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Autore: oscar1755    17/11/2006    12 recensioni
“Oscar si svegliò di malumore anche quella mattina. Ultimamente, non riusciva a riposare che poche ore per notte. I pesanti turni di pattugliamento, ai quali erano sottoposti i suoi soldati, le impedivano di essere serena.
L'esasperazione del popolo parigino sembrava diffondersi senza controllo, ed il compito di prevenire disordini diventava sempre più arduo.”
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

Osservava con crescente preoccupazione i vicoli sudici e tetri, brulicanti di miseria e malattie che impregnavano di rancore la vita dei ceti più poveri, in una Parigi che pareva aver cancellato il ricordo della festosa accoglienza riservata a Maria Antonietta, che, vent’anni prima, aveva varcato il confine francese per diventare la moglie del Delfino.
La convocazione, per voce del re, degli Stati Generali aveva, inizialmente, generato nel popolo una confusa speranza di miglioramento, disattesa dal continuo e incontrollato aumento dei prezzi.
Mancavano solo un paio di mesi al giorno fissato, a partire dal quale i rappresentati dei tre ordini si sarebbero riuniti per deliberare il destino della Francia.
Oscar si auspicava la nascita di un nuovo Paese, non più stravolto da focolai di malcontento che sfociavano, sempre più frequentemente, in disordini e violenze.
Desiderava il realizzarsi di questo cambiamento con la medesima intensità con cui fuggiva da se stessa.
Consapevole che avrebbe dovuto affrontare il difficile compito di tutelare la sicurezza dei deputati, si imponeva di non cedere alla profonda stanchezza, cagionata da insistenti febbri notturne.
Lo zelo encomiabile con cui esercitava l’autorità di comandante, contrastava con l’atteggiamento sfuggente adottato nel privato.
Era trascorsa una settimana da quando aveva preso piena coscienza dei sentimenti che nutriva per André e, da allora, aveva accuratamente evitato di trovarsi sola con lui, persuasa che fosse la soluzione migliore, fino a quando non avesse risolto i contrasti con se stessa.
Il rimorso di averlo respinto aspramente era accompagnato da un profondo languore, sulla cui origine, pur indiscutibilmente evidente, Oscar rifiutava di soffermarsi.
Incapace di manifestare l’amore nascosto da una coltre di austera intransigenza, si sentiva troppo fragile per vivere accanto ad un uomo che, al contrario di lei, accettava con disarmante naturalezza i propri sentimenti.
Detestava se stessa per avergli rivelato, cedendo all’oblio del vino, pensieri ed emozioni che avrebbe desiderato rimanessero racchiusi nel suo animo. Si era abbandonata, tra le sue braccia, ad un desiderio sconosciuto che seguitava a tormentarla e, temendo di perdere nuovamente il controllo di sé, ne fuggiva, con determinazione, la causa.

- Comandante - si sentì chiamare.
Sollevando il capo, incontrò lo sguardo interrogativo del colonnello Dagôut.
- Ditemi, colonnello - lo invitò, con garbo impassibile.
- Vi stavo chiedendo, se non fosse il caso di perlustrare anche l’area intorno Place Vendôme, dove sembra si nascondano alcuni sobillatori.
- E’ un’osservazione pertinente - concordò Oscar, passandosi stancamente una mano sulla fronte rovente.
- Comandante, non vi sentite bene? - si informò il colonnello Dagôut, notando il volto arrossato di Oscar - in tal caso, vi suggerirei di tornare a casa e riposarvi.
- Non è nulla, solo un po’ di stanchezza - replicò con un sorriso forzato - comunque, farò come dite, prendete voi il comando, colonnello.
- Agli ordini, comandante - pronunciò deciso, facendo il saluto militare.
Arrestò il cavallo tirando le redini. Attese che la colonna dei soldati la oltrepassasse e, cambiando strada, incrociò lo sguardo preoccupato del suo attendente.
- Che cosa c’è Andrè? - gli chiese, con calma.
- Oscar sei sicura di voler tornare da sola? - si permise di domandarle.
- Sì. Tu resta pure con i soldati della guardia - gli comunicò, allontanandosi a cavallo.
Rammaricandosi, ancora una volta con se stessa, per l’atteggiamento scostante che riservava ad André, prima che a chiunque altro, si volse verso di lui.
- Grazie, Andrè - gli gridò, sorridendo.

