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Autore: thecarnival    27/04/2012    3 recensioni
Elena è una ragazza normale, semplice, fidanzata con Stefan, un ragazzo piuttosto carino,dolce che si prende fin troppa cura di lei.
Damon è il suo migliore amico. Un gran farfallone, che ha avuto tantissime storie di una notte con molte ragazze, ma mai nulla di serio. Fin quando non crede di essersi innamorato di una ragazza, tale Caroline. Dopo vari approcci sbagliati, non sapendo come fare per conquistarla, decide di chiedere aiuto ad Elena. Lei gli spiega che 'esistono' 10 regole per conquistare una donna e farla innamorare.
Una volta a settimana i due amici si incontreranno per scoprire una nuova regola. Riuscirà Damon a diventare un 'bravo ragazzo' e conquistare Caroline? E cosa dirà Stefan di tutti questi incontri?
-Tutti umani-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Elena/Stefan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Betato, gentilmente, da Mary_Sophia_Spurce




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Regola numero quattro.




Era strano stare in quella casa dopo l'incidente dei miei genitori, era proprio una strana sensazione vivere lì senza di loro anche se per una settimana. Dovunque guardassi riuscivo a percepire la loro assenza; ogni oggetto in cucina mi ricordava mia madre, il suo preoccuparsi per l'avere un pranzo sempre perfetto, il suo rimproverare papà perché si sedeva in ritardo a tavola troppo occupato a guardare lo sport in tv, il suo bacchettare Jeremy da bambino perché non lavava mai le mani.
Sospirai e spensi il forno.
– L'odorino non è niente male. – Stefan mi abbracciò aiutandomi poi a tirar fuori il polpettone – Spero sia lo stesso anche per il sapore.
Gli diedi una gomitata nel fianco e iniziai a tagliare il mio capolavoro culinario – Che stronzo.
Quando gli avevo proposto di trascorrere una settimana da soli nella casa al lago, dopo i primi minuti di tentennamento, si era dimostrato entusiasta, proponendo, come cose da fare, un sacco di cose divertenti; aveva addirittura portato da casa dei giochi da tavola: mi sembrava un bambino in gita scolastica.
Alla fine, però, avevamo trascorso quei primi quattro giorni a coccolarci e, soprattutto, senza litigare.
– Accidenti, è buonissimo.
Gli risposi con una smorfia e continuammo a mangiare tranquillamente, seduti uno di fronte all'altra, la televisione spenta, sentendo quindi i versi degli animali attorno al lago e sugli alberi.
– Che programmi abbiamo per domani?– Gli chiesi mentre m'aiutava a sparecchiare e lavare i piatti. Scrollò le spalle facendo attenzione a mettere nel posto giusto le stoviglie. Sembrava strano. – C'è qualcosa che non va?
– Volevo farti la stessa domanda.
Mi bloccai con il piatto a mezz'aria: il suo tono era stato abbastanza serio da farmi preoccupare.
– Dimmi.– Gli risposi fingendo tranquillità.
– Ultimamente sei strana e non mi riferisco solo alle liti che abbiamo avuto a causa di Damon; non ridi come prima, non scherzi o ti comporti come prima: è come se fossi un'altra persona.
Continuavo a sciacquare quella pentola, evitando di guardarlo.
– Ele, che succede?
Alzai lo sguardo con lentezza; avevo paura di affrontarlo. – Non lo so.
– Non mi ami più?
– Certo che sì.
– E allora?
Mi allontanai dalla cucina, volevo scappare anche da lui per evitare quel discorso: la verità era che non sapevo cosa dire; non mi ero accorta di quei miei comportamenti, come potevo, quindi, spiegarglieli?
– Non so che dirti Stefan. Non so di cosa tu stia parlando.
– Di questo. Io parlo e tu scappi: da quando sei così codarda?
– Da quando tu mi accusi di cose che non sono vere.
Aveva alzato la voce provocandomi, aveva fatto scattare in me un qualcosa di non ben definito.
– Ti ho già chiesto scusa per quello che t'ho detto.
– L'hai detto comunque. Non bastano le scuse; è come se domani uccidessi qualcuno e poi mi scusassi con la sua famiglia.
– E allora dimmi cosa devo fare.
– Non lo so.
Sentivo la gola in fiamme per tutte quelle urla. Gli occhi di Stefan erano di un verde acceso a causa della rabbia e miei, non potevo vederli, ma erano sicuramente rossi per le lacrime che stavo trattenendo.
– Io ti amo Elena– Fu quasi un sussurro, e ne fui lieta perché significava che le acque si erano calmate; il peggio era passato, forse.
– Anche io.
– Non voglio, però, stare con te se devo dividerti con qualcun altro.
Sospirai avvicinandomi a lui, mi spezzava il cuore sentirlo dire quelle cose; lo amavo e non volevo farlo o vederlo soffrire.
– Io sono tua, e basta.
– Sei anche sua.
I suoi occhi verdi stavano, pian piano, cominciando a tornare chiari come sempre.
– Sono solo la sua migliore amica, nulla di più.– Gli sorrisi e mi sollevai sulle punte per lasciargli un bacio sulle labbra. – Tu invece sei il mio ragazzo e posso farti questo.
Mi aggrappai stile koala, baciandolo con passione: ero stanca di litigare e urlare; volevo rilassarmi e non pensare a nient'altro se non a lui.
Sorrise contro le mie labbra mentre camminava verso la camera da letto; sbatté più volte contro i muri e le porte, facendomi ridere di gusto. Mi lasciò cadere sul letto per poi sdraiarsi su di me; quello era il miglior modo di far pace.

