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Autore: ___MoonLight    05/05/2012    8 recensioni
«Tu sei riuscito a creare qualcosa di buono, non solo per te stesso. Qualcosa in cui credi.»
Tony gli riservò solo un ostinato silenzio, al che Bruce esitò.
«Ci credi ancora, vero?»
«Che importanza ha? Ho mandato tutto in fumo,» replicò piattamente lui.
«Sei già rinato dalle ceneri, Tony. Davvero non puoi farlo ancora?»

L'Afghanistan ha segnato Tony e gli ha donato l'opportunità di cambiare in meglio la sua vita. Ma il destino ha tutte le intenzioni di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote, e l'immagine corazzata che si è costruito e dietro la quale tenta di riparare i torti commessi e quelli subiti non è più abbastanza per proteggerlo. Cosa succede quando l'uomo diventa davvero di ferro, anche senza armatura?
[Storia completa e revisionata]
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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11

Sinking




"Tension is building inside steadily
Heavy thoughts forcing their way out of me
Trying not to break but I'm so tired of this deceit
Every time I try to make myself get back upon my feet"

[From The Inside – Linkin Park]


4 Marzo, 23:30, Villa Stark
La voce di Pepper squillava penetrante nelle sue orecchie, accentuando il suo forte mal di testa. Ci fu una pausa nella sfilza serrata di parole che gli bombardavano il cervello e per un momento pensò che avesse finito e che potesse finalmente godere di un attimo di silenzio. Poi la donna riprese, con più foga di prima ma a un volume paradossalmente pacato:
«Lei non capisce il problema.»
«Non capisco? Con che coraggio afferma che non capisco?»
ribatté lui, decidendosi finalmente a risponderle.
«Tony, si rende conto che non ha seguito
una virgola di quanto avevamo stabilito e ha fatto di testa sua? Come sempre.»
La sua accusa cadde nel vuoto. Lui sprofondò nuovamente nel suo silenzio burrascoso e lei fece altrettanto, camminandogli accanto a passi nervosi mentre lui zoppicava lentamente sul patio antistante l'ingresso. Il ticchettio dei suoi tacchi era quasi tonante nel silenzio del giardino e dava un'idea di quanto fosse irata la donna che li indossava. Era sicuro che la sua testa si gonfiasse sempre più ad ogni passo che raggiungeva i suoi timpani; anche i moncherini non gli davano tregua. Maledisse il momento in cui aveva rifiutato la sedia a rotelle appena sceso dalla macchina, ma piuttosto che chiederla adesso si sarebbe fatto amputare anche l'altra gamba.
Si poggiò un po' sulle stampelle, un po' sul gesso che iniziava a cedere, e premette il pollice sinistro sul touch-screen dell'ingresso per aprire la porta. Accolse lo scatto della serratura con sollievo, impaziente di rientrare finalmente a casa. Entrò nell'atrio inspirando l'aria conosciuta, così accogliente dopo quella stantia del tribunale. Pepper fremeva subito dietro di lui, ed era sicuro che stesse facendo del suo meglio per mantenere un contegno. Ora che ci pensava, trovava irritante che lei riuscisse a rimanere così calma. Non sentiva il bisogno di prendersela con qualcuno? Con lui, per l'esattezza.
Poteva farlo, quindi perché diavolo aveva smesso di rimproverarlo? Almeno lei aveva qualcuno con cui prendersela... lui chi aveva?
Se stesso? Stane?
"Quel maledetto bastardo..."
Chiuse la porta sbattendola e Pepper sobbalzò.
«Dovete piantarla di decidere al posto mio,»
sillabò poi sforzandosi di non alzare la voce, anche se la sentiva sul punto di impennarsi ad ogni parola.
«Siamo tutti preoccupati per lei e stiamo cercando di aiutarla, lo vuole capire?»

Tony voltò un poco la testa, rivolgendole il suo lato cieco per non farle notare che aveva chiuso l'occhio, disorientato da un'inaspettata ondata di dolore che gli aveva attraversato i moncherini e scosso la spina dorsale.
«E mi ascolti quando parlo!»
a questo punto fu Pepper a superare la soglia di decibel che le sue orecchie potevano ancora sopportare.
«Mi sembra difficile non ascoltarla, dato che sta urlando!»
esplose, girandosi di scatto verso di lei e ritrovandosi a gridare a sua volta.
Lei si fermò allibita: non l'aveva mai sentito alzare la voce, tantomeno con lei.
Dopo qualche secondo di silenzio li accolse la voce compassata di JARVIS:
«Signore, ci sono...»
«Muto!»
ringhiò Tony, già abbastanza infastidito dalla ramanzina di Pepper.
«È andato tutto...»
ricominciò lei, affranta, stavolta faticando a mantenere la calma.
«... a puttane? Ha perfettamente ragione, da cosa l'avrà mai dedotto, Potts?»
«Non ne parli come se fosse colpa mia!»
s'infiammò lei. «È stato lei a voler per forza andare al processo con la protesi incompleta! Sapeva che qualcosa poteva andare storto e ha comunque...»
«Le dico io cos'è andato storto: quel dannato procuratore è andato storto; lui e il Senatore! Mi hanno fatto infuriare, se proprio lo vuole sapere! Avrebbero potuto...»
«Non ha neanche lontanamente pensato che il loro scopo fosse proprio quello di istigarla?»
lo interruppe Pepper, gli occhi ridotti a due fessure.
Tony la fissò con improvvisa consapevolezza, ma non avrebbe mai, mai ammesso di aver sbagliato...
«L'accusa punta sul fatto della sua presunta instabilità, e lei gliene ha dato una prova lampante!»
«Ah, quindi adesso sarei
instabile
«Non rigiri come vuole quel che dico! Non è instabile, ma è apparso come tale!»
sbottò esasperata Pepper.
Tony voltò di nuovo la testa, inspirando piano e scosso da una nuova fitta. Prima che Pepper potesse accorgersene tornò alla carica, sentendo le parole che uscivano come bile dalla sua bocca:
«Se davvero pensate che non sia instabile, perché mi avete nascosto quel video?»

Vide Pepper trasalire nella penombra del salotto.
«Abbiamo pensato di evitarle...»

«Cosa? Altro stress?»
completò lui, ironico, accennando a se stesso con fare eloquente. «Mi avete mentito,» stabilì infine, tagliente.
«Sta esagerando, non mi sembra un questione così...»

