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Autore: Stars_Daughter    26/04/2012    13 recensioni
Sherlock vuole incidersi addosso John, finché ne ha la possibilità.
-Un giorno te ne andrai. Forse non così presto, a giudicare da quanto è imbarazzante la tua vita sentimentale, ma succederà. So che succederà. Ho immaginato tutti gli scenari possibili.-
Genere: Angst, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blood and dust

 

 

-Un giorno te ne andrai. Forse non così presto, a giudicare da quanto è imbarazzante la tua vita sentimentale, ma succederà. So che succederà. Ho immaginato tutti gli scenari possibili.-

Sherlock è sulla poltrona, attorcigliato nella vestaglia. John lo guarda da sopra il giornale e non dice niente, ma sa che è vero. Un giorno se ne andrà. Magari non per Sarah, magari per una Grace o una Anne o una Mary. Un giorno se ne andrà sul serio.

-Non è un problema, John. Non sono mai stato sentimentale.-

E John sa che è vero anche questo, ma ci sono delle cose. Momenti minuscoli, polvere negli occhi. Tazze di tè che Mrs Hudson giura di non essere stata lei a preparare, coperte che non ricorda di essersi messo addosso prima di addormentarsi davanti alla tv, sguardi da sopra il microscopio. Sorrisi.

-Quando te ne andrai io rimarrò qui. Potrei cambiare appartamento, ma non lo farò, e comunque non è questo il punto.- Sherlock si incrina appena, John lo vede dalla luce troppo bagnata nei suoi occhi. E’ come se stesse dicendo ad alta voce un discorso che ha ripetuto migliaia di volte nella sua testa, fino a stare male, fino a vomitare. –Devo chiederti una cosa, John, e capisco che potrebbe venire fraintesa. Non che resti molto, se si esclude quello che può venire frainteso. Ho bisogno che tu ti tolga i vestiti. Per favore.-

John vorrebbe dire che Dio, no. Assolutamente no. Non i vestiti, non davanti a un uomo, non davanti a lui. Però c’è qualcosa, dentro Sherlock, in questo momento. Qualcosa di rotto, cocci di vetro, una ferita che brucia.

-Per favore, John.-

E John lo fa. Ed è strano perché non è strano, è quasi come se non fosse sbagliato, come se stare in piedi nudo davanti a un altro uomo che adesso è nudo anche lui, come se questo andasse bene. Come se la stanza si chiudesse su di loro come una bolla, e fuori non ci fosse più Londra, non ci fosse più niente.

-Ora devo fare una cosa. Non fermarmi. Rimani fermo e basta, non ti chiedo altro. Puoi chiudere gli occhi, se vuoi.-

John li chiude e aspetta, ma non succede niente. E’ quando li riapre che qualcosa non va. C’è del sangue, e Sherlock ha un coltello tra le dita, e sta disegnando linee sulla propria pelle, traccia cicatrici esattamente dove John ha le sue, il segno sulla gamba di quella volta che a sette anni è caduto dalla bicicletta, il taglio netto sul braccio di quando il suo compagno di facoltà si è voltato di scatto con un bisturi in mano. E poi le ferite di guerra, lo scarabocchio sulla spalla. John si lancia in avanti e butta il coltello lontano, da qualche parte tra la polvere e i fogli accartocciati.

-John, non ho ancora finito. Mi manca il braccio destro, e quel segno sul fianco non si farà da solo. Dammi un attimo, non ci vorrà più di qualche minuto, davvero.- Ha lo sguardo annebbiato, mentre perde sangue sul tappeto. John vorrebbe urlargli in faccia e baciarlo e dire che non se andrà mai e non deve fare tutto questo, ma non si fanno promesse che non si possono mantenere, non si fanno e basta, è roba da scuola elementare.

-Lasciami finire, John. Potrai medicarmi, dopo, se ti farà sentire meglio. Ma adesso ho bisogno di finire. Voglio averti inciso addosso, quando te ne andrai. E’ meglio così, credimi. Farà meno male.-

John respira la polvere del tappeto e l’odore di ferro del sangue, tutto insieme. C’è qualcosa di rotto anche dentro di lui, adesso, però se lo tiene e prende il coltello e il braccio di destro di Sherlock, e lo fa lui. Ogni segno, ogni cicatrice. Il sangue gli bagna le dita e le lacrime gli bagnano gli occhi, e sono un po’ troppi liquidi in un giorno solo, ma va bene, può farlo.

-Devi premere di più, John. Deve rimanere per sempre.-

John annuisce. L’ultimo taglio è quello sul fianco, è stato in Afghanistan, è stato una vita fa. Chiude gli occhi e respira piano tra le dita.

-Non per metterti fretta, John, ma suppongo che ora quelle bende mi sarebbero utili.- Sherlock sorride appena e le sue palpebre tremano come se stesse cercando di non chiudere gli occhi per non spaventarlo. Questo lo spaventa ancora di più, in realtà, però si alza e corre in bagno e lo stringe nella stoffa che si bagna subito di sangue, fiori rossi su neve candida, come in quella storia per bambini, quella della ragazza bellissima che mangia la mela avvelenata. Si concentra su questo perché è un pensiero qualunque e sente di aver bisogno di pensieri qualunque, adesso, per non impazzire.

-Grazie, John. Se mi aiutassi ad arrivare al divano poi ti lascerei tornare al tuo giornale. Hai perso il segno, ma eri a pagina ventisette.-

John si alza e lo accompagna. Si riempie la testa di quella volta che ha dovuto raccontare una storia alle gemelline in ambulatorio, e una assomigliava alla sua cotta delle elementari, doveva essere qualcosa come Lilian, o Lilith, era bionda e carina e gli prestava la gomma anche se non ne aveva bisogno. Quando torna al suo giornale viene fuori che Sherlock aveva ragione, era davvero a pagina ventisette, si ricorda il trafiletto laterale sull’apertura di un nuovo centro commerciale, magari ci farà un salto domani pomeriggio, dopo il lavoro, perché no?

C’è così tanto sangue, tra la polvere del tappeto.

 

 

 

 

Angolino

Questa storia è stata scritta per il prompt #11 - “legame di sangue” -  del Team Fanon dello Sherlothon, il quale è una cosa bellissima dello SFI. Tutto quello che avete sempre voluto sapere e non avete mai osato chiedere lo trovate qui (http://sherlockfest-it.livejournal.com/21513.html#comments). E boh, basta <3

   
 
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