Crossover
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Autore: Siirist    05/05/2012    4 recensioni
Siirist Ryfon è un giovane ragazzo della città di Skingrad, figlio di benestanti agricoltori che sogna di entrare nella Gilda dei Guerrieri per ricevere onore e gloria. Ma non è una persona comune, discende da un'antica casata elfica, della quale fece parte millenni prima un Cavaliere dei draghi leggendario. Un giorno la sua vita cambierà drasticamente e verrà catapultato in un mondo di magia, tecnologia, intrighi politici, forze demoniache e angeliche, per poi affrontare la più grande crisi della storia di Tamriel. Questa fanfic è una crossover tra tre mondi fantasy che amo: Final Fantasy (di cui troviamo le ambientazioni, come Spira, Lindblum), "Il ciclo dell'eredità" di Paolini (di cui sono presenti molti dati, quale i draghi con i Cavalieri e il sistema della magia, ma l'ispirazione è molto libera) e The Elder Scrolls IV: Oblivion (di cui sono presenti le città). Oltre a questo ci saranno anche alcune citazioni di One Piece e di Star Wars. I personaggi principali sono tutti originali. Ci saranno alcune comparse da vari manga (Bleach, ad esempio) e in alcuni casi i nomi saranno riadattati (Byakuya), in altri saranno quelli originali (Kenpachi).
NB: il rating è arancione in quanto è adatto alla maggior parte della storia, ma in alcuni capitoli dove compaiono i demoni (non il primo che si incontra all'inizio, quello è ridicolo) gli scontri possono essere anche molto cruenti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA GUIDA

 

Passò un mese, e l’harem di Siirist era ora composto da ottantasei demoni, di cui quattro sue accompagnatrici. In quel periodo, Rorix aveva perfezionato tutto ciò che Zelphar gli aveva insegnato prima di lasciare Vroengard e aveva incominciato un suo regime personale di allenamento e miglioramento. Ispirandosi a ciò che conosceva il suo Cavaliere, aveva sviluppato le sue tecniche di combattimento draconiche in due stili: uno che fosse complementare allo stile della Volpe, uno che fosse invece sulla stessa linea di pensiero. Era curioso vedere un corpo basato su quattro zampe, con due ali, una coda ed un collo lungo che finiva con pericolose zanne eseguire mosse create per un corpo bipede armato di spada. Ma, osservandolo bene, si vedeva la similitudine nei movimenti.

Siirist aveva finito di leggere la prima parte del grimorio di Evendil, ed aveva incominciato ad allenarsi in ciò che aveva studiato. Il mezzo bosmer aveva scoperto come temporaneamente rubare il Flusso agli esseri viventi vicini e unirlo al suo, oltre che il poterlo suddividere e moltiplicare. Ryfon aveva finalmente capito come il mezzo dunmer fosse stato in grado di affrontare quasi alla pari Raiden e perché la vicinanza sua e dei suoi compagni di addestramento fosse stata fondamentale: sommando i Flussi di loro quattro, l’Ataru di Evendil gli donava un quantitativo di douriki fisici di 198mila da sommare a quelli che normalmente aveva. Con una forza superiore a 200mila douriki, era comunque stato mostruosamente inferiore all’alato. Siirist non aveva mai osato chiedere, ma era diventato curioso di sapere quanto forte fosse veramente Raiden. Ma purtroppo, come l’elfo aveva scoperto sul Gagazet usando come cavie il branco di behemoth, non si poteva rubare il Flusso a qualcuno per oltre cinque minuti senza ucciderli.

Sottrarre il Flusso agli altri non era però di interesse per il mezz’elfo, per cui ciò in cui si era allenato nelle ultime due settimane era la divisione e moltiplicazione del suo Flusso. Evendil era arrivato al punto di riuscire contemporaneamente a creare quattro volte il suo potere (le dita illuminate quando aveva lanciato il Giudizio di luce ne erano la prova), e Siirist sapeva che, non fosse stato per la rigorosa disciplina mentale che aveva raggiunto grazie al grimorio di Adeo, mai sarebbe riuscito a moltiplicare il suo Flusso. Nel suo stato di calma assoluta, il massimo che era riuscito a fare, e solo per un secondo, era avere nelle due mani un potere di 53000 douriki. Aveva notato come separare il più possibile il Flusso rendeva l’operazione di moltiplicazione più semplice, infatti non riusciva a credere come Evendil fosse riuscito a moltiplicare quattro volte il Flusso su una sola mano. Ancora riprovò l’operazione ma, provato com’era, non riuscì a mantenere le due correnti di Flusso da 53000 douriki per nemmeno la durata di un secondo.

‹Dovresti fermarti qui.› suggerì Rorix.

