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Autore: Yuki Delleran    23/11/2006    5 recensioni
Il Faraone Athem se n'è andato lasciando dietro di sè una grande tristezza negli animi degli amici, ma Yugi non riesce ad accettare questa separazione arrivando a sentire la voce dell'amico nei suoi sogni. Ma si tratta davvero solo di sogni, di semplici suggestioni? O è una vera richiesta d'aiuto? Esisterà davvero la possibilità di rivedere Athem? Nota: accenni YamixYugi aperti a libera interpretazione... Spoiler sulla fine della serie animata e sul film.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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L'altra metà dell'anima 2 Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © Kazuki Takahashi
La canzone "Whisper" è degli © Evanescence
L'ALTRA META' DELL'ANIMA

di Yuki Delleran


Whisper

L'inizio del viaggio

“I'm frightened by what I see
But somehow I know
That there's much more to come
Immobilized by my fear
And soon to be
Blinded by tears
I can stop the pain
If I will it all away

Don't turn away
(Don't give in to the pain)
Don't try to hide
(Though they're screaming your name)
Don't close your eyes
(God knows what lies behind them)
Don't turn out the light
(Never sleep never die)”


***


«Un giorno avverarsi potrà la visione
dell’occhio che sa quali fatti accadranno
e se non accecato da eventi preordinati
sia luce che ombra disfatte saranno…»

Quelle parole non gli erano nuove. Dove le aveva già sentite? Erano legate a qualcosa di importante ma non riusciva a ricordare cosa.
«NO! YUGI! NO! »
Quell’esclamazione lo fece sobbalzare e si voltò di scatto. I suoi occhi incrociarono uno sguardo ametista dolorosamente noto, praticamente identico al suo.
«Yami! »
Yugi mosse un passo in avanti ma l’altro alzò una mano per fermarlo e un tintinnio inquietante risuonò nel silenzio. Il suo alter-ego indossava gli abiti da Faraone corredati dal lungo mantello blu e dai gioielli d’oro in vita e alle caviglie. Sulla fronte luccicava la tiara reale con l’Occhio del Millennio che emetteva una luce dorata. I polsi sottili però non erano cinti dai consueti braccialetti ma da pesanti catene che si perdevano nell’oscurità dietro di lui.
«Yami! Sto venendo ad aiutarti! Non ti preoccupare! » esclamò Yugi.
«Non devi venire! »
L’esclamazione tagliente del giovane sferzò l’aria con una nota di disperazione e Yugi si bloccò con una mano tesa a mezz’aria.
Alle spalle del Faraone si udì un basso ringhio e uno strattone improvviso alle catene gli fece perdere l’equilibrio costringendolo in ginocchio. Sul suo volto si rispecchiò l’orrore più puro quando dall’oscurità emerse un enorme cane nero come la notte che teneva i capi delle catene tra le fauci.
Yugi ebbe prima un moto di repulsione, poi rendendosi conto che Yami stava soffrendo, si mosse di nuovo per raggiungerlo.
«Non venire, Yugi! » esclamò ancora Yami. «Non devi venire assolutamente, mi hai capito bene? »
Un altro strattone alle catene e sul volto del giovane apparve una smorfia di dolore. Il cane ringhiò minaccioso e l’oscurità invase l’intero spazio prima rischiarato dalla luce.
«Cosa sta succedendo, Yami? » chiese Yugi ora piuttosto spaventato.
«… Sia luce che ombra disfatte saranno…»
«YAMI! »

