camus Grandier era sempre stato uomo assai colto e pacato. I più a dire il vero lo definivano gelido -e frigido- come una zitella.
Era un giovane meticoloso e preciso in tutto quello che faceva, amava la lettura e il teatro e odiava le chiacchiere e le perdite di tempo.
Ma le stelle, gli era stato evidente da quando era giunto in quella ridente cittadina, erano avverse perchè di chiacchieroni,  fannulloni e perdigiorno là ve ne erano di certo i campioni.
Ogni giorno finito il lavoro, Camus Grandier passava dalla pasticceria dei signori Rodrigues per fare incetta di calorico affetto.
Ogni giorno incontrava all' interno del locale il farmacista, il meccanico e a volte un paio di poliziotti.
Ogni giorno il farmacista lo invitava a sedersi un poco con loro per discorrere dei massimi sistemi del mondo conosciuto e ogni benedetto giorno Camus Grandier non aveva le forze di sottrarsi a quello sgradevole rito che lo faceva ritornare a casa con i nervi a fior di pelle, un po' per l' insistenza del suo invadente e autoproclamato amico, un po' per educazione in quanto sarebbe stato parecchio scortese rifiutare un tanto accorato invito.
Aphrodite era convinto infatti che fosse la missione della sua vita -chi gliela avesse affidata poi non si sa- e questione di vitale importanza informare l' intera cittadina di quanto avveniva. Se uno, per dire, voleva sapere quante volte Dhoko Liang si facesse la doccia allora doveva chiedere ad Aphrodite. Se uno, per dire ancora, voleva sapere se realmente la signora Robins avesse una tresca con l' idraulico e quante volte si vedevano, lo facevano ed eventualmente come e cosa si dicevano, allora bastava chiedere sempre a lui, tanto che Camus, per quanto fosse in parte ammirato da un simile talento spettegolatorio -e più volte si chiedeva come diavolo facesse quell' uomo a sapere tutto di tutti- da fare invidia ai servizi segreti mondiali, non poteva fare a meno di chiedersi perchè Aphrodite avesse aperto una farmacia e non invece una rivista scandalistica.
Avrebbe di certo fatto milioni a palate.
Era stato proprio il farmacista a dirgli che nel terreno attaccato alla sua casa avrebbero costruito una villetta ancor prima che iniziassero i lavori -o che più probabilmente lui, con la testa per aria che aveva, se ne accorgesse.
L' unica cosa in cui si era sbagliato era che quella non era una villetta, no, era un mostro edilizio tinteggiato nella maniera più assurda, con tonalità che andavano dal rosso all' arancione al giallo.
Persino i fiori erano una tale orgia di colori da diventare un pugno nell' occhio dell' ignaro passante.
L' effetto era ancora più sorprendente se quell' orgiastico obbrobrio veniva messo a confronto con la normalissima e assai anonima casetta che lo fiancheggiava. Era una casa bianca e grigia quella di Camus, con un piccolo giardino dall' erba rasa e ordinata e il viale ricco di ciottoli chiari che portava all' ingresso. Nulla era sporco o fuori posto, persino le foglie autunnali sembravano avere timore di entrare in quel santuario di assoluto ordine.
Camus era finito nella ridente città circa un anno prima, il giovane era infatti il rampollo orgoglioso di un' antica dinastia di ragionieri e affini.
Un suo stimato antenato fu il tesoriere fidatissimo di Filippo il Bello di Francia perchè sì, nel caso ci fosse ancora qualche dubbio, Camus era francese dentro, fuori e intorno.
Nella sua famiglia vigeva la tradizione che i figli ragionieri si spostassero in altre città, paesi e addrittura nazioni per colonizzare di volta in volta il territorio scelto con il loro sommo ingegno di ragionieri e accrescere in questo modo il prestigio della famiglia. Così suo nonno era emigrato in America e suo padre e i suoi zii avevano esercitato la sacra arte del numero in varie città, lo stesso avrebbero dovuto fare lui e i suoi fratelli. Il minore, Hyoga, un ragazzetto di quattordici anni, stava già venendo adeguatamente indottrinato, lui aveva scelto quella piccola città più per la vicinanza a casa che per altro, infine Degel, il maggiore di tutti, era finito a New York.
