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Autore: Drachandros    23/11/2006    3 recensioni
In questo testo che vostro malgrado sono riuscito a scrivere racconto di una delle tante giornate di discutibile bellezza che mi sono capitate durante il continuo scorrere della mia vita. L'ho scritto sostanzialmente per mancanza di altro da fare, ma se sarete abbastanza masochisti da leggerlo c'è una timidissima possibilità che una piccola parte di voi si diverta anche. Se poi vi volete veramente fare del male vi invito anche a recensirlo, a me farà senz'altro piacere finchè ne parlate bene ovviamente. A voi la parola ora, vi presento uno dei testi più demenziali e ironici mai scritti da mente malata!
Genere: Demenziale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: Uscita In Pigiama

Capitolo 4: Uscita In Pigiama

 

 

Per una sorta di fortuna perversa sapevo bene che c’era una chiave di scorta: mia madre, che mi conosceva da sedici anni, essendo a conoscenza del mio ritardo mentale aveva preso le dovute precauzioni.

La chiave di scorta si trovava in garage (ma non ditelo ai vicini), messa su una mensola alla quale nessuno si sarebbe avvicinato per paura delle pantegane. Effettivamente devo ammettere che il mio garage è abitato da ratti cosi grandi che a volte entrando ti trovi la macchina parcheggiata da un’altra parte. Per raggiungere il garage non dovevo far altro che scendere una rampa di scale, uscire sulla strada, svoltare a sinistra per due volte e scendere per la discesa che portava al paludoso terreno del parcheggio del condominio. Fare tutto questo sarebbe stato facilissimo per un essere umano vestito, purtroppo io, essendo in pigiama, avrei anche dovuto fare attenzione a non farmi vedere da nessuno: non mi avrebbe fatto piacere trovarmi nella situazione “cosa fai in pigiama” “non lo sai? Oggi è carnevale e io sono vestito da rincoglionito”.

Non sarebbe stato un problema scendere le scale, il mio era un palazzo abitato principalmente da anziani cristallizzati nei loro appartamenti (altra cosa da non dire ai vicini) quindi le probabilità che, scendendo una ventina di gradini, si verificasse un incontro erano praticamente nulle, in pratica bisognava essere più sfigati di un protagonista di una tragedia greca. Cosi, sicuro di me stesso, scendo il primo gradino e alzando lo sguardo noto alla fine della rampa il signor Giovannini che mi guarda come se andassi in giro in pigiama.

“buongiorno” sillabo mentre gratto nervosamente i piedi sul marmo in un patetico tentativo di sotterrarmi “come va?”

Il signor Giovannini continua a guardarmi come se dovesse scannerizzarmi per qualche istante e poi esclama “buongiorno giovanotto” nelle sue parole notavo una vena di imbarazzo che ci mise poco a diventare sdegno: “dove vai cosi conciato?”

“ehm…” farfuglio mentre mi guardo i piedi “in realtà sto andando a correre e questa è la mia tuta” esclamo inventando e sperando che l’uomo non conosca l’inglese.

“come mai allora sopra al gufo c’è scritto che sei un animale notturno?”

Sapeva l’inglese.

In un istante mi resi conto che tutto era perduto cosi dissi rimpicciolendo “èh, c’è scritto perché lo sono, ehm, si, sono un gufo..”

Dopo aver ricevuto un’occhiata di patetica compassione e aver fatto qualche rapido saluto continuai la mia discesa fino a raggiungere il portone di casa.

Prima di aprirlo con molta prudenza controllai la strada, nessuno, allora aprii il portone e con l’accortezza di un elefante russo in un campo di ginestre mi misi a correre verso il garage, non appena superata la saracinesca ripresi fiato e mi resi conto che forse ero riuscito davvero a non farmi vedere.

Raccolsi tutto il mio coraggio, avventurarsi nei meandri di quel posto senza armi da fuoco poteva essere molto pericoloso, già immaginavo le pantegane assetate di sangue che mi spellavano vivo e si facevano dire minacciandomi con un’accetta dove fosse il pentagono e poi…

 

E i loro eserciti uscirono dal tevere

E la loro grandezza era impressionante

E il loro numero era grande

E arrivarono al pentagono

E arrivarono alla nasa

E di tutto si impadronirono

Nessuno rimase vivo dopo di loro

 

Invece con mia immensa sorpresa presi le chiavi senza che nessun topo gigante mi aggredisse per conquistare il mondo.

Prese le chiavi non mi rimaneva che effettuare il viaggio di ritorno, cosi, sempre più sicuro di me stesso mi incamminai. Avevo quasi raggiunto il portone quando mi sentii chiamare, la voce veniva da dietro ed era troppo familiare per essere ignorata: Marzia.

“Lorenzo!”

 Non appena sentito il grido esitai un po’ prima di voltarmi, lo feci molto lentamente e sul mio viso era dipinta la faccia che poteva avere Napoleone durante la sua vacanza all’isola d’Elba.

Marzia era una bravissima ragazza, assolutamente, ma aveva un po’ il vizio di essere molto pettegola: credo che gridasse più cose lei ai quattro venti di quante ne furono gridate durante la rivoluzione francese.

“Ciao Marzia, che bello vederti” mentii “ora però ho molta fretta devo tornare a casa”

lei mi guardò per qualche secondo e poi, un po’ incerta e imbarazzata cercando un appigli di discussione esclamò “che belle scarpe che hai!”

èggià, molto belle, non sono nemmeno costate tanto…”dopo un breve attimo di silenzio ripresi a parlare “bèh, allora, alla prossima èh? Ciao!”

Marzia mi rivolse un cenno con la mano prima di voltarsi e continuare per la sua strada.

Finita questa conversazione più patetica di “affari tuoi” presentato da Pupo, correndo ero tornato a casa e tutto quello che dovevo fare era vestirmi. Dovevo mettermi addosso roba decorosa ma non troppo costosa, se si fosse sporcata di sangue sarebbe stato un peccato, perciò scelsi un maglietta corta di pochi euro e degli jeans più tarocchi dei filmati sugli alieni che mandano in onda su Televita.

Avevo deciso di non portare con me il celulare, non volevo correre il rischio che lo prendessero dal mio cadavere, ma ero comunque pronto ad uscire.

Aprii la porta dopo aver controllato di essere vestito, rivolsi un ultimo saluto al mio cane che stava guardando la TV che avevo acceso mentre mi vestivo, lui nemmeno mi diede l’imbocca al lupo quindi uscii molto offeso sbattendo la porta dietro di me.

 

Desidero scusarmi per il ritardo della pubblicazione di questo quarto capitolo, non mi starò a inventare scuse, semplicemente non mi andava di scriverlo, ma oggi mi è presa bene quindi siete  (s)fortunati.

Un grazie per le bellissime recensioni, continuate cosi che mi date un briciolo di voglia di proseguire, detto questo ci vediamo alla prossima pubblicazione, commentate numerosi!

 

  
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