«Potts, maledizione!
Davvero non capisce?» proruppe Tony, di nuovo ad alta voce e sentendosi caldo in viso.
Pepper ammutolì, sorpresa dall'improvvisa, pura rabbia che trasudava la sua voce.
«Stane mi ha mentito e
tradito! Mi ha ingannato per venti cazzo di anni con un sorriso sulla faccia e poi mi ha venduto ai miei carnefici!» gridò con quanto fiato aveva in gola. «E io mi sono fidato di lui!» riprese fiato, sentendosi bruciare non solo in viso, ma dentro, nel profondo, in un punto indefinito accanto al reattore.
Pepper lo fissava allibita, forse anche offesa da quelle sue affermazioni, ma non gli importava. Era stanco di essere manipolato e tenuto all'oscuro di tutto ciò che non fosse ritenuto "su misura" per lui.
«Noi non faremmo mai nulla del genere,»
replicò in tono piatto, quasi distaccato.
«Come faccio ad esserne sicuro? Oggi è un video, domani cosa sarà?»

«Lei è ridicolo! Come può anche solo pensare che
io possa tradirla?» Pepper alzò di nuovo la voce e Tony volle pensare che i suoi occhi lucidi fossero solo un riflesso della luce fioca.
«Se lo penso evidentemente ho i miei motivi!»

«Allora continui a pensarlo! Mi sembra un ottimo momento per diventare paranoico!»
la voce di Pepper virò sullo stridulo.
Si interruppe, quasi affannata. Si chiese quando fosse stata l'ultima volta che avevano litigato a quel modo.
Mai, ora che ci pensava; non l'aveva mai visto perdere il controllo. E mai,
mai avrebbe pensato di sentirgli dire che non si fidava di lei. Era come ricevere una stoccata al cuore.
Erano ancora nell'atrio, fronteggiandosi furiosi, e stavano gridando decisamente troppo. Era una fortuna che la villa fosse così isolata dal mondo.
Lui scosse la testa e fece per dire qualcos'altro per contrastare la sua ultima affermazione, ma si bloccò con un verso esasperato. Si diresse invece in cucina, dove prese con non poca difficoltà una lattina di birra dal frigo, facendo del suo meglio per non cadere. Pepper lo fissò ancor più furente:
«Bere non...»
«... risolverà nulla, lo so! La pianti, Potts, sono due mesi che bevo solo acqua e clorofilla. Non voglio diventare Howard II: mi bastano i miei problemi, se non se ne fosse accorta,»
la interruppe pungente.
Bevve con sollievo un sorso dell'alcolico.
«È anche colpa di Kyle,»
disse dopo una pausa, liberando anche quell'ultimo bolo di risentimento.
Pepper era convinta di non poterlo sopportare un secondo di più.
«Di Kyle? Perché secondo lei non è stato all'altezza, ovviamente.»