‹Hai ragione, continuare sarebbe controproducente.›

Il ragazzo decise allora di recarsi al suo harem per rilassarsi. Sempre si sentiva in colpa, ma comprendeva l’importanza di tenere a freno la sua fame, solo gli mancava la Collana del Giuramento, riposta nella sua custodia. Non si sarebbe permesso di andare con un’altra donna mentre la indossava, e aveva deciso, quindi, di non tenerla mai fino a che avesse lasciato Hellgrind. Ora Alea gli mancava anche di più. Sospirando, Siirist si immerse in una delle vasche mentre quattro concubine lo lavavano e massaggiavano.

 

A cena, Siirist felicemente mangiò del vitello alla griglia, tagliato a pezzetti dai cuochi in modo da poterlo afferrare con le bacchette. Era delizioso. Incredibilmente aveva scoperto che il pesce crudo era una gran prelibatezza, sopratutto salmone e gamberetti, ma mangiare della sana carne rossa era sempre un piacere. Prese una manciata di riso dalla ciotola che aveva di fronte e poi mandò giù il tutto, facendolo seguire da un bicchiere di vino rosso. La bevanda alcolica che i demoni amavano bere era vomitevole, perciò il ragazzo era felice che l’Imperatore avesse anche delle casse di vino importate dall’Impero Septim.

«Come procedono i tuoi studi?» si interessò Raizen.

«Bene, grazie, seppure a rilento. Non capisco, le mie abilità mentali, nello stato di calma assoluta, dovrebbero essere superiori a quelle che aveva Evendil, eppure non riesco a dividere e moltiplicare efficientemente la mia corrente di Flusso vitale. Conosco tutti i suoi segreti, gli sto leggendo il grimorio, cavoli!, eppure niente, non riesco ad incrementarlo più di 6000 douriki.»

«È certamente questione di allenamento. Anche sapendo come fare una cosa, non è detto che ci si riesca. Solo perché una persona conosce una ricetta, non significa che riuscirà fin da subito a cucinare un piatto allo stesso livello di un cuoco famoso. Ti serve pratica. Vedrai che avere capacità mentali superiori a quelle di Evendil ti permetterà di raggiungere la perfezione nella moltiplicazione del Flusso in minor tempo di quanto ci abbia messo lui. E ricorda anche che il tuo legame è maggiore, questo rende il tuo Flusso più instabile e difficile da controllare.» lo rassicurò l’Imperatore.

Siirist mandò giù il boccone annuendo. Forse aveva ragione.

«Ho saputo che stai regolarmente frequentando il tuo harem adesso, molto bene. Hai avuto altri problemi derivati dalla fame?»

«No, è sempre sotto controllo. All’inizio andavo dalle mie concubine solo quando iniziavo a sentire il bisogno di nutrirmi, ma poi ho capito che non dovevo nemmeno arrivare a quel punto. Le visito ogni giorno almeno due volte.»

«Come ti senti a farlo?»

«Uno sporco, lurido verme. Non riesco a credere di stare facendo una cosa simile a Alea. È orribile.»

«Con il tempo contenere la tua fame diventerà più naturale, e non avrai bisogno di andare così spesso dalle tue concubine, se non lo vorrai.»

«Me lo auguro.»

«Ricordi l’ultimo modo per frenare la fame di cui ti ho parlato?»

«Combattere, certo. Quando inizierò?»

«Da domani. Ora che hai imparato a controllare i tuoi istinti, è tempo che inizi a imparare come controllare i tuoi poteri e le tecniche della spada. Ma prima inizierai ad imparare il Juyo.»

«Non è il Juyo lo stile di combattimento con la spada?»

«Questo è un errore comune da parte vostra. Il Juyo non è uno stile di combattimento, quanto una filosofia di combattimento: esso è una disciplina che permette di incanalare le proprie emozioni nei propri colpi. Quando applicato alla spada, si diventa in grado di potenziare esponenzialmente i propri attacchi.»

«Sì, lo sapevo. Ma credevo che “Juyo” fosse anche il nome dello stile.»

Raizen scosse la testa.

«Chi mi insegnerà?»

«Sesshoumaru. Egli è stato incaricato di insegnarti il Juyo e a controllare i tuoi poteri, mentre Kenpachi sarà il tuo maestro di spada. Quando entrambi saranno soddisfatti del tuo livello, ti insegnerò personalmente le tecniche imperiali del santouryuu, a controllare il fuoco nero e a utilizzare correttamente l’Ambizione.»

Siirist ascoltò attentamente, cercando solo di immaginare quanto sarebbe diventato potente con tutte quelle conoscenze. Non riuscì più a fermarsi, e pose la domanda che aveva in mente da tempo.

«Quanto di tutto questo è in grado di fare Raiden?»

Nella sala tutti tacquero, e i loro sguardi si posero sull’Imperatore e il suo nuovo nipote.

«Egli è un maestro di tutto tranne il fuoco nero, del quale è in grado di utilizzare solo tre delle  quattro arti sacre. Le hai viste in azione, esse sono lo Tsukuyomi, l’Amaterasu e il Susanoo.»

