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Autore: Violet 95    27/04/2012    1 recensioni
Cassia disegna. Cassia crea. Cassia dipinge. E dona un cuore, una parvenza di vita ai suoi ritratti. A Radiant Garden è conosciuta solo per questo e come unici amici ha due ragazzini da lei soprannominati Rosso Veneziano e Turchese. Eppure tutti la temono per il suo dono e per una maledizione che sembra portarsi dietro da quando era piccola, dalla morte di suo padre. Un giorno, però, qualcosa sembra finalmente cambiare e la sua carriera trova uno sbocco: Ansem il Saggio le chiede di fare un ritratto ai suoi allievi, così che lui stesso possa vedere di persona il suo "dono". Niente di più semplice per lei. Finché non fa la conoscenza di Xehanort, allievo prodigio di Ansem.
Ombre da tempo assopite sembrano ridestarsi, così come sentimenti che Cassia credeva di non poter più provare. E intanto il ritratto non sembra prendere forma, né vita...
Fanfiction su Xehanort prima di diventare ciò che poi diventa e sul creatore del suo ritratto, esposto ancora nel suo ufficio.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Xemnas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH Birth by Sleep
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Capitolo 2

La Strega di Cuori

 

 

 

Aqua correva. In realtà, era da quando era arrivata che non faceva altro. Ancora non era riuscita a incontrare Terra, né a trovare Ventus: per quanto fosse vicina, ogni volta sembravano sfuggirle e allontanarsi sempre di più da lei. Tutto ciò era molto frustrante. E i Nesciens non miglioravano certo la situazione. Non faceva in tempo a stendere i muscoli tesi che subito ne comparivano altri, avvolti da una nube nera e violacea, sempre pronti ad attaccare lei e le persone del luogo.

Era stanca e, forse, per la prima volta si sentiva infinitamente sola. Anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, in quel momento le sarebbe piaciuto molto trovare una distrazione da tutto quel caos.

Come se qualcuno le avesse letto nel cuore, quella distrazione arrivò in modo imprevisto.

E sotto una forma alquanto singolare.

 

“Buongiorno, signorina. È di fretta?” la chiamò una voce femminile.

 

Colpita dal calore che trasmetteva quel tono cordiale, Aqua si voltò quasi immediatamente verso la fonte della voce e vide una ragazza sui venti anni, con lunghi capelli di un biondo vicino al bianco raccolti in una treccia gettata su una spalla e con un volto tipico di chi è abituato a lunghi digiuni, pallido ma rilassato, piegato in un sorriso di pura cordialità in grado di riscaldare il cuore di chi lo guardava. Due occhi azzurri le ricordarono il cielo d’estate, limpido, privo di nubi che potessero mettere in dubbio quella chiarezza. Eppure Aqua notò qualcosa nello sguardo, qualcosa che a un custode del Keyblade non poteva sfuggire: c’erano ombre in quei due specchi che riflettevano la propria immagine, ombre oscure che sembravano parte ormai integrante del cuore. Ma se quelle ombre c’erano, non erano mai insorte, né avevano offuscato quegli occhi e quel sorriso.

Stava seduta su un panchetto con le gambe incrociate e con sopra un album da disegno; ai suoi piedi era appoggiata una confezione di carboncini consumati e un pezzo di gomma ormai annerito. Sembrava la personificazione della calma e della tranquillità, lì seduta sotto quel sole cocente, il cui calore non sembrava imperlare di sudore quella fronte distesa. Eppure indossava una lunga camicia bianca, con alcune macchie di colore sparse qua e là, e un grazioso gilè color ocra che nascondeva quasi del tutto le forme del seno.

 

Una ritrattista?

 

“Ritrattista, paesaggista, consigliera per i problemi della vita… In poche parole, una pittrice” le confermò la ragazza, come se le avesse letto nel pensiero.

 

Aqua sorrise gentilmente e si preparò a declinare qualsiasi richiesta le venisse fatta: nonostante tutto, aveva fretta e non aveva tempo da perdere con una ritrattista.

Quest’ultima, vedendo l’ombra di un rifiuto, tentò di anticipare qualsiasi protesta, puntando soprattutto su una debolezza che ogni donna di qualsiasi età – perfino lei – possedeva.

