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Autore: frankyfitzgerald    22/04/2012    15 recensioni
Il popolo di tutto il mondo ormai è a conoscenza della loro esistenza, ma, nonostante questo, nessuno è ancora riuscito a farsene una ragione di vita. Una volta marchiati si viene considerati un abominio della natura e l'unico posto in cui ci si può rifugiare per sopravvivere è una delle tanti sedi della 'Casa della Notte'. Jamie, Margaret e Steven sono tre ragazzi completamente diversi, nati e cresciuti in contesti diversi, ma una cosa li accomuna: il loro marchio è completamente diverso da quello di qualsiasi altro vampiro.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime, OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NOTE. Vi ricordo che NON ho intenzione di riprendere gli eventi della saga 'House of the Night' paro paro,quindi non vi aspettate di ritrovare flashback strani oppure tutti i personaggi che avete imparato a conoscere nei libri.

N.1 Mi ero ripromessa di scrivere prima la parte di Margaret,ma non ce l'ho fatta, l'ispirazione per la storia di Steven mi è venuta durante una di queste notti di insonnia e ho dovuto descrivere/ fare entrare in scena prima lui.
N.2 Il personaggio a cui è ispirato Steven in questa FF è Logan Lerman,quindi immaginatevi lui quando parlerò questo ragazzo.
N3. Spero che vi piaccia questo capitolo,non ho la forza di rileggerlo,ma come al solito: se apprezzate allora recensite e lasciatemi il vostro twitter bla bla bla.
N4. Io su twitter sono @ludwigsvoice o @1DirectionITALY , come vi pare LOL.


STEVEN.


"Heart beat, a heart beat,
I need a..heart beat, a heart beat"



Il leggero vento che attraversava i campi della campagna raggiunse le finestre dell'enorme casa di mattoni che si ergeva su un piccolo monte considerato come luogo proibito da tutti i cittadini dei paesini vicini, una volta raggiunte le finestre l'aria scostò leggermente i tendaggi d'epoca rossi che ondeggiarono appena in modo tale da produrre un effetto di luce particolarmente pittoresco sui libri posizionati in ordine alfabetico nella biblioteca della famiglia che abitava in quel luogo.
« Come procede la sua ricerca sulla Guerra Civile? »  chiese l'istitutrice assunta da una coppia di genitori che non si erano mai presi la briga di chiedere al figlio se preferisse studiare in casa o socializzare con i suoi coetanei relegandolo così a una vita di eterna solitudine.
Le mani del ragazzo corsero lungo l'eterna fila di libri rilegati in pelle con le iniziali d'oro e per qualche secondo chiuse gli occhi assaporando l'odore di antico che veniva emanato da ognuno di quei volumi, amava passare le sue giornate in quella stanza pensando di avere la possibilità di attingere così alla più grande cultura del mondo,non tanto per sentirsi superiore a chi si trovasse all'esterno, ma per sentirsi più vicino a loro di quanto non potesse fare.
Sin da quando era piccolo aveva vissuto in una bolla di vetro e non gli era mai stato permesso di lasciare la residenza senza il lasciapassare di uno dei due parenti e la scorta di quantomeno due macchine dai vetri oscurati, era come se i suoi genitori temessero che qualcosa, qualsiasi cosa, persino l'aria, potesse portargli via o far del male al loro ormai non-più-tanto-bambino. I ragazzi della contea lo immaginavano come un fantasma, pensavano che fosse solo uno dei tanti bambini che la signora della villa aveva perso di cui continuava a portare avanti l'esistenza solo come misura di difesa e di negazione della sua morte, ma lui esisteva e della sua esistenza ne erano a conoscenza solo i suoi genitori,i suoi domestici e quell'anziana donna sui 70 anni che era sempre stata la sua istitutrice fin dalla prima infanzia.
Steven non aveva mai avuto la possibilità di viaggiare, di uscire di casa e socializzare, per questo motivo,nel corso dei suoi diciassette anni i libri da lui letti erano diventati i suoi migliori amici e lui non poteva fare altro che aggrapparsi a quell'amicizia così diversa,ma così perfetta rispetto all'imperfezioni delle relazioni di coloro che vivevano in quel secolo.