«No, perché l'ha appoggiata nella sua decisione di trattarmi come un bambino,»
ribatté lui con stizza.
«Forse perché ha bisogno di essere trattato così. Ha tentato per tutto il processo di salvare il salvabile a causa sua, nel caso non se ne fosse accorto,»
lo rimbeccò lei, gelida. «Giocare a scaricabarile non aiuterà nessuno, quindi per una volta in vita sua ammetta semplicemente di aver sbagliato.»
«L'ho già fatto "una volta"! Ho ammesso di aver ucciso migliaia di persone per denaro e mi sembra di aver cercato di rimediare! Non mi pare invece che questo fatto sia stato gradito dal resto del mondo, visto come sono ridotto!»
si costrinse a bere un altro sorso per mascherare la vena di disperazione che si era intromessa nella sua voce. «Questa è un'altra faccenda: io ho ragione e loro stanno cercando di mettermi dalla parte del torto. E probabilmente ora tenteranno anche di sequestrarmi la protesi...»
«Non è una faccenda ridotta al suo piccolo: se le Stark Industries dovessero mai cambiare proprieterio interesserà tutti, perché è ovvio che ricominceranno a produrre armi per l'esercito! Ma immagino che non ci avesse pensato.»
Tony incassò il colpo, dirigendosi zoppicando in salotto, con la lattina tenuta precariamente con la sinistra mentre manovrava le stampelle.
«Almeno la smetta di assillarmi con la faccenda di Iron Man. Era più che ovvio che fossi io e negarlo avrebbe solo peggiorato la situazione. E poi a loro interessa solo la tecnologia dell'armatura, non Iron Man in sé. A chi importa di Iron Man?»
«A noi, per esempio,»
rispose una voce profonda dal buio del salotto.
Tony e Pepper si immobilizzarono, come pietrificati. D'istinto lui impugnò un po' più saldamente una stampella, come se potesse usarla come arma. La TV a parete era accesa, ora che lo notava, e trasmetteva in silenzioso una replica del suo processo in differita; una sagoma scura si stagliava nel flebile cono di luce che proiettava. Gli sembrava di conoscere quella voce.
«Chi c'è?»
intimò, sul chivalà.
«Non si preoccupi, Stark. Solo vecchi amici,»
emerse un'altra voce, più compassata della prima e decisamente familiare.
La sagoma si mosse.
«Luce,»
borbottò Tony.
Non era assolutamente preparato a quello che vide: il suo salotto sembrava diventato il quartier generale dei Vendicatori.
Thor era beatamente abbandonato sulla sua poltrona e sorseggiava tranquillo una bottiglia di whiskey stravecchio, avvolto come sempre nelle sue vesti asgardiane, con Mjolnir che pendeva dalla cintura. Steve sedeva più composto su un'estremità del divano semicircolare che occupava il centro della stanza; era in abiti civili e si guardava intorno con fare nervoso, come se si sentisse disarmato senza il suo scudo. Bruce aveva occupato l'altra estremità del divano e sembrava intento ad esaminare un componente delle protesi rimasto abbandonato sul tavolo. Hawkeye se ne stava in disparte vicino alla vetrata, in tenuta da combattimento; a giudicare dal volto tirato ed escoriato sembrava appena rientrato da una missione. Fury era in piedi accanto alla tv, vicino a Coulson semicelato nell'ombra. Mancava solo Nataša.
Tony ci mise un po' a riprendersi dallo stupore e stentò a fatica un saluto malfermo. Scambiò un'occhiata con Pepper e lesse sul suo volto lo stesso sconcerto. Si frappose tra lei e i suoi ospiti inattesi in un gesto istintivamente protettivo: era la prima volta che si trovava faccia a faccia coi suoi "colleghi" e il fatto che potesse essere suo malgrado coinvolta in prima persona nelle loro questioni tutt'altro che ordinarie lo impensieriva.
«Ottima performance, i miei complimenti,»
commentò Fury, indicando col pollice lo schermo dietro di sé, dove si vedeva Tony che rispondeva con un'espressione stizzita a una qualche domanda di Knight.
«JARVIS, ti si sono fusi i sistemi di sicurezza? Perché diavolo sono riusciti a entrare?»
articolò invece Tony, di nuovo in sé e decisamente seccato dall'intrusione.
Cercava di ignorare lo schermo, mentre Pepper lo guardava storto.
«Il dottor Banner ha minacciato di radere al suolo la casa se non li avessi fatti entrare,»
rispose l'intelligenza artificiale, con logica inattaccabile, e Bruce approntò un sorrisetto di scuse.
Tony ondeggiò appena nella posizione di precario equilibrio in cui si trovava. Aveva la terribile consapevolezza di quanto fossero evidenti la mano mancante, il gesso della gamba, la benda che gli copriva il volto...
Non poté evitare che una vampata di bollente disagio gli salisse alle guance.
«Capisco... posso sapere cosa ci fate qui?»
chiese in tono tutt'altro che conciliante.
«Mi sembrava chiaro, Stark,»
intervenne Coulson, arcuando le sopracciglia e accennando col capo alla TV.
«Va bene, va bene, ho capito: altra predica in arrivo. Ma... vi siete presentati qui senza preavviso, e questo mi irrita. Perciò aspetterete finchè non sbrigherò le mie faccende,»
chiarì subito, lasciando trapelare tutto il suo fastidio.
Steve fece una smorfia a quell'annuncio, ma non commentò, assumendo un'aria di superiorità che esprimeva fastidio per tutto ciò che lo circondava, incluso il suo proprietario.
«Dove va?»
chiese Tony subito dopo, rivolto a Pepper che stava per allontanarsi dal salotto.
«Lei si scusa con loro,»
accennò ai Vendicatori, «e io mi scuso con Kyle, visto il modo vergognoso in cui l'ha trattato,» concluse tagliente, mostrando il cellulare.
Tony intuì subito a cosa si riferisse, ma non rispose.
«E cerco un modo per placare il caos in cui verseranno le Stark Industries in questo momento. Sempre che le interessi, ovviamente,»
aggiunse.
Pepper si dileguò nell'altra stanza, lasciando dietro di sé un'aura di tensione. Tony sapeva di avere gli occhi di tutti puntati addosso, e questo per una volta non gli piaceva affatto.
«Fantastico. Davvero fantastico,» borbottò tra sé, spostando le stampelle per equilibrarsi meglio senza farsi cadere la birra di mano.
Almeno la gamba ingessata gli garantiva un po' più di stabilità. Doveva assolutamente riparare la mano della protesi, anche perché i Vendicatori fissavano con malcelato interesse la manica vuota della giacca.
«Ehi, tranquilli. Non sto per cadere a pezzi di nuovo,»
li rassicurò, tentando di rompere la tensione.
Tentativo vano.
«Seriamente: mi sta andando in cancrena il braccio sano, quindi qualcuno mi faccia posto...
adesso disse allora con un tono più autoritario, fissando con eloquenza Thor che occupava la sua poltrona.
Dopotutto era in casa propria.
Lui capì l'antifona e saltò in piedi, mollando il whiskey. Tony si sedette di peso con immenso sollievo e una vaga soddisfazione per aver appena fatto alzare il didietro di un semidio e principe asgardiano con tanta celerità. Non trattenne un sospiro liberatorio quando la pressione del gesso finalmente sparì dal moncherino inferiore: poteva anche essere comodo per spostarsi, ma era decisamente pesante e gli irritava la piaga, senza contare che aveva anche tre o quattro chili di protesi al braccio. Avrebbe davvero dovuto alleggerirla...
Poggiò la lattina sul portabevande della poltrona e spostò la sua attenzione alla sua gamba, o il poco che ne era rimasto. Controllò la fasciatura nel modo più discreto possibile, trovandola pulita e asciutta. Almeno quell'incombenza poteva aspettare. Lasciò ricadere il bordo del pantalone arrotolato a coprirla, consapevole degli sguardi che cercavano di dissimulare il loro interesse.
«Mentre discuteremo amabilmente, io cercherò di riparare questo rottame... ma vi presterò tutta l'attenzione necessaria,
» annunciò ironico, cavando dalla tasca della giacca la mano metallica inerte.
Udì distintamente il sospiro di Fury e un commento che non comprese da parte di Hawkeye, ma nessuno si arrischiò a interrompere i suoi traffici.
«Bruce? Ti dispiace? Quello è importante,»
lo richiamò allarmato, indicando il componente meccanico con cui aveva continuato a giocherellare distratto; lui si affrettò a riporlo sul tavolo.
Tony afferrò a colpo sicuro un cacciavite sepolto tra i cuscini della poltrona e iniziò ad armeggiare con la protesi, insensibile al silenzio imbarazzante che era calato nella stanza.
«Signore, l'effetto dei suoi antidolorifici sta...»
iniziò a gracchiare JARVIS, come sempre al momento meno opportuno.
Era
veramente arrivato il momento di installare un chip avanzato di buonsenso a quel supercomputer.
«Muto. Prova a spacciarmeli ancora nel caffè e ti disabilito la facoltà decisionale,»
lo troncò seccamente Tony, ancora infastidito da quel fatto.
Anche se forse, in quel momento, qualche pasticca non gli avrebbe fatto male... anzi. Si costrinse a ignorare il bruciore ai moncherini. Riuscì finalmente a riagganciare la mano alla struttura portante in modo molto rudimentale: se muoveva l'indice rispondeva il pollice, l'anulare corrispondeva al medio e così via, ma abituandosi a questo schema riusciva a controllarla abbastanza bene, anche se non a ruotare del tutto il polso, e i movimenti erano comunque abbastanza deboli e goffi. Sarebbe bastato, per quella sera.
«Allora? Avete intenzione di abusare della mia limitata pazienza ancora per molto?»
sbottò infine, stringendo il pugno e sciogliendosi l'articolazione meccanica con un cigolio sotto gli sguardi evidentemente colpiti degli altri.
«Tony Stark, non siamo venuti fin qui solo per rimproverarti; molti sono qui anche per accertarsi delle tue condizioni di salute,»
esordì Thor, con voce profonda e il suo solito fare un po' all'antica.
«Posso immaginare chi non sia incluso nei "molti",»
concluse Tony scoccando un'occhiata astiosa a Steve, che si accigliò senza però contraddirlo.
«Non ci aspettavamo questo. Nessuno di noi poteva immaginarlo. Fino a questa sera ne eravamo all'oscuro.»
 