Uno scossone lo fece tornare in sé insieme ad una secca esclamazione.
«Hai finito di agitarti e strillare come una ragazzina? »
Yugi arrossì imbarazzato.
«Seto… ehm… scusami… Dove siamo? »
«Stiamo atterrando. »
La voce metallica del pilota automatico gracchiò le ultime indicazioni.
«Procedura di discesa completata. Ora locale: otto antimeridiane. Temperatura esterna: 30°C. Buona permanenza, signor Kaiba. »
Per l’ennesima volta Yugi si stupì della tecnologia avanzata di cui si serviva il suo amico-rivale: oltre ad avere un jet privato costruito appositamente per lui a foggia del Drago Bianco Occhi Blu, vi aveva anche fatto installare un pilota automatico che gli augurava personalmente buona giornata. Si stiracchiò sul sedile apprestandosi a scendere. Erano partiti all’alba e avevano volato per quasi nove ore tenendosi alle spalle il sole che sorgeva. Ora che erano giunti a destinazione, quella stessa giornata stava appena cominciando. Uscendo dall’abitacolo, l’impatto con il calore del deserto lo lasciò senza fiato. Seto era già sceso e stava camminando avanti e indietro con aria impaziente. Yugi si chiese se non risentisse minimamente di quella temperatura da forno. Guardandosi attorno scoprì che erano atterrati in uno spiazzo letteralmente nel bel mezzo del nulla. Si vedevano solo sabbia e dune a perdita d’occhio. Yugi si lasciò sfuggire un sospiro. Anche in lui l’impazienza cominciava a farsi strada: si trovava vicino al luogo di riposo del Faraone, un luogo che era convinto che non avrebbe più rivisto e legato a ricordi allo stesso tempo nostalgici e dolorosi. Lì finalmente sarebbe venuto a capo del mistero che avvolgeva i suoi sogni e il pericolo che correva Yami. Perché prima gli aveva chiesto aiuto e ora gli intimava di non andare? Cosa significavano il cane nero e quelle catene? E quella strana filastrocca? Era assolutamente certo di averla già sentita tempo prima e che fosse legata ad una delle loro avventure passate.
«NON MI IMPORTA UN ACCIDENTE SE AVETE DEI PROBLEMI! »
L’urlo di Seto lo strappò dalle sue riflessioni facendolo sobbalzare e spostando lo sguardo Yugi lo vide parlare infuriato al telefonino.
«Come si fa a bucare una gomma nel deserto?! No, non voglio sentire scuse! Vi conviene essere qui tra cinque minuti se ci tenete al posto di lavoro! »
Detto questo scaraventò furibondo il telefonino nella sabbia per poi incrociare le braccia con espressione profondamente contrariata.
Yugi stava di nuovo per immergersi nei suoi pensieri quando un’esclamazione lo raggiunse.
«La jeep sarà qui tra poco, non ricominciare ad agitarti. »
Quelle parole gli strapparono un sorriso. Nonostante il tono scocciato, Seto aveva voluto rassicurarlo.
«Grazie…»
«E di che? L’ho detto solo perché se ti agiti mi fai sentire ancora più caldo di quello che ho già e non lo sopporto! Se quei maledetti non si sbrigano li licenzio tutti! »
Yugi trattenne a stento una risata. Seto era sempre il solito Seto.
La jeep non tardò molto e i due dipendenti che vi erano a bordo sembravano decisamente intimoriti da Seto. Quest’ultimo salì senza dire una parola se non: «Al campo. » Yugi si accomodò accanto a lui sul sedile posteriore stringendo le mani in grembo. Di lì a poco avrebbe saputo, avrebbe capito.
Il viaggio durò più del previsto, intervallato da scossoni e relativi brontolii di Seto. Quando giunsero in vista del campo, a Yugi sembrò di avere fatto un salto indietro nel tempo. Stavano attraversando lo stesso passaggio tra due costoni di roccia attraverso il quale Ishizu e Marik li avevano condotti al luogo del loro ultimo duello. Al termine di esso si apriva una piccola valle dove si trovava la tavola scolpita che faceva da ingresso al tempio della Pietra del Millennio. Ora la tavola non esisteva più, l’intera parete era crollata facendo sprofondare anche il tempio. La valle era stata trasformata in un accampamento e le macerie recintate con transenne metalliche. Yugi sgranò gli occhi quando le vide. Appena l’auto si fermò, saltò giù e corse in direzione delle rovine. Come avevano potuto violare quel luogo sacro? Come avevano osato recintare un posto a lui così caro? Strinse le mani sulle transenne senza rendersi conto che erano arroventate dal sole e si sporse in avanti.
«Nessuno ha il diritto di scavare qui! Questo luogo… è come se mi appartenesse. Mi sembra quasi di sentire lo spirito di Yami che mi chiama. »
Una mano afferrò la sua spalla e lo tirò indietro.
«Adesso questo posto è proprietà privata. » disse la voce fredda di Seto Kaiba. «Datti una calmata, è vietato entrare senza il mio permesso. »
Yugi si voltò immediatamente.
«Seto…» iniziò con un tono che sottolineava una certa urgenza.
«Per carità, non cominciare. » lo interruppe però l’altro. «Adesso non ho tempo. Devo verificare a che punto sono i preparativi per l’apertura degli scavi. Cerca di non creare subito problemi. »
Chiamò un uomo poco distante e gli indicò Yugi.
«Questo è l’ospite di cui vi ho parlato. Accompagnalo nella sua tenda. »
L’uomo annuì e a Yugi non restò altro da fare che seguirlo allontanandosi a malincuore dall’ingresso dell’antico tempio.
«Lei è il signor Muto, vero? » chiese la sua guida quando giunsero alla tenda. «C’è qui una persona che l’aspetta. »
Piuttosto perplesso, Yugi varcò la soglia e si trovò davanti Marik.
«Ben arrivato. » lo salutò il ragazzo con un sorriso.
Da quando lo aveva visto l’ultima volta non era cambiato per niente. La stessa carnagione abbronzata, gli stessi capelli schiariti dal sole e lo sguardo limpido che lo contraddistingueva da quando aveva scacciato lo spirito maligno che albergava in lui.
Yugi era stupito.
«Cosa ci fai qui? »
«Mi hanno avvertito i tuoi amici. In realtà mi ha telefonato Joey, avresti dovuto sentirlo! Prima me ne ha dette di cotte e di crude, che non si fidava di me etc… poi ha aggiunto che siccome lui non può essere qui, tocca a me tenerti d’occhio e fare tutto quello che posso per aiutarti. Ha minacciato di farmi la pelle se dovesse succederti qualcosa. Sembrava una chioccia preoccupata per il suo pulcino. »
Marik scoppiò in una risata imitato da Yugi.
Poco dopo erano entrambi seduti sulla branda a scambiarsi le opinioni sull’ultimo sogno. Ai primi accenni il sorriso del giovane egiziano era scomparso.
«Quindi se ho capito bene questa volta il Faraone ti ha detto che non dovevi assolutamente venire qui. » disse. «Sei proprio sicuro che quello che teneva le catene fosse un cane nero? »
«Certo. Marik…? Sai cosa significa? »
Il silenzio prolungato dell’altro inquietò Yugi.
«Marik, per favore, se sai qualcosa devi dirmelo! Io devo aiutare Yami! »
Marik abbassò gli occhi.
«Lui non vuole che tu resti qui. Devi tornare a casa. Non c’è niente che tu possa fare per aiutarlo. »
Quel repentino cambiamento fece perdere le staffe a Yugi, forse come involontaria reazione alla paura che aveva scatenato dentro di lui. Balzò in piedi alzando la voce.
«Cosa significa?! Credevo volessi aiutarmi! Come fai a dire che non posso fare niente? Non resterò con le mani in mano quando la persona più importante per me sta soffrendo! »
In quel momento uno degli archeologi si affacciò timidamente alla tenda.
«Signori, per favore, potreste abbassare la voce? Il signor Kaiba…»
Yugi non lo ascoltò minimamente. Il suo sguardo era caduto sulle stampe che teneva in mano: si trattava delle fotografie di geroglifici e affreschi scattate probabilmente nei dintorni delle rovine. Senza una parola le strappò di mano al perplesso archeologo. Una rappresentava una divinità dalla testa di sciacallo che reggeva una bilancia su cui si trovavano un cuore e una piuma.
«Ah, quello è il giudizio finale della divinità dei morti. » disse l’uomo. «Signore, dovrei restituire le foto…»
Yugi non lo sentiva nemmeno.
«Quella profezia… Sia luce che ombra disfatte saranno… era incisa sul sarcofago di Anubis… E’ Anubis! Marik! E’ lui? Dimmelo! Devo andare subito da Yami! »
Si lanciò verso l’uscita della tenda ma Marik lo afferrò al volo per un braccio. Prima congedò velocemente il confuso archeologo, poi lo costrinse a sedersi.
«Yugi! No! Adesso ascoltami! Devi calmarti! »
Il ragazzino fece un respiro profondo e si costrinse a rimanere seduto. Per quanto desiderasse precipitarsi in aiuto di Yami, probabilmente Marik doveva dirgli qualcosa di importante.
«Da come mi hai descritto il tuo ultimo sogno, credo proprio che si tratti del vostro vecchio nemico.» disse infatti il ragazzo. «Anubis è la divinità egizia che procede al giudizio finale di un’anima dopo la morte. Il suo compito consiste nella pesa del cuore del defunto e se questo risulta essere più pesante di una piuma, allora significa che l’anima non è innocente quindi non solo non avrà accesso all’aldilà, ma verrà divorata da un demone dalla testa di coccodrillo. »
Yugi prese a tremare violentemente.
«Ma… ma… questo cosa c’entra? Noi avevamo già sconfitto Anubis e comunque Yami non ha fatto niente di male, no?»
«Questo a noi non è dato saperlo. Dopotutto tu non conosci ogni particolare del suo passato e nemmeno del vostro primo periodo di convivenza quando, come mi hai raccontato, si impossessava di te a tua insaputa. »
«Ma allora non aveva ancora una piena coscienza di sé! »
«Potrebbe non avere importanza. »
Yugi ora era terrorizzato. Possibile che gli avvertimenti significassero proprio questo? Che l’anima del Faraone rischiava di essere data in pasto a un demone perché per qualche motivo era risultata impura? Notando quanto il ragazzino fosse atterrito, Marik tentò di rassicuralo.
«Con Seto Kaiba nelle vicinanze possiamo fare ben poco, ma da alcuni discorsi che ho sentito, domani sarà occupato altrove. Potremo dare un’occhiata alle rovine del tempio. Sicuramente c’è un motivo se i sogni ti hanno condotto qui e lo scopriremo insieme. Fino ad allora cerca di riposare almeno un po’. »

