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Autore: VyvLy    01/05/2012    6 recensioni
Il Team 8 sta cercando Sasuke. I tre ragazzi si separano e quando devono riunirsi scoprono che Hinata non c'è. Cosa sarà successo? Vi basti sapere ke da questo momento in poi, per Hinata e Sasuke comincerà un viaggio, una lotta contro il tempo. Lei, dopo aver scoperto una tragica verità sul suo passato, è alla ricerca di sé stessa, vuole scoprire una volta per tutte chi è veramente. E lui, dopo un lungo periodo passato in compagnia della Hyuga, si impone di riuscire a comprendere quali sono i suoi veri sentimenti nei confronti di lei, perché nel profondo una nuova luce luminosa comincerà a brillare nel suo animo. Ma...quello ke succederà, spetterà a voi scoprirlo...!Buona lettura (P.S= siate clementi, x carità! Questa è la mia prima fiction XP).
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Hinata/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Naruto Shippuuden
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In una stagione fredda e intimorente come quell'inverno il vento soffiava forte e tempestoso. Colpiva con tutta la forza delle sue correnti, scatenando nella sua furia il gelo e la rabbia, trattenuti per tutta la sua durata e che ora si era deciso a scatenare.
L'aria gelida soffiava con aggressività, e arrivava a colpire con violenza il corpo magro e pallido di una ragazza che correva nel bosco. Costei avanzava con incredibile velocità. Con i lunghi capelli corvini che volteggiavano nel vuoto, spinti all'indietro dalle raffiche, come la scia di una stella cadente nel cielo. Gli occhi cristallini, invece, erano notevolmente strizzati, come se gridassero di volersi chiudere. Del resto il vento centrava il corpo minuto della giovane come farebbe un coltello che vuole affondare nella carne. Il gelo le arrivava in viso e le feriva la pelle, risultando tagliente come una lama. Tant'è che la ragazza avvertiva gli arti che si facevano sempre più freddi e rigidi, e dappertutto percepiva il dolore dell'indolenzimento.
                                                
Ma nonostante questo si sforzava di non pensarci. E per quanto le costasse, si costringeva ogni volta a fare un passo, e poi un altro, andando veloce, sempre più veloce. Così alla fine ci aveva preso la mano e quasi non riusciva più a fermarsi, neanche avesse voluto farlo semplicemente per riposare. Stringeva i denti e continuava a correre, sopportando il dolore e cercando di fronteggiare la forza del vento. Le dava conforto sapere almeno che per il lungo tragitto non sarebbe mai stata sola.
 
«Hinata!».
Quella parola, per poco non la fece volare per aria. Sentendosi chiamata si ridestò dai suoi pensieri in modo troppo rapido.
«Sì, Kiba?» rispose timidamente.
«Sei sicura di non avere freddo, senza mantello? Se continui a non coprirti, rischi di prendere un malanno...».
Già! Per la fretta di cominciare una nuova missione, la Hyuga si era dimenticata di prendere il suo pesante mantello viola, che indossava spesso per coprirsi quando le venivano affidate missioni in inverno. Questa volta però si era dimostrata più sbadata di quello che lei stessa pensava.
«Se ti stai congelando, posso anche darti il mio. Questa stagione per me è primavera, lo sai bene!» continuò il ragazzo dai capelli castani, sghignazzando un po'.
Aveva freddo, sì, ma non le andava che il suo amico dovesse continuamente aiutarla. Essere compatita o aiutata le dava un senso di profonda tristezza, in certi casi. Le ricordava qual'era stato il suo ruolo per molti anni: quello del peso morto. Si inombrò un pochino, quando dei flashback istantanei presero forma nella sua mente. Rivide se stessa a dodici anni, quando non aveva alcuna stima della propria immagine. Un ritratto penoso...e allo stesso tempo anche triste.
«No, grazie Kiba.» gli rispose, accennando un sorriso. «Sto bene così, non sento freddo. Davvero!».
Sarà anche stata timida, ma sapeva mentire molto bene. Infatti il suo amico non le rifece un'altra volta la stessa domanda.
«Volete piantarla, voi due?» esordì una voce dal tono seccato.
I due ragazzi guardarono davanti a loro e adocchiarono il loro terzo compagno, come sempre incappucciato dalla sua giacca verdognola.

