11
Sinking
"Tension
is building inside steadily
Heavy thoughts forcing their way out of me
Trying not to break but I'm so tired of this deceit
Every time I try to make myself get back upon my feet"
[From The Inside – Linkin Park]
4
Marzo, 23:30, Villa Stark
La
voce di Pepper squillava penetrante nelle sue orecchie, accentuando
il suo forte mal di testa. Ci fu una pausa nella sfilza serrata di
parole che gli bombardavano il cervello e per un momento
pensò che
avesse finito e che potesse finalmente godere di un attimo di
silenzio. Poi la donna riprese, con più foga di prima ma a
un volume
paradossalmente pacato:
«Lei non capisce il problema.»
«Non
capisco? Con che coraggio afferma che non capisco?»
ribatté
lui, decidendosi finalmente a risponderle.
«Tony, si rende conto
che non ha seguito una
virgola
di
quanto avevamo stabilito e ha fatto di testa sua? Come
sempre.»
La sua accusa cadde nel vuoto. Lui sprofondò nuovamente
nel suo silenzio burrascoso e lei fece altrettanto, camminandogli
accanto a passi nervosi mentre lui zoppicava lentamente sul patio
antistante l'ingresso. Il ticchettio dei suoi tacchi era quasi
tonante nel silenzio del giardino e dava un'idea di quanto fosse
irata la donna che li indossava. Era sicuro che la sua testa si
gonfiasse sempre più ad ogni passo che raggiungeva i suoi
timpani;
anche i moncherini non gli davano tregua. Maledisse il momento in cui
aveva rifiutato la sedia a rotelle appena sceso dalla macchina, ma
piuttosto che chiederla adesso si sarebbe fatto amputare anche l'altra
gamba.
Si poggiò un po' sulle stampelle, un po' sul gesso che
iniziava a cedere, e premette il pollice sinistro sul touch-screen
dell'ingresso per aprire la porta. Accolse lo scatto della serratura
con sollievo, impaziente di rientrare finalmente a casa.
Entrò
nell'atrio inspirando l'aria conosciuta, così accogliente
dopo
quella stantia del tribunale. Pepper fremeva subito dietro di lui, ed
era sicuro che stesse facendo del suo meglio per mantenere un
contegno. Ora che ci pensava, trovava irritante che lei riuscisse
a rimanere così calma. Non sentiva il bisogno di prendersela
con
qualcuno? Con lui, per l'esattezza.
Poteva farlo, quindi perché
diavolo aveva smesso di rimproverarlo? Almeno lei aveva qualcuno
con cui prendersela... lui chi aveva?
Se stesso? Stane?
"Quel
maledetto bastardo..."
Chiuse la porta sbattendola e Pepper
sobbalzò.
«Dovete piantarla di decidere al posto mio,»
sillabò
poi sforzandosi di non alzare la voce, anche se la sentiva sul punto
di impennarsi ad ogni parola.
«Siamo tutti preoccupati per lei e
stiamo cercando di aiutarla, lo vuole capire?»
Tony
voltò un poco la testa, rivolgendole il suo lato cieco per
non farle
notare che aveva chiuso l'occhio, disorientato da un'inaspettata ondata
di dolore
che gli aveva attraversato i moncherini e scosso la spina dorsale.
«E mi ascolti quando parlo!»
a
questo punto fu Pepper a superare la soglia di decibel che le sue
orecchie potevano ancora sopportare.
«Mi sembra difficile non
ascoltarla, dato che sta urlando!»
esplose,
girandosi di scatto verso di lei e ritrovandosi a gridare a sua
volta.
Lei si fermò allibita: non l'aveva mai sentito alzare
la voce, tantomeno con lei.
Dopo qualche secondo di silenzio li
accolse la voce compassata di JARVIS:
«Signore, ci sono...»
«Muto!»
ringhiò Tony,
già abbastanza infastidito dalla ramanzina di Pepper.
«È andato
tutto...»
ricominciò
lei, affranta, stavolta faticando a mantenere la calma.
«... a puttane?
Ha perfettamente ragione, da cosa l'avrà mai dedotto,
Potts?»
«Non
ne parli come se fosse colpa mia!»
s'infiammò
lei. «È stato
lei a voler per forza andare al processo con la
protesi incompleta! Sapeva che qualcosa poteva andare storto e ha
comunque...»
«Le dico io cos'è andato storto: quel dannato
procuratore è andato storto; lui e il Senatore! Mi hanno
fatto
infuriare, se proprio lo vuole sapere! Avrebbero potuto...»
«Non
ha neanche lontanamente pensato che il loro scopo fosse proprio
quello di istigarla?»
lo
interruppe Pepper, gli occhi ridotti a due fessure.
Tony la fissò
con improvvisa consapevolezza, ma non avrebbe mai, mai ammesso di
aver sbagliato...
«L'accusa punta sul fatto della sua presunta
instabilità, e lei gliene ha dato una prova
lampante!»
«Ah,
quindi adesso sarei instabile.»
«Non
rigiri come vuole quel che dico! Non è instabile, ma
è apparso come
tale!»
sbottò
esasperata Pepper.
Tony voltò di nuovo la testa, inspirando
piano e scosso da una nuova fitta. Prima che Pepper potesse
accorgersene tornò alla carica, sentendo le parole che
uscivano come
bile dalla sua bocca:
«Se davvero pensate che non sia instabile,
perché mi avete nascosto quel video?»
Vide
Pepper trasalire nella penombra del salotto.
«Abbiamo pensato di
evitarle...»
«Cosa? Altro stress?»
completò
lui, ironico, accennando a se stesso con fare eloquente. «Mi
avete mentito,» stabilì
infine, tagliente.
«Sta esagerando, non mi sembra un questione
così...»
«Potts,
maledizione! Davvero
non
capisce?»
proruppe
Tony, di nuovo ad alta voce e sentendosi caldo in viso.
Pepper ammutolì,
sorpresa dall'improvvisa, pura rabbia che trasudava la sua voce.
«Stane mi ha mentito e tradito!
Mi ha ingannato per
venti
cazzo
di anni con un sorriso sulla faccia e poi mi ha venduto ai miei
carnefici!»
gridò
con quanto fiato aveva in gola. «E io mi sono fidato
di
lui!»
riprese
fiato, sentendosi bruciare non solo in viso, ma dentro, nel profondo,
in un punto indefinito accanto al reattore.
Pepper lo fissava
allibita, forse anche offesa da quelle sue affermazioni, ma non gli
importava. Era stanco di essere manipolato e tenuto all'oscuro di
tutto ciò che non fosse ritenuto "su misura" per lui.
«Noi
non faremmo mai nulla del genere,»
replicò
in tono piatto, quasi distaccato.
«Come faccio ad esserne
sicuro? Oggi è un video, domani cosa
sarà?»
«Lei
è ridicolo! Come può anche solo pensare che io
possa
tradirla?»
