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Autore: Virgi Chris Salvatore    30/04/2012    1 recensioni
Christelle Hollister è una ragazza coraggiosa e testarda, con un passato da dimenticare e un futuro da scrivere. Si trasferisce a Mystic Falls cercando di ricominciare, tuttavia pezzi del suo passato torneranno a galla. Ma il suo principe dagli occhi di ghiaccio starà al suo fianco pronto ad aiutarla e difenderla.
[Dal capitolo nove:
"“Christelle, piantala di cantare!” mi urlò mamma, dopo l'ottava volta che ripetevo la ninna nanna che mi cantava sempre prima di andare a dormire.
“Io ti regalerò ogni singolo risveglio la mattina...” continuai senza darle ascolto.
“Christelle Jane Hollister, se non la smetti vengo io lì, papà sta guidando e non devi deconcentrarlo!” mi sgridò mamma, per l'ennesima volta.
“Non ti preoccupare cara, è solo una bambina.” disse, girandosi per sorridermi.
Una luce.
Un urlo. “Oddio, Paul!”
Fuoco, rumore, silenzio, lacrime, rabbia, ghiaccio. Un vortice di cose e emozioni che vedevo e provavo in quel momento.
“Papà!” un urlo strozzato di una bimba di quattro anni.
Sangue. Papà respirava piano, sfinito.
Mamma. Non la vedevo. Le lacrime scendevano copiose sul mio viso.
Un dolore alla gamba.
Un uomo. In piedi, davanti a papà. Mi guardava, e sorrideva.
“Papà.”sussurrai, mentre quell'uomo si avvicinava a lui, ormai morente.
“Addio, Paul.” disse l'uomo.
Buio.
Dolore.
Sangue.
Lacrime.
Fuoco.
Ghiaccio.
Rabbia.
Rancore.
Morte.
Mi sveglia di colpo.
Ero sola nel mio letto. Avevo la fronte bagnata di sudore freddo, e le guance bagnate dalle lacrime.
Mi alzai, scesi le scale e andai in cucina, dove presi un bicchiere d'acqua che bevvi tutto d'un sorso.
Mi appoggiai al muro della cucina, ripensando a quel sogno.
Era tutto così reale, così vero. Non era sfocato come i soliti sogni che facevo, sembrava di più... un ricordo.
Provai a rivedere quelle scene, così chiare e limpide, così dure e così follemente vere.
Non era possibile, non poteva essere. Non poteva essere vero, chi era quell'uomo?
Cos'era successo quel giorno di giugno di tredici anni fa?
Che cos'era successo ai miei genitori?
Che cosa voleva quell'uomo dai miei genitori?
Che cosa aveva fatto loro?
Perché io ero viva?
Qual era la verità?"]
[Dal capitolo 12:
“Non ci riesco...” balbettai, con le lacrime agli occhi.
“No Christelle. Tu ce la fai, ce l'hai sempre fatta e ce la farai anche adesso.”
Mi prese il viso tra le mani e incatenò i suoi lapislazzuli ai miei smeraldi. “Ci sono io con te, non sei sola.”
Presi un respiro profondo.
Lui era con me.
Ce l'avrei fatta.
Chiusi gli occhi e lasciai le dita scivolare sui tasti.
Era così semplice, sorrisi.
Mi ricordavo ancora le note della ninna che mi cantava mamma.
Non ricordo per quanto suonai.
Secondi, minuti, ore.
Mi ricordo solo quando smisi di suonare.
Ero felice.
Stavo bene.
Damon mi guardava e sorrideva.
Si avvicinò al mio viso e mi baciò lentamente, con dolcezza e passione.
Era mio, solo mio.
Lo sapevo.
E sapevo anche di appartenergli.
La parte più profonda di me era incatenata a lui.
Il mio cuore gli apparteneva.
Oggi, domani e per sempre.]
Spero vi piaccia, io ci ho messo corpo, anima e sangue.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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You Ever Love Me?