Mi svegliai ancora tra le braccia di Stefan e sorrisi nel vederlo rilassato; decisi tuttavia di non svegliarlo, indossai una sua maglietta e andai in cucina per chiamare Jeremy, la sera prima non l'avevo sentito e dovevo pur informarmi su quello che stava combinando a casa.
– Ti ho detto che va tutto bene. Mi hai svegliato.
– Mi dispiace. Hai portato Anna a...
– Non ti fidi di me?
– Devo dirti la verità?– Lo dissi ridendo per fargli capire che stessi scherzando.
– Lasciamo perdere. Mi ha tenuto compagnia Damon in questi giorni.
– Puoi pass...
– Sta dormendo.
– Sveglialo.
– No, perché poi dovrebbe andare a fare jogging, quindi non potrebbe parlare con te.
– Jeremy. Cosa avete combinato?
Non sentii cosa rispose mio fratello perché Stefan mi tolse il telefono dalle mani, spegnendolo. Mi augurò il buongiorno riempiendomi di baci, risi felice; mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando non avevamo ancora litigato per tutte quelle inutili sciocchezze su Damon.
– Devi smetterla di preoccuparti per tuo fratello. E' abbastanza grande.
– Io non mi preoccupo per lui... Mi preoccupo per casa mia.
Mi regalò un sorriso che mi sciolse il cuore; mi alzai dalla sedia per sedermi sulle sue gambe e continuai la mia colazione lì, come se fossi una bambina. Gli sporcai il naso con la cioccolata: nacque una vera e propria guerra e vinse lui: mi intrappolò i polsi in una sua mano dietro la schiena, e con l'altra mi spalmò Nutella dovunque potesse farlo: non riuscivo a smettere di ridere.
– Sei un idiota, guarda come mi hai ridotta.– Dissi guardandomi allo specchio dell'ingresso.
– Hai iniziato tu.
Gli risposi con una linguaccia – Sarà meglio che vada a farmi la doccia...
Non ebbi neanche il tempo di scappare; mi prese in braccio, come se fossi un sacco di patate, mi portò in bagno e, nonostante le mie urla e il mio dimenarmi, aprì i rubinetti della doccia, mettendomi sotto. Rabbrividii per il freddo e quasi soffocai per l'acqua ingoiata.
– STEF!
Lui intanto non smetteva di ridere.
– Chiudi la bocca o affoghi.
Stropicciai gli occhi con le mani, per togliere l'acqua e lo guardai in cagnesco: se ne stava in piedi, appoggiato al muro, con un sorrisino impertinente a guardarmi soffocare; decisi di vendicarmi a modo mio.
Mi spogliai lentamente, godendomi la sua reazione: strabuzzò gli occhi, divorandomi con lo sguardo mentre sfilavo il reggiseno lanciandolo ai suoi piedi. Sorrisi.
– Beh, sembra che tu abbia visto un fantasma.
In un lampo si tolse i pantaloncini e la maglietta, raggiungendomi dentro la doccia – Sei tremenda.
La sua mano strinse i miei capelli, ormai bagnati, attirandomi a sé; mi baciò con passione e ricambiai aggrappandomi a lui con foga: l'acqua ci aveva fatti impazzire.
Legai le gambe intorno al suo bacino; un brivido mi percosse quando sentii il freddo delle mattonelle sulla schiena, ma non ci badai e continuai a baciarlo, a scompigliargli i capelli.
Gli morsi una spalla per non urlare quando fui totalmente soddisfatta; uscì da me prima che potesse venire anche lui: normalmente usavamo il preservativo ma quella volta era successo tutto così in fretta da dimenticarlo.
Prima che potesse finire l'acqua calda finii di lavarmi, avevo davvero bisogno di togliere tutta quella cioccolata dal mio corpo. Stefan era ancora dentro la doccia con me che mi insaponava la schiena.
– Non usciremo più da qui, vero?
Rise – Mi hai provocato tu.
– Ma sentitelo.– Mi voltai per guardarlo negli occhi. – Mi hai infilato tu qua sotto.
Aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito: si era arreso. Mi alzai sulle punte dei piedi per lasciargli un bacio sul naso e finimmo di sciacquarci.

