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Autore: MAMMAESME    28/04/2012    6 recensioni
Cosa pensava Damon quella notte a Denver mentre Elena lo guardava ... mentre Elena lo baciava?
Sono entrata nella mente e nell'anima di Damon, e questo è quello che vi ho letto. ps l'editor non prende il corsivo: le frasi virgolettate sono i pensieri non detti ... per i dialoghi ho usato i trattini.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WHY NOT?

La doccia non aveva lavato via il senso di disagio che mi accompagnava da quando eravamo partiti per quel viaggio.

Ripensare a Rose, al giorno in cui dovetti piantarle un paletto nel cuore, non aveva migliorato il mio già pessimo umore.
- Damon, devi andare tu con lei a Denver - mi aveva quasi ordinato Stefan. – E’ meglio se vi mettete in contatto con Rose lontano da qui … La mia presenza è più utile vicino ad Alaric: tu gli sei troppo amico e se si dovesse presentare la necessità … sarebbe il mio lato oscuro contro il suo.-
Le sue parole avevano una logica ferrea … troppo ferrea … quasi studiata, mentre i suoi occhi raccontavano tutta un’altra storia … altri dubbi … altri tormenti.
Lui ed Elena erano sul sentiero del riavvicinamento, nonostante la sua dipendenza al sangue umano fosse ancora una minaccia … nonostante lei non approvasse i miei metodi di “cura” eppure …
Eppure, nonostante sapesse dei miei sentimenti verso di lei, nonostante l’ardente disperata gelosia che tentava invano di celare nei pugni inconsciamente serrati, la sua voce ostentatamente gelida m’imponeva di partire con Elena.
Sarebbe stata la prima volta, dopo le nostre divergenze, dopo che mi aveva fatto spezzare il collo da mio fratello, dopo che aveva archiviato il mio “ti amo” tra i “problemi da evitare”, che saremmo stati insieme un po’ più del tempo di poche caustiche battute.
… e adesso lei riposava nella camera al di là della porta del bagno …
Buttai a terra l’asciugamano con cui mi stavo asciugando i capelli e mi guardai allo specchio: una ruga solcava la mia fronte troppo crucciata … troppo tesa nello sforzo di non varcare quel fragile limite, buttare Jeremy dal balcone e …
Insieme ai pantaloni, infilai la mia maschera d’indifferenza ed entrai nella camera semibuia. Jeremy era uscito per chissà dove … ed Elena sembrava dormire tra le lenzuola bianche. Non indugiai con lo sguardo sui suoi capelli abbandonati sul cuscino … non mi fermai a guardale la pelle nuda delle sue spalle scoperte…
Mi ricordai della bottiglia di bourbon sul comodino … l’afferrai e mi diressi verso il tavolino accostato alla finestra, i mentre infilavo la camicia, guardai fuori per assicurarmi che Kol non avesse rintracciato il nostro motel.
Versai il liquido ambrato in uno squallido bicchiere di plastica; mi sedetti sulla sedia scricchiolante, appoggiando i piedi sull’altra, di fronte a me.
Rose era alla ricerca di Mary per ricostruire l’origine della nostra bloodline: da quella notizia dipendeva il proseguimento della mia “non vita”, la mia precaria eternità … ma in quel preciso istante non me ne importava nulla!
Il suo profumo inondava l’aria, coprendo l’odore di stantio e di deodorante dozzinale che impregnava quelle pareti tristi e spoglie di ogni decoro.
Avevo quasi rinunciato al pensiero di lei … avevo lasciato campo libero al mio redento fratellino … ed ora lei era lì … sola … con me … in un motel … nella stessa camera … eppure lontana anni luce …
Fissavo ostinatamente il bicchiere, lottando inutilmente contro il richiamo della sua presenza.
La frustrazione divenne insopportabile, così trangugiai quel pessimo liquore, cercando di ingoiare anche quel nodo fastidioso che si era insinuato nella mia gola.
Fissavo ostinatamente il vuoto, lottando inutilmente contro il richiamo della sua presenza.