Nonostante i buoni propositi Yugi non provò nemmeno a dormire. Era terrorizzato all’idea di vedere in sogno quell’orribile cane nero che tormentava Yami, quindi passò il tempo camminando su e giù per la tenda e ascoltando le occasionali conversazioni degli uomini che passavano nei suoi pressi. La giornata trascorse con una lentezza snervante e quando scese la sera Yugi era ormai convinto che sarebbe impazzito se non si fosse recato immediatamente alle rovine. Però aveva promesso a Marik di non fare colpi di testa… Esasperato, si sdraiò sulla branda stando ben attento a non assopirsi.
«Yugi…»
Il ragazzino si voltò su un fianco. Era talmente teso che ora gli sembrava di sentire voci che lo chiamavano anche da sveglio. Doveva cercare di rilassarsi almeno un po’.
«Yugi… Yugi…»
Balzò a sedere sul letto. Non era un’impressione! Qualcuno lo stava chiamando davvero! Senza fermarsi a riflettere, si gettò sulle spalle una giacca leggera e uscì di corsa. L’aria all’esterno si era notevolmente rinfrescata, il che gli riportò per un attimo alla mente l’estrema escursione termica fra giorno e notte nel deserto, ma non vi badò per più di qualche secondo mentre attraversava l’accampamento silenzioso con il favore delle tenebre.
Ben presto raggiunse le transenne che delimitavano lo spazio delle rovine.
«Yugi… Yugi…»
«Sì, sto arrivando. » rispose a mezza voce spingendo una pesante transenna nel tentativo di spostarla. Purtroppo questa era affondata nella sabbia rendendogli impossibile smuoverla. Rifiutandosi di desistere per così poco, vi si arrampicò e la scavalcò.
Finalmente si trovava nel luogo che gli avrebbe dato delle risposte.
Alzando lo sguardo, trattenne a stento un grido di stupore: le macerie erano scomparse. Di fronte a lui si stagliava integra la parete di roccia su cui spiccava la tavola scolpita che fungeva da ingresso al tempio. Guardandosi attorno scoprì che sia le transenne che l’accampamento erano scomparsi. Nella valle deserta spirava un vento gelido che sapeva di millenni passati.
«Yugi… Yugi…»
Yugi fece un passo in avanti e l’ingresso verso l’oscurità si spalancò per lui.
«Sto arrivando, Faraone. »