Pepper
alzò di nuovo la voce e Tony volle pensare che i suoi occhi
lucidi
fossero solo un riflesso della luce fioca.
«Se lo penso
evidentemente ho i miei motivi!»
«Allora
continui a pensarlo! Mi sembra un ottimo momento per diventare
paranoico!»
la
voce di Pepper virò sullo stridulo.
Si interruppe, quasi
affannata. Si chiese quando fosse stata l'ultima volta che avevano
litigato a quel modo.
Mai, ora che ci pensava; non l'aveva mai
visto perdere il controllo. E mai, mai
avrebbe
pensato di sentirgli dire che non si fidava di lei. Era come ricevere
una stoccata al cuore.
Erano ancora nell'atrio, fronteggiandosi
furiosi, e stavano gridando decisamente troppo. Era una fortuna che
la villa fosse così isolata dal mondo.
Lui scosse la testa e fece
per dire qualcos'altro per contrastare la sua ultima affermazione, ma
si bloccò con un verso esasperato. Si diresse invece in
cucina,
dove prese con non poca difficoltà una lattina di birra dal
frigo, facendo del suo meglio per non cadere. Pepper
lo fissò ancor più furente:
«Bere non...»
«... risolverà
nulla, lo so! La pianti, Potts, sono due mesi che bevo solo acqua e
clorofilla. Non voglio diventare Howard II: mi bastano i miei
problemi, se non se ne fosse accorta,»
la
interruppe pungente.
Bevve con sollievo un sorso dell'alcolico.
«È
anche colpa di Kyle,»
disse
dopo una pausa, liberando anche quell'ultimo bolo di
risentimento.
Pepper era convinta di non poterlo sopportare un
secondo di più.
«Di Kyle? Perché secondo lei non è
stato
all'altezza, ovviamente.»
«No,
perché l'ha appoggiata nella sua decisione di trattarmi come
un
bambino,»
ribatté
lui con stizza.
«Forse perché ha bisogno di essere
trattato
così. Ha tentato per tutto il processo di salvare il
salvabile a
causa sua, nel caso non se ne fosse accorto,»
lo
rimbeccò lei, gelida. «Giocare a scaricabarile non
aiuterà nessuno,
quindi per una
volta
in
vita sua ammetta semplicemente di aver sbagliato.»
«L'ho già
fatto "una volta"! Ho ammesso di aver ucciso migliaia di
persone per denaro e mi sembra di aver cercato di rimediare! Non mi
pare invece che questo fatto sia stato gradito dal resto del mondo,
visto come sono ridotto!»
si
costrinse a bere un altro sorso per mascherare la vena di
disperazione che si era intromessa nella sua voce. «Questa
è
un'altra faccenda: io ho ragione e loro stanno cercando di mettermi
dalla parte del torto. E probabilmente ora tenteranno anche di
sequestrarmi la protesi...»
«Non è una faccenda ridotta al suo
piccolo: se le Stark Industries dovessero mai cambiare proprieterio
interesserà tutti, perché è ovvio che
ricominceranno a produrre
armi per l'esercito! Ma immagino che non ci avesse pensato.»
Tony
incassò il colpo, dirigendosi zoppicando in salotto, con la
lattina
tenuta precariamente con la sinistra mentre manovrava le
stampelle.
«Almeno la smetta di assillarmi con la faccenda di
Iron Man. Era più che ovvio che fossi io e negarlo avrebbe
solo
peggiorato la situazione. E poi a loro interessa solo la tecnologia
dell'armatura, non Iron Man in sé. A chi importa di Iron
Man?»
«A
noi, per esempio,»
rispose
una voce profonda dal buio del salotto.
Tony e Pepper si
immobilizzarono, come pietrificati. D'istinto lui impugnò un
po' più
saldamente una stampella, come se potesse usarla come arma. La TV a
parete
era accesa, ora che lo notava, e trasmetteva in silenzioso una
replica del suo processo in differita; una sagoma scura si stagliava
nel flebile cono di luce che proiettava. Gli sembrava di conoscere
quella voce.
«Chi c'è?»
intimò,
sul chivalà.
«Non si preoccupi, Stark. Solo vecchi amici,» emerse
un'altra voce, più compassata della prima e decisamente
familiare.
La
sagoma si mosse.
«Luce,»
borbottò
Tony.
Non era assolutamente preparato a quello che vide: il suo
salotto sembrava diventato il quartier generale dei Vendicatori.
Thor
era beatamente abbandonato sulla sua poltrona e sorseggiava
tranquillo una bottiglia di whiskey stravecchio, avvolto come sempre
nelle sue vesti asgardiane, con Mjolnir che pendeva dalla cintura.
Steve sedeva più composto su un'estremità del
divano semicircolare
che occupava il centro della stanza; era in abiti civili e si guardava
intorno con fare nervoso, come se si sentisse disarmato senza il suo
scudo. Bruce aveva occupato l'altra estremità del divano
e
sembrava intento ad esaminare un componente delle protesi rimasto
abbandonato sul tavolo. Hawkeye se ne stava in disparte vicino alla
vetrata, in tenuta da combattimento; a giudicare dal volto tirato ed
escoriato sembrava appena rientrato da una missione. Fury era in
piedi accanto alla tv, vicino a Coulson semicelato nell'ombra.
Mancava solo Nataša.
Tony ci mise un po' a riprendersi dallo
stupore e stentò a fatica un saluto malfermo.
Scambiò un'occhiata
con Pepper e lesse sul suo volto lo stesso sconcerto. Si frappose tra
lei e i suoi ospiti inattesi in un gesto istintivamente protettivo: era
la prima volta che si trovava faccia a faccia coi suoi "colleghi" e il
fatto che potesse essere suo malgrado coinvolta in prima persona nelle
loro questioni tutt'altro che ordinarie lo impensieriva.
«Ottima
performance, i miei complimenti,»
commentò
Fury, indicando col pollice lo schermo dietro di sé, dove si
vedeva
Tony che rispondeva con un'espressione stizzita a una qualche domanda
di Knight.
«JARVIS, ti si sono fusi i sistemi di sicurezza?
Perché diavolo sono riusciti a entrare?»
articolò
invece Tony, di nuovo in sé e decisamente seccato
dall'intrusione.
Cercava
di ignorare lo schermo, mentre Pepper lo guardava storto.
«Il
dottor Banner ha minacciato di radere al suolo la casa se non li
avessi fatti entrare,»
rispose
l'intelligenza artificiale, con logica inattaccabile, e Bruce
approntò un
sorrisetto di scuse.
Tony ondeggiò appena nella posizione di
precario equilibrio in cui si trovava. Aveva la terribile
consapevolezza di quanto fossero evidenti la mano mancante, il
gesso della gamba, la benda che gli copriva il volto...
Non poté
evitare che una vampata di bollente disagio gli salisse alle guance.