Mi voltai e trovai i suoi occhi incollati su di me, lo sguardo languidamente posato sul mio corpo seminudo …
Incrociando il mio sguardo sorpreso chiuse gli occhi, imbarazzata, affondando il viso un po’ più a fondo nel cuscino.
Vedere quell’imbarazzo, quell’inutile timidezza mi procurò un lieve brivido, e l’angolo delle mie labbra si distese in una breve smorfia, che non riuscì a trasformarsi in un sorriso.
La sua rabbia e la sua ostilità si stavano sgretolando, ma ancora non aveva il coraggio di colmare quella distanza che ci teneva separati, fatta di paure, remore e sensi di colpa.
… ma questa volta non avrei fatto io il primo passo …
… questa volta avrei mantenuto le distanze, finchè …
Finchè i suoi occhi non si riaprirono e mi presero come un lazo, costringendomi ad alzarmi.
Appoggiai il bicchiere e lentamente mi avvicinai al letto, senza mai interrompere quel legame magnetico; mi sdraiai sul quell’orribile copriletto fiorato, lasciandolo a barriera tra i nostri corpi.
Questa volta non distolse lo sguardo, rivelando il desiderio di riallacciare un contatto, di ritrovare quella complicità che ci univa quando Stefan era “lontano”.
Inaspettatamente un sorriso lieve, quasi impercettibile, rischiarò il suo volto, cancellando la tensione e ridonandole quello splendore innocente che la illuminava quando era felice, rendendola più bella di un angelo.
Mi sforzai di non accarezzarla … m’imposi di non proferire parola … aspettai … limitandomi a guardarla in attesa.
- Non me ne avevi mai parlato … - disse, lasciando che il sorriso le raggiungesse gli occhi. – di quello che hai fatto per Rose … -
Ancora una volta si aggrappava al mio lato più umano … ancora una volta voleva vedere di me solo una parte … quella più nascosta, quella che lei aveva riportato a galla … quella più vulnerabile!
No! Non le avrei permesso di accedervi ancora … non le avrei permesso di plasmarmi a suo piacimento!
Mi voltai a guardare il soffitto per chiudere quella finestra sulla mia anima.
- Non riguardava te. – risposi con un sospiro infastidito.
- Perché non lasci che le persone vedano il buono che c’è in te? – disse con una dolcezza insidiosa.
- Perché alcune persone, quando vedono del buono, si aspettano una persona buona … - risposi con una certa insofferenza … e voltandomi verso di lei, aggiunsi: - ed io non voglio essere all’altezza delle aspettative di qualcuno. –
La mia espressione dichiarava apertamente che quel qualcuno era lei …
Il suo sorriso si spense al gelo della mia risposta.
“No, Elena … non sarò più come tu mi vuoi, io non negherò più tutte le sfaccettature della mia personalità solo per compiacerti …” pensai.
Incapace di sostenere il mio sguardo che scavava nel profondo, si voltò, trasformando in un sospiro la rabbia e la tristezza che le mie parole le avevano risvegliato … Colpita!
Girandosi supina abbassò le coperte, rivelando la curva morbida del suo seno, che si sollevava al ritmo del suo affanno dovuto forse alla frustrazione … forse a un pianto trattenuto o forse allo stesso impellente desiderio che si stava impadronendo del mio corpo, che stava annebbiando la mia mente.
Ancora non mi mossi …
Ancora non colmai la distanza tra di noi …
Non questa volta, non …
Voltò la testa con una smorfia esasperata, abbandonando le braccia lungo i fianchi, sfiorando con il dorso della sua mano la mia … A quel tocco tutti i miei propositi di un atteggiamento distaccato s’incrinarono.
Le mie dita cercarono le sue trattenendo e accarezzando quel lembo di pelle caldo … tentando di trasmetterle il fuoco della mia passione trattenuta.