 

“Lo sa che lei ha degli occhi meravigliosi? Non ho mai visto una tonalità di quel genere, e mi creda, di occhi io ne ho visti a centinaia nella mia lunga carriera!” le disse ammiccando, come soleva fare con tutti i clienti di ambedue i sessi.

 

Aqua arrossì impercettibilmente e parve per un attimo indugiare. La ragazza approfittò immediatamente di quell’esitazione.

 

“È un vero peccato che non abbia portato con me i colori acrilici, altrimenti mi sarei divertita non poco a trovare i giusti incroci per ricreare quel meraviglioso colore… Se si accontenta, le farò un veloce ritratto con il carboncino e…”

 

“No, guardi, lei è molto gentile, ma…” tentò di dire Aqua, alzando le mani per negare.

 

“Sono molto veloce con il carboncino, a differenza dei pennelli. Suvvia, è solo qualche minuto, me lo può concedere, mia Cenerentola?” sorrise benevolmente lei.

 

Centro.

 

Aqua allargò ancora di più il suo sorriso e la ragazza si accorse che quella che le stava di fronte non poteva essere una persona normale: sembrava irradiare una certa aura di benevolenza, tutta nascosta in quel sorriso che dispensava. In un’unica parola, lei era buona. Forse troppo.

Mentre il rossore prendeva ormai posto al consueto colore, Aqua si chiese che cosa stesse facendo e perché acconsentisse alla richiesta di una ritrattista. Lei non era tipo da vantarsi della sua bellezza, né da rimirarsi allo specchio, ma quella ragazza sembrava sortire su di lei un qualche sortilegio che la costringeva a fermarsi e a concedersi qualche minuto solo per lei. Aveva la capacità di risvegliare la sua femminilità, oltre che dispensare complimenti, come il melo offre generoso i suoi frutti.

La ragazza le indicò un panchetto simile al suo posto davanti a lei e la invitò a sedersi, sempre con grandi sorrisi e con complimenti sul suo aspetto, in particolare sugli occhi. Una volta che la cliente fu seduta, sentendo già i soldi prudere nella mano, iniziò a svolgere l’unica cosa che era in grado di fare: disegnare.

E intrattenere i clienti.

 

“Allora, con chi ho l’onore di fare questo disegno?” chiese prima di tutto, osservandola attentamente con il carboncino in mano.

 

“Oh, il mio nome è Aqua. Master Aqua

 

Master? Che lei sia un custode del Keyblade? Un Maestro, per giunta!

 

“Appartenete a qualche scuola o ordine di cavalleria?”

 

“Non esattamente” negò Aqua, mantenendosi sul vago.

 

“Siete un Custode?” domandò la ragazza, fissandola intensamente negli occhi.

 

Aqua parve indugiare di nuovo, ma a un nuovo sorriso della ritrattista si rilassò completamente. Non c’erano problemi a rivelare la sua identità, no?

 

“Sì” sospirò lei, abbassando di poco gli occhi.

 

“Eh no, signorina Aqua, se mi abbassate lo sguardo come faccio a ricopiare quelle due gemme?” la rimproverò la ritrattista, riportando l’attenzione sull’album e su quelle poche linee che aveva tracciato.

 

Aqua risollevò gli occhi subito, guardando incuriosita la strana figura che aveva davanti. Aveva incontrato molte persone durante il suo viaggio, tutte diverse tra loro, ma questa di fronte a lei non sembrava appartenere neanche a questo mondo. Aveva lo strano potere di farla sentire in pace, di farle dimenticare per un attimo dei doveri affidateli dal Maestro, dei Nesciens, dei suoi amici. Per brevi attimi, che forse ad Aqua rimasero per sempre sepolti in fondo al cuore, si dimenticò del suo ruolo e si sentì come una ragazza normale che voleva almeno una volta sentirsi elogiare per la propria bellezza.

Sentì inoltre l’opprimibile bisogno di sapere di più su chi aveva davanti.

 

“Voi, invece, chi siete?”