«Capisco...
posso sapere cosa ci fate qui?»
chiese
in tono tutt'altro che conciliante.
«Mi sembrava chiaro, Stark,»
intervenne
Coulson, arcuando le sopracciglia e accennando col capo alla TV.
«Va
bene, va bene, ho capito: altra predica in arrivo. Ma... vi siete
presentati qui senza preavviso, e questo mi irrita. Perciò
aspetterete finchè non sbrigherò le mie
faccende,»
chiarì
subito, lasciando trapelare tutto il suo fastidio.
Steve fece una
smorfia a quell'annuncio, ma non commentò, assumendo un'aria
di
superiorità che esprimeva fastidio per tutto ciò
che lo circondava,
incluso il suo proprietario.
«Dove va?»
chiese
Tony subito dopo, rivolto a Pepper che stava per allontanarsi dal
salotto.
«Lei si scusa con loro,»
accennò
ai Vendicatori, «e io mi scuso con Kyle, visto il modo
vergognoso in
cui l'ha trattato,»
concluse
tagliente, mostrando il cellulare.
Tony intuì subito a cosa si
riferisse, ma non rispose.
«E cerco un modo per placare il caos in cui verseranno le
Stark Industries in questo momento.
Sempre che le interessi, ovviamente,»
aggiunse.
Pepper
si dileguò nell'altra stanza, lasciando dietro di
sé un'aura di
tensione. Tony sapeva di avere gli occhi di tutti puntati addosso, e
questo per una volta non gli piaceva affatto.
«Fantastico.
Davvero fantastico,» borbottò tra sé,
spostando le stampelle per equilibrarsi
meglio senza farsi cadere la birra di mano.
Almeno la gamba
ingessata gli garantiva un po' più di stabilità.
Doveva
assolutamente riparare la mano della protesi, anche perché i
Vendicatori fissavano con malcelato interesse la manica vuota della
giacca.
«Ehi, tranquilli. Non sto per cadere a pezzi di
nuovo,»
li
rassicurò, tentando di rompere la tensione.
Tentativo
vano.
«Seriamente: mi sta andando in cancrena il braccio sano,
quindi qualcuno mi faccia posto... adesso,»
disse
allora con un tono più autoritario, fissando con eloquenza
Thor che
occupava la sua
poltrona.
Dopotutto era in casa propria.
Lui capì l'antifona e saltò
in piedi, mollando il whiskey. Tony si sedette di peso con immenso
sollievo e una vaga soddisfazione per aver appena fatto alzare il
didietro di un semidio e principe asgardiano con tanta
celerità. Non
trattenne un sospiro liberatorio quando la pressione del gesso
finalmente sparì dal moncherino inferiore: poteva anche
essere
comodo per spostarsi, ma era decisamente pesante e gli irritava la
piaga, senza contare che aveva anche tre o quattro chili di protesi
al braccio. Avrebbe davvero dovuto alleggerirla...
Poggiò la lattina
sul portabevande della poltrona e spostò la sua attenzione
alla sua gamba,
o il
poco che ne era rimasto. Controllò la fasciatura nel modo
più
discreto possibile, trovandola pulita e asciutta. Almeno
quell'incombenza poteva aspettare. Lasciò ricadere il bordo
del
pantalone arrotolato a coprirla, consapevole degli sguardi che
cercavano di dissimulare il loro interesse.
«Mentre discuteremo
amabilmente, io cercherò di riparare questo rottame... ma vi
presterò tutta l'attenzione necessaria,»
annunciò
ironico, cavando dalla tasca della giacca la mano metallica
inerte.
Udì distintamente il sospiro di Fury e un commento che
non comprese da parte di Hawkeye, ma nessuno si arrischiò a
interrompere i suoi traffici.
«Bruce? Ti dispiace? Quello è
importante,»
lo
richiamò allarmato, indicando il componente meccanico con
cui aveva
continuato a giocherellare distratto; lui si affrettò a
riporlo sul
tavolo.
Tony afferrò a colpo sicuro un cacciavite sepolto tra i
cuscini della poltrona e iniziò ad armeggiare con la
protesi,
insensibile al silenzio imbarazzante che era calato nella
stanza.
«Signore, l'effetto dei suoi antidolorifici sta...»
iniziò
a gracchiare JARVIS, come sempre al momento meno opportuno.
Era
veramente
arrivato
il momento di installare un chip avanzato di buonsenso a quel
supercomputer.
«Muto. Prova a spacciarmeli ancora nel caffè e ti
disabilito la facoltà decisionale,»
lo
troncò seccamente Tony, ancora infastidito da quel fatto.
Anche
se forse, in quel momento, qualche pasticca non gli avrebbe fatto
male... anzi. Si costrinse a ignorare il bruciore ai
moncherini. Riuscì finalmente a riagganciare la mano alla
struttura portante in modo molto rudimentale: se muoveva l'indice
rispondeva il pollice, l'anulare corrispondeva al medio e
così via,
ma abituandosi a questo schema riusciva a controllarla abbastanza
bene, anche se non a ruotare del tutto il polso, e i movimenti erano
comunque abbastanza deboli e goffi. Sarebbe bastato, per quella
sera.
«Allora? Avete intenzione di abusare della mia limitata
pazienza ancora per molto?»
sbottò
infine, stringendo il pugno e sciogliendosi l'articolazione
meccanica con un cigolio sotto gli sguardi evidentemente colpiti
degli altri.
«Tony Stark, non siamo venuti fin qui solo per
rimproverarti; molti sono qui anche per accertarsi delle tue
condizioni di salute,» esordì
Thor, con voce profonda e il suo solito fare un po'
all'antica.
«Posso immaginare chi non sia incluso nei "molti",»
concluse
Tony scoccando un'occhiata astiosa a Steve, che si accigliò
senza però
contraddirlo.
«Non ci aspettavamo questo. Nessuno di noi poteva
immaginarlo. Fino a questa sera ne eravamo all'oscuro.»
Thor
accennò alla protesi e al processo che continuava a scorrere
sulla
parete-TV. Guardò di sfuggita anche Fury, con una nota di
risentimento, e fu chiaro di chi fosse stata la decisione di tenerli
all'oscuro.
«Non sono l'unico a cui viene riservato un
trattamento speciale per le informazioni, allora... che sollievo. Il
vostro stupore è perfettamente comprensibile: non
è una cosa che si
vede tutti i giorni, immagino... cielo, avevo davvero quella faccia
quando mi è caduta la mano?»
commentò
poi, vedendosi sullo schermo con il braccio teso e la mano a terra,
un'espressione allibita sul viso.
I successivi fotogrammi
mostravano l'aula in uno stato di agitazione totale.
«Già,
davvero. Pessimo modo per salvare la situazione, per
inciso,»
intervenne
Fury, fremendo.
