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Autore: Hellionor    24/04/2012    3 recensioni
Si dice che Deimos, un giorno, quando l'attrazione di Marte diventerà troppo forte, si schianterà sul pianeta stesso; mentre Phobos scivolerà verso gli inesistenti confini dell'Universo.
Altri, invece, ipotizzano che anche il secondo, dopo l'impatto del primo, finirà a collidere con Marte.
E così, i due satelliti verranno divisi e distrutti proprio dallo stesso che li aveva avvicinati.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi!!
Una settimana è passata dall'ultimo aggiornamento ed è quindi ora di annoiarvi con un altro capitolo.
Volevo lasciarvi una piccolissima anticipazione, ma... ma no, scoprirete tutto leggendo!
Be', allora buona lettura a tutti.
Un bacio,
Nora




Capitolo 15
Sposami!



-Come mi vesto?- si domandò Nimhea, sedendosi sul letto e guardando con disperazione la valigia aperta. -Come mi vesto, come mi vesto, come mi vesto?!- ripeté a tutta velocità.
“Sai anche tu qual è la soluzione: mettere un vestito.”
Nare si avvicinò all'amica e rimase in piedi a fissarla. Era già pronta: indossava una canottiera chiara ed una gonna a vita alta blu. I ricci perfetti erano già sistemati con cura, anche se alcune ciocche restavano indomabili e le davano un'aria sbarazzina.
“Hai capito bene.”
Sul suo viso si dipinse un'espressione compiaciuta: sapeva che questa volta la vittoria sarebbe stata sua.
“Ho un'idea geniale! Amami!” esclamò all'improvviso, raggiungendo con una corsa leggera la sua valigia.
“Prendi questo, provalo!”
Nim afferrò l'abito un tempo piegato e, senza preoccuparsi troppo, sfilò la canottiera e lo indossò, togliendo poi anche i pantaloncini. Si diresse verso il grande specchio sulla parete e si osservò.
Le piacevano le spalline larghe e la forma di quella scollatura forse un po' troppo profonda. Fece mezzo giro su se stessa: le piaceva anche come lo scollo posteriore scendeva fino a metà schiena. Nero. Un tubino nero. Un semplice ed elegante tubino nero. Esageratissimo per quella situazione.
“Nare, non è, ecco, un po' troppo serio?”
“Sì, toglilo. Era solo per farti passare il tempo, mentre cercavo questo.” rispose scoppiando a ridere Andrea, mentre si alzava e le porgeva un vestito.
“Sono un genio. Sono un genio.” annunciò seriosa, osservando l'amica indossare il secondo abito.
La scollatura era ancora pronunciata, ma sembrava giustificarsi di quell'azzardo con le leggere maniche a tre quarti. La stoffa morbida era color crema, tempestata di piccoli fiori rossi dai contorni non del tutto definiti, e superava la metà coscia.
“Però manca ancora qualcosa.”
Con aria pensosa, ma decisa, Nare si avvicinò alla valigia di Nimhea.
“Sapevo che l'avresti portata!” disse vittoriosa estraendo la cintura di cuoio chiaro intrecciata che l'amica portava praticamente ovunque.
Nimhea sorrise. Finalmente capiva dove voleva andare a parare: voleva farle indossare le scarpe appena comprate. Il giorno precedente, infatti, ne aveva comprato un nuovo paio esattamente di quel colore. Avevano un tacco forse un po' troppo alto, ma erano comode e meravigliose. Non sapeva quando le avrebbe mai potute mettere, ma era stato un acquisto impulsivo e, forse, provvidenziale. L'unico paio di scarpe col tacco che si era permessa di comprare lì: in valigia ci sarebbero poi dovute stare, in un modo o nell'altro.
L'amica le passò velocemente la cintura in vita e aspettò poi che l'altra infilasse le scarpe rimaste in una scatola dentro all'armadio.
Tornò a guardarsi allo specchio.
“Va bene, per questa volta direi che posso permettermi di metterlo.”
