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Autore: yu_gin    04/05/2012    5 recensioni
La vita di Kurt e Finn è molto diversa da come siamo abituati a vederla. Le difficoltà economiche e l'impossibilità di trovare un lavoro migliore spingono Kurt ad accettare un lavoro che fino a pochi anni prima non avrebbe mai pensato di poter accettare.
Ma se sotto le luci dello Scandals incontrasse un ragazzo che potrebbe cambiargli la vita? Un ragazzo che viene dall'altra parte di Lima, quella economicamente agiata, quella dabbene, quella da cui Blaine vuole fuggire? Se riuscissero a trovarsi, nonostante tutto?
Dal primo capitolo: Ogni suo pensiero venne interrotto dall'entrata in scena dei protagonisti della scena.
Ogni pensiero su Finn o su qualsiasi altro ragazzo, ogni pensiero in generale venne semplicemente spazzato via dalla sua testa nel momento stesso in cui vide calcare la pista quello che poteva tranquillamente definire:
Il più bel culo che abbia mai visto.
[...]
«Perché? Perché noi non possiamo essere felici?»
Santana lo strinse forte e gli accarezzò la testa.
«La vita è ingiusta, Kurt, per chi è nato dalla parte sbagliata di Lima.»
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Lima Side Story

 

 

 

Capitolo 10: guess who's coming to dinner

 

 

Kurt si sistemò la cravatta osservandosi davanti allo specchio.

Stentò a riconoscersi. Quant'era che non si vestiva così? Dal giorno del diploma, forse? O il giorno del funerale dei loro genitori?

Glielo avevano detto: quando indossi un abito ad un funerale non riuscirai più a dimenticarlo. E lui avrebbe voluto bruciare la giacca e i pantaloni eleganti insieme alle scarpe e alla cravatta non appena rientrato a casa dal cimitero, invece si era limitato a togliersi i vestiti, gettarli a terra e aspettare che gli tornasse la forza di piegarli e nasconderli nell'armadio.

Alla fine non li aveva gettati. Li aveva lasciati a marcire nell'armadio, sperando di non doverli mai più indossare.

Uscì dalla propria camera e raggiunse quella di Finn. Diede un'occhiata dentro:

«Tutto bene?»

Finn stava tentando di fare il nodo alla cravatta, con l'unico risultato di essere prossimo a strangolarsi.

Kurt gli si avvicinò e, dopo averlo fermato, gli sistemò la cravatta.

«Non è che posso mettermi una felpa e un paio di jeans? In fondo è quello che indosso ogni giorno a scuola.»

«No. Se non ci presenteremo vestiti di tutto punto, puliti e profumati penseranno che viviamo alla giornata, mangiando avanzi e cibo spazzatura eccetera eccetera.»

«Che poi sarebbe la verità» aggiunse Finn, dandosi un'ultima occhiata allo specchio.

Kurt neppure gli rispose. Andò in cucina, prese la torta che aveva preparato e la mise in una borsa di tela per trasportarla integra e al sicuro da Finn per tutto il viaggio.

«Sei pronto?» gridò.

«Eccomi» rispose Finn, emergendo dalla propria camera. «Andiamo?»

Scesero le scale e salirono in macchina. Per tutto il tragitto Finn continuò a tamburellare nervosamente le dita sul cruscotto dell'auto.

«Cerca di sembrare rilassato. Ad esempio, riusciresti a controllare la sudorazione?» chiese.

«Kurt, seriamente, pensi che sia possibile controllare la sudorazione ascellare? Eh?» replicò, accelerando in modo preoccupante.

«Okay, non scaldarti e non farci schiantare. Scherzavo.»

«In fondo è solo una cena col nostro vecchio professore. Col mio attuale professore. Insomma, perché mi dovrei preoccupare?»

«Appunto, quindi potresti rallentare e... mio Dio Finn! Rimetti la mani sul volante!» sbraitò Kurt, vedendo il fratello sistemarsi i capelli. Cominciava seriamente a pensare che l'idea di quella cena li avrebbe portati alla morte.

«Scusa. Ora mi calmo» disse. «E' che... lo sai, ho sempre tenuto al parere del professor Schuester. Lui ci ha sempre aiutati anche nei momenti peggiori, ha sempre creduto in noi quando tutti gli altri vedevano nel nostro futuro niente di più che una friggitrice del McDonald.»

