Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: nini superga    04/05/2012    3 recensioni
“Mi faceva male pensare, eppure ricapitolai la situazione: Giulia era stata rapita dagli Uruk- hai di Saruman assieme a Merry e Pipino, i Valar sanno per quale scopo; Frodo e Sam aveva attraversato il Fiume e avevano deciso di andare a Mordor da soli, senza alcun aiuto, contando solo su se stessi, passando per il nord; noi eravamo quanto restava della Compagnia: Gandalf e Jadis ci avevano abbandonato a Moria, concludendo i loro giorni su Arda prima del tempo; Aragorn , Legolas e Gimli erano partiti all’inseguimento degli Uruk-hai, il compito di salvare mia sorella e gli Hobbit era loro, mentre io ero rimasta da sola con Boromir, ancora in stato di incoscienza a causa dello scontro con gli orchi di Saruman. Aveva rischiato la vita per proteggere i suoi compagni, infischiandosene delle frecce che lo trafiggevano e gli dilaniavano le carni, e ora ne pagava le conseguenze. Anche io scontavo le mie scelte: mi ero messa contro Boromir per impedirgli di prendere l’Anello a Frodo. “
si prospetta una storia interessante, che dite? mi raccomando, o lettori: recensite e criticate, qui c'è bisogno di consiglio! mi scuso di già per i vari errori :) vostra, Nini Superga.
Genere: Avventura, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'I Gioielli di Anna.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap.17

 

Mi svegliai la mattina dopo che il cielo era ancora scuro. Nell’ora prima dell’alba, regnava il silenzio più profondo e irreale: centinaia di persone erano raccolte assieme in un tentativo disperato di salvezza, eppure nessuno fiatava- non ora, almeno: era tutto così calmo… mi sfilai dall’abbraccio di Boromir, che mi guardò con fare assonnato mentre mi allontanavo e iniziai a muovermi sul pavimento lastricato di corpi, in cerca delle latrine.

La testa mi scoppiava, il ventre mi doleva e la nausea era così intensa che potevo sentire lo sgradevole odore del reflusso nelle narici. Mi chiesi se anche mia madre si fosse sentita così quando aspettava me e Giulia, ma non volli pensarci: non sapevo nemmeno se ero in uno stato interessante e pensarci non faceva che aumentare il senso di malessere. Stanca di girare a vuoto, chiesi informazioni ad una sentinella e questa mi indirizzò verso l’esterno della fortezza, nella zona ovest, dove la latrina comune era situata. L’idea non mi piaceva affatto, ma non potevo fare la schizzinosa, non con quel terribile mal di pancia…si, ne avevo assolutamente bisogno.

Entrai nella latrina vuota, e la trovai stranamente pulita. Sentii anche rumore di acqua corrente, e mi stupii: evidentemente, doveva esserci qualche fiumiciattolo sotterraneo, e questi doveva portare con se i liquami.  “ Helm man di martello sei un genio “ pensai, mentre mi calavo le brache e mi sedevo su un buco. Rimasi li a lungo, tanto che la sentinella di guardia dovette bussare per chiedere se stavo bene. Gli risposi che non ero caduta nel buco, ma che avevo bisogno di tempo. Lui non mi chiese più niente.

Il male non cessava, pulsava e bruciava nella parte bassa del ventre e serpeggiava su per lo stomaco, fino a prendermi i lombi e lambirli col suo calore. Sudavo freddo, mentre spingevo, ma non accadeva niente. “ Che mi succede? “ continuavo a chiedermi, preoccupata, “ Che succede al mio corpo? “ Avrei voluto Giulia al mio fianco, ma dovetti accontentarmi di quei pezzi di carta che avevo sgraffignato dal suo zaino. L’avevo vista usarli spesso, quei fazzoletti di carta ( così li chiamava lei ), e quindi la imitai: stufa di star seduta, certa che il male sarebbe passato nel corso della giornata, mi passai un fazzoletto fra le gambe, sentendolo dopo un attimo viscido di qualcosa che sicuramente non era urina. Lo portai davanti agli occhi, a poca distanza da essi a dir la verità, e trattenni il respiro: era sangue, quello?