Finse di non sentire il disagio di indossare un vestito e trascurò la fitta d'ansia che le percosse lo stomaco.
Sorrise a Nare, la ringraziò e corse a darsi un'ultima sistemata: passò un velo di cipria sul viso e il mascara sulle lunghe ciglia, raccolse i capelli ed uscì.
Andrea la guardò, senza parlare e si avviò alla porta: erano in ritardo di soli cinque minuti, un evento storico!
“Ultima cosa:” disse quando ormai le porte dell'ascensore si stavano aprendo sulla hall semivuota. Le slegò i capelli con un gesto fulmineo e inaspettato, sistemandole le onde che creavano sulla schiena. “Slegati sono più sexy.” la prese in giro uscendo con ampie e sinuose falcate e attraversando la sala.
Nim rimase un attimo interdetta, poi la seguì, tentando di non concentrarsi troppo sul rumore dei tacchi e degli sguardi curiosi diretti ad entrambe.
Quando uscirono, l'aria della città le inghiottì, avvolgendone gambe e braccia. Nim osservò la punta delle scarpe che fendeva l'asfalto e sollevò lo sguardo, trovandosi di fronte Shannon che la osservava. Preferì non decifrarne lo sguardo, ma continuò a fissare quegli occhi, come se il tempo si fosse fermato. Giocò piano con una ciocca e la sistemò dietro l'orecchio sinistro, prima di aprire bocca.
“Buonasera!”
“'Sera.” rispose lui con un sorriso.
Credeva di averli dimenticati, i suoi sorrisi. Quando si voltò e si accorse dello sguardo loquace e incuriosito di Andrea accanto a lei non poté fare a meno che sussultare, imbarazzata, e arrossire.
“Ciao Andrea.” la salutò.
Nare ricambiò il saluto, con un sorriso divertito dallo strano suono che aveva quel nome uscito da labbra straniere.
“Pronte?” il suo tono sembrava tremendamente provocante. “Non spaventatevi se ci sarà... un po' di gente, ecco.”
Iniziò a camminare, seguito dalle due ragazze.
“Un po' di gente quanta?” chiese Nim, provando a deglutire l'agitazione e distendendo lo sguardo. No, non era calma per niente.
“Perché agitarsi tesoro? Ci sono io con te.”
“Tesoro?” domandò sarcastica, mentre sentiva il sangue schizzare alle guance: rabbia, non imbarazzo. “Figurati. Chi si agita con te?”
“Ma fa sempre così?”
Sul volto di Shannon, mentre si rivolgeva ad Andrea, si dipinse uno sguardo preoccupato, come di chi sta per scoprire della malattia terribile di un parente.
La ragazza annuì, soffocando una risata, e osservò i due accanto a lei.
-Come fa a non vedere niente, quella ragazza? Dovrei fermare i passanti e chieder loro se...-
“Eccoci.” disse l'uomo aprendo la portiera di un'auto scura.
Nim lo guardò titubante, quasi non si fidasse di lui, e osservò l'amica sparire alla sua vista, entrando nell'abitacolo.
Shannon scoppiò in una risata luminosa. “Su, cosa vuoi che ti succeda!”
“Ti difenderò da tutti.” aggiunse poi, prendendola in giro. Nonostante tutte le intenzioni, le sue parole non suonarono del tutto come una presa in giro.
“Mi difendo benissimo anche da sola, Leto. E soprattutto, mi difendo benissimo da te.”
“Come vuoi. Vedo che non sei cambiata per niente.”
“Ti sono mancata?”
L'uomo non rispose, ma rimase a scrutare i suoi occhi chiari. Un bagliore di adorabile strafottenza li percorreva, facendoli apparire ancora più grandi e fieri. Ancora più belli. Distolse lo sguardo per qualche secondo, incespicando tra i suoi pensieri. Non era quello il momento giusto per fermarsi a riflettere.
Nim ne approfittò e allungò un passo verso la vettura.
“E io ti sono mancato?” le sussurrò all'orecchio, riprendendo lucidità. Lei si voltò, riportando al cervello l'analisi immediata di tutto ciò che non andava.
