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Autore: Giulia_G    25/04/2012    1 recensioni
«E’ la mia prima volta» dissi, tutto d’un fiato, chiudendo gli occhi e attendendo una sua risposta. Mi sarei aspettata uno di quei suoi sorrisi da togliere il respiro, un bacio appassionato o una parola dolce, ma tutto quello che ottenni fu il fatto che si bloccò, rimanendo fermo per più di un minuto nella stessa posizione.
«Merda» esplose, più ad alta voce di quanto mi sarei aspettata, mettendosi a sedere e abbandonando la testa tra le mani.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non pensavo che avrei amato tanto ciò che sarebbe venuto dopo, ma dovetti ricredermi. Mi accarezzava il viso, guardandomi negli occhi e osservando un sorriso spuntare sul mio volto. Amavo il modo in cui mi osservava, come se in quel momento fossi la cosa più importante per lui, come se percepisse il mio sentirmi protetta dalle sue braccia e dal suo soffio tra i miei capelli. Mi prese la mano, intrecciando le sue dita con le mie, senza smettere di fissarmi. «A cosa pensi?» mi chiese. Abbassai il volto, asciugandomi la prima di quella che immaginai sarebbe stata una cascata infinita di lacrime. «Scusami» dissi semplicemente, sapendo che avrebbe capito cosa intendevo. «Non piangere» mi consolò piano, abbracciandomi. Di nuovo quel senso di sicurezza al contatto con la sua pelle. «Non mi lasciare, ti prego». Piangevo, quasi a singhiozzi. «Non lo farò, mai. Te lo prometto» sussurrò, sapendo bene che ciò a cui alludevo io non era lo stesso a cui pensava lui. Probabilmente non lo aveva capito subito, ma il rendersi conto di essere una specie di strumento per me in quel momento, non era assolutamente servito a fermarlo. Mi facevo schifo da sola, non ci sarebbe stato bisogno di nessuna predica, di nessuna paternale per spiegarmi che era sbagliato prendersi gioco così di una persona. Mi sentivo una merda, dentro e fuori. Mi scoppiava il cuore al solo pensiero di avere usato Liam per uno scopo così stupido, per un fine così inutile e infantile. Sapevo che avrei ricordato quella serata come uno dei più grandi sbagli della mia vita, ma nonostante questo non riuscivo a pentirmi di quello che era successo. Mi era piaciuto, non solo nel senso fisico. Era quello ciò che mi preoccupava: mi ero sentita bene, al sicuro, felice addirittura, mentre mi dedicava tutte le attenzioni di cui era capace. «Allyson?» mi chiamò, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lo guardai con l’aria di chi ha mille e più azioni da farsi perdonare, ma lui non era arrabbiato, né pareva avere intenzione di aspettare delle scuse. «E’ tutto ok» mi assicurò, guardandomi negli occhi. Mi accoccolai ancora a lui, continuando a ripetere l’errore di pensare solo a me stessa, quasi come se non mi fossi accorta di commetterlo anche solo rivolgendogli un sorriso di troppo. «Scusami» ripetei, prima di mettermi a sedere. Avevo ancora le dita intrecciate con le sue, e mi costò una fatica enorme lasciarle andare per alzarmi. «Dove vai?» domandò, sedendosi sul bordo del materasso e infilandosi velocemente i boxer. Recuperai l’accappatoio e me lo misi addosso, prima di girarmi e tornare sul letto. Mi accovacciai accanto a lui e presi per l’ennesima volta la sua mano. «Ti amo» riuscì a dirmi, evidentemente in lotta contro se stesso per ricacciare indietro le lacrime che facevano a pugni per venire fuori. Quelle due parole ruppero ogni muro interiore che avevo, facendomi sciogliere come un panetto di burro sotto il sole estivo. «Mi dispiace Liam, io non…» iniziai, ma mi interruppe, abbracciandomi come avrebbe fatto il mio migliore amico, non come il ragazzo con cui ero appena stata a letto solo per avere la possibilità di andare con un altro. «Lo so» mi tranquillizzò, accarezzandomi la testa. «Ma dovevi saperlo comunque» aggiunse. Sentivo che non era tutto ok, sapevo di aver rovinato per sempre il nostro rapporto ed ero consapevole del fatto che Liam fosse la persona più stupenda sulla faccia del pianeta. Stava lì, fermo, a sorbirsi il mio capriccio. Mi vergognavo persino di non essermi accorta subito che il motivo che aveva spinto lui a stare al mio gioco era diverso da quello che aveva incoraggiato me, ma allo stesso tempo sapevo di averci pensato più di una volta e di aver cacciato quel pensiero per puro timore. Quando sciolsi l’abbraccio mi accorsi di non