Siirist ripensò alla spada, al drago e al gigante che il demone aveva utilizzato a Vroengard.

«Ma sono convinto che tu potrai diventare più forte di lui. Nonostante abbia più esperienza e molti più douriki fisici, egli non è in grado di utilizzare la magia, non possiede un’Ambizione come la tua e non ha Rorix. In passato ebbi il piacere di scontrarmi con il tuo antenato Eleril, ho avuto modo di testare personalmente la forza della forma draconiana perfetta. Una volta ottenuta quella capacità, avrai un grande vantaggio. Speriamo solo che tu riesca a far valere i tuoi vantaggi e di riuscire a sconfiggerlo. Nessun demone in tutta Hellgrind ne sarebbe in grado e io non posso pensarci personalmente se non è lui a venire qui. Cosa che non farà mai, non è stupido.»

Siirist pensò a cosa gli aveva detto Evendil in passato, cioè che all’Imperatore dei demoni, in quanto successore di Obras, era negata la possibilità di intervenire direttamente nelle faccende mortali.

«Questa sera è stata un’eccezione: non voglio più sentire parlare di quel traditore.»

 

Il giorno dopo Siirist, accompagnato da Rorix, si incontrò con Sesshoumaru. Egli era il demone dai capelli bianco/argento che il ragazzo aveva notato non essere stato impressionato dal ruggito dell’Inferno. Gli occhi erano gialli, linee rosse che li circondavano. Due segni, sempre rossi, che sembravano dei graffi, lo attraversavano sulle guance e in mezzo alla fronte c’era una falce di luna viola. Il mezzo demone domandò se quei segni avessero un significato particolare. L’inugami lo guardò con disdegno prima di rispondere, e gli spiegò che la falce di luna era un simbolo del suo clan, che dimostrava la sua carica di capo, mentre i segni rossi erano manifestazioni del suo sangue demoniaco. Il suo potere era troppo grande per i normali livelli di un inugami, perciò il suo corpo ne aveva risentito. La voce era annoiata, con un tono di superiorità spropositato. A Siirist già non piaceva, ma Akira lo aveva avvisato di non provocarlo. Oltre a possedere un’incredibile forza fisica, Sesshoumaru era dotato di un pericoloso potere demoniaco che gli permetteva di creare una nuvola acida in grado di corrodere pressoché qualunque materiale. Con le spade era letale, ed era uno dei pochi non alati a cui era stato concesso di utilizzare il santouryuu, uno dei migliori spadaccini in tutta Hellgrind. Sebbene meno pericoloso dal punto di vista del carattere di Kenpachi, era molto meno paziente di questi e ben più potente. Solo pochi altri demoni osavano contrastarlo, tra cui Alucard e coloro che erano legati alla famiglia reale, dotati, quindi, del potere del fuoco nero. Per tutte queste ragioni, Siirist lo assecondò.

«Dato il tuo rango sociale, non posso esigere di essere riferito con “-sama”, ma ti rivolgerai a me con il suffisso “-sensei”.»

Siirist scosse la testa per dimostrare che non aveva capito.

«Significa “maestro”. Impara la nostra lingua, non voglio dover parlare la lingua degli umani più del dovuto.» disse con tono calmo.

Eppure il suo accento era impeccabile: se non per il suo aspetto fisico e la potente aura che percepiva, Siirist avrebbe pensato che fosse un nobile di Arcadia. Di certo non poteva passare per un plebeo. Ryfon si prese un momento per osservare meglio il suo nuovo maestro, notando come la sua espressione, esattamente come la sua voce, era piatta. Non mostrava alcuna emozione, peggio di qualunque elfo avesse mai conosciuto. Sfruttando il settimo senso, il mezz’elfo ne percepì la presenza, sentendola come la superficie perfetta di un lago. In un istante, così rapido che nemmeno i riflessi fulminei di Siirist poterono seguire, Sesshoumaru gli si avvicinò, scivolando sul pavimento di marmo e lasciando dietro di sé una sorta di scia, un’immagine residua. Lo colpì con un possente pugno in faccia, obbligando il ragazzo a fare un passo indietro.

«Ahia.» commentò Ryfon, massaggiandosi la guancia.

«Questa era la mia normale forza. Con la spinta datami dal mio scatto, sono riuscito ad arrecarti dolore, per quanto poco. Sarai un incompetente, ma la tua forza fisica è di tutto rispetto. Non che sia merito tuo, è chiaro.» disse lentamente, annoiato, rivolgendo il suo sguardo su Rorix.

Era evidente che non fosse affatto felice della sua posizione di “sensei”, ma gli ordini di Raizen non erano da discutere.

«Adesso preparati, ti colpirò utilizzando il Juyo.»