Seto Kaiba si rigirò per l’ennesima volta nella sua branda. Ogni volta era la stessa storia, quando cambiava letto la prima notte non riusciva a chiudere occhio. Eppure il cuscino e il materasso non avevano nulla da invidiare a quelli di Villa Kaiba, nonostante fossero stati sistemati sopra una rete cigolante. No, non era il letto il problema. Il fatto era che qualcosa lo infastidiva e più ci pensava, più gli sfuggiva e più si irritava. Esasperato, allontanò le coperte con un calcio. Quel maledetto Yugi gli aveva attaccato la sua inutile ansia! Accidenti al momento in cui aveva deciso di portarlo con sé!
Un attimo…
Rimase in piedi in mezzo alla tenda riflettendo. Com’era andata esattamente la faccenda? Joey Wheeler aveva detto: «Lascia perdere quello scemo. Ti aiuteremo noi. Il Faraone è mio amico e bla bla bla…». Lui era stato sul punto di dire qualcosa del tipo: «Se sperate che vi porti in Egitto così che possiate di nuovo rovinare un mio progetto, ve lo potete scordare! » Invece dalle sue labbra erano uscite le parole: «Si parte domattina all’alba. » Perché?
Seto non riusciva a capacitarsi. Fin dall’inizio non era mai stato intenzionato a portarsi dietro Yugi, anzi, prevedendo il suo comportamento, era ben deciso a tenerlo il più lontano possibile. Allora perché? Perché quelle parole che andavano palesemente contro la sua reale volontà? Perché quel gesto di apparente gentilezza che improvvisamente gli sembrava imposto da un volere diverso dal suo?
Seto scosse la testa. Ci mancava solo che si mettesse a farneticare anche lui di volontà superiori! Patetico. Proprio lui che non aveva mai creduto al destino. Yugi, o meglio, il suo sosia, sembrava non sapesse parlare d’altro. Aveva perso il conto delle volte che aveva mandato al diavolo lui e le sue pretese. Al diavolo… Quelle parole gli fecero tornare in mente un particolare. Uno degli assistenti gli aveva riferito che Yugi si era mostrato particolarmente interessato alle foto dell’affresco di una divinità funeraria dell’antico Egitto scattate alle rovine e che quando le aveva viste aveva cominciato a fare strani discorsi su una profezia e sul fatto che dovesse andare subito da qualche parte. Seto sbuffò. Una profezia. Tipico di Yugi. Che ci andasse adesso alle rovine se ne aveva il coraggio, sicuramente nessuno glielo avrebbe impedito.
«Che sciocchezze. » si disse. «Nemmeno Yugi sarebbe tanto stupido. »
Era assurdo. Solo un pazzo sarebbe uscito da solo per esplorare delle rovine al buio e per di più conoscendo l’escursione termica che spesso portava la notte sahariana a toccare temperature sotto lo zero.
Cosa stava facendo? Si stava forse preoccupando per quel rompiscatole? si chiese Seto interrompendo il suo inconscio andirivieni per la tenda. Bha, patetico! Almeno quanto il discorso sul destino. Disgustosamente patetico. Talmente patetico che non gli veniva in mente nessun altro sinonimo.
E comunque solo un pazzo avrebbe…
Un pazzo appunto.
«Oh, maledizione! »
Seto Kaiba afferrò la giacca e si precipitò fuori nella notte.