E qui c' è un problema perchè Degel faceva il professore.
E questo già era stato un colpo grosso in famiglia visto che il nonno per poco non lo diseredava,  papà Hugo non  si strangolava col caffè quando lo aveva saputo.  Il ragazzo era riuscito a salvare capre e cavoli solo perchè aveva promesso che avrebbe insegnato matematica ed entro la fine dell' anno si sarebbe sposato con una ragazza francese e avrebbero sfornato dei piccoli ragionieri.
La fine dell' anno era sempre più vicina ma ancora Camus non sentiva aria di matrimonio provenire dalla zona di New York. Iniziava a pensare che la parte di eredità sua e di Hyoga si sarebbe ben presto accresciuta.
Quando Camus tornò a casa trovò nella sua anonima cassetta postale una busta rossa con tanti piccoli scorpioncini dorati a far da cornice. Fece una faccia schifata e iniziò a massaggiarsi la pancia mentre rientrava nervosamente a casa.
Si tolse il cappotto, posò i dolci e la busta sul tavolo in cucina e si andò ad infilare un indumento più comodo, ovvero il pigiama. Fece capolino sull' uscio della piccola cucina un poco intimorito, sostò sulla soglia buttando uno sguardo al divano, tentato di abbandonare lì la busta e afferrare soltanto i dolci ma alla fine il suo senso del dovere e anche una buona dose di curiosità fecero il resto.
Camus scartò il pacchettino di dolci quasi con dispiacere perchè la signora Rodrigues usava dei nastrini davvero carini per abbellirli, ma come dice il proverbio "allo stomaco non si comanda".
Afferrò una pasta al cioccolato e tirò fuori il fogliettino che era all' interno della busta. In quel frangente, con gli occhi fissi sul folglietto e la pasta che gli otturava completamente la bocca in una posa poco epica, si domandò se fosse il caso di ridere o piangere. Ingoiò in fretta un pezzo di pasta tossicchiando per scoppiare infine in una sonora risata. Non aveva neppure più mal di pancia.
La faccia del suo vicino di casa troneggiava in posa figherrima -o per lo meno lo doveva essere secondo quel tizio che lui aveva già catalogato come deficiente visto che per Camus non era affatto così, tanto che il vicino gli pareva una scimmia che cercava di imitare Cleopatra sul sofà- su uno sfondo colorato, sotto a chiare lettere lo si invitava ad un party. Non ad una festa, ad un party, badate bene.
"Fossi matto!", pensò il francese prima di piegare l' invito per un paio di volte e gettarlo nel cestino della spazzatura in cucina, infine ritornò indietro per buttarsi comodamente sul divano e papparsi finalmente le sue adorate paste.

Kanon era arrivato di nuovo tardi a scuola, sempre per colpa del reverendo. Prima o poi, aveva deciso, gli avrebbe tirato il collo come a una gallina.
Se ne stava tornando a casa fresco fresco di un' idea geniale da somministrare al più presto al gemello quando passò nei pressi di casa Grandier senza, per dire la verità, notarla. Ciò che attirò la sua attenzione fu infatti la costruzione super figa che si ergeva al suo fianco. Quella casa era uno spet-ta-co-lo! Ti investiva in pieno con quell' esplosione di colori che sembrava catapultarti in un altro mondo. E poi era una casa per ricconi, si vedeva.  Sospirò ebete e si incamminò verso il supermarket ricordandosi che mancavano latte e farina, se non li avesse presi Saga non avrebbe potuto fare la torta e se Saga non poteva fare la torta se la prendeva con lui.