Stefan caricò l'ultima valigia nel bagagliaio mentre io controllavo che non avessimo dimenticato nulla; mi dispiaceva partire e tornare in città ma quei sei giorni erano bastati per ristabilire la pace tra e me lui e per permettere a Jeremy di distruggere casa.
– A che pensi?
Mi voltai verso Stefan che aveva intrecciato le nostre mani mentre guidava – Ai mille guai che ha potuto combinare mio fratello.
Si fece pensieroso. – Tranquilla gli ho lasciato i numeri delle emergenze attaccati al frigo.
– Idiota. – Lo colpii al braccio facendolo ridere.
Dormii per il resto del viaggio, svegliandomi davanti casa, con il cretino di mio fratello che mi urlava nell'orecchio: avrei voluto prenderlo a pugni se solo avessi potuto. Gli feci i complimenti per come aveva mantenuto casa: pulita e intatta, senza nessun segno di incendio o atto vandalico; salii in camera mia per posare la valigia quando notai un particolare.
– Tutto bene?
Annuii – Stavo controllando anche qui dentro.
– Davvero non ti fidi di tuo fratello?
– Certo che mi fido, solo che non voglio che lui lo creda.
Accompagnai Stefan alla porta, doveva passare a salutare la sua famiglia e poi sarebbe andato direttamente a casa: era stanco e aveva bisogno di riposo; aveva un rapporto strano con il suo cuscino e il suo letto, al rientro da ogni vacanza passava le successive ore, sdraiato su di esso, a ripetergli quanto gli fosse mancato.
Chiusi la porta e mi lasciai cadere sul divano: stanca ma felice.
– Allora? Come è andata questa settimana?
– Sei una donna pettegola Jer.
– Mi preoccupo solo per mia sorella e per la sua vita di coppia.
Alzai un sopracciglio. – Bene.
– Non avete parlato? Litigato?
– All'inizio no, poi però... Oh andiamo Jer, mi fa strano parlarti di queste cose.
– Perché non ho gli occhi azzurri e i muscoli al posto giusto? Mh, forse dovrei guardarti come ti guarda lui...
– Perché sei mio fratello, idiota. Se vuoi ti dico quello che abbiamo fatto sotto la doccia.
La sua espressione sbigottita mi fece scoppiare a ridere. – No no, per carità.
– Ecco. Dov'è Damon? So che ha dormito in camera mia, ho visto la mia maglia dei Coldplay sul letto.
Scrollò le spalle e prima che potessi chiedergli altro sparì in camera sua.
In realtà quella era la maglietta di Damon, l'aveva comprata ad un loro concerto ma me l'aveva regalata perché non avevo potuto andare con lui e sapendo quanto io li amassi: era la mia maglietta preferita ma la usavo per dormire quando andavo da lui, era enorme e sul grigio, con i visi dei quattro componenti della band sul davanti, e le tappe dei concerti sul dietro; mi vestiva enorme, perché era della sua taglia: una L maschile, ed ero sicura si fosse messo quella per dormire in quella settimana a casa mia.
Gli mandai un messaggio per dirgli di venire, avevo voglia di vederlo, salutarlo e parlare con lui.
Quando salii in camera per disfare la valigia, presi anche la maglia per metterla al posto: odorava di lui. Sorrisi e la nascosi tra i miei vestiti, non volevo che nessuno la toccasse.
Esausta mi addormentai sul mio letto, dopo aver diviso i vestiti tra sporchi e puliti.