I miei occhi s’incollarono su di lei, in attesa di una risposta qualsiasi …
“Parla, Elena” pensai con forza. “Sciogli i nodi che legano i tuoi pensieri e aprimi il tuo cuore … le tue braccia! Dammi uno schiaffo o una carezza … urlami il tuo odio o il tuo amore … proprio tu che mi hai insegnato a non nascondere i miei sentimenti, ad esternarle mie emozioni … proprio tu hai rinchiuso i TUOI sentimenti, le TUE emozioni in un forziere di pregiudizi e di paure …”
I suoi occhi guardarono increduli le nostre mani … per poi si alzarono, spaventati verso di me.
Incapace di sostenere il mio sguardo, rivolse il suo al soffitto.
Il battito del suo cuore prese un ritmo sincopato …
“ Forza Elena! Abbatti quelle assurde barriere e dimmi quello che i tuoi occhi mi hanno già confessato, urlami in faccia quella che il pulsare impazzito tuo cuore mi sta già gridando!”
La prese il panico … annaspava in cerca di quel respiro che le stavo rubando …
“Elena …”
Lasciò la mia mano come se fosse acciaio rovente e si precipitò fuori dalla stanza, fiondandosi nella luce fredda dei neon, quasi scappasse da un incendio … e da un incendio stava scappando!
“Non illuderti che ti lascerò andare via, Elena, senza quelle risposte che mi devi … senza una spiegazione ai tuoi sguardi … tra di noi c’è solo una sottile lastra di ghiaccio attraversata da una fitta ragnatela di crepe, pronta a crollare alla lieve pressione di una tua parola sussurrata … al calore della tua pelle …”
La seguii senza fretta, sicura di ritrovarla non lontano …
Appena girato l’angolo del corridoio, la vidi appoggiata al distributore automatico … ancora ansimante, chiusa nel golfino che si era buttata addosso.
Avrei voluto afferrarla per le spalle e scuoterla come un salvadanaio, per rubarle due soldi di onestà … Urlarle in faccia che non potevo aspettare oltre, che non le avrei lasciato distruggere tutto quello che avevamo costruito insieme, che non le avrei permesso di affogare nei sensi di colpa il suo amore per me …
Invece mi fermai a un metro da lei … che percependo la mia presenza scosse la testa e mormorò un disperato non …
Le mie sopracciglia si avvicinarono ancora di più, esacerbate dal suo esitare, dal suo continuo negarsi e negarmi quelle emozioni, quelle sensazioni che trasudavano da ogni suo gesto trattenuto, da ogni poro della sua pelle morbida.
Sulle mie labbra nacque quella domanda inevitabile … ineluttabile …
- Perché no? –
E con voce colma di desiderio … stremata per quell’infinita attesa … supplice e perentorio invocai il suo nome.
- Elena … -
E prima che potessi capire … prima che riuscissi solo ad immaginare una reazione … lei si girò e corse verso di me … le sue mani sul mio viso … le sue labbra sulle mie …
E il vento che soffiava poco prima tra i suoi capelli penetrò, freddo, nella mia mente, cancellando ogni pensiero, e scontrandosi con il calore del mio desiderio, generò un ciclone che mi travolse e mi spinse a rispondere a quel bacio inatteso con una bramosia …
Le sue mani sul mio collo premevano per tenermi incollato a lei … pretendevano una risposta che non tardò ad arrivare …
Affondai le mani nel suo corpo … lo feci aderire al mio, avido delle sue carezze … affamato e insaziabile.
Non avevo mai desiderato tanto una donna …
Non ne avevo mai amata nessuna così disperatamente …
Il suo ardore inaspettato … la sua sensualità dirompente mi stava facendo perdere il controllo …
Non riuscivo a staccare la bocca dalla sua … dalla sua pelle …
Dio quanto la volevo …
Le mie mani vagavano alla ricerca dei pochi brandelli di pelle nuda, mentre lei mi mordeva le labbra …
Precipitai irrimediabilmente dentro il vortice dei nostri respiri, dentro e fuori le mie sensazioni … registravo ogni suo gesto … ogni suo slancio con stupore e lo ricambiavo ancora incredulo di ciò che stava accadendo, assorbivo ogni sua vibrazione, le nostre tensioni riverberavano … eravamo avvolti da una rete sottile d’impulsi ed esitazioni.