Fissai il fazzoletto sporco, appoggiandomi alla parete alle mie spalle, certa che di li a poco sarei svenuta: Valar… era davvero sangue? Per quanto fossi ignorante in materia, sapevo benissimo cosa comportasse una perdita di sangue in una donna. Le opzioni erano due: o il mio ciclo aveva ricominciato a presentarsi, o avevo appena abortito.

Senza nemmeno accorgermene, inizia a piangere, di felicità o tristezza non lo so, dato che la mia mente era completamente confusa: ero terrorizzata dall’idea di avere un figlio in un clima così incerto, eppure ora che avevo la certezza di essere fuori pericolo… la cosa mi dispiaceva da morire. Ecco, era quella la sensazione: morire. Senza volerlo, mi ero già immaginata madre felice di uno splendido lattante androgino, né maschio né femmina, fiera di allattarlo al mio seno e crescerlo nell’amore per me e il proprio padre. E Boromir … lui nulla sapeva. Povero amore mio, quasi padre, all’oscuro di tutto! Gettai il fazzoletto sporco nel buco e posai l’altro sul cavallo dei pantaloni, sperando di non macchiarmi. Quando mi alzai per sistemarmi mi sentii svuotata. Aprii la porta e tornai indietro, mentre la vita nel Fosso di Helm iniziava a svegliarsi.

 

Boromir se ne stava disteso sul suo mantello mentre il mio era gettato con non curanza sulle spalle, gli occhi chiusi, eppure mi sentì arrivare. << Che fine avevi fatto? >>Mi chiese, facendomi segno di andargli vicino. Mi stesi al suo fianco e poggiai la testa nell’incavo del suo braccio, con gli occhi alla stessa altezza. Nella prima luce, lo vidi preoccupato e addolorato. << Cos’hai piccola? >> mi sussurrò, accarezzandomi i capelli annodati. << Non ne vuoi parlare? >> Me lo sussurrò in un modo così tenero, così dolce, che non potei fare altro che raggomitolarmi contro di lui e sospirare piano, le lacrime tristi che mi bagnavano il viso. Sentii la sua confusione per quelle lacrime, mentre mi sfuggiva un debole singhiozzo. Senza dire una parola, Boromir mi strinse a sé e mi lasciò li, contro i suoi pettorali, a sentire il suo cuore battere impazzito e confuso esattamente come il mio. Piangevo per tutto: per la disperazione, la rabbia, l’impotenza. Piangevo per il mio bambino che forse non era nemmeno esistito, piangevo per non averlo detto a lui, piangevo perché stavo così dannatamente male e non sapevo che altro fare. Invocai Giulia, e la sentii gemere nel sonno da qualche parte dietro di me. ma no, forse no, stavolta non avevo bisogno di Giulia: avevo bisogno di stare un po’ da sola o, magari, con Boromir.

Lentamente, i nostri cuori ricominciarono a battere normalmente, le lacrime si asciugarono, e restammo  così, abbracciati, avvinghiati, stretti l’un l’altro come un baluardo. Scostai appena il capo dal petto di Boromir, e lui subito cercò i miei occhi.

<< Non ti chiederò di dirmi cos’hai. >> mi disse. << Non te lo chiederò perché so che ogni tanto si ha bisogno del silenzio. Ma sappi,>> mi prese il viso fra le mani, << Sappi, amore mio, che io sono qui. E anche Giulia è qui. Se non vuoi parlare con me, almeno fallo con lei. Io mi accontento di non vederti così. >>

Quelle parole mi furono fatali: mi aveva dato incondizionatamente il suo appoggio, e io non avevo il coraggio di dirgli che fino a poco prima aspettavo un figlio da lui? mi sciolsi come un ghiacciolo al calore del sole, e gli rivelai ogni cosa.