«Sì, ricordo bene che per te era una specie di eroe da imitare. Ricordi quando avevi seriamente pensato di cominciare ad indossare gilet?»

«Ti prego, Kurt, non farmi tornare certi brutti ricordi!» disse, ridendo. «Però è vero, l'ho sempre stimato. Perché, nonostante la maggior parte delle persone consideri il suo lavoro al pari di quello di uno spazzino – faticoso, sottopagato e a stretto contatto con dei rifiuti – lui è sempre stato felice di ciò che faceva. Ed è ancora così, tiene a noi studenti. Altrimenti non ci avrebbe invitato a casa sua, per controllare che stessimo bene.»

«Qualcuno troverebbe un po' sospetto questo suo interesse per gli adolescenti» insinuò Kurt, sprofondando contro il sedile.

«Kurt!»

«Scherzavo, dai, non hai ancora imparato a riconoscere quando faccio sul serio e quando ho semplicemente una serata acida?»

Finn scosse la testa: «Ho come l'impressione che Santana stia avendo un cattivo ascendente su di te» disse, mentre suo fratello ridacchiava e intanto controllava che la torta non si fosse rovinata durante il viaggio.

Quando giunsero a casa del professore parcheggiarono e suonarono il campanello. Finn continuava a tormentarsi le maniche della camicia così Kurt gli diede una gomitata. Appena in tempo, perché neppure un secondo dopo la porta si aprì e fece capolino la testa rosso fuoco della signorina Pillsbury.

«Ragazzi, già qui?» squittì, battendo le mani felice.

«Non abbiamo trovato traffico» disse Finn.

Kurt si fece avanti, offrendole la torta ancora coperta: «Abbiamo pensato di portare un dolce. Per ringraziarvi della cena» disse, un po' imbarazzato.

La donna prese la torta sorridendo: «Kurt, non sei cambiato per niente» disse.

«Ed è un bene o un male?» chiese, azzardando una risatina nervosa.

«Su, venite dentro» li invitò. Fece loro strada fino alla sala da pranzo, dove il professore stava finendo di apparecchiare la tavola.

«Buongiorno professore» salutò Finn.

Kurt optò per un saluto più timido, più nel suo stile.

Schuester si rivolse a lui: «Kurt, è più di un anno che non ci vediamo, ma tu non sei cambiato per niente» disse.

Sul serio?, avrebbe voluto dire Kurt. Sul serio mi trova esattamente uguale ad un anno fa? Perché io stento a riconoscermi allo specchio. Stento a riconoscermi ogni volta che chiudo gli occhi.

Era per quello che odiava l'idea di rivedere i suoi professori delle superiori. Perché sapeva che l'avrebbero accolto con un “non sei cambiato per niente” e questo perché lo vedevano in quel momento, rimesso “a nuovo” per l'occasione. Avrebbero detto lo stesso se l'avessero visto dopo una serata allo Scandals, o dopo una litigata con Finn, o in quei momenti in cui si lasciava prendere dallo sconforto?

«Me lo dicono tutti» si limitò a rispondere, alzando le spalle e percepì il sollievo di Finn affianco a lui, che probabilmente si aspettava una risposta sarcastica.

«Avanti, venite a sedervi a tavola.»

Poco dopo la cena fu servita. Entrambi cercarono di trattenersi dal divorare istantaneamente tutto ciò che la signorina Pillsubry metteva loro sul piatto, per mantenere quella parvenza di contegno che a stento riuscivano a conservare.

I due padroni di casa non poterono fare a meno di notare la perizia con cui pulivano il piatto. Ciò era indicativo della vita che dovevano condurre.

Passarono la cena a parlare tranquillamente del Glee, delle canzoni da portare alle regionali, dell'entusiasmo di Rachel e il modo in cui Mercedes la spegneva, le uscite di Brittany, le labbra esageratamente grandi di Sam. Poi passarono a rivangare i vecchi tempi e a riesumare aneddoti che ormai pensavano di aver dimenticato.

Fu solo alla fine della cena che Schuester azzardò a tirare fuori l'argomento che realmente gli premeva.

«Abbiamo parlato del Glee e dei vecchi tempi. Ma non ci avete detto niente di come ve la passate in questo periodo.»

I due fratelli si scambiarono un'occhiata indecisa, poi Finn decise di parlare.

«Va tutto bene, come le ho già detto a scuola-»

«Finn, a scuola non mi hai detto che “andava tutto bene”. O meglio, sì, l'hai detto davanti ai tuoi compagni, ma poi, prima di andartene, mi hai detto come stavano davvero le cose.»

