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Autore: Cloe J    20/04/2012    10 recensioni
Dal primo capitolo:
Lei si tolse gli occhiali, si passò la mano tra i lunghi capelli castani e si sedette, la luce che entrava prepotentemente dalla finestra le illuminò uno sguardo magnetico marrone, profondo caldo, cioccolato fuso. Mi rapì, la fissai, con il rischio di sembrare veramente sfacciato:
< Che altro sai di me, oltre che sono un insopportabile scocciatore, un peso, a volte anche un pazzo e evidente anche dopo una fugace occhiata … un malato … - lo dissi sottovoce.
< Ti osservavo prima, mentre parlavi con Jasper, sotto gli occhiali … - rise – sei molto bello!
< Niente mezzi termini! A dispetto di quest’aspetto così mite!
Devo dire che anche tu non sei male, anche tu mi piaci Bella – risi.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Lei si chinò su di me e la fragranza meravigliosa della sua pelle, mi colpì di viso.

Fece per alzarsi, mi venne istintivo trattenerla, mi avvicinai al suo collo e inspirai profondamente, esclamai:

<< Pazzo! Sono un pazzo! Ti prego scusami… ma è stato irresistibile!>>

Rise, guardandomi:

<< Non scusarti è stato piacevole… almeno posso sapere cosa ne pensi del mio profumo?>>

<< Non è un profumo, sei tu, emani una meravigliosa essenza!>>

 

Tratto dal primo capitolo

 

CAPITOLO 2

 

La vita non è mai come sembra

 