«Basta con le discussioni, ora!» continuò quest'ultimo. «Se permettete, comincio a stufarmi di correre a destra e a manca senza trovare niente. Il compito che ci hanno assegnato è già abbastanza noioso. Setacciamo queste zone, e torniamocene a casa.».
«Eeeeeeeh!» fece Kiba. «Sempre gentile tu, attento a non cadere in basso come noi!».
«Dai Kiba, Shino, smettiamola.» intervenne a quel punto la Hyuga. «È vero, però: siamo in viaggio già da due giorni e ancora non l'abbiamo trovato. Oltretutto sta anche andando via il sole...Non credete che sia meglio fermarsi e riposare per la notte?».
 
I due ragazzi si guardarono. In effetti era vero: si era fatto tardi, e presto sarebbe scesa la notte. Decisamente sì! Era molto meglio recuperare energie, dopo due lunghi giorni di corsa e setacciamenti infiniti. Se non altro per fare ordine nella testa ed elaborare un piano più efficace per sbrigarsi a controllare tutti gli appezzamenti di terra, assegnatigli come missione dalla Quinta Hokage.
 
«Per me va bene!» acconsentì Kiba, appoggiato da un abbaio del suo fedele cane Akamaru.
Shino per un po’ non rispose, poi dopo averci pensato su acconsentì «Sì, ok…».
«Allora aspettiamo di trovare una parte piuttosto fitta della foresta.» continuò Hinata. «Se la vegetazione si renderà folta potremo riposare tranquilli, e non badare così tanto a essere aggrediti da qualche ninja nemico. Ci fermeremo dentro una delle caverne che incontreremo, così avremo anche un riparo dalle possibili piogge. Che ne dite?».
«Che è andata!».
«Sì, anche per me…però sbrighiamoci a raggiungere una caverna, o ci ritroveremo congelati e con la vista abbassata.» precisò Shino, dandosi una forte strofinata alle mani.
Senza aspettare risposta, Hinata azionò l’abilità innata che contraddistingueva il suo clan, il Byakugan. I vasi sanguigni dei nervi ottici si evidenziarono subito intorno ai suoi occhi di perla, ora la visuale era in negativo e la ragazza non riconosceva altri colori a parte il bianco e il nero. Era una cosa comoda possedere un’abilità che ti permettesse di avere un campo visivo di 360°, ottima per guardarsi le spalle e per fare sopralluoghi senza spostarsi di un passo. Guardò per un lungo tratto di strada avanti a sé, svoltando anche a destra e a sinistra di tanto in tanto, alla fine trovò una nascondiglio non molto distante, se si viaggiava alla velocità dei tre ragazzi.
«La vedo!» disse subito ai suoi compagni. Kiba e Shino la guardarono.                                                                    «È davanti a noi. A circa un chilometro e mezzo, a ore dodici e un quarto.» specificò lei. «Mantenendo una velocità costante potremo raggiungerla in dieci minuti, non di più.» detto questo ritirò il Byakugan e andò di poco più veloce, seguita dai suoi compagni, con l’eco degli abbai di Akamaru che riecheggiavano nell’aria.
Trovata la grotta il Team 8 pensò subito a verificare che la posizione non fosse troppo visibile, a nascondere meglio il rifugio con rami e sassi, a disfare gli zaini pesanti, ad accendere un bel fuoco scoppiettante, e a procurarsi cibo e acqua. Quando finirono era ormai sera inoltrata. I rumori del bosco erano cessati e tutt’intorno soffiava una brezza morta e inquietante, un elemento in perfetta relazione con il buio pesto che copriva ogni cosa nel raggio di diecimila metri.
«AHHHHH! Niente male per una giornata di lavoro.» sentenziò l’Inuzuka, lasciandosi cadere all’indietro fino ad affondare la testa nello zaino, che fungeva da cuscino, e coprendosi col suo mantello viola, vicino al grosso cane bianco steso alla sua destra.
«Eh già…ufff! Sono esausta…» sbuffò la Hyuga, imitando i gesti dell’amico. Solo il terzo, l’Aburame, non disse nulla. Dalla posizione rannicchiata che aveva assunto, con la faccia sprofondata nello zaino e con il mantello stretto addosso, doveva essersi addormentato non appena aveva avuto un contatto con il pavimento. I suoi amici lo guardarono, ma erano troppo stanchi per dire una qualsiasi sciocchezza sulla cosa.
«Hinata…» la chiamò Kiba.
«Sì, Kiba? Cosa c’è?» fu la risposta di questa, ma si accorse solo un attimo dopo aver parlato che il suo amico aveva lo sguardo fisso nel vuoto, guardava un punto inesistente davanti a lui e non dava aria di voler girare lo sguardo.
«Credi che riusciremo mai a trovarlo?».
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             Silenzio.
 