6. The lake house.

 

 

“Christelle scendi! Muoviti, manchi soltanto tu!” Elena urlava dal soggiorno impaziente, mentre io, al piano di sopra, stavo ancora preparando il mio bagaglio.

Misi le ultime cose dentro la piccola valigia. “Si, ho finito, ora scendo!”

Presi il cellulare, la borsa, il bagaglio e scesi le scale. In soggiorno Elena mi aspettava, con le braccia conserte al seno e picchiettava nervosamente il piede sul pavimento. “Era l'ora! Ci staranno già aspettando tutti!” disse, aprendo la porta e invitandomi ad uscire dall'abitazione.

“Le vere Star si devono sempre far aspettare!” le risposi ridendo e facendole l'occhiolino, riuscendo così a strapparle un sorriso.

Caricammo i nostri piccoli bagagli nell'auto di Elena e salimmo in macchina, pronte a passare un week-end normale tra amici.

 

Dopo un'ora di macchina, mi sentivo stanca e mi si erano addormentate le gambe, così io proposi ad Elena di fermarci in un' autogrill. Scese dalla macchina, entrammo in quella piccola stazione di servizio. “Vado un attimo in bagno, aspettami qui.”mi disse Elena, ad un certo punto.

Io, invece, presi un pacchetto di patatine e una bottiglietta d'acqua e mi diressi alla cassa. “Prendo questi” dissi, cercando il portafoglio nella borsa. “Sono quattro e settanta” mi rispose il cassiere, un uomo sulla quarantina cicciottello, con indosso una camicia sudicia e un odore sgradevole. Gli diedi i soldi e mi girai, pronta ad andarmene. “Ehi, zuccherino, non mi lasci il tuo numero?” mi chiese il lurido cassiere ad un tratto. “Si, nei tuoi sogni, zuccherino.” gli risposi sarcastica, uscendo dall'edificio.

Poco tempo dopo mi raggiunse Elena. “Cosa voleva quel cassiere?” mi chiese lei curiosa, mentre ci dirigevamo alla macchina. “Niente, il solito porco che ti chiede il numero.” risposi scrollando la testa.

 

Dopo un'altra oretta di viaggio ci fermammo davanti ad una bellissima villetta che si affacciava direttamente sul lago cristallino. “Siamo arrivati” esordì Elena d'un tratto “prendiamo i bagagli, ci staranno aspettando.” continuò lei, e così feci.

 

Attraversammo il vialetto ed entrammo in quella bellissima casa: all'ingresso c'erano molti cimeli antichi, e davanti a noi un lunghissimo corridoio “Wow, qui è bellissimo” dissi, continuando a guardarmi intorno. “Lo so” mi rispose Elena, sorridente.

Un bellissimo ragazzo dagli occhi verdi ci corse incontro: Stefan. “Ehi, ce ne avete messo di tempo!” disse, correndoci incontro. “Meglio tardi che mai, no?” gli risposi, ridendo.

Ci accompagnò alle nostre stanze. Ovviamente Elena avrebbe dormito con Stefan, mentre a me era stata assegnata una stanza, alla fine del corridoio, anch'essa accogliente e ben arredata. “ Grazie, è stato molto gentile da parte vostra invitarmi qui. E' tutto bellissimo” gli sorrisi sincera. “Non devi preoccuparti, sei la benvenuta” mi rispose Elena, abbracciata al suo fidanzato.

 

Andai nella mia camera per darmi una rinfrescata. Ci eravamo dati appuntamento sul ponte che si affacciava sul lago, direttamente attaccato alla villa Salvatore. Presi una borsa di paglia, gli occhiali da sole e il cellulare.

Indossai qualcosa di comodo, quel pomeriggio faceva particolarmente caldo, ma non avevo intenzione di fare il bagno, infatti non indossai il costume. Anche essendo un'ottima nuotatrice mi sarei vergognata troppo a rimanere in costume da bagno davanti al maggiore dei Salvatore.

Mi infilai degli shorts in jeans, un top rosso e tirai su i capelli in una coda alta con un nastro rosso.