Non l'aveva mai visto così irato; sembrava
trattenersi a stento dall'ordinare che lo facessero fuori, ma Tony
sperò
che fosse solo una sua impressione. Bevve un altro sorso di birra come
a
scongiurare il pericolo e riportò lo sguardo allo schermo:
vide se stesso che usciva dal tribunale attorniato dai giornalisti,
incapacitato ad evitarli per via della sedia a rotelle, e
notò la
propria espressione a metà tra la furia e il panico. Non
osò
immaginare i commenti che potevano aver fatto su di lui, viste le
cose irripetibili che si era lasciato sfuggire in preda alla
rabbia...
«Ok, basta con questo teatrino. Off,»
ordinò,
non potendosi sopportare un momento di più, e la TV si
spense
all'istante con un sibilo.
Avrebbe voluto spegnere anche i suoi inattesi ospiti, se solo avesse
potuto.
«Per farla breve, caro "Iron Man", la ramanzina della
signorina
Potts non è ancora finita,»
annunciò
Coulson, che non aveva perso la sua sottile vena di
giovialità.
«Oh.
Avete sentito...»
commentò
Tony, adesso decisamente imbarazzato. «Beh, eravamo tutti e
due
piuttosto nervosi, ecco, ma le cose sono perfettamente sotto
controllo,» svagò,
liquidando
la questione con nonchalance, di sicuro molta più di quanta
ne provava in merito al fatto.
Fury continuava a
squadrarlo da capo a piedi col suo unico occhio, e per una volta Tony
fu in grado di sostenere il suo sguardo: stavolta sapeva dove
guardare. Era terribilmente fastidioso essere fissati nell'occhio
cieco. In quel momento rientrò proprio Pepper, scura in
volto.
«Detesto interrompervi, ma...»
«Non ha ancora
interrotto nulla, Pepper, parli pure liberamente,»
la
anticipò Tony, vedendola come una provvidenziale ancora di
salvezza per
ritardare
quell'imbarazzante discussione.
Fury fece un rassegnato cenno
d'assenso, invitandola a continuare. Pepper sembrava decisamente a
disagio, ma parlò con voce ferma:
«Kyle ha espressamente detto
che, se farà un'altra “performance” del
genere, abbandonerà il
caso senza rimpianti. E pretenderà comunque il suo
compenso,»
annunciò,
mortalmente seria.
Tony sospirò, tamburellò distratto sul
reattore sotto la camicia e infine annuì appena.
«Mi sembra
onesto,» concesse, senza troppo
entusiasmo.
«E domani dovrò prendere parte a una riunione
gestionale
straordinaria alle Stark Industries al posto suo. Mi serve la sua
delega.»
«Firmo
tutto ciò che vuole, a patto che impedisca a quegli squali
del
consiglio d'amministrazione di firmare ordinanze
restrittive,»
borbottò lui, massaggiandosi la fronte esasperato.
«Farò il possibile,» replicò lei, in un
tono che sottintendeva che non vi fosse comunque molto da fare. «È tutto. Io
non mi sento in alcun modo “super”, quindi credo
che...»
iniziò,
facendo per andarsene, ma fu interrotta da Tony:
«No, rimanga, la
prego. Abbiamo bisogno di qualche quota rosa, visto che manca
Nataša,»
disse
in tono falsamente brioso e appellandosi alla prima motivazione che gli
venne in mente.
Si sentiva visibilmente circondato e
sotto attacco e una spalla amica gli avrebbe fatto comodo, nonostante
il diverbio di poco prima. Al pensierò si
ritrovò ad
accigliarsi, sentendosi anche
profondamente in colpa nel coinvolgerla nelle proprie faccende "super"
andando contro ai suoi iniziali buoni propositi. Pepper ebbe la netta
impressione che il suo gesto
fosse volto anche a irritare Fury, e fissò quasi implorante
quest'ultimo.
«Va bene. Rimanga, Potts,»
concesse
lui, distruggendo le sue speranze di defilarsi all'istante.
Si
sedette accanto a Bruce, dal lato di Tony ancora sprofondato nella
poltrona, sentendosi terribilmente osservata.
«Non mi guardi
così; non divento così facilmente un mostro verde
rabbioso,»
la
tranquillizzò subito Bruce con ironia, e lei
annuì con una punta di
nervosismo.
Lanciò una breve occhiata a Phil, cercando un
minimo di supporto morale, e l'agente Coulson ricambiò il
suo
sguardo
con un sorriso flemmatico ma rassicurante.
Ci fu un momento di silenzio, durante
il quale i Vendicatori si guardarono l'un l'altro, aspettando che
Fury cominciasse a parlare. Lui sembrò volersi assicurare
che
non ci sarebbero state ulteriori interruzioni, poi cominciò:
«Ottimo.
Se abbiamo finito con i convenevoli, arriverò dritto al
punto,» esordì stentoreo,
facendosi avanti fino a portarsi esattamente davanti a Tony.
«Stark, devi piantarla di agire
di testa tua. Non è la prima
volta
che lo fai e questo tuo atteggiamento mi ha sempre molto irritato. E
sai che non è il caso farmi irritare. Ti avevo
già avvertito
riguardo alla faccenda dell'identità segreta: doveva
rimanere
tale. E naturalmente tu hai ignorato di nuovo i miei ordini.»
Tony
ebbe la netta sensazione di star ascoltando una delle filippiche di
suo padre riguardo al suo scarso senso di responsabilità, ai
suoi
mille difetti, al suo caratteraccio, al suo essere irrecuperabile... bla
bla bla.
Scollegò il cervello per i successivi minuti della predica e
poi, approfittando di una pausa nel discorso, intervenne con
decisione:
«Voi non vi siete esattamente prodigati per
"tutelarmi", se è per questo. L'ho già ripetuto
mille
volte alla qui presente signorina Potts: era lampante che io fossi
Iron Man... insomma, mi hanno ritrovato con l'armatura addosso,
qualcuno prima o poi avrebbe parlato!»
Fury
scambiò uno sguardo perplesso con Coulson.
«Il Colonnello Rhodes
non vi ha informati?»
chiese
quest'ultimo.
«Di cosa?» lo incalzò Tony, sorpreso.
«Ho affidato a Rhodes il compito di coordinare e coprire
l'intervento di
un'unita medica della
SHIELD di assoluta fiducia. È stato portato in ospedale solo
dopo
che le avevano rimosso l'armatura e anche lì è
rimasto in
isolamento, sorvegliato dai nostri agenti... paparazzi a
parte,»
aggiunse
con stizza e con uno sguardo grato a Pepper, che era riuscita a
tenerli a bada egregiamente. «La notizia non era
trapelata,»
concluse con fermezza.
Tony lo fissò spiazzato: Rhodey non gli
aveva detto nulla del genere!
«Ma io non ne so assolutamente...»
"A meno che..."
