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Autore: gaccia    27/04/2012    15 recensioni
L'ennesima porta sbattuta in faccia! Tutti gentili, ma alla fine il risultato è lo stesso.
Ho provato in tutti i modi, mi sono presentata vestita casual, con tailleur eleganti, sportiva chic ma non è servito a nulla. Il posto da ricercatore è andato al maschietto di turno, bravo, certo, ma non quanto me.
Basta! Ho deciso! Questa volta proverò in un altro modo. In fin dei conti se c'è riuscito quello stronzo puttaniere di Edward Cullen a farsi passare per una ragazza al liceo, perché io non potrei farmi passare per un uomo? Solo fino a quando sarò assunta e non mi sarò fatta un pochino di esperienza...
“Piacere, mi chiamo Lino Swan”.
Sequel di “Ciao Edwardina”, anni dopo, la situazione si è completamente ribaltata: è Isabella ad essere costretta a vestirsi e comportarsi da uomo per ottenere il lavoro dei suoi sogni.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'i trasformisti'
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Buongiorno lettori!

Eccoci qui per un nuovo capitolo, come promesso.

Vedremo di capire meglio questa Bella, e come si sia trasformata da quella pestifera ragazza del liceo (ma sarà davvero cambiata?)

Molti hanno chiesto cosa sia successo tra Edward e Bella, questo verrà svelato durante la storia, più avanti.


 

Ringrazio chi ha già inserito questa storia tra le preferite, ricordate e seguite, chi ha solamente letto e chi ha anche recensito facendomi sentire la sua voce, e anche le sue idee. Grazie.

Purtroppo non riuscirò a inserire i vostri nomi nella storia questa volta, anche perché essendo il seguito di Edwardina, non posso inserirli con escamotages nuovi e ripetere quelli vecchi non avrebbe senso, quindi accontentatevi dei miei ringraziamenti tradizionali.


 

In questo capitolo incontreremo nuovi personaggi e altri già noti!

Non mi fermo oltre e vi auguro Buona Lettura!


 

---ooOoo---


 


 

«Fortuna che la tua fissa per il nuoto ha piallato leggermente le tette e sviluppato le spalle». Forse Angela crede di avermi fatto un complimento… magari le spiego come funziona.


 

Siamo nel mio bilocale in affitto a Seattle, dove mi sono trasferita, l’unico alloggio decente che sono riuscita ad affittare con i miei introiti mensili. E’ posizionato sopra a un ristorante italiano, e sebbene gli odori di soffritto a volte riempiono le mie stanze e diano il voltastomaco, sono comunque contenta della prova tangibile della mia indipendenza.


 

«Per prima cosa dovremo pensare ai capelli, non puoi tenerli così lunghi... vuoi usare una parrucca?» chiede Angela mentre me li spazzola.

«No. Non ha senso e poi sarei sempre preoccupata se il toupet si sposta. Ho intenzione di tagliarli, una bella acconciatura alla maschietto, sfumati dietro e con il ciuffo lungo e finto spettinato davanti» dico immaginandomi senza la mia fluente capigliatura.

«Stai descrivendo i capelli di Edward... te ne sei accorta? Puoi farti tutti i tagli che vuoi ma ti impedirò di diventare un suo clone. Se non lo vuoi nella tua vita non devi alimentare il ricordo». La saggezza di Angela è quasi proverbiale ed irritante. Ha ragione, non posso continuare a pensare al mio ex ragazzo.

Ho provato con l'odio, ho provato con il chiodo scaccia chiodo, nel caso specifico Conner, compagno del liceo che ha frequentato il college a Seattle con cui sono uscita per due mesi, prima di arrendermi.


 

Lui non era Edward e non lo sarebbe mai stato, neanche se fossi stata sotto i fumi dell’alcool con la gradazione più alta che potessi immaginare.

Ho provato anche con le uscite da una botta e via, senza impegno. Peccato che poi erano loro che non mi lasciavano in pace.