 

La ragazza alzò gli occhi dalla tela e per un fugace attimo – che ad Aqua parve di esserselo sognato – delle ombre annebbiarono quegli occhi: una sofferenza profonda e antica, un risentimento, si fece largo in quell’animo oppresso. Ma venne subito ricacciato in fondo al baratro, insieme a tutti gli incubi, e al suo posto comparve una nuova ondata di cordialità.

E un sorriso. Il più triste e il più bello che Aqua avesse mai visto.

 

“Cassandra, ma voi potete chiamarmi semplicemente Cassia. E vi prego, non datemi del voi, mi fate sembrare più vecchia di quello che già sembro!”

 

 

 

È veramente bella, stava pensando Cassia da quando aveva iniziato a segnare le prime linee del volto.

Non solo gli occhi di quell’azzurro così intenso, ma anche i capelli del medesimo colore, la postura, il volto rilassato, il sorriso… Tutto in quel corpo era perfetto, al punto tale che per un attimo pensò di trovarsi di fronte a una bambola.

Una bambola di ceramica, come quelle che erano esposte nel negozio di giocattoli vicino a casa sua.

 

 

                                                                          

Anche lei avrebbe voluto essere come tutte le altre bambine: giocare con le bambole, andare a scuola, avere la prima cotta…

Invece non aveva mai raggiunto tutto questo. Non aveva mai conosciuto la vera femminilità, forse proprio per il fatto che le uniche figure femminili che poteva prendere a esempio erano quelle dipinte da suo padre. Principesse, per lo più. Lui diceva che avevano tutte il volto di sua madre, ma lei tutto quello che vedeva era un’opaca ombra rosata priva di alcuna espressione: lei non vi vedeva sua madre, semplicemente perché, a differenza di suo padre, non l’aveva mai conosciuta.

Eppure, nonostante tutto, continuava a rifiutare le offerte di suo padre quando le chiedeva di venire con lui al mercato per comprarsi un vestito nuovo. Rifiutò perfino quando le propose di andare a comprare quella bambola di ceramica che lei tanto amava: quella con il lungo vestito fatto di mille gradazioni di blu e con due sfere di vetro al posto degli occhi del medesimo colore. Le ricordava Cenerentola.

Rifiutava perché lei amava suo padre più di ogni altra cosa. E soprattutto amava la pittura. Quei pochi soldi che lui riusciva a guadagnare doveva usarli per i colori, le tele e – se bastavano – per il cibo. Non c’era spazio per i suoi sogni di bambina, ecco cosa pensava ogni volta che diceva di no.

Aveva sempre voluto essere come le altre bambine. Ma c’era qualcos’altro che amava più della sua femminilità: i colori e il pennello con cui poteva fare magie.

E, se voleva, disegnare anche lei delle principesse con il volto di sua madre. Ma che, a differenza di quest’ultima, potessero vivere.

 

 

 

Il carboncino era fermo a mezz’aria da un po’ di tempo e Aqua assunse un’espressione preoccupata e interrogativa nel vedere Cassia persa nei suoi pensieri. Per un attimo le sembrò di vedere di nuovo quell’ombra oscura che passava fulminea dietro quelle pupille.

Ma, come al solito, durò solo un istante.

Cassia si ridestò dalla sua trance e si scusò con un sorriso per la sua distrazione, poi si riconcentrò di nuovo sul ritratto: ormai aveva quasi finito. Le mancavano le ombreggiature dei capelli e poi poteva consegnarlo alla ragazza.

Ma purtroppo il Fato fece sì che quel dipinto rimanesse per sempre incompiuto.

Qualcosa attirò l’attenzione di Aqua e questo le fece alzare la testa di scatto, indolenzita per essere rimasta immobile a lungo. Vide un Nesciens volare verso gli edifici e la preoccupazione, insieme alla rabbia, si dipinse sul suo volto. Cassia fece una smorfia di disapprovazione nel vedere quell’improvviso cambio facciale e la intimò a rimettersi come prima.

 

Aqua, mi manca poco a finire e se hai la pazienza di due minuti…”

 

“Non ho tempo: sono arrivati altri Nesciens!” la zittì Aqua seria, alzandosi di scatto dal panchetto ed evocando il suo Keyblade.

 

“Nescie… Cosa?”