– Lena. Svegliati... Lena-bella-Elena.
Mugugnai infastidita e aprii un occhio, trovando quelli azzurri di Damon. – Mhhhh.
– Sono d'accordo con te.
Sorrisi e mi accoccolai a lui, affondando la testa tra la spalla e il suo collo. – Shhh.
– Mi hai fatto venire per dormire? Perché potevo venire in qualche altro modo insieme a qualcun'altra...
Gli diedi un pizzicotto sul fianco, ma mi prese la mano, intrecciandola alla sua; restammo abbracciati in quel modo e in silenzio, non so per quanto tempo, fin quando non ebbi di nuovo la facoltà di parola.
– Mi sei mancato in questi giorni.
– Anche tu.
– Lo so bene. Ho visto che hai usato la mia maglia.
– Fino a prova contraria è la mia.
– Ma me l'hai regalata e quindi è mia.
– E' andato tutto bene?
Annuii stringendomi ancora di più a lui, portai la gamba destra su di lui, volevo abbracciarlo e sentirlo più vicino possibile; con il ginocchio però, sfiorai qualcosa di inopportuno. Mi mossi allarmata e irrequieta non appena me ne resi conto e quei miei movimenti peggiorarono la situazione.
– Ok. Stai ferma.– Mi morsi il labbro per trattenere una risata. Damon sollevò la mia gamba rimettendola a posto. – Adesso va meglio, non lo fare mai più.
– Scusa.
– Sono sempre un maschio Elena, se ti strusci in questo modo...
– Non mi stavo strusciando– Scattai colpita nell'orgoglio. – Volevo abbracciarti
– Lo so, non intendevo quello.
– Sì ho capito. Scendiamo giù. Ho sete.
Non gli rivolsi parola per tutto il resto del pomeriggio, lui però rimase a casa, a scherzare con mio fratello e a giocare con la Play; volevo che fosse lui a scusarsi perché mi aveva ferita con quelle parole: io non mi ero strusciata.