«Sì, è vero, abbiamo difficoltà economiche e non riesco a trovare un lavoro.»

«Finn» lo interruppe la signorina Pillsbury. «Io penso che William non si riferisca a questo.»

Il suo sguardo si rivolse a Kurt, che continuava a non capire.

«Penso si riferisca allo Scandals. E al vostro lavoro. Al tuo lavoro, Kurt.»

Finn si rivolse al professore: «Non posso credere che glielo abbia detto!» esclamò.

«Non posso credere che tu glielo abbia detto!» esclamò Kurt, rivolgendosi a suo fratello. «Che cosa ti è saltato in mente?»

«Ed io non posso credere che non ce l'abbiate detto prima!» intervenne il professore.

«Perché non è una cosa di cui andare esattamente fieri» disse Kurt, evitando il loro sguardo.

«Non lo è. E non so neppure se è legale» disse.

«Ho diciannove anni» sbottò Kurt. «E non è niente di più che ballare e sorridere. Un po' come il Glee, professore» ribatté, acido.

«Non paragonare il Glee a quello che fai! Quando cantavi nel coro della scuola lo facevi perché amavi la musica e perché ti faceva sentire bene. Tutti vi prendevano in giro ma tu ne eri orgoglioso lo stesso, non ti eri mai nascosto. Ora invece eviti i tuoi vecchi amici per non dovergli dire cosa fai.»

«E' solo una soluzione temporanea. Non appena troverò di meglio-»

«Quante volte te lo sei ripetuto perché suonasse vero anche a te?»

Kurt si alzò da tavola: «Grazie per la cena e per tutto. Noi ora ce ne andiamo» disse.

«Non credo proprio, Kurt» disse il professore, alzandosi in piedi.

«Non potete costringermi a rimanere!»

«Veramente possiamo» disse Finn. «Finché le chiavi della macchina ce le ho io.»

Kurt fissò il fratello, sentendosi tradito. Poi sbuffò e tornò a sedersi.

«E' una congiura. Ho capito. E io che ho pure portato una torta.»

«Non è una congiura. Non a tuo danno, almeno» disse il professore. «Vogliamo solo trovare una soluzione.»

«Io ho portato dei depliant» aggiunse la signorina Pillsbury, aprendo una scatola. Kurt lesse alcuni dei titoli, come “Il mio corpo non è in vendita” e “Io valgo più di questo” e “Lo spogliarellista non è un lavoro”.

«Dica la verità. L'ultimo l'ha fatto a posta per me» disse.

Finn gli tirò un calcio sotto la sedia.

«Ci ascolterai?»

«Vi ascolterò fino alla fine. Ascolterò tutto ciò che avrete da dirmi. Ma alla fine sarò io a scegliere. E se non troveremo una soluzione migliore terrò il lavoro finché non ne ce ne inventeremo una» disse.

Si morse il labbro desiderando essere da tutt'altra parte in quel momento.

 

Blaine avrebbe voluto essere da tutt'altra parte in quel momento.

Sul serio, qualsiasi posto sarebbe stato migliore.

Un autogrill pieno di camionisti incazzati, una vasca piena di squali affamati, il Titanic sul punto di affondare. Tutto. Ma non lì.

La cosa che lo faceva ridere – quel risolino isterico che ogni tanto parte nella nostra testa – era che quel luogo era casa sua.

In quel preciso istante si trovava seduto a tavola con: suo padre – arrabbiato come al solito per un affare andato storto o per un assistente incompetente; sua madre – impegnata a fissarsi le unghie con attenzione quasi sconcertante, ignorando la voce in sottofondo; Rachel – suddetta voce di sottofondo alla cena, intenta a raccontare per filo e per segno ogni dettaglio, ogni novità, ogni singola frivolezza del Glee.

«E allora Finn – vi ho parlato di lui, vero?»

«Sì, tesoro. Sappiamo vita, morte e miracoli di questo Finn.»

«Come dicevo, Finn e io abbiamo provato questa canzone e le nostre voci erano qualcosa di straordinario! Non credo di aver mai trovato un compagno di duetti come lui. Senza offesa, Blaine» disse, ma il fratello minimizzò con un gesto della mano.

«Tesoro, scusa se te lo dico, ma non ti sembra di essere un po'... avventata?» disse la signora Anderson, alzando gli occhi dalle sue unghie perfette.