 

Poi l’attenzione di Cassia fu attratta da quella strana spada a forma di chiave che Aqua teneva in mano: aveva delle curve irregolari e dei colori molto accesi, quasi radiosi, che sembravano rispecchiare perfettamente le atmosfere di Radiant Garden. Fece un fischio di approvazione e poi la guardò dritta negli occhi.

 

“Il dovere vi chiama, a quanto pare. Non vi voglio certo trattenere oltre, Maestra del Keyblade… Ma riuscirete a tornare indietro in tempo per il vostro quadro?” le domandò piena di una speranza celata la pittrice.

 

Aqua le rivolse un ultimo sorriso che poteva promettere molto, o forse niente, prima di correre nella direzione del Nesciens.

 

“Vedrò come fare… Grazie di cuore, Cassia” e fuggì via.

 

“Correte, Cenerentola, prima che la carrozza si ritrasformi in zucca!” le urlò dietro Cassia, sorridendo fra sé.

 

Era sicura che non sarebbe tornata, solo che era troppo gentile per dirglielo in faccia. Le aveva dato l’idea di una ragazza con molte preoccupazioni, assai più grandi di quella di riprendersi il ritratto da una pittrice di secondo ordine. Soprattutto, da una pittrice sulla cui persona giravano strane voci messe in giro dagli abitanti di Radiant Garden: che lei fosse maledetta, che fosse una strega, che intrappolasse l’anima delle persone nei suoi quadri, che non avesse un cuore…

Anche se per l’ultima voce non era tanto in disaccordo con loro. Per questo le stavano alla larga, per questo evitavano di farsi fare un ritratto da lei. Pregiudizi, ecco cosa avevano. Solo quei due ragazzini avevano il giusto coraggio per parlarle e avvicinarsi a lei, poco a poco. Si sarebbe tagliata volentieri la mano piuttosto che perderli. La sinistra, ovviamente…

Mentre era immersa in questi pensieri e osservava il contorno di Aqua che scompariva all’orizzonte, delle ombre scure comparvero all’improvviso davanti a lei. Due strani esseri le fluttuavano intorno con l’intenzione di attaccarla, o semplicemente di darle fastidio; e cosa più preoccupante, puntavano al ritratto di Aqua.

 

Forse sono quei cosi che Aqua ha chiamato “Nesciens”…

 

Non fece in tempo a pensarlo che uno di quelli si gettò contro di lei per colpirla e distruggere così, insieme a lei, anche il ritratto. Cassia, spinta dal puro desiderio di proteggere il disegno, si gettò di lato e rotolò per un buon tratto, fino a essere sicura di essere abbastanza lontana da quei cosi.

Una cieca rabbia si dipinse nei suoi occhi, mentre delle ombre si ridestavano nel suo animo, come se volessero sgorgare e prendere possesso del suo corpo. Per un attimo fu sul punto di cedere, ma i ricordi di quel giorno di pioggia la investirono con una violenza tale da farla desistere. Non poteva di nuovo lasciarsi andare, non poteva tornare in quello stato… Non ora che aveva ricominciato a vivere.

Richiamando la calma, Cassia cercò nelle tasche un altro pezzo di carboncino e strappò un foglio dal suo album; ripensò velocemente alla forma di quella strana spada e cercò di riportarla come meglio poteva sul foglio.

 

È ora di usarlo di nuovo… Anche se preferirei evitarlo.

 

Intanto i Nesciens tornarono all’attacco. Entrambi si gettarono senza una precisa logica contro il corpo della pittrice piegato su di sé, mossi da una volontà sconosciuta che ordinava loro di portare altro caos in quel mondo. Non fecero però in tempo ad adempire al loro volere. Come erano comparsi, allo stesso modo, sparirono, cancellati per sempre; una linea di luce li aveva colpiti, all’inizio senza causare alcun danno, ma poi li fece svanire in un’esplosione di luce bianca, inghiottendo tutta l’oscurità dei loro cuori.

Perfino quella luce era svanita con loro.

Cassia rimase immobile al suo posto, inginocchiata, con l’album in una mano e un Keyblade identico a quello di Aqua nell’altra. Gli occhi di lei, ridotti a due fessure, erano ancora puntati nel punto in cui erano scomparsi i due mostri, pronti a cogliere qualsiasi movimento sospetto che potesse farla scattare. Niente, solo silenzio.

