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Autore: Pluma    17/11/2006    2 recensioni
E se il dramma di Boromir non riguardasse l'anello, ma un amore tanto insensato quanto irresistibile? Tanto irresistibile da non lasciargli via d'uscita? RIVISTA E CORRETTA. Spero anche migliorata, ditemi voi con tante tante recensioni.
Genere: Triste, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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E’ GIUSTO COSI’

 

Finalmente fuori da quella trappola mortale chiamata miniera di Moia, i nove compagni superstiti si ritrovarono ad essere distrutti, un po’ per la battaglia appena trascorsa, in cui nessuno si era risparmiato, un po’ per la perdita di Gandalf.

Percorsero una landa piena di rocce dove gli hobbit trovarono non pochi problemi a causa dei loro piedi abitualmente scalzi e pelosi. I quattro ragazzi avevano gli occhi rossi e gonfi di lacrime, i due cugini si sostenevano a vicenda com’erano abituati a fare da quando erano nati, inseparabili da allora fino alla morte, almeno così avevano sempre creduto. Sam conosceva bene Frodo, per sapere perfettamente che in quel momento voleva rimanere nella solitudine del proprio silenzio.

Di tanto in tanto si sentiva un tirar su di naso provenire dal nano solitamente borioso, ma non in quel momento. Persino l’elfo Legolas, abituato a mantenere sotto controllo i propri sentimenti, non riusciva bene nel suo intento quel giorno. Aragorn camminava davanti a tutti trascinandoli con la forza per evitare di essere sorpresi dalla notte in quella valle sassosa rischiando di essere attaccati dagli orchetti.

Boromir camminava a fianco di Lillith. Era triste per la perdita dello stregone grigio, ma un sentimento più pressante lo sconvolgeva maggiormente. Aveva capito di essere perso per quell’ essere a quattro zampe che gli sgambettava a fianco. Si sentiva un po’ in imbarazzo, a causa degli sguardi ostili che tutti rivolgevano alla lupa. Effettivamente non riusciva a capire nemmeno lui cosa fosse successo all’interno della grotta. Sembrava che fosse riuscita a bloccare Gandalf, e poi lei era la figlia dell’Oscuro Signore, possibile che non avesse forza sufficiente?

Immersi nei propri pensieri, entrarono in un bosco, dove si diceva dimorasse un elfo femmina, custode di poteri straordinari, pari unicamente alla sua bellezza capace di ammaliare i più duri di cuore. Essa era protetta, se mai ne avesse veramente avuto bisogno, dal suo compagno, e dalla loro gente. Era ciò che Gimli stava raccontando a Frodo, nel tentativo di distrarlo dal proprio lutto, quando il gruppo si trovò circondato proprio dagli elfi, che con gli archi tesi li tenevano sotto tiro.  Legolas emise dei suoni dolci e melodici: l’elfico

“Siamo qui come amici, cerchiamo riparo per la notte.”

Sentendo che tra gli stranieri c’era uno della propria razza, si fece avanti un elfo dal portamento fiero di nome Haldir. I lunghi capelli biondi cadevano ordinati sulle spalle, sembrava che né un soffio di vento, né una bufera avrebbero avuto la capacità di scompigliarli. I lineamenti seri del viso erano fini benché freddi avevano la femminilità che caratterizzava la bellezza della sua specie mancavano, però, della  sensualità di Legolas.

“Siete entrati nel territorio della dama dei boschi. Siate i benvenuti.” Disse con fare altezzoso.

La compagnia fu scortata al centro della foresta, dove gli elfi avevano costruito le loro dimore su alberi maestosi i cui tronchi imponenti brillavano di una luce propria che sembrava provenire dal loro interno. Furono subito portati al cospetto di Galadriel la signora di quel luogo saturo di magia e mistero. Il suo vestito bianco la faceva apparire essere ultraterreno sceso sulla Terra di Mezzo per attenuare il dolore dei loro cuori. Il suo compagno, Celeborn, dimenticandosi della buona educazione espresse immediatamente il suo disappunto per l’assenza dello stregone grigio. Senza che nessuno proferisse parola, Galadriel  lesse nelle anime degli otto compagni.

“I vostri cuori sono ricolmi di tristezza. Oscurità e morte vi hanno privato di un amico saggio, ma la speranza è l’ultima a morire. Dovrete andare avanti qualunque cosa accada.” Disse con dolcezza, spostando gli occhi color dell’infinito su ciascuno dei volti che aveva davanti. Solo quando il suo sguardo si posò sulla lupa, la voce si fece più severa.

