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Autore: Douglas    06/05/2012    1 recensioni
Rivistazione della storia della BBC. Dopo aver perso l'aereo John Watson decide di tornare a casa dalla sua famiglia invece di recarsi direttamente a Londra. Scherlock intanto si impegnerà al massimo per cacciare ogni conquilino che il fratello gli procura finchè un giorno, durante una rapina in banca, incontra un soldato che gli salva la vita.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non ho scelto io di nascere quindi lasciatemi vivere come mi pare” (J.D.M.)

 

Contemporaneamente a Londra...

 

Non ho dormito questa notte.

Per la verità e da più di un mese a questa parte che non chiudo occhio.

Credo che l'ultima volta che mi è accaduto sia stato dopo un caso particolarmente intricato, quando sono crollato sul divano mentre vagavo nel mio palazzo mentale: solo un fastidioso black-out in cui la mia mente perde la sua regolarità.

Non ho idea di chi o cosa sia l'Entità che mi ha creato, se veramente esiste un qualcosa di superiore all'uomo, ma sono sicuro con non sia lo stesso Creatore degli uomini comuni: dormire e mangiare sono fastidiose incombenze fisiologiche a cui farei volentieri a meno.

Saziarsi di misteri e grattacapi sarebbe per me un attività di certo più piacevole e gratificante.

Ora sono proprio qui, alle tre del mattino, al centro del salotto, con il mento appoggiato sul legno lucido dello Stradivari: è composto per lo più da cristalli minerali submicroscopici tali da specchiare perfettamente il taglio affilato dei miei occhi sulle intricate venature del legno.

Sfregando l'archetto e muovendomi freneticamente da una corda all'altra con gesti regolari produco note talmente acute da riuscire a svegliare il cane dei vicini.

Sorrido all'oscurità quando sento il suo abbaiare lontano che si spande nella notte caotica di Londra.

Mi sto impegnando a fondo per innervosire il mio coinquilino, il celebre professore Blaire dell'università di Londra, talmente a fondo che non stacco l'archetto dalle corde da più di un ora ormai.

Questo tizio è durato fin troppo a lungo per i miei gusti: mi ha infastidito sin dal momento in cui ha varcato la soglia del 221b di Baker Street con una cartellina fra le mani e le tonnellate di scartoffie nel furgoncino per i traslochi.

Credo che sia ormai l'ottavo coinquilino che caccio nell'arco di quest'anno: cosa posso farci se sono esigente?

Non sopporto: gli ignoranti, i bigotti, i superbi, gli avidi, i tradizionalisti, i pigri, gli ecologisti e i viziati e non tollero l'insistenza, la viltà e la lussuria di certe uomini e donne nei miei confronti...

Ovviamente il professor Marcus, oltre a ricalcare pienamente lo stereotipo dell'intellettuale snob che si crede chissà chi, è un uomo viscido e codardo sopra ogni limite.

Il colpo di grazia più significativo alla mia pazienza, mi è stato inferto proprio oggi pomeriggio quando, incurante dei miei studi, quell'idiota ha gettato il contenuto del frigorifero nel cestino: le provette contenenti i miei preziosi acidi, i veleni che mi erano costati letteralmente un occhio della testa e gli esperimenti empirici di anatomia che stavo analizzando.

Tutto gettato giù per il lavabo o dentro uno stupido cestino.

Una fitta d'odio lancinante mi colpisce lo stomaco e, quasi a stento, la reprimo in quell'angolo in cui ho esiliato le altre emozioni.

La rabbia, seppure gratificante, sta corrodendo la mia ferrea logica.

É questo che mi infastidisce di più: la sua mancanza di coraggio. Avrei preferito che mi insultasse in ogni modo possibile che fingere di essere sorpreso dell'accaduto.

Ho individuato subito la corrosione del polsino della camicia provocato dal contatto con l'acido muriatico e il suo imbroglio è pari ad un insulto alla mia genialità.

Di certo, avrei potuto tollerare alla signora Hudson la sua mancanza di buon gusto per la scelta di un tedioso professore d'università ma sono certo che conoscenze così illustri possono fare parte soltanto dell' elite di mio fratello Mycroft.

Si erano conosciuti a una delle festicciole private indette alla sfavillante villa Holmes, posseduta una volta dai nostri genitori e in cui io e Mycroft siamo nati e cresciuti.

La maggior parte degli invitati a questi party possiede numerosi conti fondi fiduciari sparsi per l'intero globo, piazzati in paradisi fiscali come le isole della Micronesia o della Polinesia.