EDWARD
 
<< Mamma … papà vorrei parlarvi. >>, dissi entrando il salotto.
Lui stava rilassandosi dopo una lunga giornata in ospedale con un buono scotch, mia madre era ancora al cellulare con mia sorella Rosalie.
Chiuse la comunicazione e si sedette.
<< Stamattina Jasper e Bella… >>
<< Chi è Bella? >>, chiese Carlisle.
<< Bella Swan, un’amica di Jasper, si è appena trasferita da New York nella villa adiacente alla nostra. Suo padre è collega di quello di Jasper e anche lei si è iscritta a UCLA… comunque Jasper e Bella stamattina sono andati a fare un tour del campus e hanno segnato su questa mappa l’ubicazione degli edifici, che tutti noi frequenteremo per le lezioni.
Poiché quasi tutti i dipartimenti sono abbastanza vicini, abbiamo parlato dell’opportunità di poter provare a frequentare i miei corsi senza l’ausilio dell’assistente, i ragazzi sarebbero sempre pronti ad aiutarmi nel caso avessi bisogno ed io non avrei una presenza opprimente sempre alle mie spalle.
Mi sentirei più libero, meno diverso.>>, dissi quest’ultima frase con grande fatica.
<< Scusa stai dicendo che vuoi affrontare la frequenza dei corsi da solo? >>, disse alzando il sopracciglio.
<< Starei valutando quest’ opzione. >>, e mi misi subito sulla difensiva.
Mio padre posò il bicchiere ed esordì dicendo:
<< Non pensi che sia un po’ rischioso?>>.
Lui cercava una via diplomatica per dire le cose, ma sapevo che il fiume in piena di mia madre stava per tracimare.
<< Penso di no … essere più indipendente, mi fa sentire meglio! >>.
<< Indipendente! >>, ecco era partita. << Tu non puoi valutare nemmeno l’ipotesi di affrontare tutto da solo!>>.
<< Non sarei solo, ci sono nove persone pronte ad aiutarmi>>.
<< I tuoi amici se non mi sbaglio frequenteranno anch’essi dei corsi, come potrebbero starti accanto?>>, disse con una punta di sarcasmo.
<< Non credo di aver bisogno di sostegno durante le lezioni, ti ricordo che sono autosufficiente ancora!>>, strinsi i pugni per trovare la forza di non fermarmi. << Ci vedremmo a mensa e in ogni caso sarebbero pronti a intervenire qualora ne avessi bisogno>>.
<< Edward >>, disse ancora mio padre. << Hai valutato bene tutti gli aspetti organizzativi di questa cosa?>>.
<< Sì ma in ogni caso basterà fare un periodo di prova, non sono un pazzo incosciente, se mi renderò conto che non è fattibile, rinuncerò>>.
Mio padre sembrò apprezzare questo mio compromesso, mia madre invece risoluta continuò con la sua arringa.
<< Il problema non sono solo gli spostamenti da un’aula a un’altra, ti sei chiesto cosa succederebbe se ti prendesse una crisi respiratoria improvvisa?>>.
<< Emmett e Bella sarebbero a due passi da me>>.
<< Bella è la chiave di tutto! E’ sua l’idea vero?>>, disse mia madre con un moto di stizza nella voce. 
<< Pensa di arrivare e dopo un giorno rivoluzionare tutto un sistema già organizzato!>>.
< < E’ il sistema che tu ritieni più organizzato, ma che io non tollero per niente!
Lo sai bene che sentirmi seguito da una persona estranea che sta lì perché pagata, mi fa star male, sapere invece che un gruppo di amici si è messo a disposizione, nonostante i loro impegni di studio, per aiutarmi solo se ne avrò bisogno, mi fa sentire libero! Devi capire la mia prospettiva, superare la tua frustrazione e pensare a me almeno ogni tanto!>>.
Le parole mi uscirono decise e dure, non ammettevo alcuna replica, fu un colpo basso, ma mia madre non si arrese.
<< Non se ne parla nemmeno, non darò mai il mio consenso a questa follia! Mi rifiuto di vivere ogni giorno con l’angoscia che ti possa accedere qualcosa, senza che nessuno possa essere lì vicino a te per aiutarti! Dimentica questo folle progetto e torniamo a quello che abbiamo stabilito>>.
<< Esme! Calmati il muro contro muro, non serve!>>, cercò di mediare mio padre.
<< Qualcuno deve pur portarlo a ragionare!>>.
<< Ragionare! Io non sono pazzo! Mi odio per come sono, odio la mia vita di dipendenza …
E tu mi parli di ragionare … io passo le mie notti, i miei momenti infiniti di solitudine a ragionare e non è facile accettare quello che mi è capitato.
Ho solo vent’anni ma a volte mi sento addirittura stanco di vivere, forse se fossi meno codardo a quest’ora, mi sarei già ucciso!>>, glielo gridai in faccia, poi tirai un respiro chiusi gli occhi, continuai piano. 
<< Questa dev’essere una mia scelta e se sono ancora sotto questo tetto e perché ho creduto di non poter sopravvivere solo, fuori da qui, ma potrei anche ripensarci e provare a vivere una vita diversa>>.
Tu non puoi pensare di proteggermi a tal punto da privarmi della capacità di fare delle scelte giuste o sbagliate che siano!>>, mi fermai avevo il respiro affannoso, ma non intendevo piegarmi, rimasi a guardarla fissa negli occhi, poi conclusi. << Potete accettare o non accettare questa mia proposta, ma mettiti in testa che non cambierà nulla, ho già deciso che questa parte della mia vita, la voglio gestire come credo sia meglio per me, opponendoti, rischi solo di farmi andar via>>.
Presi un respiro e mi diressi verso la porta, sapendo che l’unica persona con cui volevo parlare adesso, era quella decisa, audace ragazza che aveva dimostrato in un sol giorno di capirmi meglio dei miei genitori.
 
