Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Flaren_    23/04/2012    1 recensioni
Una ragazza come tante altre, sognatrice, timida e romantica.
Un ragazzo inglese, più studente che professore, sicuro di sè, e senza un problema al mondo, ma con un segreto che si porta dietro da anni.
Cosa succederà a Ronnie quando Lucas, un misterioso ragazzo neolaureato, diventerà il suo professore di Letteratura?
L'amore per Shakespeare, per Oxford e un Liceo Classico di Roma sono le uniche cose che li legano, ma che riusciranno ad intrecciare i loro destini in un modo inimmaginabile, forse. O forse no.
Tra aforismi, tulipani olandesi e segreti mai svelati, può sbocciare l'amore tra un professore e una studentessa?
{Believe significa "credi". Credi in te stesso, credi nel Destino, credi nell'Amore. Credi in quello che vuoi, ma non smettere mai di farlo, perchè se non credi in niente... il niente è tutto quello che avrai. }
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 11: Alex



 

« Sei assolutamente sicura che sia Evans con la ‘e’ e non con l’‘h’? » mi chiese di nuovo, forse per la miliardesima volta, continuando a camminare su e giù per la stanza.
« Sì, mamma. » ripetei, esasperata. « Si può sapere perché t’interessa così tanto? »
« M’interessa perché … Andrew Evans nel 2005 è stato candidato per essere eletto Primo Ministro Britannico. » annunciò con tono solenne e io alzai gli occhi al cielo, sbuffando.
« Sai quanti Evans ci saranno a Londra? Migliaia! Non è detto che sia suo padre, mamma!  » sbottai, alzandomi dalla poltrona, decisa ad andarmene. Era davvero un discorso ridicolo!
« Aspetta! » mi fermò. « Ragiona, le cose combaciano. Il ragazzo è di Kensington, ha frequentato Oxford…»
« Mamma, non c’entra nulla. Non può essere semplicemente un ragazzo londinese qualsiasi? E poi, pensi che un politico così importante permetterebbe che suo figlio finisca in Italia per diventare un professore sottopagato e senza possibilità di carriera? » continuai, categorica.
Le s’illuminarono gli occhi. « Magari è un figlio illegittimo! E quindi il padre gli da dei soldi perché  si allontani dalla Gran Bretagna  e non si venga a sapere della sua esistenza … »
« Certo, come no. Magari è nato da un’elfa e suo padre in realtà è Babbo Natale travestito che nel tempo libero è un serio politico inglese, ma che a dicembre si trasferisce al Polo Nord. » ironizzai.
 Mia madre guardava troppi film.
« Brava, scherzaci su, però poi non dire che io non ti avevo avvertita. » sbottò, stizzita.
« Va bene. » proruppi, seriamente esasperata. « La prossima volta che lo vedrò glielo chiederò, così ti convinci, ok, mamma? »
Oh, dio. Stavo seriamente iniziando a pensare che mia madre avesse problemi. Ahah, Lucas figlio illegittimo di un politico, costretto quindi a nascondersi in Italia? Degno di un film americano.
Mia madre aveva decisamente una fantasia sfrenata.
                                       