-Che palle- sospirò varcando la porta scorrevole. Due secondi dopo il suo cellulare squillò al ritmo di "Ai se eu te pego"
-E adesso che diavolo vuole?- si chiese affranto prima di rispondere- Ehi, Saga... che c' è? Che ti serve? Sì, sono al supermercato. Perchè sono già al supermercato... storia lunga, poi ti spiego. Va bene, yogurt greco... sì, lo so che è per la torta. Greco, ho capito. Non sono stupido!
Kanon chiudendo la chiamata pensò davvero che certe volte gli sembrava di essere sposato con Saga invece di esserne il fratello, la cosa personalmente, manco a dirlo, gli faceva paura assai, così tanta che non la augurava a nessun disgraziato. Neppure al suo peggior nemico.
No, forse a pensarci bene al suo peggior nemico sì.
Volendo se si impegnava poteva cercare di combinare un matrimonio, così non solo si liberava di suo fratello ma già che c' era avrebbe inflitto una dolorosa sconfitta al detto nemico. Ora doveva solo scegliere a quale dei suoi odiati avversari infliggere una così ria sorte.
Trotterellò soddisfatto verso i banchi frigo, ormai quel supermercato lo conosceva meglio di chi ci lavorava visto che il gemello lo trascinava ogni sabato mattina a fare la spesa. Adocchiò in lontananza l'ultimo scatolo di yogurt e si mise a correre non appena vide un' altra testa diretta nella sua stessa direzione direzione. Doveva averlo a tutti i costi altrimenti Saga avrebbe dato tutta la colpa a lui comportandosi come una pazza isterica.
-Mio!- gridarono i due contendendi afferrando nello stesso istante la confezione.
-L' ho visto prima io- ringhiò Kanon
-Ma io l' ho preso prima- ribattè l' avversario con il medesimo tono.
-Cazzate. L' ho preso prima io.
-Dimostralo- lo invitò a fare l' altro senza mollare la presa sullo scatolo.
-Che?! Ma sei scemo. Lascia questo dannato yogurt. Mi serve!
-Anche a me serve! Io mangio solo yogurt greco.
-E per questa settimana non te lo mangi.
-No!
-Ti ho detto che mi serve questo cazzo di yogurt... ho una moglie incinta a casa!- ululò Kanon
In quell' istante esatto il cellulare di Kanon squillò nuovamente:- Che c' è Saga? Non è il momento. Che ti serve?  Anche... ma cazz... e non potevi dirlo prima? Continua a parlare a rate mi raccomando.
Il ragazzo di fronte a lui rimase sorpreso lasciando la presa dallo yogurt, si umettò le labbra abbassando leggermente lo sguardo e rialzandolo subito dopo:- Certo che... hai una suoneria fighissima!
Kanon pescò un sorriso enorme, finalmente qualcuno che lo capiva:- Vero, eh?! Pensa che a mio fratello fa schifo.
-Non capisce niente. Vuoi sentire la mia?- il ragazzo tirò fuori il telefonino facendo partire "Tacatà" e iniziando a dondolarsi insieme a Kanon a suon di musica.
-Io la ascolto sempre, tu si che hai gusto. Ah- Kanon sembrò ricordarsi solo in quel momento di un particolare importante e tese la mano libera verso l' altro- piacere io sono Kanon Avèrof.
-Milo, piacere mio.
-Ah... quel Milo. Sì, sì, ora è chiaro, in effetti mi pare di averti già visto da qualche parte. Sì! Aphrodite ha un poster grosso così- e mimò il "così" con le braccia-  in farmacia.
-In farmacia? Bho... ormai non mi stupisco più di niente- e Milo in quel momento pensò alla ragazza che aveva fatto lo strip sotto casa sua o al maggiordomo che gli rubava le mutande per rivendersele su ebay.