 
BELLA
 
<< Bella per favore, sto scendendo verso casa tua, puoi venirmi incontro?>>.
Mi chiese al cellulare.
< < Certo Edward arrivo subito.>>, gli risposi.
La sua voce non prometteva niente di buono, era tirata; probabilmente l’incontro con i suoi genitori non era stato facile, forse con la mia proposta avevo creato un grosso guaio.
Scesi di corsa, arrivata a metà strada tra casa sua e la mia, lo vidi.
<< Grazie per essere venuta, scusami ma solo molto stanco, non riesco più a spingere la sedia, mi fanno male le braccia. Vorresti aiutarmi, ho bisogno di fare una passeggiata e prendere un po’ d’aria>>.
Iniziammo a camminare. Aspettavo che avesse voglia di parlare, non volevo forzarlo adesso, ma mi sentivo davvero molto in colpa allora dissi:
<< Mi dispiace se ho creato dei problemi tra te e i tuoi genitori>>.
<< No Bella è solo un copione che si ripete. Prima ho dovuto combattere a lungo con loro, anzi con mia madre, per farle accettare la scelta del corso di studi. Lei sosteneva che per me sarebbe stato meglio un corso più semplice, senza laboratori, né ricerche, né tantomeno esperienze sul campo. Abbiamo discusso fino quasi alla scadenza delle immatricolazioni, ma alla fine l’ho avuta vinta.
Forse troppo stanco per litigare ancora, avevo ceduto, almeno per quest’anno, sulla questione dell’assistente.
Quando mi hai offerto una scelta che meglio concordava con la mia idea di vivermi la vita, mi sono detto che non potevo perdere quest’occasione.
Forse per te sembrerà eccessivo che una semplice esperienza universitaria vissuta come tutti gli altri, possa darmi una qualità migliore di vita; ma per chi come me, fa fatica anche solo a camminare, parlare, respirare, poter studiare senza essere visto sempre come un diverso, può essere un’esperienza grandiosa, che appaga, che riempie>>.
Si ammutolì e si coprì il viso con le mani, allora mi chinai verso di lui, per esser certa che non stesse male.
<< Bene! Se questo è il tuo desiderio, arriveremo in fondo a questa cosa, ma mi sento responsabile di questa proposta e non potrei perdonarmi se qualcosa andasse storto per colpa mia. Sappi quindi che non ti perderò mai d’occhio, se non quando ti troverai in un’aula piena di colleghi e con un docente presente>>.
<< Vuoi la verità... non aspetto altro!>>.
Ci guardammo negli occhi, fu un istante ma mi sembrò un tempo infinito, quindi mi feci forza e mi allontanai da lui.
<< Andiamo visto l’orario, sospetto che non avrai pranzato ed è meglio che ti faccia mangiare qualcosa, non hai proprio una bella cera!>>, dissi sorridendo.
<< Grazie Bella.>>, mi prese le mani e gli pose un bacio.
Mi sentì percorrere la schiena da un brivido.
Davvero mi stavo facendo coinvolgere dalla tenerezza disarmante che vedevo dentro quegli occhi verdi?
 