Che cavolo! Potevo essere il sogno proibito di tutti i ragazzi della mia età. Ero disposta a farmi ripassare senza chiedere le coccole post orgasmo e me li ritrovavo in fila sotto il dormitorio con delle rose rosse in mano. Deprimente.

Nella vita non hai mai quello che vuoi veramente.

Adesso volevo un lavoro di ricercatrice. Anzi, il lavoro da ricercatrice presso la biologicseattle inc. una società di medie dimensioni, attiva nella ricerca e sperimentazione ai fini medici.

Sarebbe stato perfetto: il laboratorio è a 20 minuti da casa, la ricerca verte sulle proprietà delle piante, quindi il mio settore, sarebbe… sarebbe, come ho già detto, perfetto.

Ho il colloquio tra una settimana, quindi devo sbrigarmi per essere pronta per il mio ingresso nel mondo maschile del lavoro.


 

«Prima di tutto dobbiamo pensare ai documenti… chissà se il falsario di Forks è ancora in attività… quando eravamo al liceo faceva miracoli!» mormora Angela pensosa.

«Certo! Sino a quando non ha messo sulla mio documento il nome di Pocahontas! Ho dovuto raccontare mezz’ora di palle per riuscire ad entrare in quel club!» protesto, ricordandomi la mia prima e unica patente falsa, fatta per sentirmi più grande.

«Hai ragione, è stato divertente» conviene Angela ridendo.

«Comunque hai bisogno di quei documenti… Lino Swan! Dovresti anche decidere dove sei nato e quando. Non puoi risultare gemello di te stessa, sei troppo vicino a casa» spiega con ovvietà.


 

È vero, ha ragione. Edward aveva rischiato di farsi scoprire diverse volte, perché non era abbastanza distante da Seattle.

A ben pensarci, avrei potuto tranquillamente essere un cugino, avevo dei parenti a Phoenix e l’Arizona era sufficientemente lontana da poter giustificare il tutto. Poi nulla vietava di aver studiato a Seattle con la mia cuginetta.

L’unica cosa che mi spiaceva è che avrei dovuto rinunciare alle lettere di presentazione dei professori… tranne uno, forse. Il professor Green era un insegnante validissimo e preparato, ma assolutamente distratto e bonaccione, se gli avessero chiesto di me come maschio, avrebbe senz’altro risposto che ero anche affascinante.

«Senti, Bella» mi volta verso di sé e mi guarda fisso negli occhi: «Non sono in grado di fare tutto da sola, se mi lasciassi chiamare Alice, avresti tutto l’aiuto necessario. Puoi imporle di non parlare con il cugino, anche perché so che non hanno dialogo da quando è andato in Europa… Ti prego, Bella. Ragiona! Alice sa come fare!» Angela mi guarda supplichevole, come le sue parole. So che ha ragione e che dovrei passare sopra ai ricordi. In effetti Alice non c’entra nulla con quella testa vuota di suo cugino.

Però era stata lei a convincermi a dare una possibilità a Edward, quando si era mostrato come Dina. Era stata lei a convincermi ad andare a Seattle da lui… vestita da ragazzo.


 

Che ridere quella volta… mi ero fatta una coda bassa e mi ero messa dei baffi posticci… quando mi aveva baciato… era stato come tornare a respirare dopo mesi di apnea. Ero così felice allora… prima che mettesse il mio cuore nel tritacarne per farne una polpetta. Maledetto Cullen! Come lo odio!

Sospiro e cedo. Angela ha ragione. «Okay, chiama Alice e Rosalie. Ho bisogno di loro». Spero di non essermi messa in un guaio ancora maggiore di quello che voglio affrontare.


 

«Perfetto, perché saranno qui, esattamente tra quindici minuti» risponde imbarazzata Angela.