«Avventata?» ripeté. Blaine alzò gli occhi dal piatto, improvvisamente attento.

«Non fai altro che parlare di questo Finn. Non è che voi due-»

«Mamma!» esclamò lei, scandalizzata. In realtà Blaine non poté non notare il rossore che improvvisamente le aveva coperto le guance. «E' solo un partner artistico

«Meno male. Perché da quello che ci hai raccontato non mi sarebbe sembrato il ragazzo adatto a te.»

Rachel fissò sua madre. Se Blaine avesse dovuto trovare un aggettivo per descrivere il suo sguardo avrebbe detto “mortificato”.

«Insomma, ha lasciato la scuola a diciotto anni, ha perso il lavoro e poi è tornato a scuola per prendere il diploma. Quindi deve avere come minimo vent'anni, mentre tu ne hai appena diciassette. E non ho neppure capito come faccia a guadagnarsi da vivere questo se non ha i genitori e va a scuola.»

«Lavora la sera in un bar. E poi c'è suo fratello che fa il commesso in un negozio.»

«Ah già, suo fratello finocchio

Al sentire quelle parole Blaine sobbalzò. Il cuore cominciò a martellargli in petto. Cercò di mantenere la calma, di non dare a vedere quanto in realtà fosse agitato nel sentire tirato in ballo Kurt.

«Papà!» esclamò Rachel.

«Che c'è, me l'hai detto tu che quello lì aveva un fratello finocchio.»

«Omosessuale» lo corresse.

«Fa uguale. Il concetto è sempre lo stesso: uno a cui piace farselo mettere in-»

«Tesoro, ti prego!» esclamò la moglie. «Non a tavola.»

«Hai ragione. Meglio non parlare di queste cose. Mi dà già abbastanza preoccupazioni Blaine.»

Nel sentirsi nominare il ragazzo alzò lo sguardo, terrorizzato.

«Preoccupazioni?»

«Ma sì, tu e quel tuo compagno di stanza. Come accidenti si chiama...»

«Sebastian Smythe, papà. Figlio del procuratore Smythe.»

«Già, ormai quei deviati sono un po' ovunque, si diffondono a macchia d'olio. Non è che a duettare con quello lì mi diventi frocio pure tu?»

Blaine sbatté i pugni sul tavolo. Questa sua reazione stupì i suoi genitori e Rachel, che lo fissarono perplessi.

«Smettetela di parlar male di Sebastian. Sarà anche gay, ma è mio amico. E non mi importa se guarda il culo alle ragazze o ai ragazzi, se in futuro si sposerà con una donna o con un uomo. Non me ne importa niente! Sono affari suoi.»

«Sono affari suoi fintanto che non dorme nella tua stessa stanza. E se ci... provasse con te? Ci hai pensato?»

Sua madre alzò gli occhi al cielo: «Mio Dio, non farmici pensare.»

Blaine pensò a tutte le volte che si era svegliato con Sebastian nel suo letto o a tutte le volte che il suo coinquilino usciva dalla doccia e si cambiava senza problemi davanti a lui, o ancora quei baci che si era scambiati, più per divertimento che per amore.

«Sebastian non farebbe mai nulla contro la mia volontà» disse. In fondo lo credeva davvero. Una cosa era dormire nel suo letto. Una cosa era forzarlo ad avere un rapporto completo contro la sua volontà e – per quanto considerasse Sebastian un bastardo opportunista – sapeva che non sarebbe mai arrivato a tanto.

Suo padre alzò le mani: «Come vuoi tu. Ti avrei fatto cambiare di stanza, ma dicono che sia un bravo ragazzo e quindi mi sono fidato.»

“Bravo ragazzo” e “Sebastian” nel vocabolario di Blaine non stavano nella stessa frase. Se non forse nella frase “Sebastian non è per niente un bravo ragazzo” o“Sebastian si è portato a letto un altro bravo ragazzo”.

«Però, Blaine, lasciamelo dire. Siamo davvero preoccupati per te. Da quant'è che non ti vediamo uscire con una ragazza?» disse sua madre.

«Mai. Alle medie forse, ma non l'ho mai visto uscire con una ragazza da quando è alle superiori.»

«Cosa vuoi dire? Neppure Rachel ha il ragazzo» protestò.