riuscire a sostenere il suo sguardo. Non mi era mai successo, mai in tutta la mia vita, di non riuscire a guardare Liam negli occhi. Sarei voluta rimanere in quel letto con lui per sempre, a cercare insieme un modo per risolvere la cosa, essendo consapevoli del fatto che non lo avremmo mai trovato, ma sapevo che non sarei dovuta andare oltre. Era finito il tempo di pensare a ciò che volevo io. I minuti, le ore e i giorni successivi furono un totale inferno. Rischiai più di una volta di ricadere nella trappola; non fosse stato per mia sorella, che ogni volta era arrivata puntuale a tirarmi fuori dalla vasca dal bagno o ad allontanarmi dai frammenti di vetro, sarei sprofondata nell’oblio di quella tortura, di quel massacro che mi sarei inflitta da sola. Mi mancava Liam, sentivo la mancanza di ogni parte di lui. Volevo sentire la sua voce, il suo fiato sulla mia pelle, ma ovviamente non mi sarei meritata che fosse tornato da me come se nulla fosse mai accaduto. E neanche mi sarei mai sognata di fargli una richiesta simile. Avevo anche pensato di cercare Harry per… non sapevo neanche io per cosa. Dopo quarantotto ore di totale digiuno, mi ero decisa a buttare giù un paio di biscotti, ma il risultato non era stato per niente soddisfacente. Lo stomaco si era rigirato più e più volte, in disaccordo con la scelta di provare a riempirlo con qualcosa. Non facevo altro che dormire, piangere e dormire ancora, aspettando un miracolo, attendendo che qualcuno venisse a salvarmi. Passarono tre settimane prima che mi rendessi conto che mi sarei dovuta salvare da sola, che nessun angelo custode sarebbe sceso in terra per risolvere i miei problemi con una bacchetta magica. Mi mancavano gli abbracci di Liam, la sua voce, gli sguardi di Harry e il suo corpo vicino al mio. Non sentire Liam era come rimanere sola al mondo, isolata dentro una bolla indistruttibile, ma passare le giornate a chiedermi cosa stesse facendo Harry in quel momento era anche peggio. Ricorderò sempre quella mattina come quella in cui mi sentii più determinata che mai a ottenere ciò che volevo. Colsi al volo l’occasione per uscire, data da mia madre che cercava qualcuno da mandare a fare una commissione nel supermercato più vicino. Casa di Harry era sulla strada per il negozio, lo sapevo, e avevo intenzione di fermarmici. Quando arrivai di fronte al portone, alzai una mano per suonare il campanello, ma non ne ebbi la forza. La riabbassai, girando sui tacchi e sedendomi sulla mia panchina, quella che mi aveva tenuto compagnia decine di volte in tutti quegli anni. Non riuscii a scollarmi da quel vialetto per almeno un’ora, poi sentii la sua voce. «Allyson, devo parlarti». Mi salutò così Harry, quando mi vide. Non sorrideva, i suoi occhi erano come scuriti, anche se il sole splendeva stranamente nel cielo. Lo guardai intensamente, ingoiando la rabbia e disponendomi ad ascoltarlo. Attesi un minuto, due, tre, ma non parlava, così decisi che avrei iniziato io il discorso, sputando fuori il segreto che mi tenevo dentro già da troppo tempo. «Sono stata con Liam, non sono più vergine» esplosi, sostenendo perfettamente il suo sguardo. Fu solo grazie al fatto che fossi in grado di guardarlo negli occhi, che mi resi conto di come si illuminarono dopo quella mia frase. «Sul serio?» chiese, portando leggermente avanti la testa, forse senza neanche accorgersene. Annuii un paio di volte, seria, prima di aprire di nuovo la bocca. «Ho agito d’istinto, non avrei dovuto usarlo per arrivare a te, ma in quel momento non me ne sono resa conto» continuai, con una voce calma al punto che stupii anche me stessa. Come ero arrivata al punto di ritrovarmi quasi a chiedere scusa ad Harry? Non meritava nessuna giustificazione, eppure ero lì, di fronte a lui, a cercare le parole migliori perché desse la giusta importanza a ciò che era successo. Vedevo il suo conflitto interiore, combattuto tra l’idea di arrabbiarsi con me per essere andata con un altro ragazzo mentre, almeno teoricamente, stavo ancora con lui, e la voglia di ricominciare tutto da dove si era interrotto un mese prima. Infilò veloce una mano sotto i miei capelli, appoggiandola sul collo e avvicinandosi come un fulmine. Mi resi conto troppo tardi di avere le sue labbra incollate alle mie, e di stare ricambiando quello che immaginai fosse un bacio di ricongiungimento.
  
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