Un professore d'Università, in mezzo a tale ricchezza, poteva essere benissimo scambiato per il più comune dei camerieri, eppure Marcus Blaire non è soltanto un semplice professore: insegna alla London School of Economy e, contemporaneamente, svolge studi economici nei confronti del Governo Britannico, lavoro procuratogli da potenti raccomandazioni derivanti dalle origini semi nobiliari della sua famiglia. Nel “tempo libero” si diletta a fare il ribassista per una nota casa farmaceutica conosciuta a livello europeo.

Noioso.

Scontato.

Banale.

Ma, sopratutto, arrogante e infinitamente vanitoso.

É amico di Mycroft e questo spiega tutto.

Per qualche secondo osservo le corde del violino e mi immagino che siano tese quanto i suoi nervi: visto la quantità superiore di scartoffie che si è portato a casa questo pomeriggio e il continuo squillare del suo cellulare accompagnato da tic nervosi all'occhio destro intervallati, a loro volta, da una sudorazione eccessiva a macchia, domani avrà una giornata impegnativa divisa fra l'Università, un importante comizio in cui sarà uno degli oratori principali e la borsa di Londra.

Anche io mi sto impegnando a fondo per sperimentare delle nuove tecniche compositive che mi frullano nella testa già da un po' di tempo ed è solo per puro caso che io abbia deciso di sperimentarle proprio questa notte.

Sarcasmo: fantastico condimento di una nottata scarna e rinsecchita.

Scherzi a parte, sono ormai deciso a cacciarlo di casa sopratutto perché a causa della sua frequente abitudine di paragonare la mia dirompente genialità con la sua mediocre intelligenza.

Nelle rare volte in cui mi rivolge la parola e io fingo di ascoltarlo visto la noia che assedia la mia fortezza mentale, lui non fa altro che affermare, con una certa insistenza, quanto possiamo essere simili io e lui: entrambi razionali, metodici, riflessivi ed affezionati al proprio lavoro a tal punto da dimenticare le relazioni con gli altri.

Io, ovviamente, non posso fare altro che dissentire.

Le nostre menti sono su piani completamente diversi: il mio cervello riesce ad arrivare ad una deduzione logica in pochi secondi senza alcun tipo di preparazione mentre lui ha sgobbato tutta la vita per sviluppare quel minimo di intelletto a cui è tanto affezionato.

Io avevo volutamente abbandonato i sentimenti perché mi erano d'intralcio mentre lui, con il suo fisico flaccido e l'aria da saputello, non aveva neppure avuto l'occasione di svilupparle.

Inoltre, anche se non lo dava a vedere, era in perpetua ricerca di un qualsiasi tipo di accettazione con il prossimo.

Se l'argomento finanziario fosse per me fonte sufficiente di interesse quanto un buon crimine, probabilmente avrei risolto la grave crisi finanziaria inglese nel giro di un'ora.

Quando lo affermavo, lui non sapeva far altro che esplodere in una grassa risata e cominciava a spiegarmi con paroloni inutili come politica economica, import e export o inflazione che era statisticamente impossibile che io ci riuscissi.

Un altro grosso affronto alla mia genialità che non avevo mai digerito: inutile sarebbe stato spiegare perché il fratello con il quoziente d'intelligenza più basso fosse un noto parlamentare inglese.

Al piano di sopra, intanto, sento il rumore lieve di una porta appena sbattuta e, dopo qualche secondo, lo scalpitio di passi pesanti e irregolari frusta l'aria producendo un rumore che mi risulta quasi comico.

Il professore, oltre che dai suoi pregiudizi e dalle inutili nozioni, è appesantito dalla sua massa corporea superiore alla media accumulata da anni di vita sedentaria.

Soffre di una dolorosa forma di scogliosi che lo sottopone ad interminabili mal di schiena e di una forma di diabete che gli ha fatto perdere numerose diottrie: lo si deduce sia dagli occhiali troppo spessi che non si toglie mai nell'arco di tutto il giorno e dalla difficoltà di sopportare la luce solare troppo intensa che va ad arrossargli le cornee.

Conto i gradini che lo separano dal salotto in cui mi trovo e, quando lo sento arrivare al penultimo , smetto di suonare.

Anche lui si blocca immobile in ascolto: se chiudo gli occhi riesco quasi a fargli un dipinto mentale azzeccato: il volto flaccido si riflette nella mia mente con la stessa precisione di uno specchio.

É immobile, con un piede già posato sul pavimento sull' ultimo gradino della scala: il destro, per la precisione, visto che è destrorso ( come ho appurato dalle traccie di burro lasciate su una fetta di pane) e ascolta i rumori provenienti dal salotto tenendo la mano sinistra appoggiata alla parete visto l'assenza del corrimano.