CONTINUA...



NOTICINA DI YUKI:
Ecco il primo capitolo! La storia inizia ad entrare nel vivo e l’azione si sposta in Egitto! Come se la caverà il nostro Yugino? Spero che vi piaccia almeno un po’ visto che mi sono davvero impegnata a scriverla.
Volevo ringraziare tantissimo tutte le persone che hanno recensito il prologo, mi avete risollevato il morale dopo l’accoglienza piuttosto tiepida che la mia fic ha avuto alla 22° edizione del concorso! Ho tentato di attenermi il più possibile allo stile della serie originale, e forse la trama non è il massimo dell’originalità ma mi sono divertita a scriverla, mi sono impegnata e spero riesca a trasmettere qualcosa a chi la legge. Un grazie in particolare a Carlos Olivera(Una settima serie?!?! Davvero?? Io avevo sentito vociferare di un secondo film...) per avermi fatto notare il particolare dell’ambientazione sbagliata. Sì, adesso lo so che era il tempio e non la tomba, sono riuscita a vedere tutti gli episodi quindi man mano che pubblicherò i capitoli correggerò (nel prologo mi sono dimenticata, perdono! -_-). Grazie anche per l’offerta di aiuto con i particolari sull’antico Egitto, quasi quasi ne approfitto ^_^… L’occhio sulla parete del tempio io l’ho interpretato come Occhio di Ugiat dalla serie, sai dirmi se è giusto o ho scritto uno strafalcione (cosa molto probabile)? Comunque non preoccuparti, la fic è già finita quindi non c’è pericolo che la lasci a metà, anzi, ne esiste anche un seguito e se questa vi piacerà posterò anche quello.
Ok, ho finito! Un bacio a tutti e a risentirci tra 3-4 giorni!
YUKI-CHAN



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(«Tu sei così, sei fragile. » «Sono fragile? E’ vero. Come posso pretendere di riuscire ad aiutarlo? »)
   
 
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