Lasciò Parigi, immergendosi nel silenzio della campagna. Posò un palmo sulla fronte con la certezza di avere la febbre. Preoccupata che il suo stato di salute non le consentisse di assolvere ai propri compiti, meditò sull’eventualità di recarsi dal medico.
Il rumore di un cavallo lanciato al galoppo la costrinse a voltarsi. Osservò, con disappunto, il colonnello Stewart raggiungerla velocemente.
- Vi dispiace se rientro con voi, comandante?
Oscar si limitò ad un cenno di diniego e l’inglese le si affiancò, sorridendo.
Solo il rumore degli zoccoli turbava la quiete apparente di quel tardo mattino di primavera.
Il colonnello Stewart ammirò il volto stanco, ma sempre attraente, di Oscar.
- Siete molto bella, comandante - esordì all’improvviso - per quale impenetrabile ragione vi siete imposta di vivere come un uomo a qualsiasi costo?
Oscar lo fulminò con lo sguardo, irritata dalla domanda esplicita.
- Sono un militare - si limitò a ribadire, come se la frase in sé contenesse la risposta.
- Siete una donna estremamente riservata Oscar François De Jarjayes - perseverò il colonnello, con un sorriso - e noto in voi un accanito desiderio di celare i vostri sentimenti. E’ forse disdicevole essere una donna e nello stesso tempo un soldato?
Lo sguardo severo di Oscar indugiò sul volto del colonnello inglese.
- La vostra impudenza è deplorevole - lo biasimò.
- Vi chiedo perdono, madamigella. Spesso difetto in cortesia, ma, francamente, non comprendo il rifiuto ostinato di riconoscere la vostra femminilità.
Oscar tacque, imponendosi di ignorare l’usuale sensazione di familiarità mista a turbamento, che avvertiva ogni volta che il colonnello accennava, più o meno velatamente, al suo essere donna.
Sapeva che non poteva, o meglio non voleva, fornirgli alcuna spiegazione.
- Colonnello, non desidero parlare delle mie scelte personali - ammise - vi prego di scusarmi - aggiunse e, lanciando il cavallo al galoppo, fuggì, ancora una volta, da se stessa.
Gli occhi chiari del colonnello Stewart la contemplarono, fino a quando l’elegante figura non svanì all’orizzonte. Un lieve sorriso gli illuminò lo sguardo.
Immaginava, ormai, quale fosse il vero volto di Oscar, ma non si accontentava delle fugaci risposte del biondo comandante.
Sarebbe tornato all’attacco, attirando su di sé la disapprovazione di William e, di questo ne aveva assoluta certezza, non solo la sua, ma avrebbe costretto Oscar François De Jarjayes alla capitolazione.