“Mi chiedo, se conoscete l’identità di questa creatura che viaggia con voi.”

“Siamo a conoscenza della sua identità. Il signore di Gran Burrone, il re Elrond ci ha consigliato di accettare la sua compagnia.” Rispose educatamente Legolas.

“Lei, invece si domanda: perché non avremmo dovuto saperlo” disse Boromir.

La donna elfo si voltò verso il guerriero con il volto leggermente modificato per la sorpresa.

“Riesci a sentire la sua voce senza che una lama ti trapassi la mente?”

“Io parlo con lei.” Rispose con arroganza il soldato.

La dama fissò negli occhi la lupa e sussurrando quasi a se stessa disse:

“Traditrice del suo stesso sangue, può fare la differenza in questa guerra, che ci minaccia tutti. Ma la sua anima è assopita nei recessi del suo essere così come i suoi sentimenti. Solo chi riuscirà a perforare il suo cuore di ghiaccio, sarà capace di sentire i suoi pensieri, ma questo implicherebbe un coinvolgimento.”

“Basta! Falla smettere.” Ordinò Lillith, ma Boromir non l'ascoltò, occupato a sostenere lo sguardo di Galadriel, deciso a non rispondere alla provocazione.

“Sai che cosa le succederà una volta che l’anello sarà distrutto?”

“BASTA!” La voce di Lillith risuonò come l’urlo di un’aquila, in tutte le menti dei presenti, facendoli piegare tutti dal dolore. I soldati cercarono di reagire armando gli archi, ma la testa frastornata, e i denti che Lillith aveva scoperto, li convinsero a desistere.

Boromir fissò Lillith a bocca spalancata; sapeva che avrebbe dovuto parlare, sapeva che lei ne aveva bisogno, ma non riusciva a emettere nessun suono. Lillith si alzò, girò le spalle a tutti e corse via senza alcuna fretta, ma se qualcuno avesse provato a raggiungerla non ci sarebbe riuscito.

Scese la notte anche su quella foresta incantata. Lampade dalla luce bianca illuminavano l’oscurità, mentre un canto elfico risuonò per tutto il bosco. Dolce, leggero come il passo degli elfi stessi, sembrava che fosse il vento stesso ad intonarlo. Persino il nano, la creatura più lontana dalla mentalità elfica, capì di cosa si trattasse: un canto funebre in onore dello Stregone grigio Gandalf.

Gli unici uomini sistemarono le loro cose vicino.

“Ti sei ripreso?” Chiese Boromir.

“Intendi per il regalo che la tua lupa ha fatto a tutti noi? Tutti tranne te.” Rispose acido il ramingo.

“Che significato hanno le tue parole?” In realtà Boromir era decisamente stanco. Stanco degli sguardi accusatori, delle parole acide; non aveva più voglia di dare spiegazioni, ma ad Aragorn doveva qualche cosa in più rispetto agli altri. Così portò pazienza, aspettando una discussione che sicuramente non sarebbe riuscito ad evitare.

“L’ho sentita anche io Galadriel. Dimmi la verità: è vero che solo se si ha un legame particolare con Lillith la si può sentire?”

“Mi pare che anche tu la possa sentire.” Rispose vago con un’alzata di spalle.

“Non provarci Boromir.” Lo ammonì il ramingo.

Il figlio di Gondor guardò il suo compagno, non sapeva cosa dire o fare. Alla fine sospirando disse:

“Sarebbe più semplice se non fosse una lupa. Credimi Aragorn, è tutto ciò che ti posso rispondere.”

“Se fosse umana?”

“Mi sentirei perso senza di lei. Ma Lillith non è…”

Le parole gli morirono in bocca a causa di un’ombra che apparve e scomparve in un attimo. Il cavaliere si alzò lasciando solo il compagno, senza avergli dato una risposta esauriente.

Boromir arrivò in un punto del bosco abbastanza lontano da dove gli elfi dimoravano. Gli alberi seppur enormi non potevano essere paragonati alle dimore. Questi erano più fitti, ma la luce lontana delle lanterne permettevano ugualmente una buona visibilità persino per i suoi occhi umani. A dire il vero il soldato si trovava a suo agio anche quando l’oscurità non gli permetteva di vedere ciò che lo circondava. Solitamente si affidava ai suoi sensi, ma soprattutto al suo istinto, che in quel momento lo stava mettendo all’erta.