Se fino ad un momento prima lo stato emotivo del demone era stato piatto, in un istante esplose come un mare in tempesta, solo per l’attimo necessario perché le sue nocche si scontrassero con il viso di Siirist. Con il naso distrutto e la faccia schiacciata verso l’interno, il mezzo demone fu scagliato verso la parete, il collo quasi spezzato dall’irruenza con cui il capo era stato spinto indietro. Solo la resistenza innaturale del marmo rosso del palazzo imperiale permise alla parete di non sbriciolarsi. Lo stesso non si poteva dire delle vertebre e della parte posteriore del cranio del giovane. E tutto divenne nero. Quando Siirist riprese i sensi, dovette sbattere varie volte gli occhi.

‹Senza il mio potere rigenerativo sarei morto! Mi ha spaccato la testa e frantumato la colonna vertebrale! Non mi sarei nemmeno potuto guarire magicamente perché sarei morto sul colpo!› il biondo era sconvolto.

‹Questo non scherza. Capisco perché tanti alati lo rispettano e temono.› Rorix nemmeno aveva il coraggio di arrabbiarsi.

«Come avrai notato, la mia forza è stata incrementata. Sono a conoscenza della tua abilità di utilizzare il settimo senso: immagino avrai percepito la differenza nel mio stato emotivo.»

Siirist annuì, la capacità di parlare momentaneamente disabilitata perché anche la gola era stata danneggiata dall’impatto e si stava risistemando solo in quel momento.

«Ora ti allenerai a calmare le tue emozioni e a farle esplodere in un istante. Tutta la rabbia, la tristezza, la sofferenza, la delusione, la gioia, l’eccitazione che hai provato in tutta la tua vita va accumulata e liberata in un momento. La rabbia è la più semplice da controllare, ed è quella che più spesso viene utilizzata. Questo perché, in combattimento, è quella più comunemente percepita. Ma un uso eccessivo di sentimenti negativi può portare al risveglio dei propri istinti maligni. Adesso prova a ricordare ciò che ti ha fatto più arrabbiare nella tua vita, ricorda quel momento e ricorda ciò che hai provato. Incanala la tua emozione nel tuo corpo e lascia che accresca la tua forza.»

Siirist si accucciò nella sua posizione pensante e cercò di farsi tornare in mente ciò che più lo aveva fatto arrabbiare nella sua vita. Subito pensò a Raiden, ma poi lo scartò: l’alato lo aveva fatto disperare, intristire e soffrire, non arrabbiare. La rabbia era venuta da dentro e lo aveva trasformato in draconiano, ma era stata una furia animalesca non provata dalla sua coscienza. Allora pensò ai suoi duelli con Evendil, a come si sentiva frustrato dal non riuscire a vincere. E ancora, frustrazione, non rabbia.

‹Perché non provi con il tuo primo capodanno alla Rocca?› suggerì Rorix.

Aveva ragione. In effetti quella che aveva provato nel vedere il Cavaliere cazzone provarci con Alea era stata una vera, sana e grande rabbia. Non per niente era riuscito a lanciare il più potente Pugno di fuoco di magia involontaria di tutta la sua vita. Ma non bastava. Ad esso unì il ricordo della battaglia a Zanarkand, di quando aveva avuto la visione del suo drago ucciso e aveva poi liberato il fuoco d’Inferno, bruciando lo spettro fino a ridurlo completamente in cenere. Sì, in quel momento era stato stimolato per la prima volta lo stato draconiano: era stato furibondo, ma coscientemente. Cercò di ricreare quella sensazione e la abbinò al ricordo di Evendil che veniva ucciso. Il suo corpo incominciò a sentire caldo, ed un potente ringhio gli salì in gola. Ma esso non era il suo ringhio da demone, piuttosto era simile a quello di un drago.

‹Ehi, calmati.› si preoccupò Rorix.

Ma Siirist non lasciò andare l’emozione, e le pupille si allungarono mentre la pelle attorno agli occhi assumeva la consistenza di scaglie. In un barlume di lucidità, il ragazzo si impose lo stato di calma assoluta e la sua trasformazione in draconiano fu interrotta. Ma la rabbia era ancora lì, la sentiva pesare nel suo corpo e nella sua mente, come un macigno sospeso a mezz’aria nella sua sala del trono.

«Molto bene, sento provenire da te una rabbia come poche altre volte in vita mia. Ottimo. Ora usala. Non lasciarti possedere, ma convertila in forza, lasciala attraversare il tuo corpo fino alla tua mano e colpisci Akira con tutta la tua forza. Come vampiro, anche lui possiede il potere di rigenerazione istantanea. Io posso recuperare da ferite gravi con una rapidità maggiore rispetto alla maggior parte dei demoni, ma non al livello di un vampiro, perciò, se dovessi colpire me, mi metteresti in seria difficoltà. Non sono così arrogante da poter pensare di uscire incolume da un attacco portato da te utilizzando il Juyo.»

«State dicendo che perdereste contro di me, Sesshoumaru-sensei?» derise il ragazzo.

