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Autore: Vals Fanwriter    06/05/2012    4 recensioni
La bambina si voltò, speranzosa, e Kurt era sicuro che non si fosse persa nemmeno una parola di quello che si erano detti. Elisabeth sapeva benissimo che, per quanto Dave sembrasse severo, aveva comunque un punto debole e quello, ovviamente, era Kurt.
Per la Kurtofsky Week | 7th day – 10 years in the future
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kurtofsky Week 2012'
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Per la Kurtofsky Week

7th day – 10 years in the future

 

Premessa: Sono in ritardissimo ma, ecco, ho una giustificazione. Ieri mi sono quasi persa, finendo chissà dove nel prendere un pullman sbagliato, per andare a vedere Hunger Games con la mia twin e quando sono tornata a casa, ero troppo stanca per finire la fic. Non volevo arronzarla, non volevo e non potevo, ergo… Con questa finisce la Kurtofsky Week, che per me durerà all’infinito perché amo troppo Kurt e Dave insieme, ma dettagli. Voglio ringraziare tutti quelli che hanno reso questa settimana speciale, nonostante le varie intossicazionicoff coff – e che mi hanno recensito fedelmente. *alza le tre dita della mano a mo’ di Hunger Games* Vi amo! ♥

Dunque vi lascio un’ultima delirante fic fluffosa.

Un bacio a tutti.

Vale

 

~

 

Please, daddy!

 

 

 

Una bambina saltellò su un piede e poi su un altro, come se la sua fantasia le stesse proponendo un percorso avventuroso, al posto di un comune e banale marciapiede, e sogghignò quando parve sul punto di perdere l’equilibrio e cadere giù dal ponte di legno, sospeso nel bel mezzo di una cascata.

‹‹Fiuh, per un pelo›› bisbigliò, mentre i suoi papà la tenevano d’occhio, con una smorfia divertita dipinta sui loro volti, nel vederla giocare col suo mondo pieno di trappole e di tesori.

Lise era così, non come le altre bambine che se ne stavano sedute con le proprie bambole a fingere di sorseggiare del tè. Non che lei non ci giocasse, con le bambole. Le piaceva da matti vestirle in tutti i modi possibili. Si poteva dire che la sua Natasha possedesse più abiti che compagne con cui conversare ma, insomma, il fatto era che a Lise non piaceva per niente starsene ferma. Perciò, anche in una consueta visita al parco giochi, lei non andava a sedersi sull’altalena e a lasciarsi spingere da uno dei suoi papà, bensì doveva correre all’impazzata verso lo scivolo – il suo preferito – e salire e scendere da esso ripetutamente. I suoi genitori non riuscivano a spiegarsi come, dopo una giornata di intense scivolate, la piccola Elisabeth avesse ancora la forza di giocare, durante il percorso di ritorno a casa, ed era per il suo carattere esuberante che dovevano evitare di perderla di vista. Conoscendola, sarebbe sparita chissà dove, presa dalla sua avventura immaginaria, e…

‹‹David›› esclamò Kurt allarmato, al che il marito smise di fissarlo languidamente, come aveva fatto fino a quel momento, e aggrottò le sopracciglia con espressione interrogativa.

‹‹Mmh?››

‹‹Dov’è finita, Lise?››

Rimasero immobili per qualche secondo. Elisabeth, poco prima, stava camminando esattamente davanti a loro, non poteva essere scomparsa!

Kurt e Dave si rivolsero un’occhiata scioccata e successivamente iniziarono a chiamare il suo nome, in preda all’agitazione.

‹‹Elisabeth!››

‹‹Lise!››

‹‹Papà…?›› disse, con semplicità, la bambina, e i suoi papà si voltarono indietro, verso il punto in cui proveniva la voce. La bimba li fissava, senza comprendere appieno la loro preoccupazione, con le manine appiccicate ad una vetrina. La piccolina doveva essere stata incuriosita da qualcosa, in vendita in quel negozio, e chiaramente doveva essersi fermata a guardare.

‹‹Oh, sei qui… Meno male…›› sbuffò Dave, passandosi una mano tra i capelli.

