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Autore: moni93    28/04/2012    9 recensioni
Questa fanfic la dedico ai miei compagni di classe, perchè sono loro i protagonisti. Ebbene sì, qui non si parla di sovrannaturale o di fantasie nate nella mia mente, ma di fatti tangibili, reali e, cosa più importante, idioti.
Se siete curiosi di paragonare la vostra classe con la mia o se volete tornare indietro nel tempo, quando eravate stupidi e ignoranti (perchè il vostro unico pensiero era quello di arrivare vivi fino al fine settimana, per giocare con la play contro gli amici), siate i benvenuti!
Attenzione: i contenuti sono altamente comici e demenziali e potrebbero sconvolgere i più delicati di cuore. Alcune battutine potranno sembrarvi offensive o altro, ma vi assicuro che sono pronunciate con il solo scopo di far ridere tutti, anche i diretti interessati. In classe funziona, perciò non scandalizzatevi.
Non mi rimane che augurarvi buon divertimento! ^^
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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UN ALTRO GIORNO A SCUOLA

Tutto quello che avete sospettato (ma che mai avete avuto il coraggio di chiedere) sulla V A!

 

PRIMO GIORNO: BENVENUTO ALL’INFERNO!... EHM... NELLA V A!

 

“Ora che finalmente ho ottenuto la vostra attenzione, oggi parleremo di...”

“BUONGIORNO, PROFE!!”

Un grido acuto e allegro fu seguito da un rombo assordante.

La porta era stata spalancata con vigore da una ragazza piuttosto massiccia, come enfatizzavano i suoi abiti larghi almeno tre volte tanto la taglia esatta. La mora appena giunta, dopo aver sbraitato il suo saluto, aveva quasi scardinato la seconda anta della porta con l’ingombrante cartella, provocando un gran fracasso.

Sì, perchè la massiccia porta in legno marcio della nostra aula è vecchia come le suore che vagano per i corridoi della scuola, che ricordano vagamente degli spettri erranti, il cui solo ed unico scopo è quello di rubare l’anima ai poveri viandanti (non scherzo, alle volte con i loro artigli ti staccano un braccio, solo per trascinarti ad ammirare il presepe onnipresente all’ingresso). Credo che se mai entrassero degli ispettori pubblici, farebbero chiudere la scuola senza nemmeno varcarne la soglia.

Ma torniamo ai nostri beniamini...

“Ue! Mario!!” la salutò Mattia, con forte accento del sud.

La ragazza lo squadrò malissimo, mentre il resto della classe iniziò a ridacchiare.

“La vuoi smettere di chiamarmi con quel nome da uomo?” lo minacciò, leggermente seccata.

“Se eviti di tirarmi giù la scuola, sì.” replicò lui “Fino ad allora: Ue! È arrivato il Mammut!!”

Quell’appellativo, ormai ben noto a tutti, diede il via al caos. Gli alunni ridevano come matti, senza ritegno e senza contenersi, e furono tanto coinvolgenti che persino la professoressa di arte ridacchiò.

“Ragazzi, insomma!” fece seria la donna, dopo essersi ridata un contegno “E tu, Mattia, smettila di fare il pestifero.”

Il ragazzo, seduto in prima fila, fece una faccia da angioletto puro e innocente, che non avrebbe convinto nemmeno sua madre.

“Profe, suvvia, cercavo solo di essere socievole e di fraternizzare con l’immigrata.”

Maria, questo era il nome della clandestina in questione, scagliò la cartella sul banco, con una leggiadria pari a un elefante africano, e poi si preparò a controbattere.

“Ancora! La vuoi piantare di prendermi in giro perchè sono siciliana?”

“Tortatene al Sud a vendere arance, TERRONA!” infierì ancora lui, lanciandole il pacchetto di fazzoletti della ragazza seduta dietro di lui.

Quel lancio colpì in pieno la testa della povera meridionale.

“Mattia!” lo riprese di nuovo la docente, nel ridi-ridi generale che ancora non era cessato.

“Profe, ma le dica qualcosa anche lei! Ho visto Mammut muoversi facendo meno casino!”

L’insegnate scosse la testa e si rivolse all’alunna.

“Beh, Maria, non ha tutti i torti.”

“MA PROFE!!!”

“Ecco, anche questo. Quando parli sembri uno scaricatore di porto o...”

“ARANCE, ARANCE SICILIANE!! VENITE A COMPRARE LE MIE ARANCE SICILIANE!!”

“Grazie, Mattia, hai reso l’idea.”

Se quello spettacolino non si fosse chiuso lì, probabilmente due o tre persone sarebbero morte per mancanza d’ossigeno. Sebbene quel teatrino si ripetesse ogni santo giorno (Maria era sempre in ritardo, a volte di cinque minuti a volte di mezz’ora) gli alunni non si sarebbero mai abituati.