Hinata non gli rispose subito, e quando Kiba si decise a girare lo sguardo vide che la ragazza stava guardando la luna argentea che si vedeva benissimo fuori della grotta. Il disco pallido, col suo bagliore argentato, rischiarava parte del cielo notturno, tempestato di mille puntini luminosi che si divertivano a creare forme dalle proporzioni più strane e inverosimili.                                                                                                                              Il viso della giovane sembrava essersi fatto improvvisamente più scuro e serio,quasi quasi incuteva timore.
«Non so che dirti, Kiba…» mormorò, prima di lasciare spazio al sonno e alla stanchezza che le stava appesantendo le palpebre. «Davvero non so…».
Le poche ore di sonno passarono così in fretta che i tre ragazzi si sentivano ancora del tutto spossati. La scorsa notte avevano dormito così profondamente che non si sarebbero svegliati se Akamaru non fosse stato attirato da uno scoiattolo che si era avventurato imprudentemente all’interno della caverna, e non avesse cominciato ad abbaiare e a correre di qua e di là come una trottola impazzita, inseguendo il piccolo animaletto che schizzava e guizzava da tutte le parti in cerca di una via di fuga. Correvano e gridavano così forte che tutti i suoni da loro prodotti si centuplicavano con l’eco della grotta.
 
E il frastuono sarebbe continuato all’infinito, se Kiba, spazientito da tanto rumore, non fosse balzato in piedi sbraitando: «BASTAAAAAAAAAAAA!!!!! SMETTETELA DI FARE CASINO!!!! GUARDATE CHE VI FRANTUMO TUTTE E QUATTRO LE ZAMPE!!!». A quella minaccia il cagnone bianco si era arrestato ed era tornato ad accucciarsi vicino allo zaino del suo padrone, mentre lo scoiattolo era riuscito finalmente a sgusciare fuori e a rifugiarsi sul ramo dell’albero più vicino.
«Accidenti agli scoiattoli!» si lamentò Shino. «Stavo dormendo così bene, maledizione!».
«Akamaru, dovevi proprio fare tutto questo gran baccano? Era uno stupido scoiattolo, che tra l’altro è anche scappato con la coda fra le gambe.» disse Kiba riprendendo il suo cane, che per tutta risposta mugolò mestamente.                                                                            «Ok. Ma adesso che siamo ben svegli, possiamo rifare alla svelta i nostri zaini e ricominciare a cercare. Ormai, in base alle informazioni che ci hanno dato, dovrebbero essere rimasti sei o sette appezzamenti al massimo per concludere.» sentenziò Hinata, ancora mezza assonnata ma già prontamente in piedi e dedita alla preparazione del suo zaino, al contrario di Kiba, che si era rimesso a sedere, e di Shino, che era ancora steso per terra.
 