Thor accennò alla protesi e al processo che continuava a scorrere sulla parete-TV. Guardò di sfuggita anche Fury, con una nota di risentimento, e fu chiaro di chi fosse stata la decisione di tenerli all'oscuro.
«Non sono l'unico a cui viene riservato un trattamento speciale per le informazioni, allora... che sollievo. Il vostro stupore è perfettamente comprensibile: non è una cosa che si vede tutti i giorni, immagino... cielo, avevo davvero quella faccia quando mi è caduta la mano?»
commentò poi, vedendosi sullo schermo con il braccio teso e la mano a terra, un'espressione allibita sul viso.
I successivi fotogrammi mostravano l'aula in uno stato di agitazione totale.
«Già, davvero. Pessimo modo per salvare la situazione, per inciso,»
intervenne Fury, fremendo.
Non l'aveva mai visto così irato; sembrava trattenersi a stento dall'ordinare che lo facessero fuori, ma Tony sperò che fosse solo una sua impressione. Bevve un altro sorso di birra come a scongiurare il pericolo e riportò lo sguardo allo schermo: vide se stesso che usciva dal tribunale attorniato dai giornalisti, incapacitato ad evitarli per via della sedia a rotelle, e notò la propria espressione a metà tra la furia e il panico. Non osò immaginare i commenti che potevano aver fatto su di lui, viste le cose irripetibili che si era lasciato sfuggire in preda alla rabbia...
«Ok, basta con questo teatrino.
Off ordinò, non potendosi sopportare un momento di più, e la TV si spense all'istante con un sibilo.
Avrebbe voluto spegnere anche i suoi inattesi ospiti, se solo avesse potuto.
«Per farla breve, caro "Iron Man", la ramanzina della signorina Potts non è ancora finita,»
annunciò Coulson, che non aveva perso la sua sottile vena di giovialità.
«Oh. Avete sentito...»
commentò Tony, adesso decisamente imbarazzato. «Beh, eravamo tutti e due piuttosto nervosi, ecco, ma le cose sono perfettamente sotto controllo,» svagò, liquidando la questione con nonchalance, di sicuro molta più di quanta ne provava in merito al fatto.
Fury continuava a squadrarlo da capo a piedi col suo unico occhio, e per una volta Tony fu in grado di sostenere il suo sguardo: stavolta sapeva dove guardare. Era terribilmente fastidioso essere fissati nell'occhio cieco. In quel momento rientrò proprio Pepper, scura in volto.
«Detesto interrompervi, ma...»
«Non ha ancora interrotto nulla, Pepper, parli pure liberamente,»
la anticipò Tony, vedendola come una provvidenziale ancora di salvezza per ritardare quell'imbarazzante discussione.
Fury fece un rassegnato cenno d'assenso, invitandola a continuare. Pepper sembrava decisamente a disagio, ma parlò con voce ferma:
«Kyle ha espressamente detto che, se farà un'altra “performance” del genere, abbandonerà il caso senza rimpianti. E pretenderà comunque il suo compenso,»
annunciò, mortalmente seria.
Tony sospirò, tamburellò distratto sul reattore sotto la camicia e infine annuì appena.
«Mi sembra onesto,»
concesse, senza troppo entusiasmo.
«E domani dovrò prendere parte a una riunione gestionale straordinaria alle Stark Industries al posto suo. Mi serve la sua delega.»