Kurt lo rimproverò con lo sguardo, come se per colpa sua, dato che si era messo a lanciargli quelle occhiate, avessero rischiato di perderla; dopo di che si avvicinò a sua figlia e le chiese: ‹‹Cos’hai visto, tesoro?››.

Elisabeth spiaccicò la punta del suo indice sulla vetrina.

‹‹Non è tanto tanto carino, papi?›› chiese, con gli occhi che le luccicavano dall’emozione e le guanciotte rosa.

Kurt si chinò un po’ ed osservò ciò che aveva attirato l’attenzione della sua Lise.

‹‹Oh, zucchero, ma è bellissimo›› rispose lui e sul suo viso comparve un’espressione identica a quella della  bambina.

Dave si accostò a loro, proprio nel momento in cui la figlia aggiunse: ‹‹Lo possiamo prendere, papi?›› al che si impose di andare a fare il pater familias. Sapeva che Kurt avrebbe acconsentito a comprare anche la luna, pur di far felice Elisabeth – glielo leggeva in faccia – ma loro non potevano viziarla. Lo facevano già troppo spesso, sebbene Lise restasse ugualmente una bambina ammodo. Ma, ecco, dall’espressione di Kurt sembrava che stesse per assecondare il desiderio di Elisabeth di comprare… un gatto.

‹‹No, piccola, non possiamo›› disse Dave fermamente, precedendo suo marito che, dal canto suo, dischiuse le labbra, deluso da quella risposta.

‹‹Ma, papà, non lo vedi come ci guarda?›› esclamò Lise, appigliandosi alla tenerezza di quel cucciolo per riuscire a convincere il suo papà, ‹‹E poi ha il pelo tutto rosso. Potrei chiamarlo Lenticchia›› aggiunse poi, come se l’avere già un nome ne implicasse l’acquisto.

Dave deglutì all’espressione implorante della figlia e distolse lo sguardo da essa, posizionandolo sul marito, che lo squadrava truce, con le braccia incrociate al petto.

‹‹Amore, non possiamo. L’amministratore del palazzo ci farà un cu…›› si bloccò, ricordandosi della presenza di un paio di orecchie innocenti e si corresse, ‹‹Ci romperà le scatole››.

‹‹Ma è un cucciolo›› replicò Kurt.

‹‹Ma è comunque un gatto›› gli ricordò Dave, al che l’altro sospirò, iniziando ad avvicinarsi al marito, mentre la bambina tornava a fissare il gattino, con occhi sognanti.

‹‹Parleremo noi con l’amministratore›› sussurrò Kurt, passando una mano dietro la schiena di Dave e sistemando l’altra sul suo petto. Si sporse un po’ verso di lui e gli posò un bacio a fior di labbra.

‹‹Ti prego›› gli soffiò, facendo scivolare la mano su per il suo collo, con fare provocante, per poi baciarlo ancora e ancora.

Dave sospirò.

‹‹Sei scorretto›› bisbigliò, sorridendogli.

‹‹Lo so›› rispose Kurt, sfiorandogli il pomo d’Adamo con l’indice, ‹‹È per questo che mi ami››.

‹‹Perché sai come convincermi?›› chiese Dave.

‹‹Esatto›› ghignò l’altro, facendo spallucce.

‹‹Okay… Lise››.

La bambina si voltò, speranzosa, e Kurt era sicuro che non si fosse persa nemmeno una parola di quello che si erano detti. Elisabeth sapeva benissimo che, per quanto Dave sembrasse severo, aveva comunque un punto debole e quello, ovviamente, era Kurt.

‹‹Lo compriamo›› concluse Dave e sentì un peso in meno sul suo cuore quando sua figlia iniziò a saltellare contenta sul marciapiede.

‹‹Evviva, evviva!›› esultò, poi andò ad appiccicare di nuovo il nasino al vetro, ‹‹Hai sentito, Lenticchia? Vieni a casa con noi!››.

Kurt rise a quella scena, portandosi una mano davanti alle labbra, e poi strinse con l’altra quella del marito.

‹‹Grazie›› mormorò e Dave, a quel punto, gli diede un ultimo bacio, in risposta, prima di entrare nel negozio insieme a sua figlia.

 

Fine.

   
 
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