Non completò la frase,
folgorato da un ricordo improvviso che aveva completamente rimosso:
lui che cacciava di casa l'amico dopo che l'aveva interrotto mentre
lavorava. Rhodey non aveva visto le protesi e non sapeva nulla della
sua situazione. Aveva semplicemente pensato che non volesse il suo
aiuto, ed evidentemente non aveva ritenuto opportuno informare
Pepper al riguardo.
"Dannazione."
Pepper era arrivata
alla stessa conclusione e sembrava, se possibile, ancor più
furente
di poco prima.
«Io credo che... abbia provato
ad
avvertirmi, ma mi ha sorpreso in un momento particolarmente delicato
e, insomma...»
si
sforzò di dire, sentendosi per una volta un vero idiota.
La sua profonda
autostima sprofondò di qualche tacca. Come se non bastasse,
sentiva che Pepper stava riuscendo nell'intento di incenerirlo con lo
sguardo, là dove Fury aveva fallito.
«Non gli hai dato retta:
l'avevamo intuito,»
commentò
Rogers pungente, rompendo il suo mutismo.
«Ehi, mi ha mandato in
fumo mezzo chilo di unobtanium: immagina qualcuno che butta in una
caldaia mazzette delle tue banconote, e avrai un'idea della
scena,»
sbottò
lui, piccato dal suo tono di condiscendenza. «E tutto
ciò non
sarebbe successo se le vostre direttive fossero state più
chiare!»
aggiunse.
«"Massima riservatezza", Stark, cosa c'è da
capire?»
lo
rimbeccò Steve, che sembrava essersi rianimato solo per
infastidirlo.
«Vi prego, non ricominciate,»
borbottò
Bruce, esasperato dall'ennesimo battibecco tra i due.
Hawkeye
mormorò un commento simile alzando gli occhi al cielo, poi
alzò la
voce:
«Potremmo arrivare al punto?»
«Giusto, Legolas!
"Potremmo arrivare al punto?" Sono ore che cerco di capire
qual è il punto!»
esplose
Tony, che si sentiva crollare di stanchezza e percepiva ogni goccia di
stress che si accumulava pericolosamente.
Non era un tipo
paziente e quella faccenda l'aveva esaurito nel profondo: ogni stilla
di tolleranza rimasta in lui era evaporata non appena aveva sentito
la voce di Rogers. Aveva voglia di spaccare qualcosa per la
frustrazione. Possibilmente la propria testa, così forse
avrebbe
smesso di pulsargli dolorosamente. O magari quella di Cap. La
birra non stava migliorando la situazione.
«Ho molte, troppe
faccende da sbrigare, quindi condensate tutto ciò che avete
ancora
da dirmi in mezzo minuto, prima che vi sbatta fuori di qui,»
riprese,
stavolta glaciale.
Scolò in un sorso l'ultimo goccio della
lattina, attendendo che qualcuno si decidesse a parlare.
«Molto
bene,»
concesse
Fury, a malapena padrone di sé. «Ricordi quando ti
abbiamo
detto, dopo la tua valutazione, che non eri psicologicamente
idoneo al progetto Vendicatori?»
«Oh, certo, come fosse ieri.
D'altra parte, ormai sono abituato ad essere definito "instabile".
Siete tutti piuttosto ripetitivi.» A
quel punto scoccò un'occhiata sbieca a Pepper, che la
sostenne
imperturbabile «Ma vedo che continuate comunque a far uso dei
miei "piccoli contributi", tipo portaerei volanti, Quinjet e padelle in
vibranio,» concluse con un cenno del
mento in direzione di Steve, per poi pentirsene nel
realizzare le
implicazioni.
«Howard ti ha detto...»
cominciò questi,
spiazzato, e Tony si rimediò un'occhiata ammonitrice da
parte di Coulson.
«Andiamo, pensi davvero che non sappia del
Progetto Rebirth? Mio padre mi ha ammorbato con la favoletta del
supersoldato per vent'anni. E poi giocavo con una copia del tuo frisbee
da guerra
quando
sapevo a malapena camminare. Faceva davvero una bella figura in
laboratorio... un po' meno in mano tua,»
osservò
con leggerezza, e vide il soldato stringere con forza la stoffa dei
pantaloni, la mascella rigida.
Fury sembrò non dar peso a quell'acido scambio di battute
e riprese impassibile il suo discorso.
«Stark, abbiamo deciso che
adesso non sei fisicamente
idoneo al progetto Vendicatori. Siamo qui per discutere della tua
esclusione definitiva dalla squadra.»
Tony ci mise un po' a
comprendere appieno quel che aveva appena detto Fury e un'espressione
neutra e assente aleggiò sul suo volto per una decina di
secondi,
durante i quali calò un pesante silenzio. Infine si
udì uno
sgradevole stridio metallico che ferì loro le orecchie: Tony
aveva
stretto con forza il pugno meccanico e deformato la lattina di birra
alle dimensioni di una pallina, imprimendovi il calco del suo
palmo.
Fece dei respiri profondi per contenere la
rabbia.
«Fisicamente
non
idoneo?»
ripetè,
con la testa china e la voce forzatamente calma che sembrava sul
punto di esplodere in un grido.
Lasciò cadere a terra il rottame,
che rimbalzò con un tintinnio eloquente.
«Ma certo... capisco
perfettamente. È bello vedere come ti diano già
per spacciato,»
commentò
con pesante sarcasmo, rialzando appena lo sguardo.
«Come pensi di riprendere il tuo ruolo conciato
così? Tanto
più che non sei mai stato davvero un Vendicatore,
Consulente,»
intervenne
duramente Steve.
Tony si voltò di scatto verso di lui, non trovando sul
momento le parole per ribattere, ma alla fine
parlò:
«Non ho assolutamente idea di come farò. Fatto sta
che
adesso sono qui, a sperimentare una tecnologia inedita che
apparentemente funziona a meraviglia,»
commentò,
facendo un sospiro profondo per calmarsi.
"Non peggiorare le
cose. Non. Peggiorare. Le cose," si ripetè come un mantra,
ma
riusciva a stento a pensare: controllarsi andava ben oltre le sue
possibilità.
Voleva solo uscire di lì, stendersi sul letto e
disconnettersi fino al giorno dopo. Coi computer funzionava, no? Si
riavviava il sistema e tutto tornava come nuovo. Perché non
poteva essere lo stesso anche per gli esseri umani? Non gli sembrava di
chiedere troppo, in confronto ai suoi ultimi desideri.
Sentì la
mano di Pepper che gli sfiorava discretamente il ginocchio, in un
chiaro invito a calmarsi, ma era stanco di sentirsi dire quello che
doveva e non doveva fare, come se non fosse già abbastanza
limitato
dal suo corpo. E chissà quante altre cose gli stavano
nascondendo... il solo pensiero gli spalancò un abisso nel
petto.
Si sentì in trappola, con le spalle al muro: stava per
essere tagliato
fuori, scartato dall'unica cosa giusta
che
avesse fatto in vita sua. Escluso da quella combriccola
sgangherata e instabile che in un certo senso aveva cominciato a
considerare come un gruppo di amici. Degli amici molto, molto
difficili da gestire, a volte detestabili e spesso insopportabili, ma
era meglio che essere completamente solo – o quasi
– nel suo
guscio.