É sua abitudine utilizzarlo visto la sua massa grassa che spinge inevitabilmente verso il centro della Terra: la gravità con lui è implacabile.

Divertito, appoggio il violino e l'archetto sul tavolo del salotto e mi avvio in cucina fingendo di prendermi un bicchiere d'acqua: mi sembra che questa possa risultare una belle tipiche azioni di un soggetto che ha intenzione di coricarsi.

La lubrificazione delle vie aeree per una corretta respirazione notturna.

Fingo con la naturalezza di un attore professionista davanti ad un pubblico zitto ed estasiato.

Per convincerlo ulteriormente, apro la bocca in un credibile sbadiglio e sfrego il polpastrelli della mano destra sugli occhi come per scacciare la stanchezza via dalle palpebre pesanti.

Lo sento esitare qualche secondo, in attesa che io faccia rumore, per sgattaiolare di nuovo in camera sua; così traffico un secondo con qualcosa nel frigo lasciando che i suoi passi irregolari accompagnino il sbattere violento dei miei pensieri.

Caccio fuori la testa dal frigorifero soltanto quando lo sento avviarsi verso la sua camera da letto cercando d attutire il più possibile il rumore dei suoi passi alleggeriti appena dalle sue sofferenti ciabatte in pelo: sento il suo respiro, simile a quello di un cane in piena estate, calmarsi per qualche secondo e me lo immagino sospirare sollevato per aver evitato la sfuriata.

Teme la mia rigorosa logica a tal punto da evitare qualsiasi contatto diretto con me: cerca persino di evitare di incrociarmi in corridoio o in salotto approfittando delle ore in cui sono alla stazione di polizia di Scotland Yard a risolvere un caso.

Lo vedo dal suo viso paonazzo e dalla quantità di foglio poco usati gettati nel cestino, quanto lo infastidisce non avere la certezza assoluta di non vedermi a casa per orari prestabiliti: vive quasi nell'ansia di vedermi apparire da un momento all'altro in qualsiasi ora del giorno.

Se la sua morale glielo permettesse, se ne andrebbe in giro per Londra ad assassinare persone a caso per tenermi il più lontano possibile dal 221b.

Avrei già il colpevole in casa e ci mettere due secondi a stanarlo.

Non sarò io ad andarmene” penso con convinzione.

Un sorriso malvagio lievemente illuminato dal riflesso lunare mescolato alla luce giallognola di un lampione si disegna sul mio volto quando imbraccio il violino per la seconda volta in quella nottata.

Faccio un respiro profondo e chiudo gli occhi mentre nella mia mente appaiono svariati spartiti degli artisti più famosi: mi concentro sul suo preferito così faccio la scelta più banale fra di essi.

Sinfonia n.9 di Beethoven.

Scaldo per un secondo il braccio tenendo l'archetto ancora stretto fra le mani poi inizio la sonata strisciando la corda dell'archetto sulle altre e producendo suoni corposi e intensi: il ritmo parte lento poi, man mano, si fa sempre più veloce fino ad arrivare a livelli quasi epilettici.

Li seguo ben attento a non sbagliare nemmeno una nota e passando da una corda all'altra con movimenti fluidi: voglio che la sua disfatta sia perfetta.

La fronte mi si imperla di sudore dopo solo qualche minuto e sento i ricci appiccicarcisi sopra come se fossero interamente coperte di colla, mentre quelli rimasti negli strati più esterni frustano l'aria con vigore.

Finalmente le sento: le molle del materasso si piegano dolorosamente sotto il suo dolce peso ma tornano nella posizione di prima con un clangore metallico sinistro in pochi secondi.

É furioso anzi totalmente imbestialito:bene, sarà più divertente vederlo combattere fra la rabbia e lo sgomento

Scende i gradini quasi correndo e si ferma di nuovo sul penultimo per prendere fiato: rimane fermo qualche secondo di più dietro la porta, anche quando il suo respiro si è regolarizzando: sta preparando una frase ad effetto che sia capace sia di farmi capire quanto è arrabbiato sia che sia capace mantenermi calmo.

Dopo qualche secondo la porta del soggiorno scricchiola e lui ci scivola dentro velocemente: - permette una parola signor. Holmes?- esclama lui conciso: la sua frase è chiara ed arriva alle mie orecchie in pochi secondi.

Fingo, per l'ennesima volta, di essere coinvolto dalla melodia e,voltandogli le spalle, ondeggio a tempo di musica per prenderlo in giro.