 

Sulla veranda c'erano Stefan ed Elena che mi aspettavano. “Dai, sbrighiamoci, gli altri sono già tutti là e ci staranno aspettando” disse Elena, incamminandosi.

E infatti era così: Tyler, Caroline, Jeremy, Matt, Bonnie e Damon erano sul ponte che ci aspettavano.

“Finalmente” urlò Caroline, correndoci incontro. “Scusate, ma la principessa qui presente era occupata a flirtare con il cassiere dell'autogrill!” disse Elena facendomi l'occhiolino e spintonandomi scherzosamente. “Si certo come no, l'importante è crederci” le risposi, ridendo.

“Su forza non c'è tempo da perdere, il tempo scorre!” esordì Caroline, tuffandosi in acqua, subito seguita da Tyler e Matt. “Tu non vieni?” mi chiese Elena, seguendo gli amici in quella pozza cristallina, insieme a Stefan. “No, non..” non riuscii a finire la frase che mi ritrovai in acqua, completamente zuppa, tra una ferrea stretta che mi bloccava la vita. “Brutto idiota!” dissi, girandomi, pronta a lanciare una sberla al cretino che mi aveva buttato in acqua, ma quel che vidi mi lasciò senza parole: un bellissimo Damon Salvatore era a pochi centimetri dal mio viso, e mi guardava negli occhi.

In quel momento cessai di respirare, e i rumori divennero ovattati, sentivo solo una debole scia di risate in sottofondo.

Scrollai la testa e uscii da quella meravigliosa trance, schizzando il bellissimo Salvatore e cercai di liberarmi da quella sua calda e forte morsa. “Lasciami, cretino!” sbottai, urlando. “Ah, cretino a me?” mi chiese, con un sorriso sghembo sul viso.

In quel preciso istante mi spinse sott'acqua, facendomi riemergere solo qualche secondo dopo.

“Chris, non eri tu quella che non voleva fare il bagno?” mi chiese sarcastico Tyler. “Ah, ah” gli risposi, con una finta risata.

“Chris, se non ti vai ad asciugare ti prenderai qualche malanno, fai attenzione” continuò il corvino, imitando il tono canzonatorio di un genitore. Aspetta. Genitore... Il nonno! Oddio, non lo avevo avvisato del mio normale week- end tra amici.

Nuotai fino al ponte, feci leva con le braccia, uscii dall'acqua, presi il cellulare e corsi verso casa. “Chris, dove vai! Non ti sarai mica offesa, vero? Stavo scherzando!” urlò Tyler, ma io non lo stetti ad ascoltare, il nonno doveva essere in pensiero e furioso. Mi fermai in veranda e composi il numero, aspettando che rispondesse. “Pronto?” la vocè di mio nonno risuonò dall'altro capo del telefono. “Nonno, sono io, Chris. Senti lo so, sarai preoccupato, ma sono viva e sto bene. Mi sono solo dimenticata di avvertirti. Sono al lago, nella casa dei miei amici di scuola, rimarrò qui per tutto il week-end, per te va bene?” gli chiesi, con la voce più dolce del normale “Ah, davvero? Cioè si, stai tranquilla, un bacio ti voglio bene.” mi rispose, staccando il telefono.

Non si era neanche accorto della mia mancanza. Non ero a casa da almeno cinque ore, e lui torna a casa sempre alla stessa ora, ovvero alle due.

Ero davvero così invisibile nella sua vita?

Non si era neanche preoccupato di sapere di dove e con chi fossi.,

Delusa ed amareggiata, entrai in casa, mi cambiai i vestiti bagnati e tornai al ponte, senza proferire parola. “Ehi, tutto okay?” mi chiese Bonnie, preoccupata. “Sisi, tutto a posto” sorrisi fintamente. Tutti però si accorsero del mio malumore, infatti nei miei occhi traspariva una profonda tristezza e delusione. “State tranquilli, sto bene. Vado a fare due passi, se non vi dispiace, torno presto.” aggiunsi, alzandomi e continuando a sorridere.