«Già, perché spende tutte le sue energie a studiare ed accumulare crediti scolastici e premi con cui riempie la camera» precisò la donna, noncurante del fatto che la figlia fosse lì affianco a lei. «A te invece sembra che non interessi per nulla trovare una fidanzata. Sembra che non ti interessi nulla del tuo futuro. Lo sai vero che l'anno prossimo andrai al college? E che un giorno ti sposerai e avrai dei figli? Insomma, se vuoi mettere su famiglia dovrai almeno cominciare col trovarti una fidanzata.»

«Possibile che vi facciate gli affari miei solo quando non ve lo chiedo?» sbottò.

«Ci preoccupiamo per te» disse sua madre.

Non è vero, pensò. Non ve ne frega nulla di me. Vi importa solo della vostra reputazione e di come sarebbe macchiata se nei circoli dell'alta società si venisse a sapere che vostro figlio è gay.

«E comunque Blaine sta uscendo con una ragazza» disse Rachel.

Blaine si voltò a guardarla.

«Non fare quella faccia, Blaine. Sono tua sorella. Mi sono accorta che qualcosa in te stava cambiando. Sembravi più felice, più allegro, come se ti avessero tolto un peso dal cuore. E poi capita sempre più spesso che tu ti metta a sorridere come un idiota, quando ti arriva un messaggio» disse.

«Non significa niente!»

«E siccome volevo avere delle conferme» continuò lei «ho chiamato il tuo amico Wes. Che mi ha detto che dovevi vederti con una qualche settimana fa e che eri in fibrillazione per questo.»

«Rachel, ma farti gli affari tuoi no?»

«Avevi un appuntamento? Ma è stupendo!» esclamò sua madre. «Perché non ce l'hai detto prima, avremmo evitato tutta quella spiacevole conversazione. Dicci un po' di lei, com'è?»

Alta, magra, un culo fantastico. Si chiama Kurt.

«E'... è-»

«Tesoro, non assillarlo!» esclamò suo padre. «E' un adolescente, lasciagli i suoi spazi. Quando ti sembrerà che la vostra relazione si sia consolidata ce la presenterai. Per ora a me importa solo che tu sia normale

Blaine sapeva bene cosa intendeva dire con “normale”. Intendeva dire etero, non gay, non frocio o finocchio o qualsiasi altro appellativo offensivo avesse trovato.

«Era tutto squisito. Ora scusate, ma vado in camera mia» disse, alzandosi da tavola e andandosene. Salì le scale e si chiuse in camera. Prese il cellulare e scrisse un messaggio:

 

20:57

Hai presente quando tutta la cena ti rimane sullo stomaco e ti prende quel nodo alla gola che neppure riesci a digerire per la rabbia?

 

20:59

Come me in questo momento? Avanti, spara. Cos'è successo?

 

21:00

Cena in famiglia. I miei genitori hanno fatto le loro solite battute omofobe e io sono stato sul punto di gridargli in faccia che mi piace l'uccello. L'avrei fatto solo per vedere la reazione di mia madre. Tu, invece?

 

21:01

Dopo aver letto il tuo messaggio, non mi sembra più così terribile la cena appena finita a casa del professor Schuester. Finn gli ha detto del mio lavoro serale ed è stato molto imbarazzante. Hanno cercato di convincermi a smettere.

 

21:01

E tu?

 

21:03

E io li ho ascoltati attentamente. Ma continuerò con questo lavoro, almeno fino a che Finn non troverà un lavoro decente, ossia fino al suo diploma. Però questo non l'ho detto, altrimenti quello era capace di lasciare di nuovo la scuola e di cercare inutilmente un lavoro.

 

Blaine sorrise nel leggere il messaggio. Sorrise pensando a quanto doveva essere forte il ragazzo che da quasi un mese, ormai, affollava i suoi pensieri. A quanto doveva essere coraggioso e determinato. A quanto dovesse essere forte il legame con suo fratello.

In quel momento sentì la porta della sua camera aprirsi. Sollevò lo sguardo e vide Rachel fare capolino.

«Posso?»

Lui annuì. Lei entrò e si sedette sul letto dove Blaine era steso. Notò subito il cellulare illuminato.

«Stavi scrivendole?» chiese.

Scrivendogli, voleva precisare. Grazie, Thad.

«Scusa se l'ho detto ai vecchi. Continuavano a parlare male di te e non capivo perché non li mettevi a tacere.»

«Stai tranquilla. Non me la sono presa. È che mi piacerebbe non essere così evidente, per te.»