 
Qualche giorno dopo, davanti al liceo, vidi Alex arrivare stranamente presto – era nota per essere sempre, costantemente in ritardo -, con un paio di occhiali da sole scuri, nonostante fosse novembre inoltrato.
« Ehi, Alex, gli occhiali da sole a novembre li porti solo tu, comunque. » scherzai, alzando la voce.
Lei accelerò, tenendo lo sguardo basso e mi raggiunse in un lampo.
« Shh! » m’intimò, controllando se qualcuno dei pochi ragazzi che già c’erano si fosse accorto di niente. Fortunatamente, nessuno badava a noi.
« Alex, mi stai facendo preoccupare. » annunciai, mentre mi trascinava verso l’ingresso secondario, che quasi nessuno usava mai.
« Zitta e seguimi. » sibilò, continuando a trascinarmi per un braccio. « Adesso ti spiego. »
Iniziavo seriamente ad essere inquieta: non era da Alex comportarsi così, proprio no, non lei che era sempre allegra e frizzante, a volte anche troppo.
« Ho un problema. » sussurrò, continuando a guardarsi intorno.
« Oh, mio dio! Sei incinta? » esclamai. Adesso sì che mi era tutto chiaro! In effetti, negli ultimi giorni l’avevo vista sempre pallid…
« Ma tu sei tutta scema! Che cazzo ti urli? Ma che incinta e incinta! » sbottò, ma potrei giurare di aver visto le sue labbra incurvarsi verso l’alto. « Ho un problema peggiore. »
Con un sospiro, si tolse gli occhiali da sole, scoprendo un livido violaceo intorno all’occhio. Era già molto visibile, segno che non era recentissimo, forse della sera prima. Appena lo vidi, capii quello che doveva essere successo.
« Si vede tanto, vero? » sussurrò, la voce tremante per le lacrime.
« Chi è stato? » chiesi, preoccupata.
Non mi rispose, ma il suo silenzio fu eloquente.
« E’ stato tuo padre, vero? »
Lei fece un impercettibile cenno affermativo con il capo, sbattendo velocemente le ciglia per non far scendere le lacrime lungo le guancie.
« Alex, devi denunciarlo. » dissi, abbracciandola. Lei non ama il contatto fisico – tantomeno baci e
abbracci -, ma non fece storie. Non quella volta.
« No. »
Non era la prima volta che succedeva, ma suo padre non le aveva mai lasciato segni in volto. Quando era ubriaco se la prendeva con lei o con la madre, ma di solito le aggrediva a parole, mai fisicamente, così mi diceva Alex. La cosa peggiore era che da sobrio era una persona adorabile, dolcissimo sia con la moglie che con la figlia, e invece alcune sere beveva così tanto da risvegliarsi senza ricordarsi nulla – o così diceva - di quello che aveva fatto da ubriaco. Ovvero, insultare moglie e figlia.
Una volta, lei mi aveva confidato che in certi momenti avrebbe preferito essere picchiata a sangue.
Quella volta, sembrava fosse successo.
Il signor Lovìa aveva davvero superato il limite. La storia andava avanti da poco più di due anni, da quando i signori avevano iniziato ad avere problemi coniugali. Anna voleva lasciarlo, ma un giorno il marito era tornato a casa ubriaco fradicio e l’aveva picchiata e violentata. Da quel momento, nessuno in casa Lovìa parlò più di separazione, anche se lui almeno una volta ogni due settimane diventava un mostro.
« Alex, questa volta è diverso, ti ha picchiata. Devi dirlo a qualcuno, almeno a un professore! »
Lei si staccò da me e mi fissò implorante. « No, e anche tu non devi dire niente! Ha giurato che non succederà più! »
« Questa volta se lo ricordava? » ribattei, dura. Temevo per Alex, ed ero assolutamente sicura che denunciarlo fosse la cosa migliore da fare.
Lei abbassò gli occhi, sapevo bene che mai una sola volte il signor Lovìa aveva ammesso di ricordare ciò che aveva fatto.
« No, ma ne sono certa. Non accadrà più. »
« Va bene, allora sai che facciamo? Vieni a stare da me per un po’, i miei non faranno domande. Oggi pomeriggio, dopo scuola, passiamo a prendere un paio di cose a casa tua, e io verrò con te. Okay, Alex? »
Lei annuì, sorridendomi piano, riconoscente. « Va bene, Ronnie. Ora, però … »
Sembrava davvero in imbarazzo, e io la incoraggiai a proseguire, confusa. « Avresti del correttore? Non voglio che si veda … »
Annuii, tirandolo fuori dalle borsa, e applicandolo sul livido, tentando di essere più delicata possibile: era gonfio e sembrava fare davvero male.
« Ne hai altri? » chiesi, preoccupata che potesse averle fatto davvero male.
« No … solo uno sul fianco. »
Le feci alzare la maglietta, scoprendo una grossa macchia rossastra sotto le costole.
« Alex, questo è grave! » esclamai, inorridita dalla violenza che doveva aver usato quel mostro.
« No, non c’è niente di rotto, me lo ha controllato mamma. » sussurrò, riabbassandosi in fretta la tshirt.
« Passerà in fretta. Ora andiamo, la campanella ha già suonato »
La guardai preoccupata, certa che nessuna campanella avesse suonato. La mia paura era che nascondesse qualcosa di più grave che non voleva rivelarmi.
Ma soprattutto, ero certa che bisognasse fare qualcosa: Alex non poteva vivere per sempre nel terrore.
Sospirai, e la seguii su per le scale del liceo. La giornata si prospettava lunga e faticosa.
 