***

Inspirò l’aria frizzante della mattina, concedendosi un delicato sorriso alla vista delle aiuole fiorite. L’ansia notturna le aveva accordato una tregua, consentendole di riposare serenamente e di sentirsi pervasa da una euforica sensazione di benessere.
Attraversò il giardino lentamente, assaporando il tiepido sole del mattino. Affascinata dall’azzurro intenso del cielo terso, si accorse della presenza del colonnello Stewart solo quando si trovò a pochi passi da lui.
Assorto, rigirava tra le mani un bocciolo di rosa. Sollevando lo sguardo la vide e, dal sorriso cordiale che le riservò, Oscar intuì che la stava aspettando.
- Buongiorno comandante, non ritenete anche voi che l’inizio della primavera sia il periodo dell’anno più elettrizzante? - le chiese tranquillamente.
Oscar lo fissò imperturbabile.
- Io non vi comprendo - asserì, laconica.
- Adoro le rose - ammise con un sorriso, ignorando l’affermazione di Oscar - ho affidato a William alcune commissioni da svolgere a Parigi ed ora mi ritrovo senza un compagno con cui esercitarmi con la spada - le riferì, con apparente noncuranza - mi concedete l’onore di duellare di nuovo con voi, madamigella?
Provocata dalla vaga aria di sfida che gli lesse negli occhi chiari, Oscar acconsentì alla richiesta.
- Il vostro invito mi lusinga - disse con tono volutamente affettato, sguainando, con calma, la spada.
Concentrata, ne studiò l’espressione del volto, domandandosi quale recondito mistero si celasse dietro l’intenso sguardo blu.
Determinata a vincere, sapeva, dall’esperienza precedente, che avrebbe dovuto chiudere il duello in fretta.
Rinfrancata da questa certezza, si lanciò sull’avversario decisa a non farsi sopraffare.
Colpì l’arma del colonnello con impeto, senza concedergli alcuna tregua. Lo attaccò con allunghi precisi e veloci, finché gli impedì di sollevare la spada per parare l’ennesima stoccata.
La lama si fermò a pochi centimetri dalla gola del colonnello, che sollevò le mani in segno di resa.
- Avete vinto, madamigella - ansimò, affaticato.
Un sorriso di sollievo illuminò il volto di Oscar.
- Siete davvero un valido avversario - ammise, rinfoderando la spada.
- La vostra abilità è seconda solo alla vostra bellezza, comandante De Jarjayes. Mi avete battuto senza colpirmi, a dimostrazione della vostra indiscutibile bravura.
Si allontanò di qualche passo, prima di riprendere a parlare.
- Vi confesso che l’avervi ferito, durante il nostro primo duello, è tuttora causa di rammarico.
- Si è trattato di un evento del tutto fortuito, colonnello - replicò Oscar tranquillamente.
- Non avevo mai ferito accidentalmente i miei avversari prima d’ora, ma voi siete così abile e veloce che mi avete indotto in errore. La considero una sconfitta e sono dispiaciuto per quanto accaduto.
- Non dovete angustiarvi, colonnello, io ho rimosso l’episodio.
- Attaccando con estrema precisione, non mi avete concesso di riflettere. La vostra strategia si è dimostrata vincente, madamigella. Questo mi porta a presumere che voi non commettiate mai lo stesso errore una seconda volta - ironizzò, sorridendo maliziosamente.
- Che cosa intendete dire? - domandò Oscar, diffidente - siete sfuggente e parlate per enigmi, colonnello.
- Vi siete decisa, finalmente ad ammetterlo, comandante - mormorò - sono diverse settimane che vi osservo e potrei affermare lo stesso di voi.
- Ebbene, colonnello Stewart, il vostro comportamento mi lascia non pochi dubbi al riguardo. Trovo le vostre allusioni singolarmente fastidiose e non ne comprendo l’origine - replicò duramente.
- L’educazione raffinata che possedete vi impedisce di aggredire un vostro ospite. Presumo, con non poca certezza, che i vostri sentimenti siano tutt’altro che benevoli nei miei riguardi. Trattenete le emozioni, nascondendovi dietro un’impassibile compostezza - commentò, tranquillo - e non comprendo perché vi ostiniate a non riconoscere che siete una donna. La vostra bellezza non ha eguali e sono persuaso che molti nobili sarebbero disposti a fare qualunque cosa pur di catturare il vostro cuore, ma voi sembrate non notarlo, troppo impegnata in una lotta impari contro voi stessa - concluse, enfatizzando il tono ironico.
Oscar non gli consentì ulteriori insinuazioni e manifestò il proprio risentimento schiaffeggiandolo con forza.
- Come osate? - sbottò indignata.
Il colonnello Stewart la fissò, improvvisamente serio. Le afferrò il polso e la attirò a sé, cingendole la vita col braccio.
- Lasciatemi! - gli ordinò, disorientata dal suo comportamento - siete forse impazzito?
- Perché, di grazia, negate la vostra natura, Oscar? Siete una donna bellissima ed un soldato valoroso, lottando contro voi stessa, soffrite inutilmente - dichiarò guardandola negli occhi, senza accennare a lasciarla andare.
- La vostra insolenza non è degna di un gentiluomo, colonnello - obiettò Oscar, risentita.
Un sorriso ironico si dipinse sul volto dell’inglese.
- Infatti, io non sono un gentiluomo - asserì in un sussurro.