«Se prendessi in pieno il tuo attacco sì. Ma in uno scontro vero lo eviterei e poi ti ucciderei. Non perdere la concentrazione o perderai tutta la rabbia accumulata. Ora fa’ come ti ho detto.»

Senza pensarci due volte, spinto dalle sue emozioni negative, Siirist si voltò verso il suo servitore e gli sfondò la testa. L’impatto era stato così forte da uscire dall’altra parte in un’esplosione di sangue e cervella. Akira collassò a terra nella pozza creata dal contenuto del suo cranio.

«Hai fatto bene a colpirlo in testa e non nei pressi del cuore. Tra non molto si riprenderà. Ora continuiamo.»

 

Quando Sesshoumaru aveva considerato conclusa la giornata di addestramento, Siirist si diresse subito al suo harem, Akira che lo seguiva come un’ombra.

«Scusa per prima, non so cosa mi fosse preso. Era come se i miei movimenti fossero controllati dalla mia indole distruttiva.»

«È quello che succede quando si utilizzano troppo sentimenti negativi nel Juyo. Non vi dovete preoccupare, Siirist-sama, come ha detto Sesshoumaru-dono, era più sensato colpire me che lui.»

«Non è quello il punto. Non succederà più, te lo prometto.»

«Siete gentile, ma non dovete preoccuparvi per me.»

Siirist si prese qualche momento per pensare.

«Immagino che il mio precedessore non si sarebbe fatto scrupoli nel colpirti e non si sarebbe sentito in colpa.»

«No.» rispose con voce piatta.

Ma per una volta, pareva che il vampiro preferisse il modo di fare del mezzo demone a quello dell’alato traditore.

Giunto all’harem, ordinò alle sue accompagnatrici di portargli la cena lì. Aveva notato come il suo stato draconiano fosse a diretto contatto con i suoi istinti demoniaci, perciò l’averlo risvegliato non lo aiutava con la fame. E anche senza contare le implicazioni dell’essere Cavaliere d’Inferno, lo studio del Juyo di per sé scatenava nei demoni brutte reazioni. Quella sera mangiò, imboccato, mentre una concubina lo cavalcava, e non si fermò per quattro ore. Infine si addormentò su una delle pile di cuscini, circondato dalle sue donne.

Il giorno dopo, durante la colazione, mangiò nello stesso modo di come aveva cenato la sera precedente, e dopo che si fu preparato, andò ad incontrare Sesshoumaru nelle sue stanze.

«Eccomi, sensei.»

«Oggi cercherai di utilizzare il Juyo richiamando la tristezza anziché la rabbia.» rispose senza tanti preamboli.

 

Passarono due anni prima che Siirist fu in grado di utilizzare perfettamente il Juyo. In quel lasso di tempo, il suo controllo sulla fame era migliorato ulteriormente, e si era trovato costretto a visitare il suo harem solo due volte a settimana, per la sua somma felicità. Tomoko, la prima delle sue accompagnatrici, gli era sempre vicina ed era diventata un’ottima amica. Ella si era incaricata di insegnargli la lingua dei demoni e, per quanto la sua pronuncia non fosse perfetta, era diventato in grado di parlarla e di capire cosa gli veniva detto. Aveva finito di studiare il grimorio di Evendil ed imparato a moltiplicare il Flusso efficientemente. Non riusciva a creare due correnti con più di ottantamila douriki ciascuna, ma almeno le poteva mantenere per un lungo lasso di tempo, e le generava a piacimento. Aveva deciso anche di dedicarsi all’Ataru, ancora lontano dalla perfezione, mentre aveva totalmente ignorato la sottrazione del Flusso dagli altri esseri viventi. Assieme agli spettri e elfi oscuri presenti a palazzo, aveva continuato ad allenare la sua mente, diventando sempre più bravo ad attaccare e a difendersi in uno scontro invisibile all’occhio esterno. Con loro aveva pure studiato magia e stregoneria, utilizzando come base ciò che leggeva nei grimori e poi facendo pratica con loro, gli unici esseri in tutta Vroengard a poter utilizzare le arti mistiche. Dopo il grimorio di Evendil, era toccato a quello di Althidon, e subito il giovane andò a cercare la parte dedicata al fuoco freddo, e, imparando a ricrearlo, aveva scoperto cose riguardanti il fuoco che non avrebbe mai immaginato. Infine, aveva perfezionato la sua fusione del Djem-so con lo stile della Volpe, creando una sua variante personale dello stile dei Cavalieri che era molto simile ad un Makashi tradizionale, al quale spesso univa anche il Juyo.