Boromir non ebbe la reazione che mi aspettavo: non pianse; non se ne andò; non mi abbracciò. Rimase semplicemente li, a guardarmi, il suo braccio come mio poggiatesta, i miei sussurri nelle sue orecchie, i tumulti a lambirgli il cuore. Gli dissi ogni cosa, gli spiegai i sintomi, lo istruii su cosa significava l’aborto e come esso avveniva, eppure lui rimase li, senza battere ciglio, continuando a fissarmi coi suoi occhi che, lentamente, divenivano sempre più chiari. Alla fine, quando gli dissi del fazzoletto fra le gambe, non riuscì a trattenere un sorriso. << L’ho sempre detto che sei una donna intraprendente … >> Mi sussurrò, accarezzandomi i capelli e fissandomi come se fossi qualcosa di strano, << Ma guardati, Anna. Sei una donna, la mia donna … e potevi darmi un figlio. >>

<< Non ne ero affatto certa, Boromir … >>

<< Fa niente, ne hai avuto la potenzialità. Tu hai la potenza di diventare madre, lo capisci questo? >> Mi posò un bacio in fronte << Tu vivrai ancora a lungo, piccola mia, e riuscirai a darmi un altro figlio. Non temere, >> Si lasciò sfuggire un sorriso malizioso, << Mi darò da fare per fartene avere almeno dodici! >>

Anche io sorrisi, sollevata e confortata dalla tenerezza con cui Boromir cercava di consolarmi della mia perdita. Perché si, anche se non ne ero sicura, io mi sentivo come se un pezzo di anima si fosse staccato da me- che fosse scattato in me l’istinto materno? Strofinai il naso contro la fronte di lui, sospirando. << Hei. >> Mi chiamò, << Anna. >>

<< Si? >>

<< Ti amo. >>

 

Quando il sole fu sorto dalle cime dei monti, illuminando il cortile del Fosso, venne data la sveglia generale a suon di squilli: per quell’ora, tutti dovevano essere in piedi, anche i bambini, per aiutare e preparare la resistenza- perché si, era chiarissimo che Theoden avrebbe usato il Fosso come baluardo per proteggere il suo popolo, ed era disposto a restare chiuso dietro quelle mura fino alla morte per fame, pur di non essere sconfitto. << Come è possibile che abbiano le provviste per un assedio? >> Si domandò Legolas, mentre facevamo colazione. << Domanda arguta. >> Constatò Giulia, dandogli di gomito, << Effettivamente, me lo domando anch’io. >>

<< Ce lo domandiamo tutti. >> Ribadì Boromir, azzannando con voracità la carne secca presa ad Edoras. << E soprattutto: di quanti uomini effettivamente dispone per la difesa? >>

<< Dovresti andare a chiederglielo. >> Intervenni, << Hai una lunga esperienza alle spalle, Capitano: Theoden potrebbe aver bisogno dei tuoi consigli. >>

Boromir sembrò rabbuiarsi << Theoden ha molta più esperienza di me in questo campo. >> Borbottò. Giulia scacciò quel pensiero con la mano. << Che vuol dire questo? Si, ok, avrà più esperienza, ma fidati di me, a volte serve una mente giovane per concepire buoni piani. Secondo me dovresti seguire l’idea di Anna, la nostra saggia Anna… si, vai a parlarci. >>

<< Renditi disponibile. >>  Intervenni con garbo.

<< Ma sii cauto. >> Lo avvisò Gimli, ridacchiando << Theoden ha la spada facile. >>

<< Ha il carattere difficile di tutti i re >> Ribadì Boromir, alzandosi in piedi << Ma non più difficile di quello di mio padre. Si, credo che seguirò i vostri consigli. >> Si chinò verso me, accarezzandomi il capo e scendendo a massaggiarmi la nuca. << Tu stai bene? >> Mi chiese, colmo di riguardo. Sorrisi a tutte quelle preoccupazioni, ed annuii in silenzio. << Vai, e fai ciò per cui sei nato. >>

 Se ne andò con un sorriso, sparendo nel mezzo della folla.

