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Autore: Shuchan    22/11/2006    2 recensioni
[HOUSE/CAMERON] House si trova in guai seri con la legge, ma a chi puo rivolgersi?
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

AGENTE: signore…

House fu come avvolto da una bolla, le grida e la confusione che c’era erano diventati echi in lontananza, ormai vedeva solo l’uomo di fronte a lui.
Aspettando le sue parole sentì come se il cuore si fermasse, tutto intorno a lui si era fermato, c’èra solo silenzio, una quiete anomala.

House vide le labbra dell’agente muoversi ma lui non sentiva le parole che stava pronunciando e continuava a fissarlo assente, come se fosse vuoto.

Vide che l’agente gli volgeva uno sguardo preoccupato e continuava a parlargli, lui però non riusciva assolutamente a sentirlo…
L’uomo gli mise una mano sulla spalla, House si accorse che cercava di scandire le parole per farsi capire, ma ancora niente…

Sentiva una stretta al torace, vedeva i movimenti dell’agente che lasciavano una scia, ormai anche la sua vista non funzionava più bene.

AGENTE scuotendolo: Signore? Signore? Lei è sotto shock, deve sedersi…

Aveva eretto inconsciamente una difesa, avrebbe voluto sapere subito se lei era ancora… ma aveva troppa paura che il suo nome fosse stato brutalmente sbarrato su quella dannata lista…

Ad un tratto il silenzio assoluto che House provava, fu interrotto da una voce che aveva pronunciato il suo nome.
Quel suono era stato appena percettibile ma riuscì a farlo ridestare.
House si voltò nella direzione in cui l’aveva sentito, la sua visuale iniziò a riprendere consistenza, protese lo sguardo in profondità fin quando la vide…

CAMERON: House…

Era distante da lui pochi metri, aveva i vestiti rovinati, graffi dappertutto ed escoriazioni. Si toccava la spalla e lo guardava, provata in volto, come se fosse la persona di cui aveva più bisogno, quella che avrebbe voluto vedere ma a cui non pensava per non essere delusa dalla sua assenza.

Era un’allucinazione? Era realtà? House rimase immobile a fissarla, lei faceva lo stesso.
Alla fine il desiderio di accertarsi che fosse veramente lì, vicino a lui, lo portò finalmente a reagire.

Riprese il controllo del proprio corpo, la mano che impugnava il manico del bastone si aprì macchinosamente facendolo cadere di peso a terra.
House si diresse verso il punto dove credeva di aver visto Cameron, il suo passo zoppicante si fece sempre più sicuro, la velocità aumentava progressivamente fin quando si ritrovò a pochissima passi da lei.

Senza pensarci due volte la avvolse in un caldo ed egoistico abbraccio.
La donna dopo un momento di esitazione ricambiò il gesto stringendosi ancora di più a lui.

House capì che non era un’allucinazione, lei era lì, tra le sue braccia, e sembrava stare bene. Iniziò ad accarezzarle il capo come per confortarla.
Cameron rendendosi conto dell’intento di quel tocco, iniziò a piangere fragorosamente senza riuscire a fermarsi. Aveva subito uno shock grandissimo, era un miracolo che fosse ancora viva, malgrado tutto sapeva, in fondo, che quello non era l’unico motivo che aveva scatenato quel pianto liberatorio.

In quel momento entrarono affannati Wilson, Chase e Foreman. I tre si guardarono in torno in cerca di assicurazioni.
Wilson vide la scena e rassicurò gli altri due.

WILSON tirando un respiro di sollievo: è lì con House… sta bene

Foreman e Chase si scambiarono uno sguardo d’intesa, si sentivano entrambi privi di un peso che fino a quel momento aveva aleggiato sopra le loro teste.

Ignorando il fatto che House la stesse abbracciando, si avvicinarono.

House intanto aveva preso pian piano sempre più conto della situazione, quando sentì che Cameron aveva smesso di piangere si distanziò da lei.
In quel momento arrivarono Chase e Foreman che la circondarono e le chiesero come stesse.
House approfittò di quel momento per allontanarsi.