Stavo camminando in quelle stradine tra gli alberi, che circondavano completamente il lago. Mi fermai in un piccolo spiazzo e mi sedetti sotto un albero, a pensare.

 

Pensai al nonno, a di come era entrato a far parte nella mia vita, ma di come ancora io non ero riuscita ad entrare nella sua.

Pensai alla mamma, di come mi mancasse e di quanto le volessi bene,

Pensai a papà, e al suo maledetto pianoforte. A quel blocco morale che mi impediva di suonare.

Pensai a Damon, a come fosse così dannatamente bello quanto impossibile.

E pensai al giorno dell'incidente, come mai non ricordavo niente? Perché non riuscivo a ricordare uno dei miei ultimi momenti felici?

 

Una voce interruppe i miei pensieri “A cosa pensi?” Aprii gli occhi e trovai l'immagine di quel magnifico scrigno conservava e faceva risplendere quei diamanti color ghiaccio, sdraiato proprio di fianco a me. “Ad un po' di cose.” risposi, cercando di riottenere il controllo del mio respiro. “Ad esempio?” mi chiese, girando la testa verso di me. “E perché interessarti?” sbottai, schietta. Chiuse gli occhi e mise le mani sotto la testa, mostrando il suo petto scolpito coperto solo da una leggerissima camicia nera. “Tu rispondi e basta.” Presi un respiro e gli risposi. “Pensavo al nonno, ai miei genitori, al giorno dell'incidente e alla mia vita. In pratica a cose che a te non interessano” Mi guardò, serio in viso. “Perché te ne sei andata prima?” mi domandò lui. “Perché qualcuno mi aveva bagnato da capo a piedi, e dovevo chiamare mio nonno.” gli risposi, seccata.

Ci fu un lungo silenzio, io ascoltavo i suoi respiri che si confondevano con il rumore del vento.

Poi lui ruppe quel magico silenzio con un'altra domanda. “Non ci sono più vero?” mi chiese girandosi a guardarmi. “No.” gli risposi solamente. “Avevo quattro anni, un incidente d'auto, solo io mi salvai. Sono cose che capitano.” aggiunsi, cercando di non far trasparire le emozioni che mi dilaniavano il cuore e l'anima. Non lo avevo mai detto a nessuno, almeno non così apertamente.

Ci fu un altro lungo silenzio, poi lui disse: “Si è fatto tardi, sarà meglio rientrare” si alzò agile, e anche io lo imitai.

 

Nel viaggio di ritorno era calato un silenzio quasi imbarazzante “Perché mi avevi detto che era stato Stefan a salvarmi la sera del ballo, e non tu?” gli chiesi, cercando di romperlo.

Perché è così che di solito vanno le cose, a casa Salvatore. E' mio fratello l'eroe, io sono sempre stato quello “cattivo”- gesticolò con le mani- non volevo solo modificare il ciclo naturale delle cose” mi rispose, con tono sarcastico. “Beh, non bisogna mai essere ciò che la gente si aspetta di vedere.” aggiunsi io, continuando a camminare. Lui non mi rispose, il silenzio era calato di nuovo.

 

Quando arrivammo al ponticello di casa Salvatore, ormai non c'era più nessuno.

Ormai erano le sette, e tutti erano dentro casa.

La tavola era apparecchiata, e vidi uno Stefan sorridente ai fornelli, mentre Elena cercava di “rubare” qualcosa da mangiare dalla pentola con cui stava armeggiando Stefan.

“Alla buon'ora!” Matt ci sorrise, facendoci cenno con la mano. “Salve a tutti” continuai io, sorridendo. “Vado sopra a darmi una ripulita e scendo” dissi, correndo su per le scale.

Indossai dei pantaloni attillati, neri, molto eleganti, con una maglia larga e lunga rossa, semplice ma elaborata. Mi lasciai i capelli sciolti, e scesi le scale, pronta per la cena.

 

La serata trascorse tranquilla, ad eccezione di qualche frecciatina e qualche sguardo malizioso che mi lanciava Damon.