Da quando il Juyo era stato completamente padroneggiato, lo stato draconiano non si era più manifestato, e Siirist non se ne era più preoccupato. Ogni giorno aveva deciso di concedere un’ora a duellare con Akira, indossando dei bracciali creati dai mistici di corte che imitassero quelli donatigli dalla Volpe Grigia, riducendogli la sua forza fisica a 20000 douriki, esattamente alla pari con Akira, il quale era pure diventato più forte. Questi aveva incominciato ad apprezzare Siirist e a riconoscerlo degno, ed era sempre felice di scontrarsi con il suo padrone. Mai utilizzava la sua seconda spada, in quanto, con il nitouryuu, avrebbe annientato facilmente il mezzo demone. Gli scontri finivano sempre, comunque, con il vampiro vincitore, in quanto il suo uso del Juyo era migliore di quello di Siirist. Come aveva detto Raizen, solo perché si sa come fare una cosa, non significa essere in grado di replicarla alla perfezione. Ryfon aveva sì imparato ad utilizzare ottimamente il Juyo, ma non si era ancora disciplinato in modo tale da da far esplodere le sue emozioni in un modo così efficace come aveva fatto Sesshoumaru quando gli aveva mostrato per la prima volta gli effetti.

Altri demoni erano stati impressionati dallo sviluppo rapido di Siirist e avevano deciso di unirsi alla sua schiera di servitori. Essi erano tre classe A, un vampiro secolare, un inugami e un’aquila di fuoco. Tutti e tre erano di rango inferiore ad Akira, il quale era il loro coordinatore. Solo due anni prima, Siirist non avrebbe mai pensato che gli sarebbe effettivamente piaciuta la vita a Hellgrind, però ora aveva completamente cambiato idea. Certo, Alea e Gilia gli mancavano, e avrebbe dato tutto per essere nuovamente con loro, specie l’elfa, ma lo stile di vita all’Akai goten era infinitamente meglio di quello alla Rocca. Se non fosse stato per l’incombente necessità di migliorarsi rapidamente prima dello scadere dei cinquant’anni dalla riunione della Spada, Siirist si sarebbe goduto molto di più le giornate nel palazzo di Raizen. Anzi, sarebbe pure tornato a Vroengard a prendere i due amici per portarli a Kami no seki. Oramai egli aveva completamente accettato il fatto di essere un demone, nonostante non si fosse mai trasformato nella sua forma alata, e si sentiva più tale che un umano. Come si era sentito più a suo agio come Cavaliere che come umano comune, aveva sempre sentito che qualcosa gli mancava anche nella sua esistenza a Vroengard: e ora, diventato un demone, si sentiva veramente completo. E nemmeno aveva imparato a padroneggiare i suoi poteri o nessuna tecnica demoniaca ancora! Rorix pure amava la vita in mezzo ai demoni, in quanto, come gli aveva sempre detto, la mancanza di altri draghi non gli interessava, e lì mangiava sempre carne vera, spesso ancora viva, e aveva modo di cacciarsela da solo. Adorava quel posto.

‹Sicuro di voler tornare a Vroengard?› aveva chiesto al biondo.

‹Prima o poi sì.›

‹Ma perché? Si sta così bene qui!›

‹Perché è nostro dovere, specie ora, con la minaccia incombente della Setta dello Scorpione. Forse, e dico forse, quando avremo eliminato questa minaccia, potremo decidere di venire a vivere qui.›

‹Se Alea accetta.›

‹Per questo ho detto “forse”.› aveva sorriso Siirist.

‹Di sicuro dovresti sbarazzarti dell’harem.›

‹Non sarà un problema. Come disse Raizen, quando avrò completamente messo sotto controllo la mia fame, mi basterà un’ora al giorno con lei. Per quanto riguarda la mia fame di carne, non il mio appetito sessuale!› rise.

Oltre ai tre nuovi servitori e a nuove concubine, le quali avevano portato il numero del suo harem a duecento donne, un’altra persona era diventata intima con Siirist e, ultimamente, avevano passato molto tempo insieme. Ella si chiamava Kaede, ed era la figlia più piccola di Raizen, nata dalla quarta moglie dell’Imperatore dodici anni dopo Raiden, con il quale era cresciuta e che considerava come una sorta di fratello. Kaede era sempre stata una ragazza solare e allegra, era stato detto a Siirist, ma dopo il tradimento di Raiden era cambiata. Si era allenata duramente e in poco tempo era diventata uno degli esponenti più forti del suo clan. Una delle figure principali nell’opposizione nell’accettare Siirist a corte, in quegli anni si erano invece avvicinati parecchio, anche se il loro rapporto era incominciato con una sfida lanciata da lei. Siirist era rimasto molto colpito dai suoi grandi poteri demoniaci (fortunatamente non era ancora in grado di utilizzare il fuoco nero) e dal suo terribile santouryuu, ed aveva avuto qualche difficoltà fino a che non aveva deciso di fare sul serio e aveva incominciato ad utilizzare il fuoco d’Inferno assieme al fuoco freddo di Althidon, modificato in modo da apparire celeste pallido anziché viola. Con grande difficoltà e usando a dovere tutte le capacità sue e della spada di Evendil, che aveva imparato ad utilizzare anche in forma di lancia, l’aveva sconfitta, pur uscendone gravemente ferito ed esausto. Da quel momento, Kaede si era fatta sempre più socievole con il mezzo demone, ed infine erano diventati ottimi amici.