Gimli mi chiese del corno, e si fece accompagnare da Legolas nella ricerca di fucine dove potersi mettere all’opera. Rimasi da sola con Giulia che, da quando cin eravamo svegliate, non mi aveva staccato gli occhi di dosso. << Sei molto silenziosa, questa mattina. >> Iniziai << Come vanno le cose con Legolas? >>

Lei sbuffò << Come devono andare, male? E’ strano, stare assieme ad una persona così vecchia…antica, oserei dire. Si, comunque le cose vanno abbastanza bene, non posso lamentarmi, anche se sembriamo più amici che amanti. >> Ridacchiò << Ma va bene così… è la prima volta che mi capita una relazione simile. >>

<< E’ così strana, questa vostra relazione? >>

<< E’ molto…platonica. >> Vedendo la mia espressione perplessa, Giulia si spiegò << Significa immaginaria, un amore non consumato! Hai capito adesso? >>

<< Si. >>

Dopo un momento di silenzio, Giulia mi fece un cenno col mento << E tu? Come stai? >>

Strinsi le labbra << Io… >>

 << E a te sono venute le tue cose, lo so. >> Ribadì Giulia, sorridendo con aria triste della mia espressione stupita. << Ti ho sentita, questa mattina, mentre piangevi. >>

Chinai il capo << Io…io non volevo svegliarti. >>

<< E non l’hai fatto. In compenso, mi hai fatto venire degli incubi pazzeschi. >> Ridacchiò, mentre Jadis le metteva il muso in grembo per farselo grattare. << Povera sorella mia…come ti senti adesso? >>

Come dovevo sentirmi? Il ventre era in subbuglio, in mezzo alle gambe mi doleva come se vi fosse un palo e la testa mi pulsava. Non riuscivo a guardare la carne essiccata per più di cinque minuti, la trovavo disgustosa, nonostante mi piacesse tantissimo. << Bene, no? >> Risposi, sporgendomi per carezzare le orecchie pulite di Jadis. Giulia rise più apertamente.<< Sei una bugiarda, Anna. >> Mi fece un cenno col capo. << Avanti, passami lo zaino che ti do un busco pan. >>

Lasciai che mia sorella estraesse dallo zaino un sottile rettangolo bianco, pieno di gobbe regolari; la osservai mentre ne schiacciava una e, con un piccolo “ crac”,  vidi comparire una piccola briciola nella sua mano. << Che briciola è quella? >> Le chiesi, incuriosita. << Non è una briciola, Anna, ma una pillola. >> Se la rigirò fra indice e pollice. << Vedi, questa cosina è un concentrato di cose buone che ti farà sicuramente passare il male sia alla pancia che la sotto… >> Giulia me la posò con delicatezza sul palmo della mano. La guardai in controluce, stupita da questa novità del mondo di Giulia. << E da voi questa è una cosa…normale? >>

<< Cosa? >>

<< Prendere… pillole invece di erbe. >>

Lei fece spallucce. << Strano, vero? Per noi è l’esatto opposto: prendere erbe invece di pillole… sarebbe una cosa fuori di testa! >> Rise della mia espressione sconvolta, per poi invitarmi a mangiare un po’ di pan di via e a bere dell’acqua per ingoiare la pastiglia. Dopo varie peripezie, un principio di soffocamento e un sacco di risate, riuscii a ingoiarla. Dopo qualche ora, i dolori erano cessati e sembrava che il mio corpo stesse meglio. Anche io stavo meglio: non avevo più tormenti, più malinconie per il mio bambino mai nato. Era stato prematuro pensare che fossi incinta, anche se avevo imparato a fare attenzione: non mi sarei più esposta a simili rischi. La guerra era lungi dall’essere conclusa, e Boromir non aveva il tempo di correre dietro ad una donna incinta, anche se quella donna era la sua. Mi offrii volontaria per aiutare delle donne che contavano e ammonticchiavano in un angolo delle dispense dei sacchi di grano.