Una mano decisa afferrò e strinse con forza il polso del colonnello, finché una smorfia di dolore non si dipinse sul bel volto aristocratico.
- Allora perché non ve la prendete con un uomo? - si intromise Andrè, con voce adirata.
Sorpreso dall’intervento repentino dell’attendente di Oscar, lo guardò senza parlare.
La pressione sulla sua mano divenne insostenibile, obbligandolo a lasciar andare il comandate De Jarjayes.
Oscar si scostò, preoccupata dallo sguardo ostile con cui i due uomini si fissavano.
- André, lascialo! Non ho bisogno che tu mi difenda - esclamò, nel tentativo placare gli animi.
- Non prendo ordini da voi, comandante - replicò deciso - in questo momento sono fuori servizio.
Stupita dall’atteggiamento aggressivo di André, rimase in silenzio, allarmata dalla furia che gli leggeva nello sguardo.
- Madamigella Oscar, non capite? - intervenne il colonnello Stewart - ho la presunzione di ritenere che lo scopo dell’ingerenza del vostro attendente non sia propriamente quello di proteggervi, quanto quello di dar libero sfogo a sentimenti assai meno nobili - concluse pungente.
La provocazione colpì nel segno. Andrè strinse il polso del colonnello con maggiore forza, fino a strappargli un grido di dolore.
- Voi non mi piacete - dichiarò, cercando di dominare la rabbia crescente.
- L’eccesso di gelosia è una cosa assai riprovevole, André - ironizzò.
- Colonnello Stewart, vi avverto, non mi provocate - esclamò, minaccioso.
- Andrè, ti prego, basta così - lo supplicò Oscar, intuendo le conseguenze inesorabili dell’acceso diverbio.
Il tono conciliante del suo comandante ebbe il potere di calmarlo. Lasciò andare il colonnello, fissandolo con sguardo vigile.
L’inglese si massaggiò il polso dolorante senza avere alcuna intenzione di desistere.
- Mi chiedo se il generale Jarjayes non abbia commesso un grave errore allevandovi come un uomo, madamigella Oscar - mormorò, perplesso - di certo io non avrei incontrato tanta resistenza, se aveste ricevuto un’educazione più femminile.
- Sguainate la spada, colonnello - si intromise André, furioso - le vostre parole sono ingiustificate ed offensive.
- E così saresti disposto a dare la vita per lei?
- Battetevi - gli ordinò, posando la mano sull’impugnatura della spada.
Il colonnello si avvicinò, apparentemente incurante della collera di André.
- Non ti consiglio di minacciarmi - lo provocò - sono molto abile con la spada e tu hai perduto un occhio.
Andrè non rispose. Sfoderò la spada e la puntò contro l’inglese, in segno di sfida.
- Come desideri, allora - pronunciò il colonnello.
Impugnando l’arma, si riversò repentinamente su di lui, cogliendolo alla sprovvista.
Andrè parò il colpo con difficoltà, appena in tempo per vedere la lama passargli vicino al viso. Rispose con un allungo possente che costrinse il colonnello ad allontanarsi.
- Fermatevi!
Il grido di Oscar si perse nell’aria, sovrastato dal suono metallico delle lame.
Il duello proseguì in un intreccio vigoroso di affondi e parate fino a quando entrambi si fermarono per riprendere fiato.
- Lascia perdere Andrè, sono più abile di te - esordì, affannato, il colonnello.
- La vostra tracotanza è seconda solo alla vostra villania - replicò, attaccandolo di nuovo.
Il colonnello si mosse velocemente, ed eludendo la stoccata di Andrè, vibrò un fendente veloce e preciso che disarmò l’avversario.