 

Dopo un ulteriore anno, il quinto da quando aveva lasciato Vroengard, Raizen decise che era tempo che il ragazzo conoscesse una persona che gli aveva tenuto nascosta da quando era arrivato. Lo accompagnò nei sotterranei del palazzo, verso il centro della collina sulla quale era costruito, ed entrarono in una enorme caverna completamente buia. Il settimo senso diceva al mezzo demone che dentro vi erano due creature, una un bipede, l’altra... Non voleva crederci. Richiamò la sua energia demoniaca e gli occhi divennero color sangue. Con i suoi normali occhi azzurri, Siirist aveva la vista di un elfo, in grado di vedere anche al buio, a patto che esso non fosse totale come era in quella stanza, perciò era stato obbligato a fare appello alla sua vista demoniaca e, quando ebbe messo a fuoco la gigantesca sala naturale, il dubbio che aveva provato poco prima venne confermato. Davanti a loro vi erano un elfo oscuro con i lunghi capelli che gli arrivavano al sedere, dunque a terra, seduto con le gambe incrociate sul suolo roccioso. E dietro di lui, grande quasi quanto l’intera grotta, un drago tigrato: le scaglie erano dorate, ma quelle sul dorso erano di un colore tra il nero ed il grigio, e scendevano lungo i fianchi proprio come le strisce di una tigre. Siirist non aveva mai visto una cosa simile e pure Rorix era rimasto allibito.

«Solitamente quando un Cavaliere viene posseduto dagli spiriti e trasformato in spettro o elfo oscuro, il suo drago impazzisce, muore o gli si rivolta contro. In questo caso, gli spiriti erano talmente forti da attraversare il legame che unisce il Cavaliere al suo drago che riuscirono a possedere pure quest’ultimo.» spiegò Raizen.

Ryfon non voleva crederci.

«Entrambi, con il tempo, hanno recuperato la loro razionalità e sopraffatto l’influenza degli spiriti. Ma, chiaramente, non potevano tornare a Vroengard, perciò hanno chiesto ospitalità a me. Sono qui da oltre vent’anni, in isolamento in questa stanza, a meditare, ad aspettare.»

«Ad aspettare che cosa?»

«Te, Cavaliere d’Inferno.» rispose la voce bassa e roca dell’elfo oscuro.

Per quanto spiacevole da sentire, in quanto gracchiante e dura, evidentemente non era stata usata da molto, la voce del Cavaliere corrotto era giunta alle orecchie di Siirist come una brezza estiva. Da oltre cinque anni, ormai, non sentiva la lingua degli elfi, la lingua della sua vita a Vroengard, la lingua della sua Alea. Gli era mancata, si rese conto, più di quanto non avesse mai pensato. La lingua dei demoni era bella, senza dubbio, ma la musicalità che aveva quella degli elfi era un’altra cosa. Solo a sentirla e parlarla, si sentiva più vicino alla sua amata.

«Vi lascio soli.» disse Raizen.

Quando l’Imperatore fu uscito, Siirist si avvicinò timoroso all’elfo oscuro: vide il brillante occhio dorato del drago osservarlo attentamente, come se gli avesse voluto rubare l’anima.

«Me?»

L’elfo annuì e gli fece cenno di sedersi.

«Quando sono stato posseduto dagli spiriti, ho avuto una visione di me stesso, e in essa mi è apparso il mio vero nome: Guida del Salvatore. Spero che, dopo averti rivelato il mio vero nome, tu ti possa fidare di me.»

Siirist sgranò gli occhi. Era così simile a quello di Evendil. Lo aveva letto nel suo grimorio, Teriien tel’ Sarhael. E ora quell’elfo oscuro era realmente chiamato Umberiel tel’ Sarhael. Non poteva essere una coincidenza, il vero nome era l’essenza pura della persona, il vero significato della sua esistenza.

«Quando ho capito l’importanza del mio ruolo nello svolgersi delle vicende di questo mondo, ho realizzato che non potevo permettere a quegli spiriti di prendere completo controllo di me, perciò mi sono rinchiuso in me stesso, creando uno spazio protetto all’interno della mia mente. Non ho cercato di combattere l’influenza degli spiriti come fanno tutti, semplicemente li ho lasciati fare. Ho assistito alla morte della mia compagna di vita, avvenuta per mano mia, e a quella di tutta la mia casa. Mentre davo fuoco alla mia adorata sorellina, la vedevo piangere, le lacrime che evaporavano a causa delle mie fiamme. Ma non feci niente per cercare di fermarmi, sapevo che ciò che c’era in ballo era ben più grande di mia sorella e di tutti quelli che ho amato. Spero solo che abbiano trovato pace nel Flusso.»

Ryfon era sconvolto. Non riusciva a credere a ciò che sentiva.