«Che razza di… mi hai fregato! Quando vi siete messi d’accordo? Quando hai deciso di vendermi al nemico?» sbraito. Avevo acconsentito, ma adesso potrei rimangiarmi la parola. Non voglio che lui lo sappia. Non voglio avere neanche notizie di lui.

«L’ho chiamata ieri sera, dopo che sei andata a casa. Abita a Forks, sai? E convive con Jasper. Lei ha rilevato il negozio di abbigliamento dei Crowley e lui lavora con il dottor Carlisle, sta facendo il tirocinio alla clinica privata» mi racconta. A questo punto, perché non sapere anche del fratello con la sua bionda metà?

«Ed Emmett?» chiedo, più rassegnata che curiosa.

Angela mi fa un sorrisone soddisfatto e ricomincia a raccontare.

Ma quante cose mi sono perse in questi anni? Non sono mai stata pettegola o curiosa e non ho mai stretto legami di profonda amicizia con i compagni di liceo, come del resto quelli dell’università, ma forse avrei dovuto almeno tenere degli sporadici contatti.

«Emmett ha frequentato l’università a New York ed è diventato un avvocato, ha appena iniziato a lavorare con il padre di Edward qui a Seattle, e Rosalie gli fa da segretaria. Stanno organizzando il loro matrimonio». Sono felice per loro. Davvero.


 

Un nodo alla gola mi si forma, ma non posso evitare di chiedere a questo punto. Sono un fiume in piena, tanto vale lasciarsi travolgere, magari non mi farà male come ho sempre pensato.


 

«E… Edward?». So che lei è sempre rimasta in contatto, anche quando lui era in Europa a gozzovigliare. Faccio una smorfia a questo pensiero.

«Ha studiato, prima a Parigi, poi in Inghilterra. Adesso ha quasi finito il master a Oxford. Non ha messo completamente la testa a posto, se vuoi sapere questo, ma è sicuramente migliorato». So che Angela aspetta una determinata domanda da parte mia, ma non ho alcuna intenzione di fargliela.

Dopo esserci fissate per diversi istanti, lei sbuffa e ricomincia.

«Ogni tanto mi chiede di te. E ti saluta sempre. Ha avuto un paio di relazioni che sono finite male… e se lo vuoi sapere, sì. Ogni tanto ricasca nel vizio dello stronzo pavone, ma è come una ricaduta di febbre, gli passa subito con le giuste medicine» dice indicando se stessa.

Sorrido al nomignolo che gli avevo affibbiato, era davvero un pavone ai tempi del liceo, tronfio e pieno di se, impettito come un tacchino.

Cosa intende dire che lei è la medicina? La guardo e probabilmente ho un enorme punto interrogativo sulla testa, perché risponde alla mia domanda muta.

«Quando ci sentiamo e mi racconta qualcosa… gli ricordo come ci si deve comportare! So essere davvero convincente, quando voglio. E lui, di norma, mi da retta e ricomincia a comportarsi da bravo ragazzo, gentile ed educato».


 

Se! Gentile ed educato… uno zuccherino! Brutto stupido! Tanto gentile ed educato, tanto bravo ragazzo che, dopo otto mesi insieme, mi ha scaricato con un messaggio sul cellulare.

Scusami, sono passato da casa tua ma non c’eri. Mi hanno convocato urgentemente in Europa, alla Sorbona, per un corso, vorrei spiegarmi meglio… ti telefono quando arrivo… ma… non posso chiederti di aspettarmi mentre sono a studiare in un altro continente. Non sarebbe giusto. Sono all’aeroporto, ho il volo tra poco… forse è meglio così. Mi mancherai. Tanto. Un bacio. Il tuo pavone” Bastardo. Presuntuoso, ha deciso lui per tutti e due. Non mi ha dato la minima possibilità ed io non sono certo una che si piange addosso. Ho voltato pagina e sono corsa da Jacob, passando la notte con lui.