«Firmo tutto ciò che vuole, a patto che impedisca a quegli squali del consiglio d'amministrazione di firmare ordinanze restrittive,» borbottò lui, massaggiandosi la fronte esasperato.
«Farò il possibile,
» replicò lei, in un tono che sottintendeva che non vi fosse comunque molto da fare. «È tutto. Io non mi sento in alcun modo “super”, quindi credo che...» iniziò, facendo per andarsene, ma fu interrotta da Tony:
«No, rimanga, la prego. Abbiamo bisogno di qualche quota rosa, visto che manca Nataša,»
disse in tono falsamente brioso e appellandosi alla prima motivazione che gli venne in mente.
Si sentiva visibilmente circondato e sotto attacco e una spalla amica gli avrebbe fatto comodo, nonostante il diverbio di poco prima.
Al pensierò si ritrovò ad accigliarsi, sentendosi anche profondamente in colpa nel coinvolgerla nelle proprie faccende "super" andando contro ai suoi iniziali buoni propositi. Pepper ebbe la netta impressione che il suo gesto fosse volto anche a irritare Fury, e fissò quasi implorante quest'ultimo.
«Va bene. Rimanga, Potts,»
concesse lui, distruggendo le sue speranze di defilarsi all'istante.
Si sedette accanto a Bruce, dal lato di Tony ancora sprofondato nella poltrona, sentendosi terribilmente osservata.
«Non mi guardi così; non divento così facilmente un mostro verde rabbioso,»
la tranquillizzò subito Bruce con ironia, e lei annuì con una punta di nervosismo.
Lanciò una breve occhiata a Phil, cercando un minimo di supporto morale, e l'agente Coulson ricambiò il suo sguardo con un sorriso flemmatico ma rassicurante.
Ci fu un momento di silenzio, durante il quale i Vendicatori si guardarono l'un l'altro, aspettando che Fury cominciasse a parlare. Lui sembrò volersi assicurare che non ci sarebbero state ulteriori interruzioni, poi cominciò:
«Ottimo. Se abbiamo finito con i convenevoli, arriverò dritto al punto,
» esordì stentoreo, facendosi avanti fino a portarsi esattamente davanti a Tony. «Stark, devi piantarla di agire di testa tua. Non è la prima volta che lo fai e questo tuo atteggiamento mi ha sempre molto irritato. E sai che non è il caso farmi irritare. Ti avevo già avvertito riguardo alla faccenda dell'identità segreta: doveva rimanere tale. E naturalmente tu hai ignorato di nuovo i miei ordini.»
Tony ebbe la netta sensazione di star ascoltando una delle filippiche di suo padre riguardo al suo scarso senso di responsabilità, ai suoi mille difetti, al suo caratteraccio, al suo essere irrecuperabile...
bla bla bla. Scollegò il cervello per i successivi minuti della predica e poi, approfittando di una pausa nel discorso, intervenne con decisione:
«Voi non vi siete esattamente prodigati per "tutelarmi", se è per questo. L'ho già ripetuto mille volte alla qui presente signorina Potts: era lampante che io fossi Iron Man... insomma, mi hanno ritrovato con l'armatura addosso, qualcuno prima o poi avrebbe parlato!»
Fury scambiò uno sguardo perplesso con Coulson.
«Il Colonnello Rhodes non vi ha informati?»
chiese quest'ultimo.
«Di cosa?» lo incalzò Tony, sorpreso.
«Ho affidato a Rhodes il compito di coordinare e coprire l'intervento di un'unita medica della SHIELD di assoluta fiducia. È stato portato in ospedale solo dopo che le avevano rimosso l'armatura e anche lì è rimasto in isolamento, sorvegliato dai nostri agenti... paparazzi a parte,»
aggiunse con stizza e con uno sguardo grato a Pepper, che era riuscita a tenerli a bada egregiamente. «La notizia non era trapelata,» concluse con fermezza.
Tony lo fissò spiazzato: Rhodey non gli aveva detto nulla del genere!
«Ma io non ne so assolutamente...»
"A meno che..."
Non completò la frase, folgorato da un ricordo improvviso che aveva completamente rimosso: lui che cacciava di casa l'amico dopo che l'aveva interrotto mentre lavorava. Rhodey non aveva visto le protesi e non sapeva nulla della sua situazione. Aveva semplicemente pensato che non volesse il suo aiuto, ed evidentemente non aveva ritenuto opportuno informare Pepper al riguardo.
"Dannazione."
Pepper era arrivata alla stessa conclusione e sembrava, se possibile, ancor più furente di poco prima.
«Io credo che... abbia
provato ad avvertirmi, ma mi ha sorpreso in un momento particolarmente delicato e, insomma...» si sforzò di dire, sentendosi per una volta un vero idiota.
La sua profonda autostima sprofondò di qualche tacca. Come se non bastasse, sentiva che Pepper stava riuscendo nell'intento di incenerirlo con lo sguardo, là dove Fury aveva fallito.
«Non gli hai dato retta: l'avevamo intuito,»
commentò Rogers pungente, rompendo il suo mutismo.
«Ehi, mi ha mandato in fumo mezzo chilo di unobtanium: immagina qualcuno che butta in una caldaia mazzette delle tue banconote, e avrai un'idea della scena,»
sbottò lui, piccato dal suo tono di condiscendenza. «E tutto ciò non sarebbe successo se le vostre direttive fossero state più chiare!» aggiunse.
«"Massima riservatezza", Stark, cosa c'è da capire?»
lo rimbeccò Steve, che sembrava essersi rianimato solo per infastidirlo.
«Vi prego, non ricominciate,»
borbottò Bruce, esasperato dall'ennesimo battibecco tra i due.
Hawkeye mormorò un commento simile alzando gli occhi al cielo, poi alzò la voce:
«Potremmo arrivare al punto?»
«Giusto, Legolas! "Potremmo arrivare al punto?" Sono ore che cerco di capire qual è il punto!»
esplose Tony, che si sentiva crollare di stanchezza e percepiva ogni goccia di stress che si accumulava pericolosamente.
Non era un tipo paziente e quella faccenda l'aveva esaurito nel profondo: ogni stilla di tolleranza rimasta in lui era evaporata non appena aveva sentito la voce di Rogers. Aveva voglia di spaccare qualcosa per la frustrazione. Possibilmente la propria testa, così forse avrebbe smesso di pulsargli dolorosamente. O magari quella di Cap. La birra non stava migliorando la situazione.