Entrammo in casa dalla porta di servizio, direttamente nella mia cucina, che io consideravo così accogliente; detestavo gli ambienti cupi e pomposi e speravo che Edward, oltre che mangiare qualcosa, si rilassasse, si sentisse a suo agio e dimenticasse il duro confronto appena avuto.
<< La mia mamma ha cucinato qualcosa di buono, un piatto italiano, spero ti piaccia,
Non ti ho ancora detto che sono di origine italiana? Lei è di Firenze. Vieni te la presento. Mamma… Renèe dove sei?… ogni tanto la chiamo così dice che la fa sentire più giovane!>>,  dissi sottovoce.
Edward rise, era imbarazzato e non riusciva minimamente a nasconderlo.
<< Mamma, ti presento Edward Cullen>>.
<< Piacere Edward>>.
<< Signora!>>.
<< Ti prego chiamami Renèe>>.
<< Che ti avevo detto, accetta e basta!>>, dissi cercando di venirgli in aiuto.
<< Questo ragazzo è di una bellezza incredibile!>>.
<< Oddio mamma … non si fa! Edward arrossisce per molto meno!>>.
<< Grazie Renèe.>>, rispose lui con gli occhi chini e con un sorriso che la diceva lunga su cosa avrebbe voluto farmi, per averlo messo in imbarazzo.
<< Su mangiate, so che avete progetti interessanti per il pomeriggio>>.
<< Prima  di tutto dare la libertà ai ricordi della mia infanzia, poi rivoglio la mia musica e i miei video, sotto mano, attivare il mio pc e tornare ad avere contatti con il mondo con Internet>>.
<< La fai sembrare una cosa di vita o di morte!>>,  disse mia madre.
<< Mi sento sola e abbandonata senza le mie cose, in bella mostra nella stanza, che c’è di male, in fondo la memoria ti lega al passato, ma ti permette di costruirti un futuro>>.
<< La mia bambina tutta lettere e filosofia!>>, esclamò Renèe, << e tu Edward, dove sei iscritto?>>.
Mia madre era grandiosa, riusciva a dire le cose con una tale naturalezza, era così trasparente, da non poter far dubitare mai della sua buona fede.
Non l’aveva sfiorata nemmeno il dubbio che Edward potesse avere difficoltà nel condurre una vita normale, quindi le domande, le salivano alla bocca fresche e spontanee,  come un torrente in primavera.
<< Ho scelto Scienze della vita, microbiologia, genetica e altro... roba da topo di laboratorio!>>.
<< Uno scienziato… e come mai potrete conciliare questi due mondi contrapposti? Il pragmatismo e la razionalità, con la creatività e il prevalere delle emozioni.>>
<< Me lo sono chiesto anch’io, quando l’ho conosciuta, sono sicuro che sarà una bella lotta!>>, rispose sorridendo e guardandomi intensamente negli occhi.>>
<< Sapete ora che vi osservo mi date l’impressione come se vi conosceste da tanto, avete una strana intesa che passa per i vostri occhi, il mare e il cioccolato>>.
<< Ma cosa dici mamma! Smettila subito!>>.
<< Oh grazie Renèe, è imbarazzata e addirittura arrossita, le sarò grato per sempre!>>, disse ridendo Edward.
Mi misi a ridere anch’io, mi volsi verso lui e incontrai ancora quello sguardo ardente e quel sorriso splendido.
 