Non mi sono mai sentita così sporca. Ho mentito a me stessa, ho mentito a Jacob, tutto per colpa di Cullen. L’ho odiato come mai nessuno sino ad allora, ed in quel momento ho deciso di eliminarlo dalla mia vita, recidendo tutti i possibili contatti rimettendoci anche amicizie sincere, pur di non ricordarlo.


 

Sono immersa nei miei pensieri. Angela sta ancora ciarlando quando suonano il campanello e la mia pseudo amica si precipita ad aprire la porta al nemico.

«Ciao Angela». Sentire la voce squillante di Alice è come tornare indietro nel tempo. «Ciao, Bella». Mi dice un pochino più insicura.

La guardo accigliata, poi mi apro al sorriso sincero. Sono davvero contenta di vederla. «Ciao, Alice» e lei mi corre incontro regalandomi due bacioni sulle guance.

«Ragazzi, entrate!». Oddio! Si è portata i rinforzi.

Subito il mio domicilio diventa minuscolo, invaso all’eccesso da quell’energumeno di Emmett. Come fa ad essere ancora cresciuto? Di solito non si finisce a diciotto anni? Questo sembra che abbia continuato la crescita fino a ieri. Jasper è sempre uguale, bel biondino, ben piazzato, di una presenza gentile. Rosalie è stupenda, come al solito fa sentire tutte le altre donne come ranocchie in uno stagno melmoso. In pratica, tutto nella norma.


 

Alice sta saltellando accanto a me, e appena ho finito i saluti, mi assale.

«Allora, Bella. Raccontaci tutto. Angela mi ha accennato qualche cosa, ma voglio sentire tutto dalle tue labbra».

Rassegnata, inizio a raccontare le mie disavventure lavorative, sino ad arrivare all’idea malsana partorita da Angela.

«Ragazzi, non vi sembra di aver già vissuto questa storia?» chiede Jasper ridendo.

«Come se fosse ieri» risponde Emmett battendo un cinque a suo cognato.

I cinque personaggi che mi circondano sembrano tutti estremamente fiduciosi ed io mi chiedo se sarà peggio il pasticcio in cui mi andrò a cacciare per il lavoro, o mettermi nelle loro mani.

In questo momento ho i brividi per la seconda ipotesi.


 

Alice prende in mano la gestione della pratica… mamma mia, quanto è autoritaria!

«Allora, prima di tutto. Jasper! Tu penserai ai documenti… il vecchio Jenks è ancora all’opera a Forks, giusto?» domanda al suo compagno.

«Tutti i mercoledì fa la dialisi da noi, e ci ragguaglia sulle ultime novità nel settore falsificazioni. Per quanto ne so, è ancora operativo» risponde attento l’interpellato.

Noto che Alice si porta la mano sul petto… e in quel momento mi trapassa il cervello un pensiero: Napoleone! Cazzo! Sembra proprio il piccolo imperatore francese, le manca il cappello e un cavallo e potrebbe esserne la reincarnazione!

Non che creda a queste cose… ma accidenti che piglio al comando!


 

«Emmett, sei ancora iscritto in quella palestra?». Cosa centra la ginnastica. No, no, no. Io non voglio fare ginnastica: ho l’agilità di un ferro da stiro di piombo!

Faccio nuoto una volta a settimana per un’oretta perché mi aiuta a sciogliere i muscoli, ma da questo a darmi della sportiva è come dire che ho vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi perché sono in grado di galleggiare senza salvagente!

«John sarà felice di aiutarmi a farle fare un poco di muscolatura». Ma cosa hanno in mente? Mica devo diventare culturista! Io mi piaccio così. Con le mie forme morbide (per non dire rotondette) e il mio filino di sana cellulite!

Il nuoto mi ha solo piallato leggermente il petto e ho delle belle spalle… il resto…

«Rosalie, cosa ne pensi?» mi girano attorno come avvoltoi. Aiuto! Vogliono spolpare la mia povera carne lasciandomi agonizzante!