-Senti, mi stai simpatico ma... a me lo yogurt serve veramente.- disse accorato Kanon stringendogli il braccio e guardandolo dritto negli occhi per comunicargli in maniera efficace quel veramente. Volendo visto che aveva lo yogurt in mano sarebbe potuto scappare a gambe levate verso la cassa -e lo avrebbe fatto se quel ragazzo non fosse stato così simpatico- ma non gli sembrava giusto in quel momento.
Milo sospirò:- E va bene, però vieni alla festa che organizzo sabato per inaugurare la casa.
Kanon annuì vivacemente e lasciò il suo numero di cellulare all' altro, non era mica scemo. Aveva la possibilità di vedere la casa dei suoi sogni e nello stesso tempo di mangiare a sbafo e fare un po' di casino giustificato, non si sarebbe fatto scappare l' occasione.
-Porta anche tuo fratello se vuoi- gli disse Milo prima di lasciarlo.
-Nha... meglio di no.
Adesso doveva tornare indietro e passare dalla farmacia perchè erano finite le supposte nel caso a qualcuno venisse la febbre. Lui le supposte ovviamente non le usava, se ci teneva che lo facesse quello stupido di Saga.


Quando Shion quel giorno mise piede in farmacia per comprare la boccetta di lassativi, chè era stitico di natura come sua madre e le sue zie, la prima cosa che fece fu quella di coprire gli occhi al figlio maggiore che lo aveva accompagnato, uscire camminando all' indietro e mollare Mu ad aspettarlo fuori un secondo perchè quello stava diventanto un luogo di perdizione.
-A... Aphrodite...
-Dimmi Shion. I lassativi vero?- e qui sorrise con la faccia di uno che la sa lunga.
Shion si schiarì la voce resistendo all' insana voglia di urlare come un ossesso.
La porta si aprì un pochino mostrando la testa bionda del figlio che pigolò:- Papà qui inizia a piovere.
Il giudice emise un urlo belluino fiondandosi a sbattere fuori il ragazzo:- Non ti muovere- gli disse attraverso il vetro.
Aphrodite dal canto suo aggrottò le sopracciglia nel vano tentativo di capire che diamine avesse il giudice. Del resto l' età probabilmente c' era e forse iniziava a uscire fuori di banana.
-Aphrodite- Shion fece la voce grossa guardandosi intorno con sdegno- ti potrei denunciare per queste immagini... pornografiche. Questa è una farmacia. Non puoi tenere immagini di gente nuda.
-Mi offendi, Shion. Queste sono foto artistiche, del Magnifico Milo per di più.
-Non me ne frega niente di chi sono! Tu le chiami immagini artistiche, io qua vedo solo cul... sederi al vento! Toglile. Toglile o ti faccio chiudere. Questa non è una farmacia ma un... un bordello, ecco!
Shion si richiuse la porta alle spalle con un tonfo rumoroso e indignato, era decisamente troppo pudico. Si scandalizzava per un semplice calendario. Ma allora che avrebbe fatto se avesse visto la sua collezione di giochi erotici?
Proprio pochi minuti dopo il giudice rientrò afferrando gli indispensabili lassativi. Una volta a casa proibì ai due figli di mettere piede nella farmacia di Brahe.


Shakira era andata a fare la spesa di buon mattino quel giorno, aveva visto due deficienti che litigavano per uno scatolo di yogurt, un  ragazzino sostare scioccato davanti ai dei giornaletti di  dubbia moralità, il medico del paese  dondolarsi indeciso nel reparto dei vini e infine un omaccione rigirarsi tra le mani due scatole di cioccolatini. Si avvicinò al tizio afferrando una confezione di cioccolata al latte a forma di cuore e mettendola nel proprio carrello. Ovviamente non era per Aiolia ma per sè.
Il tizio si voltò verso di lei con un sorriso gentile:- Lei è la moglie del signor reverendo vero?
Shakira assottigliò gli occhi chiusi diffidente e l' altro dovette notarlo in quanto, pensandola cieca, la rassicurò dicendo:- Sono Aldebaran Rodrigues, uno dei poliziotti del paese. Ha conosciuto mia madre, ricorda?