Ripensò alle parole di Pepper: stava davvero diventando
paranoico? A lui quello sembrava cupo realismo.
«Su che basi
affermate che io non sia in grado di tornare a essere Iron
Man?»
riprese, in tono molto alto.
Magari Iron Man era distrutto. Ma era lui
Iron
Man, ed era ancora vivo. Perché si comportavano tutti come
se fosse
morto insieme a lui?
Forse lo era, realizzò con un
sussulto. Quei pensieri sconnessi continuarono a riproporsi nel suo
cervello, disorientandolo.
Thor e Bruce non parlavano, ma erano entrambi molto
accigliati, come se non fossero soddisfatti della piega che stava
prendendo la situazione. Pepper evitava il suo sguardo, ma
percepiva con disagio la sua preoccupazione.
«Stark, cerca di
ragionare: anche ammettendo che tu ce la faccia, ci vorrebbe troppo
tempo, e nel mentre...»
iniziò
Hawkeye, nel tono più pacato possibile, ma esitò
a completare la
frase.
Non che ce ne fosse bisogno: Tony sapeva cosa intendeva.
Lo capiva fin troppo bene e sentiva crescere la sua frustrazione di
minuto in minuto, sommata a una rabbia cieca e irragionevole,
perché
in fondo sapeva che avevano ragione... semplicemente troppa per
dargliela vinta.
Steve intervenne a completare le parole di
Barton:
«Saresti un peso per tutti noi. Non possiamo permetterci
di avere tra noi un "mezzo supereroe"...»
Tony
si
irrigidì nel presagire il resto della frase.
«... tantomeno un
"mezzo uomo".»
«Rogers.»
La
voce di Bruce si levò stranamente fredda, ma Tony lo
fermò con
un'occhiata eloquente prima che potesse aggiungere altro: non aveva
anche bisogno di qualcuno che parlasse al posto suo.
«Almeno io
mi sono costruito da solo; e non credere che l'abbia voluto
veramente. Non ho avuto bisogno di pregare qualcun altro per farmi
diventare "super". Vero, ragazzo di Brooklyn?»
ribattè
in tono basso e tagliente.
Steve contrasse la mascella, punto sul
vivo.
«Tony, calmati anche tu,»
intervenne
Banner. «Sappiamo tutti che per te è stata una
brutta giornata,
ma...»
continuò,
nel tentativo di stabilizzare il diverbio.
Non gli piacevano affatto
le situazioni tese e nervose.
«Brutta giornata?»
Tony
alzò le sopracciglia, falsamente stupito. «E
perché mai? Una
brutta giornata è quando ti svegli una mattina con due arti
e un
occhio in meno. Ecco, quella
è
una brutta giornata. Oggi, per i miei ultimi standard, è
stata una
giornata quasi piacevole.»
Il gelo pervase il gruppo, ammutolito
a quell'ultima affermazione.
«Propongo una votazione per decidere
la sorte dell'uomo di ferro,»
si
levò stentorea la voce di Thor, rimasto ad osservare i loro
battibecchi in un cupo silenzio.
Tutti gli sguardi si spostarono
su di lui, compreso quello di Tony, sorpreso nel trovare un
sostenitore in quel momento. Fury sembrava aspettarsi un'evenienza
simile, ma non protestò e si limitò ad annuire.
«Molto bene.
Manca all'appello Nataša, ma il suo voto era contrario alla
permanenza di Stark nei Vendicatori,»
annunciò
Fury, sfidando il diretto interessato a contestare
quell'affermazione.
Lui non commentò, ma era decisamente scettico
al riguardo, e anche un po' deluso.
«Signorina Potts, voti anche
lei,»
disse
a sorpresa Coulson, e la donna si guardò attorno, presa in
contropiede.
Negli occhi di Tony si riaccese una scintilla di
speranza.
«Non credo che sarebbe equo. Insomma, non sono un
Vendicatore.»
«Penso sinceramente che qui dentro sia lei la più
adatta a giudicare Stark,
intervenne
Coulson, annuendo nella sua direzione, e Pepper arrossì
appena
sentendosi ancor più fuori posto.
«"Contrario"
per far uscire Iron Man, "favorevole" per farlo rimanere,»
stabilì Fury. «Agente Barton?»
cominciò
subito Fury, voltandosi verso l'uomo.
Lui sembrò esitare un
attimo, non aspettandosi di essere il primo, poi fissò negli
occhi
Tony con un'ombra di colpevolezza e rispose:
«Contrario.»
Tony
se lo aspettava, ma fu comunque un duro colpo.
«Thor?»
«Neutrale.
Penso che dovrebbe almeno tentare di rimettersi l'armatura, anche se
dovesse fallire. Ha diritto a una possibilità,»
affermò
l'Asgardiano, con decisione.
Tony si sentì un po' più leggero e
Thor ricambiò il suo sorriso più rilassato con un
cenno del
capo.
«Capitano?»
«Contrario,»
rispose
lui quasi all'istante, in tono
secco.
"Prevedibile..."
«Bruce?»
«Favorevole.
Dopo aver visto questo,»
accennò
alla protesi, «sono assolutamente convinto che ce la possa
fare.»
Tony gli rivolse un gran sorriso, grato. Per ora erano
pari. Si morse il labbro in preda al nervosismo: mancavano solo
Fury, Coulson e Pepper; il voto di lei era scontato, così
come
quello di Fury... ma forse Coulson sarebbe stato dalla sua parte.
«Io
sono contrario,»
affermò
Fury, senza rammarico.
«Coulson?»
Artigliò il bracciolo
della poltrona. Pepper evitava il suo sguardo, così come
quello di
tutti gli altri.
«Neutrale. È troppo presto per
decidere,»
aggiunse con pacatezza.
Tony lasciò andare il respiro che non si
era accorto di aver trattenuto: salvo, per un pelo.
«Potts?»
Tony
si girò verso di lei e le rivolse un sorriso trionfante, ma
s'impietrì quando vide la sua espressione. Lo guardava quasi
sofferente. Combattuta.
«No...»
riuscì
solo a sussurrare. «Pepper, che cosa...»
Lei non distolse lo
sguardo, e mantenne una voce ferma:
«Sono contraria.»
Fu come
ricevere una pugnalata nella schiena.
«Contraria? Lei?!»
esclamò,
del tutto sbigottito da quella presa di posizione a lui
incomprensibile.
«Che cosa significa?»
chiese
ancora, in tono più duro.
«Significa che sono stanca di vederla
quasi morire. Non permetterò che per l'ennesima volta si
metta in
pericolo. Non dopo quello che le è successo.»
«Ehi! Non l'ho
deciso io! Pensa che mi stia divertendo?»
