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Le sere era sopravvenuta solo
dopo poche ore, lasciando un oscurato cielo senza luna.
Non si era mossa di un
millimetro dal davanzale, dove seduta comodamente con un libro di maledizioni
sulle ginocchia, ascoltava attentamente le voci dal pian terreno che
conferivano sulla situazione.
- Se
sapessero – disse mentalmente – Se sapessero chi hanno in casa, non starebbero
così tranquille quelle sprovvedute –
Rise piano, assottigliando le
labbra rosee e guardò fuori della finestra il giardino dietro casa.
Una figura alta, dalla
carnagione bianca come un cadavere, vestiti scuri e lunghi cappelli verdi,
faceva lo stesso: L’osservava.
Nel momento
in cui se n’accorse, lasciò la vista a qualcos’altro e tornò in casa.
Era bello come nell’anime ma troppo perfido e pericoloso.
All’improvviso due botte
sorde alla porta ebbero l’effetto di farle prendere uno spavento. Saltò giù dal
davanzale per non farsi scoprire in quella posizione e andò a sedere alla sua
scrivania di ciliegio, dopo aver nascosto sotto il letto a futon
il libro.
- Avanti –
Il fiato teso e il cuore a
mille. Era Pheobe Hallywell.
Discordia rimase a fissarla
finché la madre non parlò – Dis… - ma la interruppe – Posso stare con i capelli sciolti? –
Domanda improvvisa.
Anche se sapeva già la
risposta, la giovane Hallywell non abbassò il capo sconfitta.
- Perché questa domanda ? – la madre sembrò non capire. Com’era stupida! Era
stata lei stessa qualche tempo prima a dirle che
quando c’erano persone estranee in casa, doveva legarsi i capelli e nasconderli
dentro una fascia – Ah già… sì, puoi – vide il volto della figlia tornare
felice. Sorrise. Chiuse la porta dietro di se e
s’inginocchiò di fronte alla figlia arrivando alla sua altezza da seduta.
- Discordia le persone che
sono giù, le hai fatte venire tu? – prontamente Didia
rispose – No, mamma. Puoi anche incolparmi, ma io non sono stata – continuò – … non sono umane, vero? –
- No, non lo sono. Ma come hai fatto a capirlo? –
- Non è che
ce ne voglia tanto. Me ne sono accorta appena sono entrata. Non so da cosa,
però l’ho capito subito – disse.
- Allora era per quello che
hai fatto quella faccia – sua madre era tornata più dolce. Quando c’erano le
sue sorelle però, dimostrava nei suoi confronti un
distaccamento orribile. Come se lei fosse stata un nemico e non la sua figlia più piccola – Ci hanno spiegato cosa sono.
Sono Homunculus. In pratica provengono da un mondo
dove l’arte più importante è l’alchimia – spiegò.
- L’alchimia? - tanto valeva tener
gioco.
- Gli Homunculus
sono in risultato delle trasmutazioni umane fallite – finì
la madre tutto d'un fiato.
- Quindi…
sono esseri riportati in vita. Ma che non sono più ciò
che erano prima – capì.
- Esatto, Dis.
Devi stare attenta perché non ci hanno voluto dire altro –
- Certo
mamma – rincuorò la ragazzina sorridente – Posso andare da zia Piper e zio Leo? –
- Ok.
Non li ho avvertiti di ciò che è successo, così potranno finalmente godersi una
cenetta in santa pace – sussurrò mentre si alzava e
stirava con le mani le pieghe del vestito rosa che indossava da due giorni.
Glielo aveva regalo Cup per il loro anniversario e da
quel giorno era diventato il suo abito preferito per l’estate.
- Mi preparo e vado –
Pheobe la guardò ed aprì la porta – Ah già. Essendo molti
gli ospiti, abbiamo deciso che Wrath dormirà con te,
tanto è soltanto un bambino… ed anche molto vivace – pronunciò le ultima parole un po’ atterrita da quello strano essere.
- Allora preparerò un futon prima di andare – disse mentre
squadrava la madre uscire dalla sua stanza e chiudersi la porta alle spalle con
un po’ di rumore.
Sentì la madre dal corridoio
che diceva – Fortuna che abbiamo quegli strani cosi giapponesi! – e ridacchiò.