Dopo pochi minuti, il Team 8 aveva ricominciato a correre, a saltare sugli alberi, e a setacciare ogni angolo del territorio. Era il terzo giorno, il vento soffiava più freddo e irruente degli altri due giorni di ricerca, ed era scesa la neve. Ora tutto intorno a loro sembrava ricoperto da un immenso tappeto bianco.
Correre sulla neve appena caduta non era cosa facile per niente: i piedi affondavano di continuo in mezzo a quella distesa candida e gelata, e i fiocchi di neve si infilavano dentro i sandali dei ragazzi e si scioglievano al loro interno, provocando una sensazione di congelamento e di indolenzimento improvvisi. Perfino Akamaru sentiva i cuscinetti delle zampe farsi sempre più rigidi.
Hinata però era messa peggio di tutti. Non avendo un mantello pesante addosso, il freddo intenso del vento e della neve penetravano nelle sue ossa e la facevano sentire dolorante e sofferente dappertutto. Tanto che dopo un po’ di tempo, il suo corpo non lo sentiva neanche più. Anche se riuscì a non darlo a vedere, per non far preoccupare troppo i suoi amici.
 
Tuttavia, stando a quanto aveva ordinato la Quinta Hokage, dovevano mancare si e no altre otto ore di setaccio, tenendo un buon passo e sapendo risparmiare sapientemente il fiato.
 
«Quanto manca ancora?» domandò Shino che, alterato già di prima mattina, continuava a lamentarsi e a fare domande su quanto mancasse, com’era freddo o se non fosse meglio fermarsi e riposare. La sua insistenza era tale che Kiba cominciava seriamente ad innervosirsi, sbuffava in continuazione e la sua espressione era sempre corrucciata.
Dal canto suo, anche Hinata si sentiva un po’ tesa dallo stressante comportamento dei suoi compagni, e neanche Akamaru osava lasciarsi sfuggire un guaito piccolo piccolo.
«Tranquillo, Shino.» gli rispose gentilmente Hinata, cercando di smorzare l’estenuante tensione che si stava creando all’interno della squadra. «Se i miei calcoli sono esatti, dovrebbero mancare solo tre appezzamenti.».                                                                                                                                                                                                                                                                                     «Allora forse conviene dividersi e controllare ognuno un appezzamento per conto suo, se non altro per risparmiare tempo.» suggerì loro Kiba. «Ho la sensazione che ci stiamo allontanano troppo da quelli che dovrebbero essere i limiti, non credete anche voi?». Shino e Hinata si guardarono. In effetti in tre lunghi giorni di corsa e ricerca sfrenate, si dovevano essere allontanati di un bel po’ dai confini del territorio assegnatogli per il setaccio.
 
I tre si fermarono per un istante sul ramo di un albero, e disposti in cerchio la parola andò a Kiba. «Statemi a sentire…» cominciò lui. «Le condizioni ambientali si stanno facendo sempre più rigide. Il gelo ci sta ghiacciando ogni singolo arto, e in più la neve rende meno facili gli spostamenti. Secondo me, per fare il prima possibile, sarebbe cosa astuta spartirci il territorio restante e controllarlo separatamente. Possiamo usare la radio per comunicare.».                                                                                                                                «Sì. Io dico che si potrebbe anche fare.» concordò l’Aburame, e detto questo frugò nel suo marsupio e ne tirò fuori una mappa e un pennarello. Aprì la pergamena, cerchiò un pezzetto del territorio che raffigurava, e dopodiché la mostrò ai suoi compagni.
«Questi dovrebbero essere i tre appezzamenti rimanenti.» spiegò loro,  puntandoci il dito sopra. «Se ne controlliamo uno per uno potremo concludere la missione prima che si faccia troppo tardi.».
«Molto bene!» continuò l’Inuzuka. «Tirate fuori le vostre radio e mettetevele all’orecchio, cominciamo subito a cercare. Shino, tu controllerai la parte Est. Tu, Hinata, setaccerai la parte Nord. E a me e Akamaru andrà la parte Ovest. È tutto chiaro?».
«Sì.» acconsentì Shino, che aveva già infilato l’auricolare nell’orecchio, seguito da Kiba che imitò i suoi gesti.
«No, aspettate un attimo!» li richiamò invece Hinata. «Forse risparmieremo tempo, controllando ognuno un pezzo di terra, ma se ci allontaniamo troppo non saremo più in grado di usare la radio per comunicare. Inoltre potrebbe essere pericoloso girare da soli e non avere almeno un compagno ciascuno. Se dovessimo incontrare dei nemici potrebbe andare a finire male.».
I due ragazzi si lanciarono un occhiata, a questo non avevano pensato.
 