Lucas POV
 
Un paio di giorni dopo alla telefonata con la mia famiglia, dopo la lezione, vidi Ronnie rimanere in classe.
Le sorrisi, sistemando in fretta le mie cose. Ultimamente, quei minuti erano diventati piacevolissimi, per me. Ogni tanto, lei si fermava a fare quattro chiacchiere, e ogni volta mi sorprendeva, tirando fuori argomenti nuovi, oppure commentando qualche fatto odierno, lasciandomi sempre a bocca aperta per la sua arguzia.
« Ciao, Ronnie. Qualcosa da chiedere sulla lezione? » scherzai. Lei capiva sempre tutto quello che spiegavo, e se faceva domande erano sempre intelligenti e sensate. « Cime Tempestose non è il mio romanzo preferito, ma non si può negare che Emily Bronte sia brillante. Magari un po’ tetra, ma brillante. »
« No, mi chiedevo solo come mai mettere Cime Tempestose a questo punto. Voglio dire, abbiamo appena finito Shakespeare, poi Wilde … »
Risi, leggero. « Certo, ho fatto un salto temporale, ma così riuscirete davvero a capire la differenza di stile che c’è tra Shakespeare, Wilde e Bronte. È più che palpabile, direi. Sono stili totalmente differenti,  specialmente dal punto di vista stilistico. Più tardi paragoneremo anche Austen, ma si tratta di differenze diverse. »
« Mi piace il suo programma. »
« Grazie, ma oggi mi sembrava particolarmente intenta a parlare con Lovìa. » scherzai di nuovo, canzonandola. « Pensavo riuscisse a stare più attenta, durante le mie lezioni. »
Lei avvampò, e sorrisi, certo di averla messa in imbarazzo.
« Prof, era una cosa seria … » tentò di spiegare.
« Seria? Quanto seria? » intervenni, preoccupato. La sua espressione era grave.
« Mi dispiace, ma non riguarda me, e ho giurato di non farne parola. Però è una cosa molto seria, e vorrei chiederle di non menzionare nulla agli altri professori. »
« Certamente. » promisi, pur restando confuso. E, soprattutto, ero deciso a scoprire di cosa si trattasse.
« Puoi dirmelo, non dirò nulla a nessuno, te lo giuro su quanto ho di più caro al mondo.»
« Non posso, Lucas. »
Mi aveva detto di no? Perché mi aveva detto no? Non si fidava di me? Nessuno diceva mai no a me! Nessuno mi aveva mai negato nulla: quando desideravo qualcosa, me la prendevo, e basta, E se non potevo averla da solo, qualcuno la prendeva per me. Nessuno diceva no a Lucas Evans, dannazione!
« Per favore. » dissi, piantando gli occhi nei suoi, cercando di convincerla. « Sono preoccupato per voi, se è qualcosa di grave voglio saperlo, potrei potervi aiutare. »
La vidi tentennare per un istante, indecisa sul da farsi, ma poi scosse di nuovo la testa. « Mi dispiace, ma farei del male a molte persone, se te lo dicessi. Non riguarda me, altrimenti lo sapresti già … posso solo dirti di non preoccuparti. »
« Non mi basta … se la metti così deve essere qualcosa di davvero molto grave! Ho bisogno di sapere che non siete in pericolo, me lo impone la legge. » mentii, ignorando del tutto se ci fosse una legge anche per quello. In Italia le cose erano così complicate! Chissà cosa potevano aver combinato quelle due! Magari erano state importunate da stupidi ragazzetti della loro età … al solo pensiero, ribollii di rabbia.
« Non siamo in pericolo, ma se lo dovessimo essere ti avvertirò, va bene? » chiese, cercando al tempo stesso di accontentare me e nel frattempo di non tradire l’amica.
Annuii frustrato. « Va bene. » Avrei voluto sapere di più, ma non mi avrebbe detto nient’altro.
Dovevo assolutamente sapere qual era il problema. Se c’entrava quello schifoso tedesco, allora io … lo avrei fatto a pezzettini, quello stronzetto.
« Mhh, Lucas, ora che ci penso … per caso il politico Andrew Evans è tuo padre? » mi chiese, alzando gli occhi al cielo.
 Cazzo. Feci una risatina, che suonò abbastanza credibile. « Evans è un cognome comunissimo, a Londra e in Inghilterra in generale. » spiegai.
« Infatti, gliel’avevo detto, io! » esclamò, con l’aria trionfante di chi sa di aver ragione.
Mi divertì il suo sguardo, non sapeva quanto aveva torto.
« Perché, chi lo voleva sapere? » chiesi, curioso. Chi poteva aver collegato me a lui? Lovìa? O forse Santini?
« Mia madre. » sbuffò, alzando gli occhi al cielo. « Era convinta che fossi un figlio illegittimo costretto a scappare in Italia per nascondersi. »
Mica tanto lontano dalla realtà, la mamma a quanto pare aveva una fervida immaginazione, ma di certo ci aveva quasi preso.
Risi, fingendomi divertito. « Bè, succede. Magari legge molti libri del genere. »
« No, film. Comunque, adesso le potrò finalmente dire che Arthur Evans non è tuo padre. »
Già, infatti. È mio zio.

Flar's Notes **************************
Lo so, scusate, questo capitolo non mi convince molto, ma non volevo farvi aspettare troppo (io DETESTO aspettare -.-")
Adesso scusate, devo proprio scappare, alla prossima ^^
Fatemi sapere se questo capitolo dice troppe cose tutte insieme -.-"
Flar

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Flaren_