«Quando ripresi il controllo di me stesso vent’anni fa, cinquanta dopo la mia possessione, sapevo che dovevo venire qui. Non so spiegarti il perché, le conoscenze che si raggiungono con il sapere il proprio nome sono profonde, potenti e antiche. Sapevo solo che dovevo venire qui, per cui ho chiesto asilo a Raizen. E alla fine sei arrivato tu.»

«Che cosa c’entro io?»

«Non posso dirti il tuo vero nome perché non lo so, ma so che sei tu il “Salvatore”. Io sono stato condotto qui, qui dove ti avrei poi incontrato. Ed eccoci qua.»

«Questo è ridicolo.»

«Davvero? Hai una bella spada al tuo fianco. So che hai anche il suo grimorio.» disse con tono triste, adocchiando Lin dur.

«Conoscevi Evendil?»

L’elfo oscuro sorrise, un sorriso carico di sofferenza e pena.

«Qual era il suo vero nome?»

«Guardiano del Salvatore.» rispose Siirist.

«E ripetimi perché è morto, per favore.»

Ryfon si ammutolì. Ripensò a tutto ciò che aveva fatto Evendil da quando si erano conosciuti, alla sua espressione furiosa, concentrata e preoccupata quando aveva deviato il colpo altrimenti fatale di Raiden, a ciò che gli aveva detto re Aesar, che Evendil sarebbe stato felice di sacrificarsi per lui. Gli ritornarono in mente pure le parole del conte di Kvatch, sentite quasi dieci anni prima: “Evendil è così duro con te perché per via del suo vero nome, sa in parte quale sia il tuo, dunque sa che sei destinato a grandi cose. Evendil è così sicuro del proprio compito e del tuo, che non esiterebbe un attimo a sacrificarsi per te se fosse necessario.”. Siirist non voleva crederci. Tutti questi fatti erano troppi per essere delle coincidenze.

«Ti ho osservato, sai, in questi ultimi anni, – riprese l’elfo oscuro, senza aspettare una risposta. – Mentre ti allenavi, mentre studiavi. Sia tu che Vulcano avete raggiunto un’ottima forma, tu nel Djem-so, lui nelle tecniche draconiche. Ma c’è ancora molto che dovete imparare. Zelphar ha insegnato a Vulcano tutto ciò che poteva in quelle sei ore, tu hai ricevuto i grimori dei più grandi Cavalieri e hai studiato con gli altri elfi oscuri e spettri presenti qui all’Akai goten. Ma non è sufficiente. Nell’imparare le arti dei demoni hai i migliori maestri che tu possa desiderare; per approfondire la tua conoscenza delle arti dei Cavalieri, ti serve un Cavaliere, come a Vulcano serve un altro drago. Non pretendiamo di essere ai livelli di Althidon e Zelphar, ma, oramai qualche secolo fa, sono stati loro i nostri Maestri. E dopo ho studiato con Eimir per migliorarmi nella stregoneria e nell’invocazione. Devi sapere che, purtroppo, non sono dotato nel Flusso, nonostante sia un elfo, per cui la magia è sempre stata impossibile per me. Quando l’uovo di Vadraael mi scelse, non potevo crederci: un incapace ad usare la magia un Cavaliere? Per tre secoli ho avuto dubbi sul perché fui scelto come Cavaliere, fino a settant’anni fa, quando capii che il mio ruolo era semplicemente quello di aiutare qualcuno di più grande. E finalmente sei arrivato.»

Il discorso dell’elfo oscuro aveva senso, ma Siirist continuava a non essere completamente convinto.

«Dimmi, se quello che dici è vero, di che cosa sarei il Salvatore e che cosa dovrei fare?»

«Tu sei il settimo Cavaliere d’Inferno, il numero delle razze create dagli dei. E pare tu sia ciò di cui parlano le leggende dei demoni: “verrà un giorno un Salvatore che unirà tutte le razze”. Sei un Cavaliere dei draghi umano ma discendente dagli elfi in seguito diventato un demone. È un inizio, non trovi?»

Ancora quella storia, ciò che aveva portato Tomoko a decidere di portarlo al cospetto di Raizen. Troppe coincidenze.

«Che cosa devo fare?» chiese incerto.

«Per ora continua ad imparare le tecniche demoniache. Quando avrai bisogno di aiuto con i grimori, specie con quello di Eimir, vieni da me. Ma non siamo che delle guide per voi, tutto ciò che possiamo fare è indirizzarvi sulla giusta via da seguire. Non potremo, purtroppo, accompagnarvi fino alla fine, non è questo il nostro compito.»

«Capisco. Posso sapere il tuo nome?»

«Glarald, di Ellesmera.»

 

 

 

~

 

 

 

Il destino di Siirist incomincia a farsi più chiaro. Il prossimo capitolo si intitola TRE SPADE, il mezzo demone verrà finalmente munito di katana. Ma saranno particolari, qualcosa di mai visto in Hellgrind.

  
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