Finalmente, per la gioia del docente, dopo venti minuti persi in ciance e idiozie, poteva iniziare la sua adorata lezione. Un record personale, doveva ammetterlo.

Sebbene la classe fosse composta solo da quattordici elementi (poco raccomandabili), ognuno di loro riusciva ad emettere suoni e versi per tre. Certamente, c’erano anche i fuoriclasse, come il nostro Mattia, che erano in grado di aizzare la ciurma a far peggio o che emettevano schiamazzi degni di uno zoo.

Il loco ove tali belve erano rinchiuse, altri non era che la quinta liceo scientifica di un istituto privato. Lascio a voi immaginare quello che avrebbero potuto fare quei figuri in una scuola pubblica con altri venti compari. Era il loro sogno nel cassetto, il Regno dei Balocchi, ma per ora si accontentavano.

La classe era suddivisa in tre file; la prima, quella più vicina al professore, era riservata ai migliori (si fa per dire) rappresentanti dell’aula. Guido sedeva all’estrema sinistra, al fianco del suo inseparabile amico Mattia. Insieme ne combinavano talmente tante, che a confronto Satana e Belzebù erano dei principianti. Proseguendo, c’era Andrea, ultra-genio e salva-chiappe dell’ultimo minuto per le interrogazioni, e infine Ilaria, che scriveva no-stop per sei ore filate. Cosa, nessuno lo sapeva, anche se la maggior parte delle volte erano messaggi pubblicati su Facebook, tramite l’uso del suo inseparabile i-phone, che assomigliava più al prolungamento della sua mano, il quale veniva sistematicamente sequestrato.

La seconda fila era considerata la più tranquilla. Bene o male tutti seguivano o, quantomeno, erano molto bravi a fingere di seguire. Era composta quasi interamente da femmine e divisa in due gruppetti. Il primo comprendeva Eleonora, Matilde e Francesca, grandi amiche e, come conseguenza, ciarlatrici esperte nell’arte della cagnara; mentre il secondo, sebbene vantasse solo due componenti, erano tra i più valenti casinisti della classe: Mario (cioè Maria) e Patrick.

L’ultima fila, ma non per importanza, era il gruppo delle V.I.P., per chi non lo sapesse, tale sigla significa Very Immature People. Pensare che sono arrivate in quinta parlando di “Uomini e Donne” o delle discoteche più “in”, dovrebbe già dirla lunga, ma (e c’è un ma!) avevano un’incredibile dote innata. Quella di fare più casino di tutti gli altri messi insieme e non essere mai sgridate per questo.

Uno dei tanti misteri della vita.

Per imparare a conoscerle (così a bruciapelo) vi presento, da destra a sinistra, Rebecca (l’unico essere umano che non parla mai, ma di cui odi sempre la voce durante le lezioni), Innocenza (mai nome fu più contraddittorio), Sabrina (sempre intenta a seminare zizzania tra le sue due compagne di banco), Ofelia (pazza come la sua omonima e fissata col rap) e Eva (un nome un programma).

Quella mattina si presentava ricca d’impegni fin dalla primissima ora e, naturalmente, gli studenti erano disposti a fare qualsiasi cosa per impedire che ciò accadesse.

“Guido.” lo invocò la professoressa “A mio rischio e pericolo, mi descrivi la statua di Amore e Psiche? Pagina 30 del libro di arte, per intenderci.”

Guido, interrotto nel bel mezzo della lettura di tutt’altra materia, alzò lo sguardo interrogativo sulla docente.

“Magari tira fuori il libro, tanto per cominciare.” gli suggerì lei.

Quello, riluttante, estrasse il libro di arte dalla cartella.

“Ah, cioè sbuffa anche!” lo riprese ancora la donna “Posso sapere di cosa ti stavi occupando, per essere così contrariato?”

“Niente.”

“Fantastico, è sempre una gioia cogliervi in fragrante mentre non fate niente. Nella vita non fate altro!”

Guido, nel frattempo, cercava invano di biascicare qualche parola a casaccio, dato che non aveva la più pallida idea di chi fosse l’artista, né tanto meno chi fossero i soggetti ritratti.

Mattia, rosso in viso come un peperone per le risate trattenute, non perse l’occasione per andare in soccorso dell’amico.

“È un quadro di Goya.” bisbigliò.

Guido cadde nella trappola come un ebete.

“Ehm... È senza dubbio un quadro di Goya!” urlò trionfante.

Mezza classe scoppiò a ridere (l’altra metà era troppo intenta a far altro, ma si unì volentieri alle risate, perchè, si sa, per deridere un compagno si trova sempre il tempo).