«Ho molte, troppe faccende da sbrigare, quindi condensate tutto ciò che avete ancora da dirmi in mezzo minuto, prima che vi sbatta fuori di qui,»
riprese, stavolta glaciale.
Scolò in un sorso l'ultimo goccio della lattina, attendendo che qualcuno si decidesse a parlare.
«Molto bene,»
concesse Fury, a malapena padrone di sé. «Ricordi quando ti abbiamo detto, dopo la tua valutazione, che non eri psicologicamente idoneo al progetto Vendicatori?»
«Oh, certo, come fosse ieri. D'altra parte, ormai sono abituato ad essere definito "instabile". Siete tutti piuttosto ripetitivi.»
A quel punto scoccò un'occhiata sbieca a Pepper, che la sostenne imperturbabile «Ma vedo che continuate comunque a far uso dei miei "piccoli contributi", tipo portaerei volanti, Quinjet e padelle in vibranio,» concluse con un cenno del mento in direzione di Steve, per poi pentirsene nel realizzare le implicazioni.
«Howard ti ha detto...»
cominciò questi, spiazzato, e Tony si rimediò un'occhiata ammonitrice da parte di Coulson.
«Andiamo, pensi davvero che non sappia del Progetto Rebirth? Mio padre mi ha ammorbato con la favoletta del supersoldato per vent'anni. E poi giocavo con una copia del tuo frisbee da guerra quando sapevo a malapena camminare. Faceva davvero una bella figura in laboratorio... un po' meno in mano tua,»
osservò con leggerezza, e vide il soldato stringere con forza la stoffa dei pantaloni, la mascella rigida.
Fury sembrò non dar peso a quell'acido scambio di battute e riprese impassibile il suo discorso.
«Stark, abbiamo deciso che adesso non sei
fisicamente idoneo al progetto Vendicatori. Siamo qui per discutere della tua esclusione definitiva dalla squadra.»
Tony ci mise un po' a comprendere appieno quel che aveva appena detto Fury e un'espressione neutra e assente aleggiò sul suo volto per una decina di secondi, durante i quali calò un pesante silenzio. Infine si udì uno sgradevole stridio metallico che ferì loro le orecchie: Tony aveva stretto con forza il pugno meccanico e deformato la lattina di birra alle dimensioni di una pallina, imprimendovi il calco del suo palmo.
Fece dei respiri profondi per contenere la rabbia.
«
Fisicamente non idoneo?» ripetè, con la testa china e la voce forzatamente calma che sembrava sul punto di esplodere in un grido.
Lasciò cadere a terra il rottame, che rimbalzò con un tintinnio eloquente.
«Ma certo... capisco perfettamente. È bello vedere come ti diano già per spacciato,»
commentò con pesante sarcasmo, rialzando appena lo sguardo.
«Come pensi di riprendere il tuo ruolo conciato così? Tanto più che non sei mai stato davvero un Vendicatore,
Consulente intervenne duramente Steve.
Tony si voltò di scatto verso di lui, non trovando sul momento le parole per ribattere, ma alla fine parlò:
«Non ho assolutamente idea di come farò. Fatto sta che adesso sono qui, a sperimentare una tecnologia inedita che apparentemente funziona a meraviglia,»
commentò, facendo un sospiro profondo per calmarsi.
"Non peggiorare le cose. Non. Peggiorare. Le cose," si ripetè come un mantra, ma riusciva a stento a pensare: controllarsi andava ben oltre le sue possibilità.
Voleva solo uscire di lì, stendersi sul letto e disconnettersi fino al giorno dopo. Coi computer funzionava, no? Si riavviava il sistema e tutto tornava come nuovo. Perché non poteva essere lo stesso anche per gli esseri umani? Non gli sembrava di chiedere troppo, in confronto ai suoi ultimi desideri.
Sentì la mano di Pepper che gli sfiorava discretamente il ginocchio, in un chiaro invito a calmarsi, ma era stanco di sentirsi dire quello che doveva e non doveva fare, come se non fosse già abbastanza limitato dal suo corpo. E chissà quante altre cose gli stavano nascondendo... il solo pensiero gli spalancò un abisso nel petto.
Si sentì in trappola, con le spalle al muro: stava per essere tagliato fuori, scartato dall'unica cosa
giusta che avesse fatto in vita sua. Escluso da quella combriccola sgangherata e instabile che in un certo senso aveva cominciato a considerare come un gruppo di amici. Degli amici molto, molto difficili da gestire, a volte detestabili e spesso insopportabili, ma era meglio che essere completamente solo – o quasi – nel suo guscio.
Ripensò alle parole di Pepper: stava davvero diventando paranoico? A lui quello sembrava cupo realismo.
«Su che basi affermate che io non sia in grado di tornare a essere Iron Man?»
riprese, in tono molto alto.
Magari Iron Man era distrutto. Ma era
lui Iron Man, ed era ancora vivo. Perché si comportavano tutti come se fosse morto insieme a lui?
Forse lo era, realizzò con un sussulto. Quei pensieri sconnessi continuarono a riproporsi nel suo cervello, disorientandolo.
Thor e Bruce non parlavano, ma erano entrambi molto accigliati, come se non fossero soddisfatti della piega che stava prendendo la situazione. Pepper evitava il suo sguardo, ma percepiva con disagio la sua preoccupazione.
«Stark, cerca di ragionare: anche ammettendo che tu ce la faccia, ci vorrebbe troppo tempo, e nel mentre...»
iniziò Hawkeye, nel tono più pacato possibile, ma esitò a completare la frase.
Non che ce ne fosse bisogno: Tony sapeva cosa intendeva. Lo capiva fin troppo bene e sentiva crescere la sua frustrazione di minuto in minuto, sommata a una rabbia cieca e irragionevole, perché in fondo sapeva che avevano ragione... semplicemente troppa per dargliela vinta.
Steve intervenne a completare le parole di Barton:
«Saresti un peso per tutti noi. Non possiamo permetterci di avere tra noi un "mezzo supereroe"...»
Tony
si irrigidì nel presagire il resto della frase.
«... tantomeno un "mezzo uomo".»