 

“Buonanotte a tutti!” disse Elena, andando al piano di sopra insieme a Stefan.

“Dai, Elena non fare la vecchietta, la notte è ancora giovane!” le rispose Care, completamente sbronza.

“Ci penso io a portarla di sopra.” ci rassicurò Tyler, prendendo in braccio la bionda.

E così fece Bonnie, Matt e Jeremy, lasciando me e Damon soli in soggiorno.

“Allora buonanotte.” dissi io, congiungendo le mani, cercando di spaccare quel fastidioso imbarazzo.

Lui non mi rispose, continuò a bere quel liquore ambrato dal bicchiere, facendomi cenno con la mano.

 

Salii le scale, confusa. Non mi parlava nemmeno più ora? Perché mai comportarsi così? Eppure quella sera era stata tranquilla e così anche il pomeriggio...piacevole.

Non lo capivo, e la mia testardaggine non mi avrebbe permesso di concludere così quella serata.

Presi un respiro e tornai nuovamente in soggiorno. “Damon?” chiesi, con un filo di voce. “Si?” mi rispose, indifferente. “E' tutto okay? Cioè intendo dire.. ho fatto qualcosa che ti turba? Mi sembri freddo tutto d'un colpo..” continuai, cercando di non guardarlo negli occhi. “Perché mai scusa? Per rimanere ferito da una persona, questa deve avere un'importanza nella tua vita. Non vedo come tu possa avermi ferito.”mi rispose lui, spiazzandomi. Era questo ciò che pensava di me? Ero solo un'illusa, quel pomeriggio era così... diverso.

Mi ero illusa un'altra volta, ancora e ancora.

A chi poteva importare di una ragazza come me? La ragazza sfigata che non ha amici, né fidanzato, non che la odino, sarebbe stato bello, almeno qualcuno avrebbe provato dei sentimenti per me, ma semplicemente la gente non sa della sua esistenza. “Ah.” risposi solamente, cercando di trattenere le lacrime che prepotenti volevano bagnare il mio pallido viso.

Salii le scale, andai in camera e mi abbandonai al sonno, sperando di poter sognare una vita migliore.

*****


 

Damon Pov.

 

Quella sera era stata tranquilla, la vedevo sorridere di tanto in tanto.

 

Quel pomeriggio lei si era aperta con me, o almeno ci aveva provato, facendomi così capire quanta tristezza prepotente facesse parte tutt'oggi nella sua vita.

Una bambina a cui vengono strappati i genitori, una bambina con un'infanzia sola ed infelice.

Persino un mostro come me riusciva a capirlo.

Ed io infatti ero un mostro e non volevo entrare nella sua vita, peggiorandola irrimediabilmente.

Quella sera l'avevo trattata davvero male, avevo visto la delusione strapparle quel suo magnifico sorriso e i suoi occhi spegnersi.

L'avrei fatto per il mio e il suo bene.

Io non la meritavo, ma sapevo anche che, accettandola o prendendomela mi avrebbe di nuovoo spezzato il cuore, strappandomelo dal petto e calpestandolo, proprio come avevano fatto le due donne a cui l'avevo regalato.

Era così, tutte le volte la storia era sempre la stessa.

Ma lei era così dolce, il suo sorriso, i suoi occhi, il suo profumo così dolce e invitante..

E poi avevo visto tutta la sua bellezza frantumarsi in mille pezzi davanti a me, a causa mia.

 

Misi il bicchiere nel lavandino e salii in camera, pronto ad abbandonarmi ad un sonno triste e malinconico.

 

                                                                                                                                                                                                          Questa volta avrei fatto la cosa giusta.

 

 

 

 

 

 

 

 

*Buongiorno, miei bellissimi fans.

(Oggi uso questa scrittura, mi piace di brutto * w *)

 

Allora, Damon ha deciso di lasciare perdere Chirstelle per il bene di lei.

 

Che cosa dolce .

 

Non vi resta che attendere fino al prossimo capitolo per scoprire che cosa accadrà, miei bellissimi prodi.

 

Un bacione,

Virginia.

  
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