Passò buona parte della mattinata e del primo pomeriggio, quando un improvviso trambusto si fece largo nel Fosso, simile ad una scarica prodotta da un fulmine. Un nome solo viaggiava di bocca in bocca, sempre più veloce, sempre più veloce: quel nome era Aragorn.

La notizia la portò un ragazzino, che era corso dalla madre per dirle della grandiosa novità. << Madre! Madre! >> La chiamò, passandomi accanto mentre trascinavo sul terreno un sacco di grano particolarmente pesante. Attorno al ragazzino e alla madre si fece un piccolo gruppo, e non una delle donne trattenne grida di stupore e felicità. Curiosa, mi avvicinai anch’io al gruppo, e subito colsi il nome di Aragorn. << Che succede? cosa c’entra Aragorn? >>

Una donna mi prese per le mani, stringendomele forte. << Mia signora! È vivo! Il bambino dice che è appena giunto al Fosso su di un cavallo nero, lacero e stanco, ma vivo! >>

Mollai tutto senza che nessuno mi desse il permesso, e raggiunsi il Trombatorione fendendo la folla e cercando Giulia con la testa. La trovai in mezzo alla folla, diretta nella sala delle armi per vedere se era vero. Ma certo che era vero: a meno che Aragorn non fosse stato un fantasma, tutti l’avevano visto! Entrammo nella sala come fulmini, interrompendo la conversazione. Vidi Boromir sorridermi e Legolas guardare Giulia, mentre Aragorn si volse verso di noi e aprì le braccia.

<< Cristo santo. >> Sbottò Giulia, passandosi una mano sul viso, << Ma allora è vero! >>

Gli corremmo incontro, abbracciandolo. Era lacero, sporco e ferito, ma era assolutamente, incredibilmente vivo. << Sei…incredibile. >> Sorrisi, nel constatare che al collo portava il ciondolo di Arwen. << I Valar devono amarti in particolar modo, se ti hanno salvato anche questa volta! >>

La voce lugubre di Theoden venne ad insinuarsi fra noi, gelida. << Non ne sarei così sicura, mia signora. >> Disse, << Digli cosa hai detto a noi, Aragorn. >>

La felicità passò sul volto del ramingo rapida come un soffio di vento. << Nel tronare, mi sono imbattuto in un esercito di Uruk-hai. Saranno qui prima del calar delle tenebre. >>

<< Bene! >> Esclamò Giulia, attirando su di sé sguardi scandalizzati. << Vengano pure! Si infrangeranno come onde sugli scogli >> Lanciò uno sguardo di approvazione  a Theoden << Dico bene, no? >>

<< Dici bene. >> Ammise Theoden. << Ma questa fortezza non ha mai visto un esercito di diecimila orchi. >>

Strabuzzai gli occhi << Die-diecimila? >> Tornai a guardare Aragorn, scuotendo il capo << No, è…è impossibile! Non può esistere un tale esercito! >>

<< Fidati. >> Fu tutto ciò che mi disse Aragron, posandomi una delicata mano sulla spalla << Esiste. >>

 

 

 

 

D.I.F.

Cosa sarà stato…natale, forse? Oh Valar, da quanto tempo manco su questi schermi! La primavera è giunta, ho concluso il mio primo stage e sono più strong che mai! I capelli stanno crescendo, la pelle abbronzando e va profilandosi una sessione d’esami very very strong- oh yeah…fatto sta che non è colpa di nessuno se non mi sono chiù fatta viva- la colpa è solo mia. Me pigra! Sono veramente una socca… vabbe, vedrò di rimediare- anzi: HO Già RIMEDIATO!  Se siete ancora li, se siete ancora interessate a leggermi, se siete ancora interessate a recensire questa pelandrona…bè, fatelo.

Un giga kiss a chi c’è stato, c’è ancora e sempre ci sarà.

XOXO, una soffice Anna.

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: nini superga