«Rogers.»

La voce di Bruce si levò stranamente fredda, ma Tony lo fermò con un'occhiata eloquente prima che potesse aggiungere altro: non aveva anche bisogno di qualcuno che parlasse al posto suo.
«Almeno io mi sono costruito da solo; e non credere che l'abbia voluto veramente. Non ho avuto bisogno di pregare qualcun altro per farmi diventare "super". Vero, ragazzo di Brooklyn?»
ribattè in tono basso e tagliente.
Steve contrasse la mascella, punto sul vivo.
«Tony, calmati anche tu,»
intervenne Banner. «Sappiamo tutti che per te è stata una brutta giornata, ma...» continuò, nel tentativo di stabilizzare il diverbio.
Non gli piacevano affatto le situazioni tese e nervose.
«Brutta giornata?»
Tony alzò le sopracciglia, falsamente stupito. «E perché mai? Una brutta giornata è quando ti svegli una mattina con due arti e un occhio in meno. Ecco, quella è una brutta giornata. Oggi, per i miei ultimi standard, è stata una giornata quasi piacevole.»
Il gelo pervase il gruppo, ammutolito a quell'ultima affermazione.
«Propongo una votazione per decidere la sorte dell'uomo di ferro,»
si levò stentorea la voce di Thor, rimasto ad osservare i loro battibecchi in un cupo silenzio.
Tutti gli sguardi si spostarono su di lui, compreso quello di Tony, sorpreso nel trovare un sostenitore in quel momento. Fury sembrava aspettarsi un'evenienza simile, ma non protestò e si limitò ad annuire.
«Molto bene. Manca all'appello Nataša, ma il suo voto era contrario alla permanenza di Stark nei Vendicatori,»
annunciò Fury, sfidando il diretto interessato a contestare quell'affermazione.
Lui non commentò, ma era decisamente scettico al riguardo, e anche un po' deluso.
«Signorina Potts, voti anche lei,»
disse a sorpresa Coulson, e la donna si guardò attorno, presa in contropiede.
Negli occhi di Tony si riaccese una scintilla di speranza.
«Non credo che sarebbe equo. Insomma, non sono un Vendicatore.»
«Penso sinceramente che qui dentro sia lei la più adatta a giudicare Stark,
intervenne Coulson, annuendo nella sua direzione, e Pepper arrossì appena sentendosi ancor più fuori posto.
«"Contrario" per far uscire Iron Man, "favorevole" per farlo rimanere,
» stabilì Fury. «Agente Barton?» cominciò subito Fury, voltandosi verso l'uomo.
Lui sembrò esitare un attimo, non aspettandosi di essere il primo, poi fissò negli occhi Tony con un'ombra di colpevolezza e rispose:
«Contrario.»
Tony se lo aspettava, ma fu comunque un duro colpo.
«Thor?»
«Neutrale. Penso che dovrebbe almeno tentare di rimettersi l'armatura, anche se dovesse fallire. Ha diritto a una possibilità,»
affermò l'Asgardiano, con decisione.
Tony si sentì un po' più leggero e Thor ricambiò il suo sorriso più rilassato con un cenno del capo.
«Capitano?»
«Contrario,»
rispose lui quasi all'istante, in tono secco.
"Prevedibile..."
«Bruce?»
«Favorevole. Dopo aver visto questo,»
accennò alla protesi, «sono assolutamente convinto che ce la possa fare.»
Tony gli rivolse un gran sorriso, grato. Per ora erano pari. Si morse il labbro in preda al nervosismo: mancavano solo Fury, Coulson e Pepper; il voto di lei era scontato, così come quello di Fury... ma forse Coulson sarebbe stato dalla sua parte.
«Io sono contrario,»
affermò Fury, senza rammarico.
«Coulson?»
Artigliò il bracciolo della poltrona. Pepper evitava il suo sguardo, così come quello di tutti gli altri.
«Neutrale. È troppo presto per decidere,» aggiunse con pacatezza.
Tony lasciò andare il respiro che non si era accorto di aver trattenuto: salvo, per un pelo.
«Potts?»
Tony si girò verso di lei e le rivolse un sorriso trionfante, ma s'impietrì quando vide la sua espressione. Lo guardava quasi sofferente. Combattuta.
«No...»
riuscì solo a sussurrare. «Pepper, che cosa...»
Lei non distolse lo sguardo, e mantenne una voce ferma:
«Sono contraria.»
Fu come ricevere una pugnalata nella schiena.
«Contraria? Lei?!»
esclamò, del tutto sbigottito da quella presa di posizione a lui incomprensibile. «Che cosa significa?» chiese ancora, in tono più duro.
«Significa che sono stanca di vederla quasi morire. Non permetterò che per l'ennesima volta si metta in pericolo. Non dopo quello che le è successo.»
«Ehi! Non l'ho deciso io! Pensa che mi stia divertendo?»
«E lei pensa che mi sia divertita quando era prigioniero in Afghanistan? O quando si è quasi schiantato con l'armatura? O quando l'ho ritrovata in quelle condizioni?»
sbottò lei, a voce più alta del necessario.
Tony non capiva se fosse sul punto di piangere o di prenderlo a schiaffi, ma si sentiva totalmente svuotato, come se gli fosse venuto improvvisamente a mancare un punto di riferimento. Era quasi stordito, ed era sicuro di aver capito male, ma Pepper era seria, terribilmente seria... il suo sguardo non lasciava adito a dubbi.
«E aveva il coraggio di darmi del paranoico,»
sbottò in un sibilo caustico.
«
Non ne faccia una questione di fiducia,» ribattè lei, altrettanto alterata.
«Stavolta sono io a non capire
affermò lui di scatto, fissandola con uno sguardo così carico di significato che lei quasi trasalì.
«Non penso ci sia molto da capire...»
intervenne Steve, nel momento meno indicato.
Tony percepì chiaramente la sottile linea di autocontrollo che era riuscita ad arginare la sua rabbia spezzarsi di netto, e non fece nulla per recuperarla.
«Tu stanne fuori, o ti faccio il culo a stelle e strisce come piace a te.»
«Dovresti starne fuori tu, o ti credi speciale solo perché hai una lampadina nel petto?»
«Smettetela,»
abbaiò Fury.
«Smetterla? Perché smetterla quando abbiamo appena iniziato? Vedo che la Bella Addormentata nei Ghiacci ha voglia di discutere, o sbaglio?»
ricominciò Tony.
«Senti, uomo-scatoletta...»
«Senti tu: quando sarai in grado di costruirti quel tuo bel frisbee da solo potrai insultarmi, nel frattempo dovresti baciarmi i piedi.»
«Dovrei baciarli a tuo padre, intendi. Magari avresti dovuto farlo anche tu.»