Ad un certo punto si fermò. Si era allontanato troppo, e cominciò a credere di aver avuto solo un abbaglio, ma quando girò su se stesso per tornare, si trovò davanti una donna. La pelle di lei era bianca, quasi che i raggi del sole non avessero mai sfiorato quelle braccia e quelle gambe, quel collo e quel viso. I capelli rosso fuoco, cadevano in ricci disordinati sulle spalle, coperte da una veste cenciosa grigia.

La donna si avvicinò al cavaliere con passi silenziosi, il volto tranquillo gli sorrideva. Lui la fissò negli occhi verdi. Solo un’altra creatura possedeva occhi come quelli, e la prima volta che li vide pensò che mai ne avrebbe visti di simili.

“Lillith?” disse in soffio labile e quasi impercettibile.

La donna fece un cenno di assenso sussurrando:

“Se fossi una donna sarebbe tutto più semplice. Non lo sono, ma non sono nemmeno una lupa. Sono una creatura nata dal male in mezzo all’oscurità, senza sentimenti almeno fino al giorno in cui ti ho visto la prima volta, quando mi hai protetta da Gimli. Ma se è la forma in cui mi hai conosciuto ad impedirti di amarmi, allora amami perché è questa la mia vera figura. Ma se così non è allora abbi pietà di me, e aiutami a conoscere l’amore.”

I due volti si attrassero, fondendo le loro bocche in un lungo bacio. Esattamente come fecero i loro corpi. Entrambi parvero molto esperti e decisi, ma quando tutti gli indumenti furono tolti e lei si ritrovò sdraiata, sull’erba, con Boromir sopra, il suo sguardo cambiò. La sicurezza che aveva sempre posseduto defluì dai suoi occhi lucidi, sebbene il suo sorriso non svanì dal volto, un lampo nell’espressione tradì l’emozione della prima volta.

Boromir se ne rese conto. I suoi baci, le sue carezze, benché audaci furono gentili. Lillith sentì il piacere invadere il suo corpo, al contatto della mano forte e un po’ ruvida di lui sulla sua pelle. Più il tempo passava, più Lillith prendeva sicurezza e cominciò anche lei ad accarezzare il suo amante; partendo dalla schiena sempre più in giù fino ai glutei.

Costatando la sicurezza riacquistata della donna, Boromir si staccò interrompendo la danza delle loro lingue, per aprirle le gambe e con la sinuosità di un serpente la penetrò. Per un secondo il bagliore in quei bellissimi occhi verdi ricomparve, facendo preoccupare Boromir, ma vedendo che lei non dava segni di nessun tipo decise semplicemente di avvicinare la sua bocca all’orecchio di lei sussurrandole:

“Va tutto bene, sono io.”

Cominciarono ad ansimare, sempre più forte, fino a giungere al momento di massimo piacere.

Stremato e sudato, Boromir, si sdraiò a fianco di Lillith, circondandola con il suo forte braccio da guerriero, attirandosela vicino lasciando che appoggiasse la testa sulla sua spalla. La voglia di proteggerla ora era più forte rispetto a quel giorno a Gran Burrone, ora che sapeva di poterla amare. Fu per questo che, nonostante avesse paura di rovinare quel momento perfetto, si decise a parlare:

“Quando l’anello verrà distrutto tu morirai?”

Lei tirò su la testa e disse:

“E’ giusto così! Non provare a cambiare il destino che ho scelto o sarò costretta a ucciderti.”

Era sincera. Per lei era troppo importante percorrere la via scelta, nemmeno a Boromir avrebbe permesso di ostacolarla, ora più che mai. In secondo luogo sapeva come l’anello riducesse gli esseri che pensavano di possederlo. Meglio Frodo che il suo adorato Boromir. Forte, coraggioso, così l’aveva conosciuto e così doveva restare. Meglio morto che una creatura, impazzita dall’ossessione, incontrollabile, con l’odio dipinto sul volto sfigurato, per il mondo intero e per se stesso.

Si riappoggiò addormentandosi di colpo. Al contrario di quello che temeva Boromir, il loro discorso non rovinò assolutamente niente. Lillith non era una creatura normale, non solo comprendeva il suo amante, ma non l’aveva presa sul personale nemmeno quando Gimli aveva tentato di ucciderla, figuriamoci se non poteva portare pazienza con il suo condottiero.

“No, non è vero, non è giusto!” Disse piano Boromir. Baciò Lillith sui capelli sentendone la morbidezza sulle labbra, per poi seguirla nel mondo di Morfeo.

   
 
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