Che scenari truculenti mi vengono in mente… ma non le avevo mai viste con quella strana luce negli occhi! Sembrano possedute… magari gli stanno spuntando i canini come i vampiri!

«Sicuramente i capelli. Marcus farà il miracolo». La bionda enuncia, la mora annuisce.

«Poi direi una specie di bustino, dobbiamo schiacciare il seno riempire la vita e camuffare i fianchi. Dobbiamo farla sembrare un palo… non sarà facile». Adesso mi è concesso avere paura?

«Per il viso» Alice mi agguanta la faccia e mi fissa a cinque centimetri dal naso

«Dobbiamo nascondere questi occhi ammalianti… uhm, occhiali?». No. Non ne faccio uso, ho una vista da aquila! Dieci decimi per occhio.

«Direi di sì» risponde Angela, pure lei posseduta «Che ne dite di una montatura nera, spessa, squadrata, stile studente secchione?» propone.

«Assolutamente! Dobbiamo ispessire le sopracciglia… Bella, niente depilazione in faccia! Più sei pelosa, meglio è! I baffi sarebbero una manna!» dice Rosalie.

Ehi! Aspetta un attimo! Io non sono una donna baffuta! Non ho mai dovuto fare la ceretta sopra il labbro! Ma per chi mi hanno presa? Un gorilla?

«Dovremo scurire il mento per simulare i peli». Se non pensavano che fossi un gorilla... mi volevano trasformare nel peloso animale.


 

«Vestiti?» chiede Angela. Uho, uho, uho! Che vogliono fare? Vestiti? Io sto bene con i miei comodosi… tranne quando devo essere elegante, allora tiro fuori i jolly intramontabili che sarebbero graditi anche alla regina d’Inghilterra. Perché devo cambiare?

«Certamente. Direi qualche giacca e pantalone, gessati. E poi camicie e pullover calzini e scarpe» elenca Rosalie. Certo! È vero, se devo essere uomo, devo vestirmi da uomo. Mi viene quasi da ridere… Alice ha sempre detto che vestivo da maschio e che avevo dimenticato di avere le tette. Tanto vale mettere in pratica le sue osservazioni.

«Devo proprio mettermi in giacca e cravatta? Non vanno bene i jeans e i cargo?» dico facendo il broncio.

«Per il tempo libero certamente! Per il lavoro, inizia a fare bella impressione, poi, dopo che avrai a che fare con le provette, potrai anche permetterti i jeans. NON I BERMUDA!» dice Alice guardandomi dritto negli occhi ed agitandomi il dito sotto al naso.

«Perché no?» chiedo con la faccia più ingenua che posso. Adoro farla irritare. Mi era mancato questo aspetto della nostra amicizia.

«Perché hai i polpacci da donna, senza peli e delicati. Non abbiamo tempo per farti mettere un po’ di muscoli anche lì… quindi fai il piacere di stare coperta nelle parti basse!» Napoleone alla carica! Okay! Obbedisco!

«Non ho alcuna intenzione di scoprire le mie parti basse… non al lavoro comunque» puntualizzo.


 

«Perfetto. Con cosa iniziamo domani? Abbiamo solo una settimana per farla diventare un uomo, ed io ho il negozio a Forks da mandare avanti… posso saltare un giorno ma non di più» dice Alice guardando una specie di tomo grande e spesso, in similpelle nera.

Caspita! Ha un negozio da aprire e chiudere, che le servono le agende master per gli appuntamenti?

«Domani andiamo subito da Marcus, per il taglio capelli, poi dall’ottico per gli occhiali di vetro. Così Jasper potrai farle le foto per i documenti» propone Angela.

Scusatemi! Ci sono anche io, qualcuno vuole chiedermi se ho da fare? No, eh?

«Allora siamo d’accordo, ci vediamo domani per il primo turno della trasformazione» ripete Alice.