“Certo, un quadro... dì questo alla commissione d’esame e vedi che risate si faranno.” concordò l’insegnate, guardando per aria.

Il burattinaio sghignazzava senza ritegno, sebbene Guido lo stesse riempiendo di pugni.

“Mattia, dato che hai così tanta voglia di metterti in mostra, perchè non mi parli tu dell’opera?” lo invitò con un ghigno la professoressa, certa di zittirlo.

Lui continuò a sorridere sicuro di sé.

“Certo, nessun problema, pensi, ieri ho studiato tutto il giorno arte!”

“C’avrei giurato.”

“Davvero!”

“Mattia, la scultura!”

“Sì, sì, subito. Dunque, questa è senza dubbio un’opera d’arte meravigliosa!”

Calò un pesante silenzio.

“Guarda che non mi devi convincere.”

“No, era così per...”

“Per comprarla!” terminò Patrick.

“Signor Patrick, vuole proseguire lei?” chiese la donna.

Quello impallidì.

“Eh, insomma! Basta fare i pagliacci!” lo riprese con tono da maestrino Mattia.

“Ha parlato il capo!”

“Zitta, Matilde-culo!” fece Mattia.

Un pugno raggiunse la testa del rompiscatole.

“Ahio! Profe, aiuto! È una violenta!”

“Matilde, prosegui pure, anzi, dagliene qualcuno anche da parte mia.”

“Grazie, prof!” sorrise la ragazza.

Dopo altri dieci minuti di follie, si tornò a parlare di quella benedettissima statua, che si era scoperta appartenere a Canova.

“Ah! Il famosissimo Canova!” fece eco Mattia.

“Non hai la più pallida idea di chi sia, vero?” mormorò Matilde, dietro di lui.

“Nooo! Cosa te lo fa mai credere?”

“Mattia, forza! Vorrei terminare quest’opera entro l’anno.” l’incitò la professoressa.

“Allora, c’è Amore che palpa una tetta a Psiche.”

Le risa che seguirono echeggiarono per tutto il liceo, persino l’insegnate aveva le lacrime agi occhi.

“Che c’è?! È vero!” protestò confuso il ragazzo.

“Mattia, caso mai la regge per il busto.” lo corresse la donna.

Il ragazzo fece uno sforzo immane: osservò la statua per due buoni minuti e poi alzò la testa.

“Per me la palpa.” fece deciso.

“Va bene, quello che vuoi! Puoi dirlo in modo più delicato?”

“Amore sorregge con estrema grazia la sua amata, circondandola con un braccio, mentre con la mano destra gli accarezza una tetta.”

La professoressa scosse la testa e chinò il capo in segno di resa. Sembrava troppo bello per essere vero.

“Che c’è? Che ho detto?”

Matilde, mossa da una profonda pietà, parlò.

“Potresti dire “seno” al posto di “tetta”? Non mi sembra complicato.”

Lui si voltò a guardarla e poi, stranamente, protestò.

“A me piace di più tetta!”

“Non avevamo dubbi, Mattia.” intervenne la docente, riprendendosi.

“Ehi, Matilde, ti va di fare una rappresentazione reale della statua con me?” chiese speranzoso il ragazzo.

“No.”

“Che acida! Per questo sei zitella! Se non approfitti di occasioni simili!”

“Mattia, io sarei ancora qui.”

“Oh, salve profe!”

In quel mentre la campana trillò, riempiendo di gioia il cuore di grandi e ritardati.

“Allora, profe, come sono andato, eh? Mi dà almeno un otto, no?”

“Sarà un miracolo se non ti dò il registro in faccia.”

Dopo ciò, esausta, la docente se ne andò, salutando con un brontolio la classe, che allegramente le augurò buona giornata.

“Bene, chi è la prossima vittima?” chiese strofinandosi le mani Mattia.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ehilà, sono ancora io!

Ecco qui il primo di una lunga serie di capitoli, dedicati alla demenzialità della mia classe! Yeee!!

Ovviamente i nomi sono falsi, ma chi ci conosce sa bene che siamo molto peggio! XD

Qualcuno vuole sapere se ci sono anch’io?

Ragazzi, ovvio che sì, è la mia classe, come potrei non esserci!

Cosa? Volete sapere chi sono io?

Ehhh, bella domanda, anche il mio nome è stato modificato. Più avanti vi rivelerò chi sono, ma fino ad allora, che ne dite di tirare a indovinare? Dai, su, si aprono le scommesse!

Il premio? ...

...

Ci vediamo, al prossimo capitolo, non mancate! <3

 

Moni =)

 

P.S.: Naturalmente, ogni commento è ben accetto! ^^

   
 
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