-Primo: è troppo vicino. Secondo: si prende troppe libertà. Terzo: è troppo fastidioso.-
“Assolutamente no.” rispose con un sorriso. L'aria leggera mossa dalle sua labbra scalfì decisa il 'no' a pochi millimetri dalla guancia dell'uomo che scrollò le spalle e le lanciò uno sguardo divertito e sicuro di sé.
Si voltò e richiuse la portiera alle sue spalle, con un gesto deciso: l'aveva chiuso fuori dal suo mondo ancora per qualche secondo.
“Com'era? 'Non fa per me'.” le sussurrò l'amica, facendole il verso. Quando si voltarono, scoprirono di non essere sole e si guardarono intorno confuse.
“Nessun sequestro di persona, non vi preoccupate ragazze.” disse loro un'altra ragazza sui sedili posteriori. Il viso era incorniciato dalle due ciocche di capelli scuri che rimanevano libere dallo chignon alto sulla nuca, gli occhi sovrastati da una frangia. Indossava degli strettissimi pantaloni neri a vita alta da cui usciva una camicetta scura e leggera.
Alla guida dell'auto si trovava Tomo che si voltò e le salutò. In fondo era un gesto normale. In fondo si erano visti appena una settimana prima.
“Fatemi indovinare, lo so, lo so! Tu sei Nimhea!” esclamò ancora l'altra passeggera, dopo aver osservato Nim per qualche secondo. Doveva ammettere che, per quanto essere conosciuta da qualcuno di cui ignorava l'identità la infastidisse un po', un pensiero strisciante s'insinuò nella sua mente. Allora aveva parlato di lei! Allora.... allora niente. Dovevano uscire insieme, era ovvio che avesse informato i compagni di serata.
“Indovinato.” sorrise, mentre intravedeva Shan sedersi davanti e voltarsi a guardare la scena.
“Piacere, Vicki.” disse porgendole la mano e passando poi a Nare, dopo la stretta.
“Andrea.” si presentò.
“Fantastico, direi che non c'è stato bisogno di me.”
“Da quando Vicki ha bisogno di qualcuno per le presentazioni?!” esclamò Tomo azzittendo l'amico e ingranando la marcia.
Tutti sorrisero, lasciandosi poi sovrastare da un silenzio imbarazzato, ma inevitabile. Shannon fu il primo a cercare di spezzarlo. “Come potete notare, l'altro Leto ha lasciato a me il servizio taxi.”
“Sì, ed è proprio faticoso guidare, eh Shan?”
“Oh, ma oggi mi dovete prendere tutti per il culo?” sbottò l'uomo sollevando le braccia al cielo.
“Che linguaggio scurrile. Non si addice ad una persona fine come te, e ti ricordo che abbiamo ospiti, qui.”
“Diciamo che di ragazza particolarmente fine qui c'è anche Nimhea.” aggiunse Andrea ridendo.
Nim, che si stava perdendo ad osservare il tatuaggio sulla spalla sinistra dell'uomo, alzò lo sguardo di scatto e si ritrovò fissata da Shannon, che con un sorriso beffardo sembrava contento di averla sorpresa ad indugiare sul suo corpo, da Andrea e da Vicki e, sebbene il quarto fosse concentrato sulla guida, riusciva a percepire come una sorta di attenzione vincolata che non le lasciava scampo. Tirò una gomitata all'amica e provò a difendersi: “Io... non è vero! Cioè sì, ma diciamo che in certe situazioni una parolaccia è fondamentale. Rende molto meglio di perifrasi insensate.”
“Visto? Nimhea, sposami!”
“Inizia a comprare un anello. Poi ti voglio in ginocchio. Poi posso dirti di no.”
Shannon guardò il sorriso brillante della ragazza festeggiare sulla sua sconfitta, mentre sentiva le risate degli altri passeggeri piombargli addosso. Si voltò verso la strada, ridendo a sua volta. Avrebbe potuto rispondere in un migliaio di modi, ma non disse niente. Era una cosa apprezzabile, si disse, riconoscere una sconfitta. Oltre tutto gli pareva decisamente contraddittorio ed infantile pensare di rispondere con qualcosa che suonasse come 'ma chi vuole sposarti' e frasi di significato simile.