 
EDWARD
 
Adesso non avevo più dubbi, i geni di Renèe avevano reso Bella quella che era. Quella donna era una vera forza della natura, schietta, gentile, intuitiva e accorta, ma anche lei tremendamente audace.
Mi aveva reso il pranzo, una specie di dolce supplizio, dosando sapientemente momenti in cui mi faceva rasserenare, così da farmi abbassare la guardia, a momenti in cui si divertiva a vedermi stare sulla graticola, aspettando forse che dicessi qualcosa di sconveniente o facessi un passo falso.
Tutto fu divertente e insolito.
<< Se non ci muoviamo, si farà sera e non sarò riuscita a fare nulla, vieni Edward andiamo in camera mia>>.
Si diresse verso la scala e a quel punto disse:
<< Ops! Vuoi provare a salire le scale oppure ti faccio vedere che meravigliosa strada alternativa?>>.
<< A dir il vero non sono proprio in gran forma, ma di quale alternativa parli?>>.
<< Si vede che non hai mai guardato con attenzione, in direzione di questa casa, vieni passiamo dal retro, c’è il balcone di Giulietta>>.
Risalimmo verso il giardino sul retro della casa, dove si affacciava casa mia, mi ritrovai dinanzi un cancelletto di ferro battuto che dava su di un balconcino, pieno di fiori.
<< Romeo doveva accontentarsi di stare giù e guardare la bella Giulietta, a te è concesso entrare nella sua stanza!>>, rise e mi precedette.
In tutti questi anni non ricordo di aver notato né quel balcone, né tantomeno i fiori, ma soprattutto credo di non averci mai visto nessuno affacciato.
La sua stanza era deliziosa, piccola, piena di colori, la tonnellata d’indumenti, che diceva di avere sparpagliato per la stanza, era sparita. Rimanevano una grande quantità di scatoloni ancora sigillati e devo dire lo spazio era assolutamente ridotto, ci guardammo e poi le dissi:
<< Che ne diresti se lasciassi fuori in balcone il mio destriero ed entrassi con le mie gambe in questa reggia!>>, sorrisi.
<< Non denigrare la mia stanza Cullen!>>, rispose ridendo.
Mi alzai a fatica, lei spostò la sedia e la chiuse fuori sul balcone, feci qualche passo e mi guardai intorno.
Aveva appeso sul muro alcune foto e delle locandine teatrali. Mi sedetti sul letto. Lei mi disse:
<< Mettiti comodo! Sei qui per farmi da sostegno morale, sarà dura per me avere la meglio su questa enormità di ricordi>>.
Scivolai indietro fino al capezzale e continuai a guardare, aveva delle deliziose tende glicine, con tante farfalle di tulle appese, forse un po’ infantili ma molto dolci.
Aprì la prima scatola e tirò fuori tutti i peluche, mi misi a ridere e le dissi:
<< Passami senza indugio quello che vedi in debito di ossigeno, sono espertissimo nella respirazione bocca a bocca, non so più quante volte me l’hanno fatta!>>.
La vide impallidire e prontamente le dissi:
<< Dai non è poi così male, soprattutto se a fartela, è una donna!>>.
<< Mi chiedo come fai a scherzarci su!>>.
<< Credo che se non ci mettessi una buona dose d’ironia a quest’ora sarei in una clinica psichiatrica!>>.
Continuò a riporre i pupazzi sulla mensola.
Poi fu la volta dei cd uno dietro l’altro, svelta li impilò nel suo mobiletto e lo stesso fece con i dvd. Sentivo in lei una strana ansia, che man mano che si svuotavano gli scatoli invece di scemare, cresceva.
<< Cos’hai?>>, le chiesi.
<< Perché? >>, rispose distogliendo lo sguardo.
<< Stai diventando strana. Avevi detto che avevi urgenza di liberare i ricordi, ma l’effetto che ha su di te, non è per niente positivo>>.
<< Ti sbagli… penso solo che ti stia annoiando, tutto qui, forse non è stata una grande idea, farti venire proprio oggi pomeriggio>> .
<< Posso non essere d’accordo, sto bene con te, il pranzo è stato istruttivo, tua madre divertente e attendo pazientemente che mi racconti qualcosa>>.
<< Raccontarti che cosa?>>.
<< Ci conosciamo così poco, anch’io sono curioso sai!>>.
<< Sono nata a New York, vissuta a Staten Island, in una casa circondata dal verde. Le scuole elementari pubbliche… esperienza tranquilla.
Sono sempre stata piuttosto estroversa, facevo amicizia con ogni tipo di bambini, senza considerare il ceto, la razza o la religione, mia madre ha sempre detestato le discriminazioni in genere, sospetto che lei le abbia subite appena arrivata dall’Italia.
La scuola superiore è stata un po’ più travagliata, ero iscritta alla Curtis High School ma poi mi sono trasferita>>.
Nel frattempo che parlava, aveva aperto una scatola piena di foto e le stava riponendo nel cassetto della scrivania, m’incuriosii che non me le mostrasse, decisi di essere anch’io un po’ sfacciato:
<< Me le fai vedere? >>.
La vidi tentennare, i suoi occhi intristirsi, non sapeva che fare, alla fine me le porse.
Nella foto pogiava il viso sul petto di un ragazzo scuro, con gli occhi più penetranti che abbia mai visto, di una bellezza insolita, sembrava un indiano, poi in altre foto, in cui erano sempre abbracciati, aveva i capelli tagliati corti, a spazzola.
Lui poteva avere vent’anni, Bella forse quindici. Pensai che avesse avuto una storia con uno più grande e che quelle foto rappresentassero dei ricordi cari e preziosi.
 