Questo gesto non deve essere troppo di suo gradimento perché mi gira attorno, arrivandomi a due centimetri dal naso e ripete la frase precedente lasciando che le parole stridano sui denti.

-Sto componendo- affermo senza guardarlo in faccia: questa potrebbe essere interpretato come un altro azzardo a livello morale: sto sottovalutando la sua intelligenza, ciò che lui è più affezionato. -Lei non sta componendo, questa è una sinfonia n.9 di Beethoven.- nocche delle mani sbiancate, pupille dilatate, viso paonazzo e fatica a reprimere le urla: sta avendo una specie di attacco di rabbia perché sta facendo quello che non avrebbe mai osato fare in vita sua ossia urlami addosso.

-si sbaglia- esclamo elusivo e con qualche accorgimento la trasformo totalmente fino a renderla quasi irriconoscibile.

-la smetta immediatamente di suonare e mi dia retta per una buona volta. Altrimenti sarei capace di varcare immediatamente quella soglia senza pagarle la mia parte dell'affitto di questo mese- esclama lui tutto di un fiato.

Lascio incompleta la melodia che ho appena creato e poso il violino sul tavolino mentre lui sorride estasiato: crede di avermi in pugno con la storia dell'affitto e vede chiaramente la possibilità di rimandare la sua fuga.

Quanto si sbaglia.

Visto che a Londra il crimine non dorme mai, questo mese sono riuscito a racimolare abbastanza denaro da pagare l'affitto per entrambi senza fare tagli al mio budget, quindi questa mia improvvisa sottomissione e data dal fatto che ho voglia di fargli credere che gli stia veramente dando corda.

Senza molto ritegno, mi stendo sul divano fissandolo in maniera eloquente e divertita: scruto le macchie di sudore e il tremolio della mascella con un certo piacere.

-La prego, mi illumini- esclamo alla fine del mio esame: userò sempre questo tono sarcastico per parlargli così si sentirà sempre a disagio.

-Questa situazione sta diventando insostenibile...- comincia così il suo discorso, usando parole degne di un comizio elettorale di un qualsiasi partito ellettorale e continua illustrandomi le mie continue “disattenzioni”, come le chiama lui: i resti umani nel frigorifero, il violino alle ore più improponibili della notte, gli acidi incolore nei bicchieri e la totale mancanza di cooperazione nelle faccende di casa.

Lo lascio parlare mentre osservo lo smile giallo disegnato sulla parete a fianco del caminetto sorridermi e gliene restituisco uno più sarcastico.

-mi sta ascoltando signor...- esclama strattonandomi una spalla, mi tocca, senza il mio permesso e questo segna esattamente il suo punto di non ritorno.

-No, ho solo seguito l'ultima parte in cui lei mi imponeva di cambiare atteggiamento. Non lo farò se lei vuole proprio saperlo. Non lo farò per un uomo che calpesta il mio duro lavoro gettandolo giù per un lavandino. Lei non sa quante sono state le volte in cui avrei potuto casualmente lasciar cadere un po' di acido sul suo portatile ma non l'ho mai fatto- dico lasciando che finalmente le parole sgorghino dalla mia bocca come un fiume in piena.

Rimane qualche secondo stupito dalla mia franchezza ma non si pente per ciò che ha fatto.

-a questo punto, l'unica soluzione possibile sarebbe che uno di noi due se ne vada- borbotta indispettito.

-Uno di noi due?- domando con un tono stupito poco credibile lievemente crepato da una risata.

Lui mi fissa confuso ma dopo qualche secondo capisce tutto e la sua espressione diventa contrariata.

-Sarò io a dovermene andare. Non è vero?- domanda alla fine sapendo già quale sarà la ,mia Gerarchia cronologica, signor. Blaire. Ma non si preoccupi ho già pagato l'affitto di questo mese per entrambi e le affittato una camera in un hotel di lusso in centro. Il taxi arriverà tra qualche minuto quindi le consiglio di sbrigarsi...- esclamo andandomi a prendere il libro di anatomia che avevo lasciato in sospeso.

Gli do le spalle e per me è già come se fosse sparito dall'appartamento.

Mi fissa incredulo per qualche secondo.

-Cinico stronzo...- bisbiglia quando lascia il salotto e si avvia nella sua camera per preparare la valigia.

Fa in fretta, ansioso di lasciarmi dietro alle spalle come un qualcosa di vecchio e scomodo, e quando ritorna in cucina, attraversa il salotto a passo di marcia e sbatte la porta sonoramente.

Lo lascio uscire definitivamente dal 221b di Baker Street poi corro alla finestra e osservo il taxi svoltare all'angolo dietro un palazzo.

  
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