Uscì dalla sala e si appoggiò stancamente contro una delle colonne che si elevavano dentro l’aeroporto delineandone la circonferenza.

Alle sue spalle arrivò Wilson, che si mise di fianco a lui guardando in avanti.
Gli occhi di House erano distorti a causa delle lacrime che gli si erano accumulate ma che non erano riuscite ad uscire.

Wilson gli diede una pacca sulla spalla.

HOUSE: perché ti comporti ancora da amico dopo quello che ho fatto

WILSON: che tu lo voglia o no siamo amici. Accetto le tue scuse

House si voltò verso di lui con un’espressione complice che venne ricambiata.

WILSON: oggi nevicherà, neanche io ti ho mai visto piangere

HOUSE burbero: non sto piangendo

WILSON: giusto, è solo una struttura liquida prodotta dalle ghiandole secretori. Sei qui per non farti vedere in questo stato o per quale tuo contorto ragionamento?

HOUSE: devo prima riprendermi il controllo del corpo

WILSON sorridendo: e soprattutto delle emozioni

House si separò dalla colonna.

WILSON: dove vai?

HOUSE: a lavoro, e a recuperare la moto sempre che non me l’abbiano rimorchiata via

WILSON: Cameron?

HOUSE: portatela voi in ospedale

WILSON: ma che gli devo dire?

HOUSE: ciao sono Wilson, come ti senti?

***

Cameron non aveva fatto domande quando non vide tornare House, aveva capito che se ne era andato via ma non le dispiaceva più di tanto, quello che avevano condiviso poco prima le aveva provocato delle emozioni indescrivibili.

Chase e Foreman, camminavano di fianco a lei mentre seguivano Wilson.
Arrivarono davanti al posto dove avevano parcheggiato la macchina.
Seduto sul cofano di essa, c’era House che sventolava al vento un pezzo di carta.

WILSON avvicinandosi seguito dagli altri: te l’hanno confiscata?

HOUSE: per sei settimane

FOREMAN: l’avevi lasciata praticamente dentro l’aeroporto, mi stupisco che non ti abbiamo arrestato… di nuovo

WILSON: suvvia, c’è ancora posto nel portabagagli

HOUSE: sentito? Chase, fila dentro!

WILSON: se vi stringete dietro centrate in tre, si salpa mia ciurma

HOUSE: vedi di non mettere quella tua schifosissima musica se non vuoi che ti prenda a bastonate lo stere…

WILSON: dov’è il tuo bastone?

House assunse un aria interrogativa per ripercorrere i propri movimenti e ricordare dove l’avesse scaraventato

WILSON: hai zoppicato fin qui e non te ne eri accorto?

HOUSE allontanandosi: non partire senza di me

Tornò in aeroporto alla ricerca del bastone perduto, non era riuscito a guardarla neanche di nascosto, e come se non bastasse aveva fatto quella figuraccia.

Qualche minuto dopo tornò come se niente fosse, gli altri erano gia entrati in macchina, Wilson era al posto di guida, Chase era accanto a lui e dietro c’erano Foreman e Cameron.

WILSON guardando l’amico e gli sussurrò: ha insistito per sedersi dietro

Poi riprese con tono normale

WILSON: è meglio se Cameron stia dietro almeno se non dovesse sentirsi bene ha te e Foreman

House aprì la portiera, Foreman era dall’altro lato e Cameron al centro, vide che le aveva lasciato spazio per sedersi.

WILSON: partiamo?

HOUSE: metti in moto, o mio capitano

La macchina partì, stavolta senza alcuna fretta.
House tentava di guardare fuori dal finestrino, Cameron invece concentrava il suo sguardo in avanti. Foreman non capì il perché, ma in quel momento si sentì il terzo in comodo.

Ad ogni curva, House sentiva il corpo della dottoressa venirgli contro, come se non bastasse il contatto che erano obbligati a tenere durante i rettilinei.