Un sorriso vittorioso si dipinse sul volto accaldato, mentre osservava la spada cadere vicino ai suoi piedi.
- Non puoi combattere disarmato, André - affermò, asciutto.
- Questo non è un allenamento. Continuate, colonnello! - lo incalzò.
- E’ impossibile che tu possa battermi, senza spada, Andrè.
- Non siate così sicuro di voi - lo sfidò.
Si mosse velocemente e, gettandosi a terra, afferrò l’arma, appena in tempo per parare l’affondo del colonnello. Con un rapido movimento della gamba gli colpì una caviglia, facendogli perdere l’equilibrio.
Si rialzò velocemente e con un calcio allontanò la spada dell’avversario.
- Colonnello Andrew Philip Stewart, ora siete voi in una condizione di svantaggio! - esclamò ironico, mentre lo osservava rimettersi in piedi.
Improvvisamente, ritornò serio e gettò la spada.
- Ora siamo pari. Fatevi avanti, colonnello - gli intimò, minaccioso.
L’inglese lo scrutò in preda al dubbio. Lo aveva provocato deliberatamente, fino a spingerlo a reagire. Era consapevole che Andrè, se si fosse lasciato condurre dalla collera, poteva rivelarsi un uomo molto pericoloso.
- Ebbene? Avete perso il dono della parola? - lo sfidò il soldato.
Il colonnello Stewart rimase in silenzio, vagliando le possibilità che aveva di sovrastarlo. Andrè era più alto e più forte. Per batterlo doveva necessariamente sfruttare la maggiore agilità del proprio fisico. Senza indugiare, sollevò il braccio destro e gli assestò un pugno in pieno viso.
Andrè barcollò, allontanandosi di qualche passo. Si portò la mano alla bocca, asciugandosi un rivolo di sangue.
Squadrò ostile il colonnello e si avventò su di lui con furia cieca, trascinandolo rovinosamente a terra.
Gli piegò bruscamente un braccio dietro la schiena, strappandogli un grido di dolore. Lo immobilizzò con il proprio peso e sollevò la mano, chiusa a pugno, per colpirlo al volto.
Fissò gli occhi chiari leggendovi, palese, la paura.
Rimase immobile, percependo sul proprio corpo il sollevarsi e l’abbassarsi frenetico del torace, causato dal respiro affannoso ed irregolare del colonnello.
Un’improvvisa espressione di sorpresa si dipinse sul suo volto. Lo sguardo tornò quieto, mentre abbassava lentamente la mano, senza colpire l’avversario.
- Avete ragione, non siete un gentiluomo - mormorò, ripetendo le parole del colonnello.
Si rimise in piedi, aiutandolo ad alzarsi.
Lo scrutò in silenzio con aria interrogativa, attendendo una risposta alla sua muta domanda.

 

Continua

 

Ecco fatto un altro capitolo.
Nel proseguire la storia, ho modificato in modo radicale quella che era la stesura iniziale, e posso dire che, a parte qualche dettaglio, di fatto la sto scrivendo ex novo in funzione delle idee che, nel frattempo, si sono formate nella mia testa.

Lascio a voi il compito di decidere se approvate o meno il carattere dei personaggi, visto che io sono di parte…. anche se, in verità, cerco di non discostarmi troppo dalla personalità data loro dalla Ikeda.

Ringrazio i tanti lettori "fantasma", ma una menzione speciale va a chi ha recensito (giusto, no?)

Nisi: grazie come al solito. I complimenti di una esperta di Lady Oscar non possono che indurmi a continuare ^^

Pucchetta90: felice che ti piaccia, spero che apprezzerai anche il seguito.

ste: come vedi cerco di aggiornarla, tempo (ahimè sempre poco) permettendo ^^

a presto

Oscar

  
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