Non le chiesi nulla, mi ero un po’ scocciato nel vedere quella foto, stavo pensando che aveva avuto  una relazione con un gran figo, più grande di lei. Ero geloso, lui era così diverso da me, il mio opposto.
Bella tirò un sospiro e mi disse:
<< Lui è mio fratello Jacob, bello vero? Anzi bellissimo!>>, la guardai sorpreso. << Vuoi sapere qualcosa di me? Ti raccontando il mio incubo>>.
Si sedette sul letto con la foto di Jacob tra le mani, incrociò le gambe e iniziò:
<< Era una persona speciale, mi amava, ero la sua piccola, la sua sorellina, la sua principessa, diceva che ero la sua anima ed io… ricambiavo il suo affetto naturalmente, con la stessa intensità.
Nonostante la differenza di età bastava uno sguardo per comprenderci, fra di noi c’era un rapporto unico>>.
La guardai, aveva gli occhi sognanti, un mezzo sorriso.
<< Tre anni fa, al ritorno dalla scuola, subimmo un piccolo incidente in moto, ci portarono all’ospedale, io me la cavai solo con qualche escoriazione e mi dimisero subito, mentre Jacob s’incrinò una costola e sentiva un forte dolore al ginocchio.
Gli fecero dei primi accertamenti delle radiografie e quindi i medici convocarono subito i miei genitori, avevano il sospetto che avesse un tumore osseo.
Dopo tutti gli esami diagnostici e la biopsia, la diagnosi fu confermata, osteosarcoma localizzato al ginocchio, con già metastasi al polmone, una forma grave e complicata di questo tipo di tumore.
I miei genitori non ebbero il coraggio di dirmelo e lo scoprì ascoltando una telefonata tra mia madre e mia nonna.
Arrivai in ospedale completamente sconvolta e arrabbiata con tutti, entrai nella sua stanza e lui mi accolse a braccia aperte, con quel suo viso dolce, con un sorriso aperto e rassicurante, lasciò che mi sfogassi, carezzandomi i capelli e sussurrandomi parole di conforto. Ridicolo! Lui confortava me!>>, Bella aveva un’espressione dura. Continuò:
<< Fece i primi tre cicli di chemioterapia, terribilmente aggressiva, quindi fu operato, al ginocchio, gli fu asportata una parte dell’articolazione e dell’osso della coscia e quindi messa una protesi, nella speranza che il tumore si fermasse. Poco dopo gli furono operate anche le metastasi.
Stavo quasi tutto il giorno con lui, non faceva altro che dirmi:
<< Stai tranquilla sorellina, guarirò, torneremo insieme a casa>>.
<< Lo guardavo e sorridevo fiduciosa.
Quando uscì dall’ospedale, tornammo a casa e ritornammo ad alcune delle nostre consuetudini, sia pure ridimensionate, brevi passeggiate ma in compenso conversazioni lunghissime.
Mi raccontava tutto ciò che gli passava per la testa, si sfogava e diceva che questa cosa lo faceva stare meglio.
I dolori però cominciarono presto a intensificarsi, passammo velocemente ad antidolorifici sempre più forti, si assopiva sempre più spesso, anche mentre mi parlava, avevamo ridotto drasticamente le nostre passeggiate, uscivamo quasi sempre in auto e si spostava appoggiato alle stampelle.
Sia pur stanco, tirato, per me, per la sua Bella, indossava una maschera sorridente, pensava di rendere tutto meno pesante da sopportare.
Passavano i mesi e i cicli di chemio avevano ormai solo gli effetti collaterali terribili e un giovamento puramente formale, il male lo stava corrodendo, perdeva i capelli a ciocche, quei meravigliosi lunghi capelli neri, vomitava anche l’anima per ore e ore, non mangiava quasi più niente, non aveva neanche più la forza di alzarsi, cominciava ad utilizzare l’ossigeno.
Restavo a casa sempre accanto a lui, gli leggevo dei libri, guardavano insieme la tv, i suoi film preferiti, sempre vicini, mano nella mano.
Ho nella mente alcuni episodi, che rivedo spesso durante le mie notti insonni o nei miei incubi.
Un pomeriggio mi guardò fisso negli occhi e disse:
<< Bella devi essere forte, sto morendo! Sono stanco, non ho più forza per lottare! Tu devi essere preparata a quando non ci sarò più!>>.
Iniziai a piangere, allora lui mi disse:
<< E no sorellina! Adesso sono io che ho bisogno di te, ho paura e tu mi devi aiutare! Sei tu che devi sostenermi adesso… non puoi abbatterti!>>.