«Rogers.»

«Si vergognerebbe di come ti stai comportando.»
«Rogers, un'altra parola su mio padre e quello scudo te lo spacco in faccia.»

«Fallo, Stark. Ciò non cambia che sei fuori dai giochi: hai chiuso.»
Tony a quel punto non ci vide più: balzò in piedi d'istinto, animato da una scarica improvvisa di rabbia e adrenalina, e si scagliò su Steve senza curarsi del gesso e del moncherino che gridò di dolore. L'altro si alzò con un secondo di ritardo, non aspettandosi una sua reazione, e non riuscì ad evitare o a parare il diretto di Tony, o forse fu solo indeciso su come fermarlo senza causargli troppi danni.
Tony non aveva mai usato la protesi a scopo offensivo, né aveva mai pensato di farlo: sapeva solo di avere una potenza fuori dal normale che era più d'ostacolo che d'aiuto, ma non fino a quel punto. Steve fu sbalzato indietro di un metro buono, incassando il colpo in pieno viso;  reagì d'istinto dandogli uno spintone sullo sterno con entrambe le mani, e Tony finì catapultato all'indietro, accasciandosi contro il divano con la sensazione che il reattore gli avesse trapassato il torace. I moncherini gli inviarono una scarica di dolore insopportabile, e non trattenne un lamento acuto quando impattò per terra.
Tutti i Vendicatori si alzarono contemporaneamente per fermarli, mentre Tony si aggrappava ai cuscini per tirarsi su, col respiro mozzo e la testa leggera per lo sforzo. Vedeva dei preoccupanti puntini bluastri che gli danzavano davanti agli occhi, confondendogli la vista già menomata.
Sentiva Fury che urlava fuori di sé, scorgeva Thor che rimproverava a gran voce Rogers e altre immagini confuse che non riuscivano ad acquistare senso. Banner era sparito e Hawkeye si era frapposto tra lui ancora a terra e la baraonda circostante, tenendo sotto controllo la situazione. Coulson si era parato davanti a Pepper, che si era accovacciata accanto a lui e gli stava dicendo qualcosa, ma Tony non la stava ascoltando.
L'unico dettaglio nitido in quel marasma era Steve, sul cui zigomo spiccava un taglio sanguinante lì dove l'aveva colpito con le nocche metalliche. Lo fissava con risentimento, tastandosi la parte lesa, ma si tenne indietro.
Tony, al contrario, sentiva solo una gran voglia di spaccargli anche l'altra parte del viso, giusto per renderlo simmetrico. Non gli importava che Rogers non avesse colpe rispetto a quello che gli era successo, né che tentare un nuovo assalto sarebbe probabilmente apparso come patetico: aveva bisogno di prendere a pugni qualcuno, e al diavolo se quel qualcuno era il simbolo dell'America risorto dai ghiacci. Scansò Pepper da sé e si issò sul divano col braccio buono, afferrando la stampella per acquisire un minimo di stabilità in più, per poi avanzare barcollando verso quello che al momento aveva etichettato come suo avversario.
Rogers non si lasciò impressionare e gli intimò di stare indietro, ma le sue parole erano una cacofonia indecifrabile di suoni, che gli feriva le orecchie stordite assieme ai richiami di Pepper e dei suoi compagni di squadra, che ignorò completamente.
Fu nell'esatto momento in cui caricò il pugno che la sua gamba di gesso cedette, ma se ne accorse quando già aveva fatto un passo in avanti per massacrarlo di botte. Sapeva di non avere speranze, ma volle togliersi la soddisfazione: scagliò il pugno destro mentre già perdeva l'equilibrio, ma l'altro lo parò senza sforzo e lo respinse di nuovo indietro, torcendogli le dita con uno stridore metallico, per poi ripiegargli il braccio all'indietro come fosse di gomma.
Era incredibilmente forte, più di quanto si fosse aspettato, e la protesi non era ancora progettata per sostenere urti di quel tipo: percepì il metallo cedere e non potè evitare un grido quando la pressione aumentò bruscamente sul moncherino. Rogers mollò di scatto la presa con un lampo indecifrabile negli occhi, forse non aspettandosi di fargli male anche tramite quella parte inanimata di lui. A Tony mancò l'appoggio della gamba di gesso, ormai disarticolata, e piombò all'indietro; Steve cercò di afferrarlo per il bavero per evitargli la caduta, ma l'altro malinterpretò il gesto e si divincolò, riuscendo a sfruttare la forza residua della protesi per liberarsi dalla sua stretta.
Impattò di schianto col pavimento e sentì una scarica fulminante di dolore attraversargli la spina dorsale, mentre la sua vista si oscurava di colpo. Lampi blu esplodevano intorno a lui e c'era sangue, sangue sulle sua mani, sul suo volto e per terra. Udì un boato lontano e poi un'ondata ustionante di calore che lo sbalzava in aria... un dolore atroce all'occhio lo riportò alla realtà con un urlo.
Riprese contatto con ciò che lo circondava. Era completamente nel pallone e la stanza ruotava su se stessa. Gli sembrava di essere sott'acqua e sentiva un rombo nell'orecchio destro, così forte da dargli la nausea. Stava morendo dissanguato? Si portò la mano al moncherino della gamba, ma la fasciatura era asciutta, la protesi del braccio al suo posto.
Un'allucinazione, un ricordo o cosa?
L'aria gli tornò nei polmoni e trasse un respiro stentato che si trasformò in un rantolo. Si era morso la lingua nella colluttazione e aveva la bocca piena di sangue; diede un colpo di tosse gorgogliante, sentendosi rivoltare lo stomaco. Si accorse del pesante silenzio che lo avvolgeva, irreale, ma non riusciva ad alzare la testa che gli pulsava dolorosamente. Si sforzò di girarsi sul fianco e inquadrò confusamente il suo salotto e i Vendicatori che discutevano animatamente tra loro, con l'impressione di guardare le scene di un film muto. Non sentiva nulla.
Tentò di rialzarsi facendo leva d'istinto sulla protesi, ma questa cedette di schianto sotto i suoi occhi orripilati, facendolo ripiombare a terra. Tutti i suoi sensi si risvegliarono contemporaneamente, frastornandolo in un caleidoscopio folle di suoni e immagini, in cui l'unica chiara e nitida era quella della sua protesi devastata.
Qualcuno gli si avvicinò, ma non riuscì a metterlo a fuoco così lo allontanò bruscamente, mentre fissava incredulo l'avambraccio che ciondolava all'indietro, completamente disarticolato. Scorse di sfuggita Bruce che si ritraeva di scatto.
«No! No, merda, no!»
gridò, con voce roca, ferendosi la gola, incurante del dolore e di quanto disperata suonasse la sua voce.
Tastò con la mano sana i cavi recisi e il rivestimento graffiato e contorto.
«No! Tutto quel lavoro...»
imprecò tremante; non gli importava che tutti lo stessero fissando mentre discutevano tra loro.
Tutto cò che riusciva a formulare era:
Da capo... devo ricominciare tutto da capo...”
Rialzò lo sguardo e focalizzò Rogers con occhi lucidi di rabbia. Non riusciva a trovare parole per comunicargli quanto realmente lo odiasse in quel momento. Un altro pugno in faccia poteva essere molto più esplicativo, ma al solo pensiero di provare a rialzarsi gli venne la nausea. I suoi pensieri si annebbiarono come per un improvviso blackout e si lasciò scivolare a terra privo di forze.
Udì un'alta voce femminile che trovò estremamente piacevole nonostante quello che era appena successo e il tono irato con cui sembrava parlare. Non riuscì a comprendere quel che diceva, ma dopo pochi secondi – o forse molti di più – sentì che qualcuno lo aiutava a rimettersi seduto contro il divano e gli passava un panno bagnato sulla fronte. Non capiva esattamente dove fosse il pavimento e se fosse veramente seduto, ma accolse con sollievo il freddo sulla fronte bollente.
Riaprì piano gli occhi, dominando il senso di vertigine.
Le poche facoltà mentali e fisiche che gli erano rimaste gli permisero di scansare la mano liscia ed estremamente invitante di Pepper, ma dopo pochi secondi sentì di nuovo il contatto della sua pelle fresca contro il proprio viso accaldato e non ebbe la forza di sottrarsi, preferendo abbandonarvisi contro.
Riusciva a muoversi con estrema difficoltà e ciò gli costava molto dolore. Aveva un sapore ferrigno in bocca e si rese conto che lo spacco sul labbro si era riaperto. Cercò gli occhi di Pepper e li trovò cupi e preoccupati, stranamente scuri nella penombra. Trattenne la sua mano contro la sua guancia.
Voleva dimenticare tutto ciò che era appena successo. Voleva solo fidarsi, ma la voragine nel suo petto schiuse di nuovo le sue fauci minacciando di dilaniarlo.
"Mi fido ancora di te."
Quelle parole non lasciarono le sue labbra. Pepper liberò con delicatezza la mano, premendogli di nuovo la stoffa umida contro la fronte.
Il salotto era deserto, da quel poco che riusciva a distinguere, poi scorse Coulson che si avvicinava a Pepper e si chinava su di lei, sussurrandole qualcosa all'orecchio che catturò immeditamente la sua attenzione, ma, nonostante si sforzasse di ascoltare, le parole si intrecciavano perdendo significato, ordine, svanendo in un bisbiglio inudibile. La sua coscienza riemerse dall'oblio quando fu raggiunta da una voce ovattata:
«Tony... ma che diavolo stai facendo?»
Lui socchiuse la palpebra, riuscì a spostare un poco il capo e incontrò gli occhi di Pepper, ma era come se li vedesse dietro a un velo.
«Non lo so...»
mormorò scuotendo debolmente la testa, e il mondo si trasformò di nuovo in un'immagine sfocata mentre si abbandonava all'incoscienza.




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Revisione effettuata il 23/02/2018
 



Note delle Autrici:

Ed ecco sfornato un altro capitolo caldo caldo, diciamo anche che si è bruciato (basta con questa metafora stupida...)
Vi intratteniamo poco e ci dileguiamo, ringraziando alliearthur e Rogue92 che continuano a seguirci costantemente e a recensire e alla nuova arrivata Sherlock_Watson <3
See ya! :D


Moon&Light

Edit 23/02/2018: è stato inserito il tema/problematica della sfiducia di Tony (come se non avesse già abbastanza grane a cui pensare) perché mi sembrava un "tassello mancante" o almeno non debitamente sviluppato che ritengo fondamentale per tutti gli sviluppi successivi della storia. [-Light-]
Edit 12/05/2019: mi veniva l'orticaria ogni volta che rileggevo questo capitolo per la caratterizzazione di Steve (che, come giustamente, mi fece notare T612 ai tempi, è un filino OOC), quindi ho deciso di "barare" e decidermi a modificare la parte dello scontro con Tony. Verbalmente rimane più stronzo di quanto non sia (ho eliminato le volgarità, a mia discolpa il capitolo fu scritto molto prima del famoso "Language!" di AoU), ma almeno non è più un bruto che picchia a caso la gente. Quello lo fa solo in Civil War *BURN*

 

 

Grazie a Sherlock_Watson che ha gentilmente disegnato questa vignetta :) trovate il suo DA qua-> http://giulialennon94.deviantart.com/



 

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