«E lei pensa che mi
sia divertita quando era prigioniero in Afghanistan? O quando si
è
quasi schiantato con l'armatura? O quando l'ho ritrovata in quelle
condizioni?»
sbottò
lei, a voce più alta del necessario.
Tony non capiva se fosse sul
punto di piangere o di prenderlo a schiaffi, ma si sentiva totalmente
svuotato, come se gli fosse venuto improvvisamente a mancare un punto
di riferimento. Era quasi stordito, ed era sicuro di aver capito
male, ma Pepper era seria, terribilmente seria... il suo sguardo non
lasciava adito a dubbi.
«E aveva il coraggio di darmi del
paranoico,»
sbottò
in un sibilo caustico.
«Non
ne
faccia una questione di fiducia,»
ribattè
lei, altrettanto alterata.
«Stavolta sono io a non
capire,»
affermò
lui di scatto, fissandola con uno sguardo così carico di
significato
che lei quasi trasalì.
«Non penso ci sia molto da capire...»
intervenne
Steve, nel momento meno indicato.
Tony percepì chiaramente la
sottile linea di autocontrollo che era riuscita ad arginare la sua
rabbia spezzarsi di netto, e non fece nulla per
recuperarla.
«Tu stanne fuori, o ti faccio il culo a stelle e strisce
come piace a te.»
«Dovresti starne fuori tu, o ti credi speciale solo perché hai una lampadina nel petto?»
«Smettetela,» abbaiò Fury.
«Smetterla? Perché smetterla quando abbiamo
appena iniziato? Vedo che la Bella Addormentata nei Ghiacci ha voglia
di discutere, o sbaglio?»
ricominciò
Tony.
«Senti, uomo-scatoletta...»
«Senti tu: quando sarai in
grado di costruirti quel tuo bel frisbee da solo potrai insultarmi,
nel frattempo dovresti baciarmi i piedi.»
«Dovrei baciarli a tuo
padre, intendi. Magari avresti dovuto farlo anche tu.»
«Rogers.»
«Si vergognerebbe di come ti stai comportando.»
«Rogers, un'altra parola su
mio padre e quello scudo te lo spacco in faccia.»
«Fallo,
Stark. Ciò non cambia che sei fuori dai giochi: hai
chiuso.»
Tony
a quel punto non ci vide più: balzò in piedi
d'istinto, animato da
una scarica improvvisa di rabbia e adrenalina, e si scagliò
su Steve
senza curarsi del gesso e del moncherino che gridò di
dolore. L'altro
si alzò con un secondo di ritardo, non aspettandosi una sua
reazione, e non riuscì ad evitare o a parare il
diretto
di Tony, o forse fu solo indeciso su come fermarlo senza causargli
troppi danni.
Tony non aveva mai usato la protesi a scopo offensivo, né
aveva mai pensato di farlo: sapeva
solo di avere una potenza fuori dal normale che era più
d'ostacolo che d'aiuto, ma non fino a quel punto.
Steve fu sbalzato indietro di un metro buono, incassando il colpo in
pieno viso; reagì d'istinto dandogli uno spintone
sullo sterno con entrambe le mani, e Tony finì catapultato
all'indietro, accasciandosi contro il divano con la sensazione che il
reattore gli
avesse trapassato il torace. I moncherini gli inviarono una scarica di
dolore insopportabile, e non trattenne un lamento acuto quando
impattò per terra.
Tutti i Vendicatori si alzarono
contemporaneamente per fermarli, mentre Tony si aggrappava ai cuscini
per tirarsi su, col respiro mozzo e la testa leggera per lo sforzo.
Vedeva dei preoccupanti puntini bluastri che gli danzavano
davanti agli occhi, confondendogli la vista già menomata.
Sentiva
Fury che urlava fuori di sé, scorgeva Thor che rimproverava
a gran voce
Rogers e altre immagini confuse che non riuscivano ad acquistare
senso. Banner era sparito e Hawkeye si era frapposto tra lui ancora a
terra e la baraonda circostante, tenendo sotto controllo la situazione.
Coulson si era parato davanti a Pepper, che si era accovacciata accanto
a lui e gli
stava dicendo qualcosa, ma Tony non la stava ascoltando.
L'unico
dettaglio nitido in quel marasma era Steve, sul cui zigomo spiccava
un taglio sanguinante lì dove l'aveva colpito con le nocche
metalliche. Lo fissava con risentimento, tastandosi la parte lesa, ma
si tenne indietro.
Tony, al contrario, sentiva solo una gran voglia di spaccargli anche
l'altra parte del viso, giusto per renderlo simmetrico. Non gli
importava che Rogers non avesse colpe rispetto a quello che gli era
successo, né che tentare un nuovo assalto sarebbe
probabilmente apparso come patetico: aveva bisogno di prendere a pugni
qualcuno, e al diavolo se quel qualcuno era il simbolo dell'America
risorto dai ghiacci. Scansò Pepper da sé e si
issò sul divano col braccio buono, afferrando la stampella
per acquisire un minimo di stabilità in più, per
poi avanzare barcollando verso quello che al momento aveva etichettato
come suo avversario.
Rogers non si lasciò impressionare e gli intimò
di stare indietro, ma le sue parole erano una cacofonia indecifrabile
di suoni, che gli feriva le
orecchie stordite assieme ai richiami di Pepper e dei suoi compagni di
squadra, che ignorò completamente.
Fu nell'esatto momento in cui caricò il pugno che la sua
gamba di
gesso cedette, ma se ne accorse quando già
aveva fatto
un passo in avanti per massacrarlo di botte. Sapeva di non avere
speranze, ma volle togliersi la soddisfazione: scagliò il
pugno
destro mentre già perdeva l'equilibrio, ma l'altro lo
parò senza
sforzo e lo respinse di nuovo indietro, torcendogli le dita con uno
stridore metallico, per poi
ripiegargli il braccio all'indietro come fosse di gomma. Era incredibilmente forte,
più di quanto si
fosse
aspettato, e la protesi non era ancora progettata per sostenere urti
di quel tipo: percepì il metallo cedere e non potè evitare un
grido quando la pressione aumentò
bruscamente
sul moncherino. Rogers mollò di scatto la presa con un lampo
indecifrabile negli occhi, forse non aspettandosi di fargli male anche
tramite quella parte inanimata di lui. A Tony mancò
l'appoggio
della gamba di gesso, ormai disarticolata, e piombò
all'indietro; Steve cercò di afferrarlo per il bavero per
evitargli la caduta, ma l'altro malinterpretò il gesto e si
divincolò, riuscendo a sfruttare la forza residua della
protesi per liberarsi dalla
sua stretta.
Impattò di
schianto col pavimento e sentì una scarica fulminante di
dolore
attraversargli la
spina dorsale, mentre la sua vista si oscurava di colpo. Lampi blu
esplodevano intorno a lui e c'era sangue, sangue sulle sua mani, sul
suo volto e per terra. Udì un boato lontano e poi un'ondata
ustionante di calore che lo sbalzava in aria... un dolore atroce
all'occhio lo riportò alla realtà con un urlo.