Distanziandosi fra di loro di più di un chilometro c’era il rischio che le radio per comunicare a distanza non funzionassero più. E chissà cosa sarebbe accaduto se fossero saltati fuori dei ninja nemici in grande quantità numerica. Il Team 8 era forte se unito e compatto, ma separati i ragazzi sarebbero potuti durare solo qualche ora.
 
«Mi è venuta un’idea!» disse all’improvviso Shino, attirandosi gli sguardi dei compagni addosso. «Darò a ognuno di voi uno dei miei insetti. Il loro chakra si altera se si trovano nei guai, e poiché li tengo tutti costantemente sotto controllo, non sarà un problema per me rintracciare loro e di conseguenza anche voi.».
«Ehi! Questa sì, che è un‘idea, Shino!» esultò Kiba.
«Già, non ci avevo pensato!» gli fece eco Hinata. «Se qualcuno di noi si dovesse trovare in pericolo i tuoi insetti dovrebbero poter lanciare segnali d’allarme che tu possa ricevere, così riuscirai a rintracciarci tutti e a riunirci, e potremo combattere eventuali pericoli stando insieme.».
«Esattamente.» e detto questo, dalla manica dell’Aburame uscirono tre piccolissimi insetti, un coleottero nero, una libellula verde-azzurra e un moscerino grigio, che volarono ognuno sulla spalla di un elemento. «D’accordo, ora possiamo andare.».
Senza aspettare un secondo di più, Kiba, Hinata e Shino saltarono via dal ramo su cui si erano fermati e presero tre direzioni diverse, ognuno seguito dal rispettivo insetto.
 
Kiba e Akamaru, seguiti dal piccolo coleottero nero, arrivarono fino ad un’immensa pianura ricoperta di neve. Tutt’intorno non si vedeva niente, nient’altro che neve e erba gelata. Era impossibile che qualcuno potesse rifugiarsi in un luogo simile, dunque quello non era il posto giusto.                                                                                                                                  «Oh beh!» sospirò il ragazzo, portandosi una mano dietro la testa. «Almeno ci abbiamo provato, no?» vide il cane e l’insetto fare un cenno d’assenso. Prima di dirigersi altrove, controllò la radio. Disgraziatamente non captava più alcun segnale.
«Accidenti, questa proprio non ci voleva.» borbottò aggrottando la fronte. «Senti…» disse rivolgendosi al coleottero, che nel frattempo si era rifugiato sulla testa di Akamaru, per coprirsi dal gelo col suo pelo lungo. «Abbiamo verificato che questo non è il posto che stiamo cercando, ma purtroppo abbiamo perso anche il contatto con gli altri membri della squadra. Saresti capace di rintracciare il chakra del tuo padrone e di portarci da lui? Così poi cercheremo anche il terzo componente e vedremo di fare un rapporto generale.».
Senza esitare, il coleottero si divincolò dai peli del cane e si alzò in volo. Kiba e Akamaru lo videro rimanere sospeso a mezz’aria, mentre si stava concentrando per trovare la provenienza del chakra di Shino. Dopo di ché svoltò a sinistra e cominciò a volare in direzione del bosco lì vicino, seguito dal ragazzo e dal cane che si tenevano dietro per lasciar lavorare il piccolo insetto.
 