All'ennesima battuta entusiasta di quei due idioti per un passaggio “fenomenale”, mi alzai dalla poltrona con il mio libro da leggere e mi chiusi in camera.
– Posso?
Lo fulminai con lo sguardo. – Che ti rispondo a fare, tanto fai come ti pare.
– Hai le tue cose?
– Damon, stai peggiorando la tua situazione.
– D'accordo scusa. Non so che altro dirti: mi dispiace averti detto quelle cose oggi, non ti sei strusciata.
– Lo dici solo per accontentarmi ma in realtà lo pensi.
Si alzò dal letto, iniziando a camminare su e giù per la stanza: faceva così quando era nervoso e lo capì quando iniziò a toccarsi i capelli, si stava trattenendo.
– Accidenti Elena, si può sapere che hai? Vuoi davvero litigare? Ti ho chiesto scusa, cos'altro devo fare? Mettermi in ginocchio? Se vuoi lo faccio.
– No. Voglio che tu capisca come mi sono sentita. Non mi sono strusciata per provocarti.
– Lo so, ho solo sbagliato termine, non volevo offenderti.
Per fortuna il nostro stupido battibecco si chiuse lì.
Dopo cena mi raccontò dei progressi che aveva fatto con Caroline: in quella settimana si erano visti al Grill molte volte, o per caso o come appuntamento, oppure erano usciti per andare a fare un giro in macchina come semplici amici anche se Damon sotto sotto aveva avuto molte volte la tentazione di saltarle addosso.
– Non è ancora il momento.
– E quando sarà “il momento” ? – Rispose esasperato accasciandosi sulla sedia.
Sorrisi nel vederlo in quella situazione, non era da lui limitarsi con una ragazza, Caroline doveva piacergli davvero tanto, e fui fiera di lui, oltre che di me.
– Deve essere lei a baciare te; non perché è spinta dai suoi ormoni ma perché le piaci davvero, perché le hai conquistato il cuore.
Mi guardò scettico alzando un sopracciglio. – Sei una femminuccia.
– Fino a qualche tempo fa ero un maschiaccio. Per fortuna hai cambiato idea. – Risposi cominciando a sparecchiare e facendogli la linguaccia.
Scherzare con Damon, rispondere alle sue battutine idiote, mi veniva naturale; sapevo che anche se ci fossi andata giù pesante, lui non se la sarebbe presa, e in fondo neanche io, ci conoscevamo fin troppo bene per sapere dove arriva la pazienza e il limite di sopportazione di entrambi.
– E' ora di andare. Mi racconterai della vostra luna di miele un'altra volta.
– Ma veramente...
– Lo so, non vedevi l'ora di dirmi quanto i miei consigli sono stati utili.
Incrociai le braccia al petto, guardandolo seria. – Non ho la minima intenzione di dirti quante volte io e Stefan abbiamo fatto l'amore e soprattutto dove.
– Signore, fulminami e fammi perdere la memoria.
Scoppiai a ridere e gli lanciai lo strofinaccio che stavo usando per asciugare le stoviglie; ovviamente lui, non fu così magnanimo da perdonarmi e far finta di nulla, mi si scagliò contro prendendomi in braccio e trascinandomi al piano di sopra.
– Da-Mo-Damon cosa stai. Fa-cendo?
– Non ti capisco.
Gli diedi un morso nel sedere e lui contraccambiò.
– Accidenti Elena, quando si dice “culo da prendere a morsi”.
Rise come un'idiota e mi dimenai per convincerlo a lasciarmi andare, soprattutto quando mi accorsi che eravamo in bagno; mi prese il panico.
Lo sentì trafficare con il soffione e poi mi infilò dentro la vasca da bagno: un getto d'acqua mi colpì in faccia, per fortuna era tiepida.
Urlai, ma rischiai di soffocare, come nella doccia con Stefan; possibile che tutti avessero voglia di annegarmi?

Intanto quell'idiota rideva che era un piacere, e io non sapevo come liberarmi e come vendicarmi, perché sapevo che qualsiasi cosa avessi fatto, la sua vendetta sarebbe stata tre volte peggio.
Ad un certo punto si fermò ed uscì dal bagno.
Tirai un sospiro di sollievo e chiusi i rubinetti; stavo asciugando l'acqua dal pavimento quando entrò Jeremy, tutto trafelato.
– Devo andare in bagno, puoi fare vel... WO! Concorri per Miss maglietta bagnata?
Con un gesto istintivo mi coprii, guardandomi poi allo specchio inorridii: stupida canotta rossa che lasciava vedere tutto e stupida me che aveva il vizio di dormire senza reggiseno. Avevo dimenticato a metterlo dopo essermi svegliata.
– Quindi Damon è andato via... – Dissi tra me e me, cambiandomi.
Scoppiai a ridere sola come una scema ma gli mandai un messaggio per scusarmi, dopo quello che era successo nel pomeriggio non volevo che pensasse fosse tutto un modo per provocarlo; io non avrei mai potuto fare una cosa del genere, soprattutto con lui: sarebbe stato troppo strano.
Non sono andato via per le tue tette al vento, anzi, all'acqua. Avevo da fare. Ci vediamo domani, mi devi dire della quarta regola”
Esatto, sarebbe stato troppo strano: io Damon, potevo solo ucciderlo.