 

«Mi mancano le sessioni depilatorie di Edward! Sono state le più divertenti» protesta Emmett, piagnucolando.

«Perché? Lo avete depilato in maniera totale?». Quando si dice che la curiosità è femmina, hanno incluso anche me nel pacchetto. Per quanto non ami questa definizione, ad alcune cose non so resistere.

«Lo abbiamo filmato! Lo rivediamo sempre quando viene a farci visita… è uno spasso» dice ridendo Jasper. «Se vuoi, quando passi da Forks te lo facciamo vedere. È una cosa da morire dal ridere» assicura.

Il solo pensiero mi strappa un sorriso. Sono davvero curiosa di vedere Edwardina dietro le quinte.


 

Finalmente mi salutano tutti e mi lasciano sola nel mio bilocale. Angela mi aspetta tra un’ora al ristorante. Oggi è domenica è normalmente, come ogni weekend, è una giornata impegnativa, tanto che chiamano anche un altro paio di aiuti oltre la sottoscritta.

Mi fiondo nella mini doccia (nel mio bagno di due metri per un metro e trenta centimetri è tutto mini) e velocemente mi lavo e mi preparo per questa nuova serata di lavoro e, si spera, di mance favolose (la speranza è l’ultima a morire, dicono).

«Avanti, Bella, ci sono ancora alcuni tavoli da preparare» dice Ben, appena entro nel ristorante. A guardare bene, non sono alcuni tavoli, sono praticamente tutti.

Corro nel retro, mi infilo la casacca che dovrebbe essere la mia divisa e prendo le tovaglie ed i tovaglioli, freschi di lavanderia.

In pochissimo i tavoli sono pronti, mentre Angela dispone i dolci e gli antipasti già preparati nel banco trasparente, che di giorno ci serve per i pasti della tavola calda.


 

«Ciao, Bella». Mi sento abbracciare da dietro e baciare sul collo con fare lascivo.

James. Il nostro aiuto del giovedì, venerdì, sabato e domenica.

Adoro gli altri giorni della settimana dove non ho le sue mani addosso.

Da quando è stato assunto, sei mesi fa, non fa altro che assillarmi, palparmi e chiedermi di uscire.

All’inizio ero lusingata, pensavo quasi di accettare. Poi, con il passare del tempo, lui è diventato abbastanza asfissiante ed io, sempre più refrattaria.

Ben lo ha già minacciato di licenziamento se non tiene le mani a posto, e, devo essere sincera, da quel momento le cose sono leggermente migliorate.

Ora non mi palpa più il sedere ogni tre secondi e mi abbraccia solo un paio di volte al giorno. Ovviamente, quando allunga le mani, i baci sono d’obbligo, ma se non altro non ci prova più sulla bocca.


 

«Allora, hai deciso quando uscire con me?» chiede per la milionesima volta.

«Sicuramente il 31 settembre, ti va bene?» rispondo per la milionesima volta.

«Prima o poi ti farò capitolare. Non potrai resistere per sempre al mio fascino» rilancia fiducioso.

Certo, aspetta e spera, tesoro.

Rido ma non rispondo, iniziano ad arrivare i clienti ed è ora di lavorare sul serio.


 

E’ una serata abbastanza tranquilla, se pur impegnativa.

Sembra che gli avventori si siano messi d’accordo per arrivare alla spicciolata, in modo da poterli servire con attenzione e preparare i piatti, senza farli aspettare un’eternità.

Se il ristorante fosse stato un’autostrada, si sarebbe parlato di partenze intelligenti.

Trinnnn’ il suono sordo della porta di entrata ci avvisa che un altro cliente è entrato per cenare. Subito prendo i menù e mi avvicino per accompagnarli al tavolo, quando mi si gela il sangue nelle vene.

Merda! Cacchio! Fanculo al mondo e anche all’universo!

Dietro le spalle di una ragazza dal fisico slanciato, biondo rossiccia, bellissima c’è… il ragazzo… no, l’uomo! Colui che più odio a questo mondo.