«Non puoi farci niente. Sei un libro aperto» disse, ridendo.

Poi tornò seria: «Quando hai avuto quella reazione a tavola, sai, quando papà ha detto quelle cose su Sebastian... io ero d'accordo con te.»

Blaine la fissò, stupito.

«Entrare nel Glee club mi ha aperto gli occhi. Tutti i miei amici del coro sono... diversi. Mercedes è una ragazza di colore, Mike e Tina sono asiatici, Brittany ha i genitori europei, Sam è di famiglia povera, Finn come ti ho già detto vive in un appartamento da quattro soldi e suo fratello è gay. Ma tutto ciò non mi sembra strano e... sbagliato. Sono miei amici. Non mi tocca minimamente il colore della loro pelle, la loro religione, il loro orientamento sessuale o i soldi che hanno in banca. Ognuno di loro mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto vedere com'è il mondo là fuori: vario. E tutto ciò... mi piace.»

«Ti piace Finn?»

Rachel arrossì.

«Anche tu non scherzi in quanto a “evidenza”.»

«Non dirlo alla mamma!»

«Per chi mi hai preso?» esclamò.

«Non mi dici neppure cose come “è troppo vecchio” o “non fa per te?”»

«Perché dovrei farlo. È un bravo ragazzo, è responsabile, dà sempre il massimo per le persone cui vuole bene...»

«Da come parli sembra quasi che tu lo conosca di persona.»

«Ne parli così tanto che un po' è così» disse, evitando il pericolo. «Da quando è nel Glee non fai che parlare di lui. Dev'essere davvero speciale se ti distrae dalle tue mire da diva.»

«Lo è» ammise. «A volte mi piacerebbe che fosse un po' più di un semplice amico, ma lui sembra non notarmi. O meglio sembra notarmi come “la ragazzina di buona famiglia da evitare come la peste”.»

«Non credo sia così.»

«Fidati. Sembra avere occhi solo per Quinn» disse, abbassando lo sguardo. «In fondo, loro si conoscevano da prima. Non ho nessuna possibilità in confronto a lei.»

Il suo cellulare si illuminò di nuovo e Rachel, nel vederlo, sorrise.

«E lei? Lei com'è?»

«Lei-»

Lei è un lui. Un ragazzo. Un maschio. Avanti, Blaine, dillo! Dillo almeno a Rachel. Abbi le palle, una volta tanto, sii abbastanza uomo da dire la verità a tua sorella.

«E' tutto quello che non sono io. Sa quello che vuole, sa chi vuole essere e non ha paura di dirlo.»

«Dev'essere una ragazza straordinaria.»

«Lo è.»

«E quando vi siete messi insieme?»

«Non è ancora successo niente. Per ora siamo ancora alla fase “solo amici”.»

Rachel strabuzzò gli occhi: «E perché?»

«Perché non ha ancora digerito la rottura col suo ex. Non che gli... le piaccia ancora. È che ha paura di soffrire di nuovo.»

«Ma per favore!» esclamò Rachel. «Non metto in dubbio che un anno fa abbia sofferto e forse che ne soffra tutt'ora, ma non può rimanere per sempre chiusa nel suo guscio. Scommetto che lo dice solo per “difendersi” ma che se tu facessi la prima mossa, se tu le dicessi quello che hai appena detto a me – ossia quanto lei sia straordinaria, coraggiosa, forte e quanto ti faccia stare bene – beh, scommetto che dimenticherebbe il suo ex e si lancerebbe fra le tue braccia. Metaforicamente parlando. O forse anche letteralmente.»

Blaine sorrise.

«Grazie, Rachel. È bello avere una sorella, in momenti come questo.»

«Perché, vuoi dire che normalmente sono una petulante rompipalle?»

I due scoppiarono a ridere, dimentichi ormai della pessima cena.

 

21:28

Mia sorella mi sorprende ogni giorno di più.

 

21:29

Cos'ha combinato?

 

21:30

Mi ha fatto sorridere dopo l'orrenda cena con i nostri genitori. Forse non tutta la mia famiglia è da buttare.

 

21:31

Mi fa piacere sentirtelo dire. Anche perché, da come ne parla Finn, sembra la ragazza più seria, gentile e talentuosa dell'intero Ohio.

 

Blaine, nel leggere quel messaggio, non poté fare a meno di sussultare. Forse le possibilità di Rachel con Finn non erano così basse.