Mi svegliai accaldata e stanca, non sapevo il motivo, ma ero incredibilmente sudata e tanto accaldata.
Guardai la sveglia ed erano ancora le 9 del mattino: odiavo alzarmi presto d'estate, non avevo nulla da fare la mattina, preferivo dormire un po' di più per essere in forze nel resto della giornata.
Feci una doccia e scesi a fare colazione; in tutta la casa regnava il silenzio più assoluto: Jeremy dormiva beatamente.
Mi mancavano i miei genitori, svegliarmi e trovare mia madre intenta a preparare i pancake, sedermi a fare colazione con lei e litigare perché bevevo troppi caffè a soli sedici anni.

Mi mancava mio padre, il suo essere protettivo ma il suo continuo volermi accasare con Damon.
Asciugai quella maledetta lacrima traditrice e salii di corsa in camera di mio fratello.
– Jer. Jeremy svegliati.
– Mhhh che vuoi?
– Posso stare qui con te?
Scattò sul letto, improvvisamente sveglio, fissandomi negli occhi. – Hai avuto di nuovo gli incubi?
Negai e la mia risposta lo convinse. – Ho solo un po' di nostalgia e volevo stare qui. Con te.
Mi fece spazio nel letto e mi accoccolai a lui, che mi strinse forte: odorava di famiglia, dei miei genitori, di casa. Di amore.

– Sta dormendo. Mh, sì, glielo dirò... No, sta bene. Muori.
– Jer?
– Era Stefan.
Aprii un occhio per guardare mio fratello che se ne stava in piedi, accanto al letto, con un sorriso ebete sul viso. Cercai di fare mente locale: mi ero svegliata alle nove, e dopo aver fatto colazione mi ero rifugiata nella sua camera... Aveva detto a Stefan...
– MUORI?
– Quando la chiamata era chiusa.
– Non si scherza con queste cose, rincretinito.
– Possiamo tornare a letto, in silenzio, dimenticando quel baccalà?

Feci finta di nulla e mi alzai, prendendo il mio telefono dalle sue mani: odiavo quando si comportava come uno stupido quindicenne brufoloso in crisi per non so cosa.

Guardai l'orologio per capire quanto avessi dormito, di lì a poco sarebbe arrivato Damon, non avevo proprio voglia di affrontare anche lui quel giorno, ma dovevo farlo: una promessa era una promessa.
Poco dopo suonò il campanello e andai ad aprire salutando Damon con un cenno.
– Ti sei alzata con il piede sbagliato?
– Sì. Per ben due volte, quindi niente battute, niente commenti. Facciamo quello che dobbiamo fare e poi sparisci.
– Mi piaci quando fai la dura; dove lo facciamo?
Mi scappò una risata e lo abbracciai istintivamente, il bacio tra i capelli poi, mi fece sciogliere ancora di più.
Si sdraiò sul divano, come se fosse da un'analista, e io mi accomodai sulla poltrona più vicina; prima di passare alla tanto agognata regola, gli dovetti raccontare quello che era successo durante la mattina, inutile dire che si mise a ridere quando gli dissi della chiamata di Jeremy e Stefan.