Riprese contatto
con ciò che lo circondava. Era completamente nel
pallone e la stanza ruotava su se stessa. Gli sembrava di
essere sott'acqua e sentiva un rombo nell'orecchio destro,
così
forte da dargli la nausea. Stava morendo dissanguato? Si
portò la
mano al moncherino della gamba, ma la fasciatura era asciutta, la
protesi del braccio al suo posto.
Un'allucinazione, un ricordo o
cosa?
L'aria gli tornò nei polmoni e trasse un respiro stentato
che si trasformò in un rantolo. Si era morso la lingua nella
colluttazione e aveva la bocca piena di
sangue;
diede un colpo di tosse gorgogliante, sentendosi rivoltare lo
stomaco. Si accorse del pesante silenzio che lo avvolgeva,
irreale, ma non riusciva ad alzare la testa che gli pulsava
dolorosamente. Si sforzò di girarsi sul fianco e
inquadrò
confusamente il suo salotto e i Vendicatori che discutevano
animatamente tra loro, con l'impressione di guardare le scene di un
film muto. Non sentiva nulla.
Tentò di rialzarsi facendo leva d'istinto sulla protesi, ma
questa cedette di schianto
sotto i suoi occhi orripilati, facendolo ripiombare a terra. Tutti
i suoi sensi si risvegliarono contemporaneamente, frastornandolo in
un caleidoscopio folle di suoni e immagini, in cui l'unica chiara e
nitida era quella della sua protesi devastata.
Qualcuno gli si
avvicinò, ma non riuscì a metterlo a fuoco
così lo allontanò
bruscamente, mentre fissava incredulo l'avambraccio che ciondolava
all'indietro, completamente disarticolato. Scorse di sfuggita Bruce
che si ritraeva di scatto.
«No! No, merda, no!»
gridò,
con voce roca, ferendosi la gola, incurante del dolore e di quanto
disperata suonasse la sua voce.
Tastò con la mano sana i cavi
recisi e il rivestimento graffiato e contorto.
«No! Tutto quel
lavoro...»
imprecò
tremante; non gli importava che tutti lo stessero fissando mentre
discutevano tra loro.
Tutto cò che riusciva a formulare era:
“Da
capo... devo ricominciare tutto da capo...”
Rialzò lo sguardo e
focalizzò Rogers con occhi lucidi di rabbia. Non riusciva a
trovare parole per comunicargli quanto realmente lo odiasse in quel
momento. Un altro pugno in faccia poteva essere molto più
esplicativo, ma al solo pensiero di provare a rialzarsi gli venne la
nausea. I suoi pensieri si annebbiarono come per un improvviso
blackout e si lasciò scivolare a terra privo di forze.
Udì
un'alta voce femminile che trovò estremamente piacevole
nonostante
quello che era appena successo e il tono irato con cui sembrava
parlare. Non riuscì a comprendere quel che diceva, ma dopo
pochi
secondi – o forse molti di più –
sentì che qualcuno lo aiutava
a rimettersi seduto contro il divano e gli passava un panno bagnato
sulla fronte. Non capiva esattamente dove fosse il pavimento e se
fosse veramente seduto, ma accolse con sollievo il freddo sulla
fronte bollente.
Riaprì piano gli occhi, dominando il senso di
vertigine.
Le poche facoltà mentali e fisiche che gli erano
rimaste gli permisero di scansare la mano liscia ed estremamente
invitante di Pepper, ma dopo pochi secondi sentì di nuovo il
contatto
della sua pelle fresca contro il proprio viso accaldato e non ebbe la
forza
di sottrarsi, preferendo abbandonarvisi contro.
Riusciva a
muoversi con estrema difficoltà e ciò gli costava
molto dolore.
Aveva un sapore ferrigno in bocca e si rese conto che lo spacco sul
labbro si era riaperto. Cercò gli occhi di Pepper e li
trovò
cupi e preoccupati, stranamente scuri nella penombra. Trattenne la
sua mano contro la sua guancia.
Voleva dimenticare tutto ciò che
era appena successo. Voleva solo fidarsi, ma la voragine nel suo
petto schiuse di nuovo le sue fauci minacciando di dilaniarlo.
"Mi
fido ancora di te."
Quelle parole non lasciarono le sue
labbra. Pepper liberò con delicatezza la mano, premendogli
di nuovo
la stoffa umida contro la fronte.
Il salotto era deserto, da quel
poco che riusciva a distinguere, poi scorse Coulson che si avvicinava
a Pepper e si chinava su di lei, sussurrandole qualcosa all'orecchio
che catturò immeditamente la sua attenzione, ma, nonostante
si
sforzasse di ascoltare, le parole si intrecciavano perdendo
significato, ordine, svanendo in un bisbiglio inudibile. La sua
coscienza riemerse dall'oblio quando fu raggiunta da una voce
ovattata:
«Tony... ma che diavolo stai facendo?»
Lui
socchiuse la palpebra, riuscì a spostare un poco il capo e
incontrò
gli occhi di Pepper, ma era come se li vedesse dietro a un velo.
«Non
lo so...»
mormorò
scuotendo debolmente la testa, e il mondo si trasformò di
nuovo in
un'immagine sfocata mentre si abbandonava all'incoscienza.
Revisione effettuata il 23/02/2018
Note delle Autrici:
Ed ecco sfornato un altro capitolo caldo caldo, diciamo anche che si è bruciato (basta con questa metafora stupida...)
Vi intratteniamo poco e ci dileguiamo, ringraziando alliearthur e Rogue92 che continuano a seguirci costantemente e a recensire e alla nuova arrivata Sherlock_Watson <3
See ya! :D
Moon&Light
Edit 23/02/2018: è stato inserito il tema/problematica della sfiducia di Tony (come se non avesse già abbastanza grane a cui pensare) perché mi sembrava un "tassello mancante" o almeno non debitamente sviluppato che ritengo fondamentale per tutti gli sviluppi successivi della storia. [-Light-]
Edit 12/05/2019: mi veniva l'orticaria ogni volta che rileggevo questo capitolo per la caratterizzazione di Steve (che, come giustamente, mi fece notare T612 ai tempi, è un filino OOC), quindi ho deciso di "barare" e decidermi a modificare la parte dello scontro con Tony. Verbalmente rimane più stronzo di quanto non sia (ho eliminato le volgarità, a mia discolpa il capitolo fu scritto molto prima del famoso "Language!" di AoU), ma almeno non è più un bruto che picchia a caso la gente. Quello lo fa solo in Civil War *BURN*
Grazie a Sherlock_Watson che ha gentilmente disegnato questa vignetta :) trovate il suo DA qua-> http://giulialennon94.deviantart.com/
© Marvel