Shakira fece mente locale e sì, in effetti si ricordava di un pezzo di torta piuttosto gustosa e di una signora che non si spiegava perchè il suo figliolo non avesse ancora trovato l' anima gemella.
In quel momento Shakira grazie al suo sovrumano ottavo senso intuì che il giovine era ancora zitello perchè affetto da imbranataggine permanente.
-Sì, ricordo- disse con voce pacata quella che ad Aldebaran parve subito una santa donna- sua mamma è molto gentile.
-Già ed è anche un ottima cuoca- Aldebaran rise gioviale mentre Shakira a giudicare dalla stazza del ragazzo non poteva che crederci senza dubbi- vorrebbe che mi sposassi- attaccò dopo qualche secondo con la faccia da cane bastonato.
Shakira pensò che a lui, cioè a lei, non gliene poteva fregare di meno ma non poteva tradirsi a quel modo, doveva fare la sua parte per quanto tediosa potesse essere:- E dica, c' è per caso qualcuno nel suo cuore?- domandò prendendo dalle mani una delle scatole che il poliziotto teneva tra le mani.
-Bè... sì- Aldebaran si grattò la testona imbarazzato- ma non so mai come comportarmi con lei.
Tipico, pensò Shakira. Era ovvio, come nella sua testa era ovvio che il poliziotto e la maestra -perchè era la maestra del paese, lo sapeva- si sarebbero sposati, avrebbero deliziato il mondo con una carrellata di marmocchi tali che sarebbero benissimo potuti passare per una squadra di calcio, sarebbero diventati nonni, avuto una famiglia unita e felice che non perdeva occasione per riunirsi e mangiare rompendo le scatole ai vicini per quanto avrebbero fatto casino con il loro chiacchiericcio e infine avrebbero tirato le cuoia senza dolore dopo una vita lunga e serena. Fine.
-E lei chi è?- chiese ugualmente.
-Si chiama Flora Gelsomino. Insegna alla scuola elementare.
-E' davvero un bel nome, mi pare di non averla ancora incontrata.
-Oh, lo farà presto. Viene in chiesa ogni domenica e fa parte del coro.
Shakira sorrise, per poco non moriva dal diabete:- Le regali questa scatola di cioccolato e un mazzo di fiori senza scordare i gelsomini e la inviti ad uscire, mio caro.
-Ma sono timido
E che cazzo.
-
Allora le scriva una lettera e le lasci tutto da qualche parte, lei lo trova ed è fatta- ringhiò spazientito alzando i tacchi.
Aldebaran la salutò con la mano ringraziando vivacemente la santa donna.
Solo che gli sorgeva il dubbio... ma come faceva a camminare senza bastone e a sapere esattamente dove si trovasse il cioccolato che aveva nel carrello?
Doveva proprio essere baciata dagli dei. Magari aveva delle capacità miracolose.
Aldebaran sostò ancora tra gli scaffali, poi gli sovvenne una cosa:
-Kanon ha una moglie incinta???








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NOTE: Allora, sulle due canzoni che sono state citate non ho alcun diritto anchè perchè non penso di avere un colpo di cisiamocapiticosa tale da fare una barca di soldi con un paio di  canzoncine che personalmente mi hanno  trapanato il cervelletto  senza che io potessi oppormi. Perchè sono dappertutto o.O
Per il resto vi ricordo sempre che io l' OOC  l' ho messo e che questa è una storia leggera e senza pretese soprattutto nei primi capitoli, se gli dei vogliono qualcosa di decente e magari fluffloso potrebbe arrivare in seguito, inoltre, ancora non ne sono sicura, ma potrebbe esserci qualche incursione di qualche personaggio pescato dal Lost Canvas, ma ripeto non ne sono sicura perchè già la storia è incasinata così.
   
 
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