Un lampo improvviso mi colse: non avevo richiamato Stefan.
Gli mandai un messaggio, scusandomi e dicendo che mi ero svegliata da poco e avrei pranzato a casa sua. Come sempre avevo omesso la presenza di Damon, il mio corpo e il mio cervello, quel giorno, non erano proprio in vena di litigi e urla.
– “Alle donne piace sentirsi rivolgere domande personali. Ma se risponde con monosillabi, o devia subito argomento, tornare alla seconda regola. Falla ridere perché magari ha ricordato un'esperienza personale negativa, o peggio si sente a disagio.” – Dovetti ripetergliela più volte e addirittura spiegargliela, non riusciva proprio a capire.
– Quindi, per esempio: Come stai Elena?
Corrucciai la fronte, non era un esempio, ma stetti al suo gioco. – Mh, bene, oggi sono un po' stanca ma tutto sommato bene. Grazie
– Stanca, a quest'ora? Hai fatto qualche brutto sogno?
– Non che io ricordi però...– Mi rabbuiai un attimo. Avevo accennato a Damon dei miei genitori: voleva chiedermi dell'incidente. – No.– Scattai in piedi.
– No cosa?
– Non voglio parlarne e no, io non sono una cavia.
– Io volevo solo sapere se magari avessi fatto qualche sogno erotico... – Incrociai le braccia sotto il seno alzando un sopracciglio, non sapevo dove volesse arrivare. – Che so, magari mi hai sognato in tutto il mio splendore, sotto la doccia...
Risi – Sei un'idiota. E poi sei tu che avresti dovuto sognare me. Lo hai fatto?– Chiesi puntandogli il dito contro.
– Oh sì. Ho sognato di morderti il sedere e le tue tett...
– DAMON!
Lo colpii sul braccio per farlo stare zitto, ma scoppiò a ridere dopo qualche secondo; mi tranquillizzai all'istante: sapere che il mio migliore amico avesse fatto dei sogni del genere su di me, mi aveva leggermente, terrorizzata.
Dopo alcuni momenti di ilarità, andò via, lasciandomi preparare per raggiungere Stefan nel suo appartamento; non appena aprì la porta mi baciò con irruenza, non lasciandomi neanche il tempo di salutarlo o di respirare.
Chiuse la porta con il piede, mi spogliò tra la pausa di un bacio e l'altro.
– Non. Sai. da. Quanto. ti. Desidero.
Sorrisi sulle sue labbra.
– Vuoi saperlo?– Mi chiese guardandomi negli occhi. Quel verde così intenso da farmi rabbrividire; annuii semplicemente, incapace di emettere alcun suono. – Dalla nostra doccia insieme. Non faccio altro che sognarti, sotto la doccia, in ogni momento.
Mi sollevò da terra portandomi sul letto, mentre continuava a spogliarmi e baciarmi: quella passione mi stava risucchiando le forze e divorando l'anima, era qualcosa di nuovo e inaspettatamente incredibile. Non avevo mai visto uno Stefan così preso e caloroso.
Fu un attimo però, il mio cervello staccò la spina, o meglio, la mise al posto giusto.
– E se...
Ma non ebbi il tempo di finire il pensiero, perché lui fu dentro me, e tutto il resto scomparve.







***

Cosa posso dire per scusarmi dell'immenso ritardo? Colpa dello studio, dello stress e di altri mille impegni. Arrivo al dunque perché ho mal di testa e ho bisogno di stendermi e riposare:
Il capitolo mi fa un po' schifo, e con questo non voglio complimenti, voglio solo dire che l'ho scritto con fatica, in non so quanti giorni e forse è per questo che non mi convince. Abbiate pietà!
Elena e Stefan hanno fatto pace, personalmente li ho odiati/amati in questo capitolo, avrei voluto che Elena fosse più sincera con lui, che gli dicesse qualcosa in più ma evidentemente non è ancora pronta o forse è sincera quando dice che non sa quello che sta accadendo.
Non so se avete notato alcune incongruenze: Damon che non vuole parlare a telefono con Elena; Damon che va via quando le fa lo scherzo della vasca e infine, la battuta sul sogno. Cosa ne pensate? Perché si è comportato così? Non pensate subito a: è innamorato di lei. Andateci piano con i pensieri, è molto semplice come concetto.
Infine... di nuovo Stefan ed Elena e il loro momento di passione.
Non odiatemi ma, avevano bisogno del loro spazio, del loro chiarimento: stanno insieme, si amano (perché è vero che si amano) glielo dovevo!
E basta.
Grazie per aver aspettato.
Grazie per aver letto, e a chi ha avuto la pazienza di commentare.
Grazie a Mary per aver corretto il capitolo e per aver fatto quella meravigliosa immagine che trovate all'inizio.
Alla prossima.

   
 
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