Ed io sono vestita da cameriera!


 

«Aspettami qui, Tanya. Questo è il ristorante di una mia cara amica. Vado subito a chiamarla, così te la faccio conoscere». Quella voce. La sua voce. Da quanto tempo non la sentivo più! È come tornare indietro.

Appena intuisco che si sta avvicinando, mi volto e prendo il vaso con le rose che Ben, regala ad Angela, ogni settimana da quando sono sposati. Dodici rose rosate a gambo lungo. Ho sempre trovato questo gesto estremamente romantico… ora lo trovo anche molto pratico.

 

«Mi scusi, sa dove posso trovare Angela? La proprietaria?» mi chiede al di là del cespuglio che ho davanti alla faccia.

Io non rispondo e semplicemente gli indico la porta basculante della cucina.

Lui borbotta un grazie e si sposta dove gli ho indicato.

«Bella, che fai lì nascosta?» mi chiede Amber, il secondo aiuto del weekend. Dio, grazie!

«Amber, corri, vai a cambiarti» ordino mentre poso il vaso e corro nello sgabuzzino che serve anche da spogliatoio.


 

«EDWARD! Tesoro!» urla Angela.

Sicuramente è per avvisare me, ma se aspettavo lei, a quest’ora avevo già commesso un omicidio nel suo locale.

«Ehm, ciao Angela. Perché urli?» chiede educato il pavone.

Io scosto la porta e sbircio l’incontro che si è spostato in sala.

«Dirmelo prima che sarebbe venuto qui? No eh?» borbotto.

Alle mie spalle, Amber allunga il collo e guarda oltre la mia spalla. «Complimenti, Bella. Bel tipo davvero. Perché ti nascondi da lui?» chiede. Troppo sveglia questa ragazza. Mi sta antipatica.

«Figurati! Non mi sto nascondendo da lui…». Mi guarda scettica inarcando un sopracciglio. Non ho mentito bene, evidentemente.

«Okay, mi sto nascondendo da lui. Ma solo perché non voglio fare scenate nel locale di Ben, non me lo perdonerebbe mai» rispondo, cercando di essere convincente.


 

Continuo a sbirciare finché una mano non mi trascina fuori dallo sgabuzzino.

«James, lasciami, che fai?» chiedo irritata mentre mi accuccio dietro a lui per non farmi notare.

Edward e Angela, stanno parlando al tavolo d’angolo dove la mia amica li ha fatti accomodare. Peccato che sia il tavolo con la visuale migliore su tutto il ristorante e il pavone non è seduto di spalle.

Che rabbia!

«Si può sapere cosa stai facendo? Da quando ti nascondi?» chiede perplesso.

«Da quando non voglio incontrare una persona» rispondo sporgendomi sulla sua spalla per sbirciare… di nuovo.

«Allora esci con me, e i tuoi tavoli li servo io questa sera» propone James il ricattatore. Sbuffo ma accetto.

Devo assolutamente evitare una scenata, soprattutto non voglio avvicinarmi troppo a lui e alla sua top model. Non ci tengo a prendermi malattie di dubbia provenienza e sono sicura che me le beccherei solo respirando la sua aria!

La faccia di James è quella di un gatto che ha appena mangiato il topo, felice e soddisfatta, quando si accosta al tavolo incriminato per raccogliere le ordinazioni.

In quello stesso momento, Angela, saluta Edward e coglie l’occasione per rientrare in cucina.

Devo assolutamente parlare con lei.

Mi metto in ginocchio e gattono sino alla porta basculante della cucina, quando due piedi compaiono nel mio campo visivo.

«Non è il caso che ti butti in ginocchio per ringraziare. Hai accettato di uscire con me e questo è sufficiente» dice James ridacchiando, interrompendosi subito quando gli tiro un pugno sotto il ginocchio.