Ad un tratto un cellulare squillò. Cameron lo prese.

CAMERON: è il mio. Pronto?.... si, sto bene… non ti ho chiamato?... lo stavo per fare… non c’è bisogno che veniate… dico davvero… ora sto andando in ospedale per accertamenti, ma sto bene… vi richiamo più tardi… ciao

WILSON: erano i tuoi?

CAMERON: gia, si erano preoccupati perché hanno visto il tg…

WILSON sogghignando: non erano i soli

House rifilò una bastonata alla poltrona davanti a se.

WILSON: auch… intendo dire… eravamo tutti molto preoccupati

CAMERON: grazie per essere venuti, è significato molto per me

Quelle parole erano una chiara allusione ad uno solo dei passeggeri di quel veicolo.
Un altro cellulare squillò, stavolta era quello di House.

HOUSE: che vuoi?... sono con me… sta bene… se il tuo oncologo si deciderà a pigiare il piede su quel dannato acceleratore arriveremo prima di domani…

House attaccò.

WILSON: era la Cuddy?

HOUSE: chiedeva notizie in merito all’evasione di massa. Tutto sistemato

Dopo una quarantina di minuti, la macchina tornò al parcheggio del Princeton Hospital.

Il gruppetto entrò nell’ospedale, in quel momento gli venne incontro la Cuddy che compì un gesto senza dubbio strano.

Mise un braccio sulle spalle di Cameron e la portò via.

CUDDY: a lei ci penso io, voi tornate a lavoro

House stesso era stupito e le guardava allontanarsi.
Dopotutto ancora non si erano chiariti e lui non aveva idea di come fare dato che Cameron non gli credeva.

La Cuddy portò Cameron in un ambulatorio vuoto e la fece sedere sul lettino.

CAMERON: ho solo qualche graffio, posso pensarci da sola

La Cuddy si sedette di fronte a lei dopo aver preso il kit per le suture.

CUDDY: se non sbaglio ti sei presa dei giorni quindi ora sei un paziente come gli altri. Allunga il braccio

Cameron non potè opporsi e fece come le veniva chiesto.
Mentre la medicava, la donna iniziò a parlare.

CUDDY: devi esserti presa un bello spavento

Cameron fu colpita da quell’insieme di strane attenzioni che le riservava.

CAMERON: l’aereo era appena decollato, fortunatamente era poco distante da terra…

CUDDY: posso farti una domanda personale?

Cameron annuì con titubanza

CUDDY: è un caso che tu abbia deciso di andare a trovare i tuoi genitori di punto in bianco la sera stessa che ci siamo incontrate al centro?

Cameron sapeva che in questo caso, mentire sarebbe stato inutile, ma non trovò la forza per rispondere.

CUDDY facendo gli ultimi ritocchi: qui ho finito. Tra me e House non c’è nulla, è da tempo che sto cercando un donatore per avere un figlio, non ho fatto altro che invitarlo a cena per chiederglielo

Cameron rimase letteralmente a bocca aperta da quella confessione, le era sembrato di aver afferrato una cosa del genere dalle sommarie parole che House le rivolse quella sera.

Cuddy si alzò e posò la cassetta delle suture.

CAMERON esitante: ma… a me sembra che tu lo ami

Cuddy la guardò sorpresa, era la seconda volta che quella donna le aveva posto quella domanda, probabilmente era l’unica che se ne era accorta. Intuito femminile?

CUDDY sviando la domanda: non è importante quello che sento io, ma quello che prova lui, e lui non mi ama… sei te quella che gli ha rapito il cuore

Cuddy si avvicinò alla porta per andarsene.
Cameron scattò in piedi.

CAMERON: perché mi stai dicendo queste cose?

CUDDY: perché penso che tutta questa faccenda sia accaduta anche un po a causa mia, ora mi sento con la coscienza pulita

E se ne andò lasciandola da sola in ambulatorio.
  
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