 

 

21:35

Ti va se ci vediamo per un caffè, uno di questi giorni? Ho bisogno di una bella chiacchierata fra amici. Ne ho proprio bisogno. Offro io il caffè, se serve a convincerti.

 

21:36

Se offri non mi lasci scelta! :) Buona notte, Blaine.

 

21:36

Buona notte, Kurt.

 

Finn si voltò verso di lui. Kurt era seduto scompostamente sul sedile e fissava attonito il cellulare.

«Sei ancora arrabbiato perché l'ho detto a Schuester?»

«Sì.»

Silenzio.

«No» ammise.

«E allora perché non mi parli da quando siamo saliti in macchina?» disse, allungando l'occhio sul suo cellulare.

Kurt lo nascose con fare protettivo: «Non penso di volertelo dire» disse, facendogli la linguaccia.

Finn sorriso: «Come vuoi. Tanto so a chi stai scrivendo.»

«Ha parlato mister non-ho-niente-di-meglio-da-fare-che-parlare-di-Rachel» rispose acido.

Finn, colpito nel segno, tacque fissando la strada.

«Aspetta. Non intendevo...» Kurt non poté fare a meno che spalancare la bocca stupito. «Ti piace Rachel?»

«No!» esclamò.

«Sicuro?»

«Kurt, non scherzare. Perché una come lei dovrebbe guardare uno come me? Sono completamente disastrato e il mio futuro oltre il diploma è un completo azzardo, mentre lei sembra aver pianificato la vita fino alla pensione. In quale universo parallelo potrei piacerle?»

«In uno in cui tu non ti comporti da zuccone e invece cerchi di capire se le interessi? Dico per dire.»

«Apri gli occhi, Kurt. Veniamo da due mondi diversi. Ti immagini, per esempio, se dovesse mai presentarmi ai suoi genitori? Cosa direi loro? Che ho vent'anni, che vivo mantenuto da mio fratello minore, che devo ancora diplomarmi, che non riesco a trovare uno straccio di lavoro? Dico per dire.»

Kurt ascoltò le sue parole attentamente. Ma in quel momento smise di pensare a suo fratello e – forse egoisticamente – pensò a Blaine.

Blaine, che era il fratello di Rachel, che proveniva dalla sua stessa famiglia. Una famiglia che non accettava neppure il fatto che fosse omosessuale. Come avrebbero reagito se poi il loro adorato figliuolo avesse portato loro a casa uno come lui, commesso di mattina, spogliarellista di sera. Uno che aveva sempre frequentato la scuola pubblica, che guidava un'auto scassata, che si arrangiava come meglio poteva a far sembrare splendidi gli abiti che riusciva a comprare o a rimediare dal magazzino GAP.

Si era dimenticato da che parte di Lima Blaine provenisse.

La parte opposta alla sua, per l'esattezza.

 

 

 

N/A

 

Una cena non così semplice da digerire per entrambi!

Blaine e Rachel fanno dei passi avanti e lo stesso per Finn e Kurt.

 

Ovviamente il titolo è una citazione – neppure velata – al film “Indovina che viene a cena”.

E... basta. In realtà non sarò io a postare il capitolo ma la mia beta MeMedesima, che ovviamente ringrazio!

 

Al prossimo venerdì!

 

yu_gin

 

N/B (yu_gin non piangere quando noterai l'infelice accostamento di queste due lettere...)

Buon giorno a tutti! :) Qui la beta, aka MeMedesima.

Sì, sto scrivendo una nota alla fine e non vandalizzando quelle dell'autrice... E' che è ancora mattina - mezzogiorno?! - mentre sto scrivendo, quindi non riesco a pensare a qualche troll più acuto di un "io puzzo" scritto alla fine...

Spero che vi sia piaciuto il capitolo, io personalmente vorrei pestare sia il signor Anderson che la moglie.

Preparatevi per i prossimi capitoli, perchè saranno straordinari e vi lasceranno con la voglia di sbattere la testa contro il monitor del computer per poi andare a cercare l'autrice per tirarle contro suddetto computer.

Baci a tutti! Ciao yu_gin! :)

 

coming next:

 

Kurt intuì il disastro di dimensioni epiche che stava per accadere. Si voltò appena in tempo per vedere Rachel avanzare verso di lui con lo sguardo fisso in direzione di colui che aveva riconosciuto come il proprio stupidissimo fratello.

«Blaine?»

 

   
 
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