La frenesia ci portò contro il muro alle sue spalle … dove lei continuo ad offrirmi le sue labbra: ero totalmente concentrato sulle emozioni che la sua bocca mi regalava, sulla sua vita sottile stretta tra le mie mani … i suoi fianchi … la sua fragilità!
La mia bocca scivolò sul suo collo … sulle sue spalle … verso il suo seno … vicino al suo cuore … Lei si lasciava baciare … ricambiando la mia voracità … ed io ero perso nelle sensazioni che stavo assimilando con le labbra … con le dita.
“Ti voglio, adesso! …. Fermami!”
Quasi consapevole del mio disperato richiamo, mi sollevò la testa ma, invece di invocare una pausa … invece di fermare quell’eruzione devastante, si nascose in un altro bacio … un altro ancora …
Con uno sforzo disumano mi separai da quella fonte di estasi per fissarla negli occhi: non potevamo consumare l’atto estremo di un amore tanto grande, contro il muro di una squallido motel … non potevamo rendere miserrimo l’incontro delle nostre anime …
Mi guardò solo per un attimo … e in quello scorcio di cielo scorsi delle nuvole grigie …
Il mio cuore implose: vidi desiderio … scorsi la resa ad una passione che la devastava … ma non trovai i suoi sentimenti … non il suo amore.
E fu come l’onda che s’infrange sullo scoglio: lo avvolge, lo colpisce, lo bagna … ma non riesce a scavare nel profondo …
… ed io non mi sarei accontentato di un guscio vuoto!
Ma non riuscivo a fermare le mie mani … non riuscivo a staccarmi da lei che si aggrappava alle mie spalle, che si arpionava al mio cuore!
La incollai a quel pilastro freddo … incollandomi a lei.
“E’ questo che vuoi, Elena? Essere una come tante? Essere trattata come una qualsiasi delle innumerevoli donne che sono passate tra le mie braccia, scivolate sul mio corpo e cancellate dalla mia memoria? … o forse è esattamente il contrario … mi stai usando? Per cosa …? Perché …?”
Dovevo trovare la forza di finire quello che lei aveva cominciato, ma l’incontrollabile attrazione … il delirio di quegli abbracci sconsiderati m’impedivano di staccarmi da quella parete, di frapporre una pur minima distanza tra i nostri corpi serrati.
Ancora un tocco delle sue dita sul mio collo … ancora una carezza delle sue labbra e l’avrei presa in braccio e rinchiusa nella stanza … le avrei strappato quei sottili lembi di stoffa che indossava e avrei baciato ogni singola cellula della sua pelle profumata, finchè non mi avesse supplicato di prenderla … Avrei fatto l’amore con lei, finchè non avesse gridato tutto l’amore che ancora teneva imbavagliato in un angolo della sua coscienza …
… e al diavolo Jeremy … al diavolo la bloodline, … Klaus … Stefan!
Al diavolo il mondo intero …
Ancora un secondo … e avrei preso ciò che era già mio … le avrei donato ciò che si era già presa … avrei …
- Elena …? –
La voce di Jeremy fu come uno spillo in un palloncino sospeso a mezz’aria … e i brandelli delle mie illusioni caddero a terra.
- O mio Dio … Jeremy … io … - rispose Elena al richiamo del fratello, con la voce e l’espressione di chi stava compiendo un’azione riprovevole.
Il mio sguardo si posò sul suo tentativo di nascondersi nel golfino, prima di girarmi, trattenendo la mia furia.
- Rose ha trovato Mary. Vive in Kansans. – ci comunicò Jeremy.
Vedere Elena sprofondare nell’imbarazzo davanti a suo fratello, per il solo fatto che ci stavamo baciando, fu peggio che una cascata di ghiaccio …
Non solo non voleva ammettere i suoi sentimenti … ma li considerava una colpa, qualcosa di cui doversi vergognare …
Il mio volto tornò ad essere una maschera di pietra … ricostruii un muro attorno alla mia anima fragile ed esclamai, allontanandomi a fatica dal mio centro di gravità:
- Bene … andiamo! –

Continua …. Continuo????


  
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