« Le ho rivolto una domanda » continuò l'anziana donna nella speranza di essere ascoltata da lui, speranza alquanto vana vista la bassa dose di concentrazione che aveva deciso di dedicare a quella lezione quella mattina.
«  Diciamo che procede » la donna sorrise, in tutti quegli anni non si era mai abituata alla voce melodiosa e allo stesso tempo decisa del ragazzo, non si era abituata al sorriso che riservava ormai solo a lei e che era estraneo ai suoi genitori e soprattutto non si era abituata all'amore per i libri che aveva visto solo in quel piccolo uomo. «  Le dispiace se riprendiamo la lezione domani? Ora gradirei passare del tempo sul tetto in compagnia di un po' di musica,giusto in modo da rilassarmi prima della lezione di box. » il suo modo di rivolgersi nei suoi confronti era diverso da tutti gli altri, non si rivolgeva agli adulti come un ragazzino impretinenente,ma faceva attenzione ad usare sempre i giusti termini e il giusto tono per tutto. La donna acconsentì sapendo che i genitori non sarebbero mai venuti a conoscenza di quello sgarro, a quei due non importava lontanamente dell'istruzione del figlio, ma quantopiù della sua santià fisica: poteva pure essere un ignorante, a loro bastava che fosse vivo.
Steven lasciò la stanza trascinando i piedi lungo il parquet lucido che si trovava su tutto il primo piano dell'abitazione, a ogni passo da lui fatto una di quelle assi di legno emetteva un leggero rumore che sarebbe risultato impercettibile al 90% degli esseri umani sulla terra, ma che per lui non era nient'altro che un segno di essere a casa. Salì le scale e raggiunse una piccola finestrella che indicava la presenza del tetto attraverso la quale, nonostante il suo fisico ben costruito,riuscì a passare senza tanta fatica per poi sdraiarsi lungo le tegole rosse che ricoprivano la parte superiore della casa. Ormai le case moderne erano tutte fatte di vetro, da quello che vedeva, da quella postazione, tutto il pasino di fianco a casa loro era diventato ultratecnologico e casa loro ormai veniva considerata 'd'epoca', cosa che lo faceva sorridere soprattutto perchè era stata costruita pochi anni prima della sua nascita. Estrasse un leggerissimo aggeggio color blu scuro che gli era stato regalato anni prima da una delle cameriere e ammirò la perizia con cui era stato costruito in ogni suo minimo dettaglio,compreso il design che vedeva uno schermo rettagolare posto sopra a un cerchio dove si poteva selezionare, facendo scorrere il dito, la canzone che si voleva ascoltare. « Quando io ero ragazza l'iPod era uno degli oggetti più in voga, signorino. Spero che faccia sognare lei quanto ha fatto sognare me »  aveva detto poche settimane prima di andarsene. Era giovane, Amy, ma il marchio l'aveva portata via, trascinata lontano dalla sua vita e gettata tra le braccia del 'Popolo della Fede' e lui aveva assistito a tutta la scena da un nasconsiglio segreto che aveva scovato qualche mese prima in sua compagnia, era la sua migliore amica,lo era sempre stata,ma ora era morta.
Passò una decina minuti sdraiato in tutta tranquillità quando udì la voce di Samuel, il suo allenatore, chiamarlo per nome aggiungendo una serie di coloratissimi epiteti poco simpatici per movimentare il tutto. Si alzò trascinandosi di nuovo all'interno della sua prigione e si trovò faccia a faccia con l'uomo che l'aveva praticamente costruito « Noto con piacere che ti sei allenato eh? » disse sentendo i suoi muscoli e innervosendo il ragazzo che odiava qualsiasi tipo di contatto fisico « Tanto cosa mi serve avere un fisico ben robusto quando sarò costretto a passare la mia intera esistenza tra queste pareti? » Steven scansò l'allenatore e si diresse verso la sala dove si trovavano tutte le attrezzatture per gli allenamenti che fortunatamente era stata posizionata all'ultimo piano insieme alla sua stanza.
