Nella tua assenza
Gli dissero che l’avevano vista
galleggiare sull’acqua come un cigno in una calda mattinata di Aprile.
Sua moglie era morta affogata.
Non erano mai riusciti a capire
bene le dinamiche dei fatti e questo era ciò che lo rendeva nervoso ogni qual
volta che pensava alla sua morte, cosa che succedeva sempre.
Non aveva mai realmente smesso
di pensare alla morte di sua moglie.
Quando si svegliava, la
mattina, il primo pensiero correva ad Hermione e alla sua assenza e a volte
faceva così male che a stento riusciva ad alzarsi dal letto.
Pensava a lei sempre.
Quando era solo, nel silenzio
della sua casa troppo grande o quando era in mezzo alla gente, ad una festa, al
lavoro.
Pensava a lei costantemente
perché quell’assenza pesava come un macigno sul cuore.
Si ritrovava spesso a pensare
cosa avrebbe fatto Hermione in quella situazione o cosa avrebbe detto in merito
a quella determinata persona.
A volte si ritrovava a
sorridere da solo, immaginando la sua risposta tagliente e il tono ironico.
La sentiva ancora.
La sentiva dentro, come il
ricordo di un pugno allo stomaco, la sentiva attorno a sé, in casa loro, al suo
fianco.
La sentiva sempre, riusciva a
percepire la sua presenza, ma non riusciva a vederla mai e questa cosa lo
infastidiva.
Non era stato facile da
accettare e dubitava che ci sarebbe mai riuscito davvero, del resto è sempre
troppo difficile accettare la morte di una persona cara, abituarsi alla sua
assenza.
Era proprio ciò che più gli
pesava, rinnovare le proprie abitudini.
Draco era sempre stata una
persona piuttosto abitudinaria e rinunciare ad una qualsiasi delle sue
abitudini era stato estremamente fastidioso per lui, eppure non aveva potuto
farne a meno.
Di solito si addormentava con
lei al suo fianco e si svegliava con il calore del suo corpo, fatta eccezione
quando qualche emergenza la faceva correre sul lavoro, portandola lontana da
lui.
E solitamente la domenica
andavano a cena dai Potter.
Non aveva mai amato quelle cene
in verità ed Hermione lo sapeva bene, eppure continuava ad accompagnarla ogni
settimana perché sapeva che quelle cene la facevano star bene, la rendevano
felice.
Da quando lei era morta aveva
dovuto riabituarsi a dormire da solo e non c’era nessun corpo caldo al suo
risveglio, non c’era il suo sorriso tranquillo, la dolcezza delle sue carezze o
l’odore della sua crostata di mele che riempiva la cucina.
Non c’erano più neanche le cene
della domenica, nonostante Harry e Ginny continuassero ad invitarlo tutte le
settimane.
Lui rifiutava sempre con una
scusa o con un’altra.
Quelle cene non avrebbero avuto
lo stesso sapore senza di lei.
Era certo che non sarebbe
riuscito a tollerare neanche un minuto in compagnia dei Potter e dei Weasley
senza la presenza rassicurante di Hermione al suo fianco.
E poi, dalla sua morte, aveva
iniziato a preferire la solitudine. Non che prima avesse mai amato uscire, ma
spesso si lasciava convincere da Hermione, da Blaise o magari da sua madre a
partecipare a feste e cene, adesso gli unici eventi a cui partecipava erano
quelli lavorativi.
Una volta Blaise e Daphne erano
riusciti a trascinarlo ad uno degli eventi di beneficenza organizzati da
Narcissa. Aveva presenziato per quasi un’ora, salvo poi fuggire con una
bottiglia di wisky per rifugiarsi nella sicurezza della sua casa.
Si era ubriacato e aveva
passato tutta la notte a frugare tra le cianfrusaglie di Hermione.
Aveva lasciato ogni cosa al suo
posto dopo la sua morte.
Non aveva avuto il coraggio di
spostare nulla, avrebbe fatto troppo male e lui non voleva soffrire.
Non voleva star male, ma non
desiderava nemmeno star bene, tutto ciò che voleva era non provare niente,
assolutamente niente, era per questo che prendeva le sue pillole.
Due al giorno gli bastavano a
farlo sprofondare in sonni profondi che somigliavano tanto a lunghi stati di
incoscienza.
Quattro al giorno non lo
lasciavano neanche dormire, ma lo privavano di forza e lo aiutavano a rimanere
ore e ore sdraiato sul divano del salotto a perdersi in ricordi felici, in un
tempo in cui c’era ancora Hermione e lui riusciva a sorridere.
Sapeva che lei avrebbe
disapprovato quel suo modo di comportarsi, ma poco gli importava.
Lei non c’era più e con sé
erano andati via anche i suoi moralismi e le sue prediche.
Delle volte Draco la desiderava
così tanto che le sembrava quasi di vederla ancora, seduta accanto a lui.
A volte, in alcuni dei suoi
stati di incoscienza, gli pareva che lei fosse lì e lo stesse guardando con
tristezza e disapprovazione e lui riusciva quasi a sentirsi offeso da quello
sguardo.
Daphne l’aveva costretto a vedere
un analista e questo gli aveva chiesto cosa avrebbe voluto dire a sua moglie se
mai avesse avuto la possibilità di rivederla.
Draco ci aveva pensato a lungo,
infine era arrivato alla conclusione che, con ogni probabilità, le avrebbe
urlato addosso che era una stronza e che non aveva nessun diritto di fare ciò
che aveva fatto.