Nel giro di un quarto d'ora, la tensione all'interno dell'auto si era alleggerita, e la vettura stava rallentando la sua corsa, andando a parcheggiare vicino ad una casa. Dall'interno, di cui si vedeva solo la luminosità, proveniva una musica ad un volume non particolarmente esagerato.
Shan rimase indietro a chiudere il gruppo, quasi volesse controllare che le due ragazze non decidessero di scappare all'ultimo secondo, senza un motivo reale. Quella paura lo fece sentire particolarmente stupido, eppure era convinto che Nimhea sarebbe riuscita a fuggire ancora. A fuggirgli ancora.
Quando entrarono, la confusione si mostrò ai loro occhi. Il suono che dall'esterno sembrava attutito era più alto di quanto pensassero, ma comunque abbastanza basso perché i presenti potessero parlare senza doversi preoccupare di sovrastare la musica. Tomo e Vicki si staccarono dal gruppo e lasciarono gli altri tre vagare alla ricerca del cantante.
Fortunatamente, trovarono presto Jared tra la folla, che salutò il fratello e poi loro, studiandole con un sorriso leggero. Sembrava come contento che fossero lì.
“Non spaventatevi.”
“Sei la terza persona che ce lo ripete, credo.” rispose ridendo Andrea avvicinandosi per lasciare spazio ad un uomo che dietro di lei, cercava di attraversare la sala.
“Ecco, allora evito di ripeterlo per ottenere l'effetto contrario! Lui” disse Jared afferrando per un braccio l'uomo che era appena passato dietro alla ragazza “lui è Terry, ed è un tuo collega Nimhea. Vi lascio alle presentazioni.”
“Io... è un piacere, forse dire che siamo colleghi è un po' troppo, ecco...”
L'uomo davanti a lei rise. Aveva una faccia particolare, allegra, quasi buffa in alcuni casi. “Piacere mio. So che sei qui perché hai vinto un concorso, quindi metti da parte l'imbarazzo e la modestia, collega.”
Nimhea sorrise e gli strinse la mano, sotto lo sguardo curioso di Shannon e Andrea. Si salutarono tutti velocemente, poi le due ragazze furono accompagnate dai due fratelli a conoscere qualcuno dei numerosi presenti, quanto bastava per trascorrere insieme la serata.
Quando Jared si allontanò ed Andrea si ritrovò a seguirlo per bere qualcosa e a chiacchierare con Tomo e Vicki, Nimhea si guardò intorno sconsolata e la risposta alla sua solitudine non tardò a mancare: Shannon. Entrambi avrebbero benissimo potuto fingere di non stare aspettando quel momento dall'inizio della serata, o avrebbero potuto guardarsi e iniziare a parlare seriamente per una volta, come quella sera all'osservatorio, o avrebbero potuto pensare per la prima volta che forse non era così faticoso stare insieme.
“Con me non hai fatto tutta quella scena quando ti ho detto che ero un fotografo.”
Questo fu il risultato di quei secondi passati a scrutarsi.
“Non per essere scortese, Shan, ma non è che tu sia così conosciuto, ecco. E poi non sarai mica geloso!” lo prese in giro ridendo di una risata cristallina.
“Vuoi uscire?” era la prima volta che abbandonava così una festa, e tutto sommato gli sembrava di avere degli ottimi motivi per farlo: faceva caldo, non si riusciva a parlare, non era solo con Nimhea.
“Mi posso fidare?”
“Puoi decidere di non farlo.” ribatté, lanciandole un'occhiata convinta per il giusto tempo e indicando poi con un cenno del capo la porta dall'altro lato della stanza. Non era la stessa da cui erano entrati, ma poco importava. Nim pensò un attimo ad Andrea, che sicuramente l'avrebbe uccisa se fosse venuta a sapere che aveva rifiutato di uscire, poi si voltò verso l'uomo e lo superò, dirigendosi verso l'uscita. Era abituata a passare in mezzo alle folle e a svincolarsi dagli sguardi altrui.