Cassia tirò un sospiro di sollievo e, brandendo ancora il Keyblade, si alzò lentamente da terra, facendo bene attenzione a non cadere: sentiva le gambe tremare, come ogni volta accadeva quando faceva ricordo al suo potere.

Un potere che l’aveva maledetta da quel giorno.

Sorridendo tristemente, lanciò in aria il Keyblade e quello fu avvolto da un bagliore di luci dai mille colori, per poi tornare a quel semplice pezzo di carta che era prima di diventare reale. Infatti, non appena la luce scomparve, al posto della spada, un foglio da album di disegno svolazzava nell’aria e ricadeva dopo varie piroette a terra, ai piedi della pittrice. Questa, con sguardo vacuo, lo raccolse da terra e lo osservò a lungo, chiedendosi ancora perché era in grado di fare questo.

Ma come ogni volta, non riusciva a darsi risposta.

 

Sono in grado di dare un cuore a ciò che disegno, di donargli un’anima, una parvenza di vita… Che sia la migliore delle fortune, o la peggiore delle maledizioni?

 

Fino a quel momento, la seconda opzione sembrava la più veritiera. Perché lei era, come veniva soprannominata, la Strega di Cuori. Era lei che faceva vivere i quadri, era lei che creava oggetti dai poteri indescrivibili. Eppure era proprio lei che, a differenza dei suoi quadri, non aveva un cuore.

Se un giorno avesse fatto il proprio ritratto, sarebbe riuscita finalmente ad avere una vita come i suoi dipinti? Oppure era destinata a restare un misero foglio di carta che, al pari di quello che aveva in mano, aveva conosciuto solo per un breve istante quello che ogni essere umano chiamava “cuore”?

Non poteva saperlo e, forse, non le importava poi molto. Nonostante tutto, aveva una vita – se si poteva definire tale –, aveva degli amici, il lavoro che amava.

E, come ogni essere umano, aveva le ombre del proprio passato e un’oscurità che minacciava ogni volta di divorarla da dentro. Più potente di quella degli altri, e più affamata.

Scosse la testa per scacciare questi pensieri e rimise il disegno del Keyblade dentro l’album; poi, come se nulla fosse accaduto, si risedette di nuovo sul panchetto e, incrociando le gambe, attese nuovi clienti sotto il lucente sole di Radiant Garden.

Come ogni giorno. Perché era quello il suo lavoro.

Era quella la sua vita.

 

 

 

 

Spazio dell’autrice:

quando scrivo qualcosa devo trovarmi nell’umore adatto per scriverla e per arrivare a finire questo capitolo non riuscivo mai a trovarlo; solo oggi sono riuscita finalmente a riprenderlo in mano e a concluderlo, aprendo nuove porte per il futuro di Cassia. Sinceramente a questo personaggio credo di essermi molto affezionata, come sempre mi accade con quelli che creo: ha un carattere particolare e il suo “potere” non è da meno del suo talento nel disegno. Il fatto che non abbia un cuore non penso pregiudichi molto, perché ogni volta che penso ai Nessuno non riesco a credere che non abbiano proprio del tutto un cuore: magari sono i ricordi della loro vita passata, ma questo li fa apparire con l’impressione che ne abbiano uno… Ah, che discorso complicato, colpa di Roxas e di Axel che mi hanno fatto arrivare a questa conclusione! XP

Comunque, spero che coloro che seguono le vicende di Cassia vogliano continuare a seguirla passo dopo passo insieme a me. Qui c’è un primo incontro con Aqua (il mio personaggio femminile preferito di Kingdom Hearts) e ce ne saranno altri con nuovi personaggi. Beh, detto questo, spero di non avervi sconvolto con il Keyblade artigianale di Cassia: poverina, in qualche modo doveva difendersi, no? XD

Vabbè, ora basta, mi sto dilungando… Al prossimo capitolo!

Ringrazio per la recensione: kalea95.

Ringrazio per aver messo la storia fra le Seguite: _serendipity

See you again!

 

  
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