8
Tutto era pronto. La stanza
pulita, i suoi
fumetti rinchiusi nell’armadio per sicurezza, le tendine del letto che giungevano
dal soffitto, rimesse al loro posto intorno al letto e i suoi abiti
perfettamente abbinati fra di loro e una fascia per capelli che le ricopriva
ogni centimetro della testa.
Guardò la sua immagine nello
specchio e tirò un risolino di disapprovazione per il suo aspetto. I capelli
non era riuscita a nasconderli del tutto sotto la
fascia.
- Accidenti, se mi vedono
così le mie sorelle, mi prenderanno per i fondelli – mormorò
esasperata.
Sospirò persa ed uscì dalla
camera da letto, andando giù al pian terreno.
Non c’era nessuno od era
soltanto una sua impressione? Bhò… tanto doveva
andare dagli zii.
- Io vado!!
– urlò davanti alla porta principale.
Pensierosa rimase ad
aspettare la risposta che non arrivò.
- Mamma? Ragazze? – continuò
cercandole con lo sguardo.
Entrò in salotto, quando vide
il ragazzo dai capelli verdi seduto sul divano che l’osservava di nuovo.
Discordia arretrò di un passo
per la sprovvista ed arrossì. Fortuna che la stanza era poco illuminata,
altrimenti quel ragazzo se ne sarebbe accorto.
- D…dove sono tutti? – chiese
titubante.
Il ragazzo non le rispose, ma
continuò il suo lavoro, finché non si alzò e non le andò in contro, spingendola
alla luce del lampadario nel soggiorno.
- Nascondi
il tuo aspetto, non è così? – chiese. La sua espressione indecifrabile
fece tremare impercettibilmente Didia che arretrò ancora. Il suo respiro
accelerò.
- Cosa
vorresti dire? –
- Non sono mica stupido, capisco quando una persona è diversa dalle altre – mormorò
all’orecchio di lei.
Con scatto fulmineo le
strappò la fascia, rivelando lunghi capelli lisci di un colore innaturale quale
il bianco. La prese per la maglietta verde e la strattonò a sé.
- Capelli bianchi, occhi
chiari e pelle esangue. Sei la prima albina che vedo – sussurrò
lasciandola.
- E
con questo? –
- E
con questo… ci sono rimasto. Anche per i tuoi occhi.
Li hai di due colori diversi e… inumani – quei lemmi detti
così provocatoriamente portarono la ragazza a definirsi debole.
Rimase paralizzata. Mai
nessuno aveva capito il suo essere in quindici anni, mentre in sole poche ore,
un ragazzo che non aveva mai visto, era riuscito a dedurre la verità come se
niente fosse.
Trattene basita la bocca per
fissare gli occhi del suo interlocutore: Due pozzi viola, carichi d'adrenalina
e superbia.
- Non conosco il tuo nome –
- Envy
– sussurrò – il
tuo? – chiese allora di rimando.
- Abbiamo tutti
e due dei nomi strani – osservò – Tu Invidia ed io Discordia –
bisbigliò.
- Come scusa? – Envy non aveva capito a causa del tono basso che aveva
usato la ragazza ma, gli era parso di sentire una
parola non naturale come nome. Discordia… Discordia non era
certo un nome adatto a quella creatura che dimostrava tanta innocenza,
proprio come quella di un angelo.
Si dette forza e dichiarò –
Il mio nome è Discordia… -
Il suo timore era fondato.
Come non detto. Quella famiglia dimostrava davvero di non
essere umana al cento per cento.
- Discordia, bel nome, anche
se è sulla persona meno adatta in questa casa – protestò.
La lasciò andare ed osservò i suoi gesti stregato. Discordia rimase ferma davanti a lui
– Non credere Envy. Purtroppo mi è stato dato un nome che è diventato una maledizione, impressa sulla mia carne – sorrise triste – Ci
vediamo. Ciao – lo salutò con il cuore a mille.
Uscì dalla sua visuale nel
momento in cui, una lacrima solitaria, le solcava il viso latteo perdendosi poi
fra le labbra.
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Ringrazio Miky,
StoriaNera, Simmichan e Shichan per le loro recensioni e spero vivamente che mi
seguano ancora!!!
Ciao!ciao!!^^