«Se non vuoi rischiare di essere gambizzato, levati dalle scatole» sibilo, mentre continuo a gattonare sino in cucina.


 

«Angie, amore, abbiamo adottato un animaletto nuovo?» chiede Ben, appena mi nota sul pavimento.

«Mauoooooo!» miagolo alzandomi, non appena la porta si chiude «Non ti preoccupare, sono un gatto autonomo e non amo molto vivere dove i padroni tradiscono!» quasi urlo mentre cerco di non fulminare Angela con lo sguardo. Se gli occhi uccidessero, in questo momento avrei sulla coscienza madre e pargolo nascituro.

«Bella, non incominciare. Io non ne sapevo nulla! Non ha detto che sarebbe venuto a trovarmi» si giustifica preparando due piatti per poi suonare a James.


 

Vorrei replicare ma quando il cameriere mio sostituto entra in cucina con una domanda ben specifica, devo trattenermi ancora di più per non ucciderla a mani nude.

«Bella, perché il tizio del tavolo 8 ha chiesto di te?». Edward – ha – chiesto – di – me - ? mi volto nuovamente verso Angela.

«Perché Edward ha chiesto di me? Come fa a sapere che lavoro qui?».

«Ehm… forse mi sarà sfuggito qualche cosa, sai… si chiacchiera, e magari avrò raccontato qualche episodio divertente… dove accidentalmente, c’eri anche tu» dalla faccia che mostra, credo che stia pregando che si apra una voragine sotto i suoi piedi per farla scomparire dalla mia vista.

«Non voglio saperlo. Non voglio vederlo. Non voglio parlarci e non voglio ucciderti. Quindi adesso, mio caro, adorato, James, vai di là e gli rispondi che Isabella Swan non lavora più qui, che si è trasferita, è andata ad abitare in un altro stato» ordino al biondo che ride nel vedermi così nera.

«Dove? Tanto per essere più precisi». Si diverte?

«In Alaska, tra le foche, i trichechi e gli orsi bianchi» rispondo raccogliendo il sacco della spazzatura da buttare nel vicolo dietro il ristorante.

Ho bisogno di aria e di stare da sola.


 

Non ho mai fumato, ma in questo momento vorrei ardentemente una sigaretta tra le mie mani, da aspirare annebbiandomi anche il cervello… credo che quello che intendo io si chiami spinello, ma sono dettagli.

Mai neanche andata vicino alla droga, nuoce gravemente alla salute. Figlia di un poliziotto, poi, come avrei potuto?

«Perché sei tornato? Perché paragono sempre gli altri a te? Perché semplicemente non giro pagina e ti dimentico?». Non riesco a trattenere la lacrima che scorre sulla guancia.


 

Sento dei passi cadenzati, avvicinarsi a me, nel buio, ma non ho paura, li riconosco, mi sono famigliari come ricordi di tempi andati.

Si avvicina, sovrastandomi con la sua altezza e le spalle larghe.

«Bella, non piangere». Mormora la sua calda voce maschile, mentre una mano mi carezza la guancia, asciugando la scia umida con il pollice.


 

---ooOoo---


 

Angolino mio:

forse questa storia sarà meno comica di Ciao Edwardina. I tempi sono diversi, i ragazzi sono cresciuti e hanno le loro vite. Isabella ha 24 anni e come ricorderete erano tutti compagni di scuola con la stessa età. Bella si è laureata e cerca lavoro. Edward è momentaneamente tornato, ma ripartirà subito per finire gli studi all’estero.

Se incontreremo altri personaggi presenti nella storia precedente, farò un mini riassunto delle loro vite.

La storia è ambientata a Seattle, quindi è più probabile che ci troviamo con personaggi nuovi.


 

E lui? Chi è che arriva? Se sperate che sia Edward vi dico subito di no! Ritentate.


 

Con questo concludo e vi ringrazio per l'attenzione.

Alla prossima

baciotti


 


 

  
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