« Sai benissimo che i tuoi genitori vogliono solo il meglio per te, se non lo volessero non mi avrebbero mai fatto venire qui dal mio sperduto paesino del Canada solo per allenarti» Steven si voltò regalandoli un'occhiata di fuoco e senza aggiungere nient'altro, dopo aver indossato i guantoni,incominciò a prendere a pugni il sacco rosso che pendeva dal soffitto dedicando ogni singolo pugno a tutte le persone che fino a quel giorno avevano permesso la sua reclusione e che gli avevano portato via l'unico pezzo di mondo con il quale era mai venuto a contatto. Ad ogni colpo nella sua mente balenava la faccia di una persona e mormorava il suo nome a denti stretti fino a quando un colpo troppo forte fece staccare il sacco dal soffitto e lo fece finire dalla parte opposta della stanza colpendo in pieno la gamba di Samuel che per fortuna non si fece nulla di che.
« Che fine hanno fatto i miei insegnamenti sul controllo della rabbia? » Steven alzò lo sguardo, ma non appena il suo viso riuscì a tornare all'altezza normale un enorme mal di testa lo colpì alla sprovvista facendolo cadere per terra, era come se uno sciame d'api vi si fosse infilato all'interno e non volesse uscirne nemmeno per tutto l'oro del mondo. Si schiacciò contro il muro e portò entrambe le mani alle tempie schiacciandole nel tentativo di mandar via quel suono insopportabile mentre teneva la testa contro il muro. « Ma che diavolo....»
« Cacciali dalla mia testa! Mandali via! » Urlò Steven voltandosi verso colui che era quasi diventato un suo amico alla fin della fiera, gli prese il polso destro con la mano sinistra e glielo strinse a tal punto da bloccargli la circolazione.  
Samuel si staccò dalla presa e si allontanò di scatto dal compagno di allenamenti non appena notò che sull'iride destra era comparsa una striscia d'oro, lo avevano sempre avvertito sul ragazzo, ma lui non aveva mai voluto credere a tutte le voci che aveva sentito sul suo conto e in quel momento era li, di fronte a uno degli abomini della natura che lo avrebbero dovuto terrorizzare quando in realtà non riusciva a pensare ad altro se non a come portarlo in salvo. Scostò i capelli bagnati di sudore dalla fronte dell'amico alla ricerca del marchio, ma non vi era segno di nessuno di quei simboli che mostravano a scuola e da cui ti dicevano di tenerti alla larga. « Brucia »  Sussurrò Steven portandosi il braccio sul retro del collo; non appena compì quel gesto Samuel non perse nemmeno un secondo per scostarlo da muro e controllare a che cosa stesse facendo riferimento e finalmente eccolo lì, il marchio.
« Dobbiamo muoverci. Devo portarti lontano da qui,il più lontano possibile. »  Disse a denti stretti tirando su il corpo sudato di Samuel. « Ma tu devi collaborare, cerca di non guardare negli occhi nessuno,okay?»  Il ragazzo annuì appena e in men che non si dica si trovarono a scendere le scale alla velocità della luce, era ora di pranzo e questo significava che tutti erano affaccendati in cucina in vista del grande ritorno dei parenti del ragazzo.
Samuel prese le chiavi della sua macchina grigio metallizzato dal portachiavi all'ingresso, ma non appena fece per aprir la porta si sentì frenare da una voce scura e tetra. « Il ragazzo non va da nessuna parte. Il suo destino è tra le fiamme, è tutto ciò che si merita per essere diventato uno di loro.» era Emmett, il loro maggiordomo,un uomo di mezza età che aveva vissuto gli anni bui in cui una specie di vampiri modificata dall'ex Sacerdotessa della Casa della Notte si aggirava per le città di tutto il Nord America e si divertiva ad uccidere chiunque si trovasse sulla sua strada. « Ho già chiamato il 'Popolo della Fede' saranno qui a momenti.»
Samuel si guardò in giro e per puro caso riuscì a incontrare lo sguardo della tutrice del ragazzo che continuava a indicargli una botola nascosta nel parquet antico del piano terra di cui lei custodiva, per non so quale motivo, una copia della chiave. Nel giro di due secondi Steven si trovò trascinato lungo metà del corridoio d'entrata e buttato dentro questa botola seguito dal suo protettore quando ad un tratto uno dei suoi polsi fu afferrato dal maggiordomo di casa che, pur avendo sempre mantenuto un comportamento cordiale e affabbile, in quel momento sembrava appena uscito da un film dell'orrore.