All'improvviso si sentì stringere per la vita e il braccio di Shannon le tolse il respiro per un secondo. Si schiantò contro il suo petto, appena in tempo per vedere la ragazza alla sua destra voltarsi con un bicchiere in mano e tagliarle la strada. Sospirò, contenta di essere scampata alla figuraccia e di aver salvato il vestito, poi sentì battere tra le sue scapole il cuore dell'uomo alle sue spalle.
“Dovresti solo stare più attenta, tesoro.” le disse, spostandole lievemente i capelli mossi e incastrando le parole nell'incavo del collo.
“Grazie, ma bastava prendermi per un braccio.”
“Non sarebbe stato così divertente.” sorrise lui lasciandola andare e uscendo dopo di lei. L'aria esterna era calda, ma non insopportabile.
Nimhea era felice di poter sentire l'aria sferzarle sulla schiena, ma sentiva ancora il calore del suo petto e la forza del braccio stretto in vita. Era felice di sentire l'aria, ma non voleva ammettere che quell'euforia nascesse dal fatto che la stesse sfiorando dopo di lui.
“Com'è andato il viaggio?” chiese, sperando che quel balbettio nervoso uscito dalle sue labbra fosse semplicemente un brutto scherzo della sua mente.
-Che ti prende, Nim?!-
“La parte stronza ha deciso di lasciar prevalere la tua parte dolce?”
“Chi ti dice che esista la parte dolce?”
“Non bluffare Nimhea. So che esiste. Gli occhi non hanno nemmeno la scusa di essere di un altro paese per non farsi capire.”
Nim sorrise, lievemente imbarazzata. Ma, pur trovandosi a disagio, si sentiva al sicuro vicino a quell'uomo appartenente ad un mondo così distante. Le sembrava rassicurante vedere come il distante fosse totalmente diverso dall'irraggiungibile.
Osservò lo sguardo di Shannon percorrerla dai capelli liberi che aveva appena spostato su una spalla fino ai tacchi delle scarpe.
“Se non la smetti di guardarmi le gambe, giuro che vado indietro e mi vesto da eschimese! Sono già abbastanza in imbarazzo!”
“Ti metto in imbarazzo?”chiese lui sfoggiando un sorriso provocatorio e avvicinandosi a lei più di quanto Nim volesse sopportare o permettergli.
“Non era questo il punto, Shannon Christopher Leto.” rispose secca, allontanandosi piano e distogliendo lo sguardo.
“Ricordi anche il secondo nome?”
“Credi abbia una memoria così insignificante?”
“Tu non hai...”
“Ehi, avete intenzione di abbandonarci definitivamente o volete entrare? Non è poi così comodo stare lì fuori.” gridò qualcuno ridendo e rientrando immediatamente in casa. Non erano poi così al sicuro. Non era poi così difficile far scoppiare la bolla che si era creata intorno a loro e che sembrava proteggerli dal mondo.
“Arriviamo!” rispose Shannon staccandosi dalla balconata della veranda a cui era appoggiato.
“Cosa stavi dicendo?”
“Tu... tu non hai freddo?”
Nimhea sorrise e, assolutamente poco convinta da quella risposta, preferì non indagare e rientrare in casa, seguita dall'uomo.
-Tu non hai niente di insignificante. Era un complimento. Un fottuto complimento che potevi farle. Perché sei stato zitto?!-
“Da dove sbuchi?” le chiese Andrea osservandola arrivare seguita dall'uomo. Sui volti di entrambi una sorta di felicità interrotta, delusa, troncata. Shannon le passò accanto, posandole una mano sul fianco per farla spostare quanto bastasse per superarla e insieme salutarla.
“Da... fuori. Faceva caldo e così...”
“Dentro faceva caldo. Sì Nimhea. Non mi starai nascondendo qualcosa?”
“Secondo te? Sai come la penso.”
“Fa fin troppo per te.” 

   
 
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