Il caso di Hermione non era
ancora stato chiuso, Draco voleva sapere com’era morta e Narcissa aveva giurato
di far incarcerare tutte le autorità coinvolte se la verità non fosse venuta
fuori.
Eppure le indagini proseguivano
con scarsi risultati.
Non si trovava niente, né un
movente, né un colpevole.
“La tesi più valida fin’ora è
quella secondo la quale sua moglie si sarebbe suicidata”.
Gli avevano detto un giorno e
quelle parole, nella sua testa, erano diventate soltanto rumore.
Hermione non si era suicidata.
Non si sarebbe mai tolta la
vita volontariamente.
Non era il tipo da ammazzarsi,
da abbandonare i suoi problemi, Hermione non aveva alcun bisogno di morire.
“Ne è sicuro signor Malfoy? Ci
pensi bene. Le sembrava strana sua moglie nell’ultimo periodo?”.
“No, certo che no. Me ne sarei
accorto se avesse avuto qualche problema, non crede?”.
Era stato il silenzio di
quell’agente durante il suo interrogatorio la risposta migliore.
“Lei sapeva che sua moglie era
incinta?”.
E Draco si era sentito
improvvisamente solo e ferito.
Hermione aspettava un bambino.
Lui ed Hermione aspettavano un
bambino.
Lui non lo sapeva.
Questo era ciò che più lo
faceva arrabbiare.
L’aveva scoperto il giorno
della sua morte, dopo le analisi che erano state fatte sul suo cadavere.
Aspettava un bambino dal sesso
non ancora identificato.
Era incinta da due mesi e lui
non ne sapeva nulla.
Spesso si era chiesto perché
lei glielo avesse nascosto per così tanto tempo.
A volte si fermava ad
immaginare il momento in cui lei glielo avesse detto e nella sua mente era
sempre bellissimo.
Perché lui non sapeva della
gravidanza?
Questa domanda lo ossessionava.
C’erano stati tanti momenti,
durante quei due mesi, in cui lei aveva avuto l’opportunità di dirglielo, ma
non l’aveva mai fatto.
“Forse semplicemente non voleva
farlo” aveva ipotizzato Blaise un giorno.
Il tono leggero e il volto
rilassato, com’era solito essere, mentre sorseggiava un bicchiere di wisky.
“Forse non era il mio” aveva
risposto invece Draco, dando voce ai pensieri che il suo migliore amico si era
ostinato a mascherare dietro altre parole.
Ed entrambi erano rimasti in
silenzio.
Forse fu proprio per quel
motivo che Draco si trovò davanti alla porta dei Potter in un freddo giorno di
Gennaio.
Voleva sapere tutto su quella
gravidanza, era alla ricerca di una qualsiasi verità che potesse donargli un
po’ di pace.
“Lei non ti tradiva, Draco”.
Ginny sembrava sincera mentre
glielo diceva eppure lui non riusciva a crederle comunque.
“Come lo sai?”
“Perché conoscevo Hermione e la
conoscevi anche tu. Lei non ti avrebbe mai tradito”.
Eppure Draco sentiva di non
aver ottenuto nessuna risposta.
Un anno dopo la sua morte era
ancora alla ricerca di risposte che nessuno gli avrebbe mai dato.
Cosa ci facesse Hermione alle
quattro del mattino sulle sponde del lago e come ci fosse finita dentro era
ancora un mistero.
La sua morte era ancora un
mistero irrisolto, le pagine di un fascicolo ormai impolverato che di rado
qualcuno sfogliava.
I giornalisti avevano ormai
esaurito le domande e l’attenzione sul caso era andata man mano scemando.
Era esattamente ciò che Draco
desiderava eppure era quasi infastidito da quella disattenzione che il
trascorrere del tempo aveva portato con sé.
Gli altri ormai avevano
superato l’accaduto, avevano accettato la sua morte, c’era una sorta di muta
rassegnazione sul volto delle persone che la conoscevano.
Hermione era ormai diventata un
ricordo da conservare nel cuore, un caro ricordo, ma soltanto un ricordo, nulla
di più e lui non riusciva ad accettarlo.
Si chiedeva spesso come gli altri avessero fatto ad accettare la sua morte e perché, per quanto lui continuasse a provarci, non ci riuscisse mai, ma non trovava mai risposta alle sue domande.
Spazio autrice: Ed
eccomi qui, dopo un lungo periodo di silenzio torno con questa cosetta
piuttosto triste. Non ho mai smesso davvero di scrivere, ma ho avuto una
di quelle cose fastidiosissime che la gente chiama "blocco dello scrittore", anche se non sono mai stata una scrittrice.
Non riuscivo più a scrivere nulla di convincente e continuavo a
cancellare le poche frasi che riuscivo a buttar giù e più
di tutti ne ha risentito il fandom di Harry Potter.
Poi, un paio di giorni fa, ho buttato giù questa cosetta che mi
frullava nella mente da un po'. All'inizio la storia era completamente
diversa, poi ha preso una forma sua, decidendo autonomamente da che
parte andare ed io mi sono semplicemente limitata ad assecondarla.
In totale sono circa dieci pagine, per questo ho deciso di postare la storia in due capitoli.
Prima di concludere questo sproloquio vorrei ricordarvi che nel mondo
di Harry Potter si diventa maggiorenni a diciassette anni, quindi non
sto infrangendo nessuna legge.
Spero solo che la storia sia di vostro gradimento e vi ringrazio per l'attenzione.
Alla prossima _EpicLoVe_