«Sul mio cadavere. » Esordì l'anziana donna che per anni aveva insegnato a Steven quali fossero i valori che un essere umano doveva seguire dando una bastonata in testa all'impertinente che cadde a terra con un tonfo rumoroso. « Portalo alla 'Casa della Notte' più vicina, li sapranno cosa fare di lui, sbrigati, non hai molto tempo.» disse chiudendo la botola e infilandosi la chiave in tasca ringraziando il cielo che il resto della servitù fosse nell'altra ala della casa.
Samuel prese di peso Steven e lo buttò in macchina accendendola non appena si fu seduto sul sedile. Il motore, ormai a energia solare, della macchina iniziò a produrre il suo solito borbottio per poi finalmente far sentire tutta la sua potenza proprio quando si aprì la porta del garage.
« Ce la faremo, continua a tenere duro » mormorò vedendo che il viso di Steven si faceva sempre più pallido e che il suo respiro era sempre più flebile, non aveva mai assistito ad alcuna lezione sulla sua specie,ma era sicuro che le cose non dovessero andare esattamente così, lui non avrebbe dovuto sentirsi così debole e non avrebbe dovuto sudare così tanto, c'era qualcosa che non andava in tutto quello. Passò l'ora e mezza di guida continuando a voltarsi per controllare di avere ancora un essere vivente al suo fianco e non appena si trovò davanti al cartello d'acciaio battuto che indicava i pressi della meta d'arrivo emise un sospiro di sollievo. La vegetazione che circondava quel luogo era decisamente più libera e più incolta di quella del resto della città,ma la maestosità del posto avrebbe scioccato anche il più grande oppositore della specie.
« Identificazione, prego. »  disse un uomo sulla quarantina alzando una finestrella di vetro per controllare meglio l'identità dei visitatori.
« Non c'è tempo per questo genere di stronzate, il mio amico ha un marchio,è sul retro del suo collo e da quando gli è comparso non ha smesso di sudare freddo. » Bastò quella frase per mobilitare il guardiano che non perse tempo a chiamare l'interno per chiedere aiuto nel soccorso del ragazzo.
« Lo porti dentro, si sbrighi, le daranno l'aiuto di cui ha bisogno.» Samuel non fece nemmeno finire la frase all'uomo e ingranò immediatamente la quinta marcia per raggiungere quello che sembrava l'ingresso principale dei visitatori dove vide una serie di persone pronte a soccorrere l'amico che sembrava davvero in bruttissime condizioni. Non appena spense il motore della macchina si affrettò per raggiungere la portiera del sedile del passeggero, ma i vampiri stavano già prendendosi cura del suo amico adagiandolo su di una barella.
« Non deve preoccuparsi, ci prenderemo cura noi di Steven, lo stavamo aspettando. » Disse una giovane donna dai lunghi capelli neri con indosso un vestito dello stesso colore che accarezzava il pavimento. « Mi chiamo Zoe, Zoe Redbird e sono la Sacerdotessa della  'Casa della Notte'.» la sua voce aveva un effetto tranquillante che lo fece quasi cadere in uno stato di trance, ma fu proprio nel momento in cui stava per chiudere completamente gli occhi che un corvo nero gracchiò sulle loro teste facendolo sobbalzare.
« Io, io.. Non mi dovrei trovare qui» disse in fretta facendo il giro della macchina per tornare al posto di guida « C-chiamerò per avere sue notizie.» chiuse la portiera e guidò a tutta velocità allontanandosi il più possibile da quel luogo senza smettere di domandarsi se la scelta da lui fatta fosse stata corretta o meno.
« Portiamo il ragazzo..» Zoe fermò immediatamente Dorothea facendole segno di non proseguire la frase e si avvicinò al ragazzo ponendogli la mano sul petto per controllarne il battito cardiaco. « E' morto, portatelo in infermeria. La sua trasformazione sta iniziando.» il resto degli insegnanti si lanciarono uno sguardo comune e annuirono in contemporanea chi aprendo il portone principale e chi portando la barella sulla quale si trovava il corpo esanime di Steven consapevoli del fatto che quello non sarebbe stato uno studente come gli altri, un po' come Zoe,  a suo tempo, non era stata una studentessa come le altre.
  
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