<< Fu lui a lasciarsi andare alle lacrime che esprimevano tutta la sua disperazione.>>
Da quel momento tirai fuori quell’aspetto forte del mio carattere, che non avevo mai avuto bisogno di manifestare, divenni di colpo più matura e responsabile.
La situazione precipitava di giorno in giorno, dopo una crisi molto grave lo portammo in ospedale, gli inserirono una pompa sottocutanea per una sedazione più efficace e rimase semi incosciente per lungo tempo>>.
Bella raggiunse la finestra, si sedette a terra, io la seguì con lo sguardo, ma non mi mossi, quasi trattenevo il respiro e allora riprese:
<< Quando alleggerirono la sedazione, si svegliò, mi sorrise e mi strinse la mano:
<>, mi disse. << Ti prego Bella finchè non chiuderò gli occhi, voglio vederti solo sorridere, adoro il tuo sorriso, sorridi per me!>>.
<< Decidemmo di non riportarlo a casa, i dolori si facevano sempre più acuti e a casa mamma e papà non riuscivano più gestire la situazione con efficienza.
Era esasperato dalla malattia, stanco e forse voglioso solo di liberarsi da tutto quel dolore, si stava pian piano spegnendo in quel terribile letto bianco in una stanza troppo grigia, per uno come lui che amava i colori.
Tanti piccoli interventi palliativi cercavano di rendergli più sopportabile la sofferenza, ma straziavano un corpo, già tanto martoriato.
In una sera d’agosto, eravamo solo io e lui, sbottò:
<< Sai che sono veramente stanco di tutti questi interventi disgustosi che mi fanno, perché non si fermano, perché non mi lasciano morire in pace! Bella non ti faccio paura, non ti faccio ribrezzo … io non sono più io, non mi riconosco!>>, mi avvicinai e dolcemente cominciai a carezzarlo piano sul viso, il collo, il petto e baciarlo: << Invece sei sempre tu il mio fratello eccezionale, il mio compagno, il mio migliore amico, la mia guida e ti amo! Se sei stanco dimmi come posso aiutarti, farò tutto ciò che mi chiederai!>>.
Lui rispose: << Lo so che sono condannato ma vorrei morire con dignità!>>.
Presi fiato e gli dissi: << Se non ti senti più di continuare, dimmelo e dirò a papà e mamma di portarti a casa, ma se le terapie ti daranno dell’altro tempo per stare con noi, ti prego non fermiamoci. E poi tra un mese sarà il mio compleanno, voglio il mio regalo Jacob!>>. << Mi prese il viso tra le mani e disse: 
<< Sorellina capricciosa lo avrai!>>. Sorrise dolce. 
<< Ebbe fiducia in ciò che gli dicevo, continuò a farsi curare, il tredici settembre, il mio compleanno, mi regalò una macchina fotografica professionale, ma soprattutto mi regalò un altro mese con lui.
Il venti ottobre, il suo cuore cessò di battere; in quei due mesi non mi lasciò quasi mai la mano e andò incontro alla morte sereno, avendo accanto tutti coloro che lo avevano amato. Sono due anni che non festeggio il mio compleanno e va bene così!>>.
Tirò un sospiro, asciugò una lacrima poi riprese:
<< Perdetti l’anno a scuola, mi rifiutai di tornare alla Curtis, scelsi una scuola più tranquilla e vissi quasi un altro anno come uno zombie, crogiolandomi nel dolore, passando il mio tempo a guardare le sue foto, i suoi video, sentire la sua musica, tutto pur di mantenere quel ricordo vivo nei miei occhi e dentro di me.
Mamma ha avuto paura che entrassi in una grave depressione, che non riuscissi a superare quest’evento… questo dramma.
Non so se veramente l’ho superato, so solo che sono passati solo due anni ancora è dura per me riuscire a mantenermi presente a me stessa.
Allora mamma e papà hanno deciso che ne avevano abbastanza di New York, hanno venduto la casa, papà a chiesto trasferimento ed eccoci qua.
Per me fuggire non è mai stata una soluzione, ma forse per i miei genitori era dura convivere con il ricordo di Jacob in quella casa>>.
Piangeva sommessamente, in silenzio, dondolandosi avanti e dietro, mi ero seduto anch’io a terra, alle sue spalle e l’avevo cinta con le braccia, la feci appoggiare sul mio petto, cominciai a baciarle i capelli e carezzarle il volto, raccoglievo quelle lacrime e aspettavo che l’onda passasse.
 