Shino, intanto, si era ritrovato a dover scendere per un crepaccio sorto in mezzo al terreno, affiancato dal minuscolo moscerino grigio. Quello poteva anche essere un buon posto per nascondersi, ma c’era qualcosa che non quadrava: come faceva una persona a nascondersi se quella specie di baratro non mostrava mai il suo fondo?
Shino aveva percorso più della metà di una delle pareti sfruttando la tecnica del controllo del chakra che lo faceva camminare sui posti elevati, voltandosi non riusciva più a scorgere la luce del mondo di sopra.
“Non può essere questo, il posto che cerchiamo. È impossibile.” si disse. Ad un certo punto avvertì qualcosa. Una specie di richiamo che si stava manifestando da fuori. L’Aburame chiuse gli occhi e si concentrò sulle eventuali alterazioni del chakra,  riconobbe il richiamo del coleottero che aveva assegnato a Kiba.
«Stanno venendo qui.» disse rivolgendosi al moscerino. «Torniamo su e andiamogli incontro. Non è questo il luogo che dobbiamo trovare, ma forse loro avranno trovato qualcosa.».
Il minuscolo insetto precedette il suo padrone nella risalita della parete e tornò finalmente alla luce. Un attimo dopo, anche Shino fece capolino dal crepaccio, e concentrando il chakra si mosse col moscerino nella direzione da cui proveniva il chakra del suo compagno.
 
Nel frattempo, Hinata, in compagnia della libellula, aveva raggiunto una parte più interna del bosco. Intorno a loro non si vedeva altro che una miriade di alberi di tutte le forme, dimensioni e colori. Stavano camminando e nel frattempo si guardavano intorno, nella speranza di avvistare il motivo delle loro ricerche.
Hinata camminò strofinandosi le mani e le braccia, e vide, arrivata in un punto in cui il terreno era soggetto a un abbassamento di livello, che sotto di lei c’erano le radici di un’enorme montagna e…
A quella vista le sue sopracciglia spiccarono esageratamente verso l’alto, arrivando a nascondersi sotto la frangetta.
Proprio davanti a loro si vedeva un’apertura scavata nella roccia, dentro la quale sembrava ci fosse una specie di corridoio buio. Si riusciva a intravedere soltanto una piccolissima parte del passaggio, illuminato fiocamente dalla luce solare che filtrava dalle chiome degli alberi circostanti.                                                                                                         Hinata si girò istintivamente e vide che la piccola libellula si era posata sulla sua spalla e si era rannicchiata fra le ciocche di capelli scuri che le ricadevano lungo la schiena sperando di proteggersi dal freddo.
«Sì, piccolina.» disse dolcemente. «Anch’io ho freddo, tanto. Ma vedi quell’apertura scavata dentro la montagna? Qualcosa mi dice che forse abbiamo trovato un traccia.».
Saltò di sotto e atterrò in mezzo a dei cespugli. Poi, alzando lievemente la testa per non farsi scoprire, come se l’ingresso fosse stato sorvegliato, attivò il Byakugan. Ancora una volta vide tutto in negativo, ma non c’era poi così tanto bisogno dei colori, per constatare che l’interno era spoglio come una quercia in autunno. Non c’era nessuno dentro, il passaggio fatto di scavi nella roccia, però, si andava a unire con centinaia di altri passaggi uguali, ognuno con una direzione diversa e tutti debolmente illuminati da una grande quantità di torce per niente vivaci attaccate ai muri.
«L’abbiamo trovato!» esclamò felice Hinata, sentendo che la libellula veniva fuori dai suoi capelli e cominciava a battere le quattro grandi ali in segno di allegria.
 
«Avete trovato cosa?».
 
Al suono di quella frase tagliente, il cuore della ragazza perse un battito. Il respiro le si fermò in gola, il corpo smise di rispondere ai suoi comandi, il suo cervello diventò incandescente e la sua fronte cominciò a sudare freddo.
Qualcuno era riuscito a sorprenderla alle spalle e lei, nonostante avesse il Byakugan attivato, non se ne era accorta.
 
Non fece in tempo a voltarsi, che un forte colpo alla schiena le fece perdere i sensi. Cadde in avanti e affondò il viso nella neve fresca. Con uno sforzo estremo, cercò di restare cosciente ancora dopo una simile botta, il tanto che bastava per girarsi e vedere in faccia il misterioso aggressore.
 
«Ma tu…tu sei…sei…» non riuscì a terminare la frase.
Gli occhi le si chiusero di scatto, il respiro si fece lento e profondo, come se si stesse addormentando, la testa cedette e affondò di nuovo con tutto il suo peso nella neve cristallina, con i lunghi capelli corvini sparpagliati intorno.
  
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