 
BELLA

Non so cosa mi aveva spinto a raccontare tutto a Edward, avrei potuto essere anche meno accurata nei particolari, lui non cercava spiegazioni.
La verità era che io adesso avevo bisogno di raccontare, ripercorrere i contorni di questa tragica vicenda e prendere coscienza che, a sedici anni sei troppo giovane, per metterti sulle spalle una situazione così gravosa e soprattutto, poi è difficile dimenticare, superare, far finta di non averlo vissuto.
Non avevo mai raccontato a nessuno, i miei pensieri più intimi o le conversazioni avute con lui, ma a Edward sì… Perché? Forse pensavo che lui, vivendo una situazione difficile, mi potesse capire o forse, invece, volevo cinicamente comunicargli che non era il solo a vivere di dolore e nel dolore.
Che diavolo stavo pensando? Edward era malato, ma non l’avevo mai visto commiserarsi, anzi cercava di guardare avanti, di superare le difficoltà.
Io, invece, il dolore fisico l’avevo vissuto per interposta persona, non avevo sentito nulla su di me e arrogarmi il diritto di paragonarmi a Jacob o a Edward solo per quel dolore dell’anima, psicologico, che il percorso tragico e la perdita mi hanno lasciato, era veramente una bestemmia.
Alla fine forse avevo voluto solo partecipare a Edward che non ero un candido giglio, ma che avevo un’anima nera… ma a quale scopo?
Avrei dovuto, invece, guardare avanti anch’io e conservare i ricordi belli, i momenti insieme dimenticando, come sapevo bene che Jacob avrebbe voluto, lo strazio dell’anima.
 
 
Salve a tutte voi affette come me da fan fiction mania!
Torno dopo una settimana, dove mi sono chiesta tante volte, se la mia storia avesse appassionato qualcuno o se fosse risultata indifferente o peggio ancora sgradevole … bè le sei recensioni ricevute, tutte subito dopo averla postata e le ventotto che la seguono, mi hanno dato un certo conforto.
La mia totale inesperienza con certi aspetti legati all’operazione del postare, mi hanno indotto a fare qualche errore, a cui tenterò di porre rimedio con l’esperienza (avete presente l’apprendimento per tentativi ed errori? …), certo se qualcuno delle lettrici, più esperta, che mi sta seguendo, mi desse qualche dritta, gliene sarei veramente grata.
Vorrei dirvi qualcosa di più su cosa ha ispirato la mia ff, i miei genitori hanno vissuto una storia d’amore molto intensa ma molto travagliata, contraddistinta dalla malattia di mia madre. L’ho vissuta, l’ho osservata e ne ho il ricordo così vivido che ho pensato di trasportarla in un mondo sicuramente più romantico e più attuale, ma sempre pervaso dai sentimenti e dalle emozioni.
Ho scelto di iniziare il secondo capitolo con un piccolo estratto dal primo che dà, a mio parere, una bella immagine del tentativo di corteggiamento di Edward.
Bene grazie per avermi seguito, spero continuate e possibilmente diventiate più numerose… recensite e datemi consigli e impressioni, buon fine settimana!
          P.S. può darsi che questa settimana posterò un capitolo anche mercoledì 25!! 
Baci Cloe J
                                                    
  
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