CAPITOLO VIII
ALLA RICERCA DEL PRINCIPE
Una goccia di rugiada fresca lottava contro i primi raggi mattutini, che
seppur timidi già scaldavano il sottobosco di Sephiro e tutte le creature
magiche che lo popolavano. D’improvviso la fogliolina su cui la trasparente
perla si era formata nella notte, si chinò sul suo stelo lasciando che la stessa
si irradiasse lungo le sue nervature, per ricadere come sottile pioggia su un
piccolo insetto che li sotto aveva trovato
riparo.
Poco più in là un altro fascio luminoso colpiva un intreccio di edera che
risaliva sul dorso di una piccola collina, ma non ne restava avvinto, riuscendo
a penetrare oltre, nel piccolo anfratto che si nascondeva sotto il verde
manto.
Lì due persone avevano trovato riparo, e non solo per proteggersi dalle
fredde temperature della notte, ma anche per evitare che un furente comandante
potesse comparire d’improvviso nei loro
sogni.
Anemone aprì gli occhi per richiuderli immediatamente: erano ancora
troppo abituati alle tenebre e all’oscurità di quel piccolo riparo che lei e il
suo nuovo compagno d’avventure avevano
trovato.
Provò di nuovo a tirare su le palpebre: vide così il piccolo Yaris che
dormiva ancora profondamente, con la maglietta che gli era venuta su
lasciandogli buona parte della pancia in bella vista e nella mano stretta la
cinghia con cui si legava sulla schiena la spada, come per tenersi pronto a
brandire la sua arma per fronteggiare qualsiasi indesiderato ospite notturno
potesse presentarsi.
Lentamente si alzò e districandosi dal reticolo di foglie che
evidentemente aveva fatto buona guardia, uscì
dall’antro.
L’aria fresca e profumata arrivò fino ai suoi polmoni, per conferirle
nuovo vigore ed energia; il cielo era di un azzurro intenso, più carico e deciso
di quel timido celeste dei firmamenti estivi della Terra; e già si udivano gli
esseri viventi del pianeta che iniziavano la propria
giornata.
“Buongiorno” fece una voce ancora impastata dal sonno dietro di
lei.
Si voltò. Il piccolo Yaris sembrava un folletto uscito dalle favole dei
fratelli Grimm, con la sua folta chioma arruffata e i vestiti stropicciati,
mentre con le mani si sfregava gli occhi che non volevano saperne di
aprirsi.
“Buongiorno a te” fece sorridente la
ragazza.
Si sentiva decisamente più serena… molto più di poche ore prima, quando
fra le lacrime e i sensi di colpa si era addormentata sulla fredda roccia che
quel riparo aveva offerto loro.
Raccolsero dagli alberi carichi di frutta, la loro prima
colazione.
Mentre Anemone, a piccoli morsi, terminava il dolce pasto, Yaris
controllava la mappa che aveva sottratto a Xato nella sua incursione alla
locanda.
“Hai idea di dove dobbiamo cominciare le ricerche?” chiese cauta la
ragazza.
Yaris ruotò un paio di volte la cartina: “Beh… effettivamente… facendo un
rapido calcolo delle possibilità… mmh… sì dovrebbe essere
così…”.
“Allora?” chiese ansiosa.
“Ecco… in verità non ho la
minima idea da dove cominciare!” fece nascondendo il volto dietro la
pergamena.
Quando la abbassò, credendo di incrociare un viso arrabbiato, si ritrovò
di fronte a due grandi occhi verdi sorridenti: “Beh allora dovremo farci guidare
dall’istinto e sperare di trovare la via giusta!” fece incrociando le dita, pur
sapendo che quel gesto forse non voleva dir nulla per il
ragazzino.
“Dunque…” cominciò, afferrando delicatamente la cartina che Yaris aveva
in mano e portandola al centro in modo che entrambi potessero leggerla “per quel
che ne so l’ultimo posto in cui Ferio è stato avvistato è Basora. Xato ha detto di voler andare
a Fenora per rafforzarne le difese in caso di assalti alla città, il che vuol
dire che immaginava che lui fosse ancora nei paraggi. Quindi dovremmo
avvicinarci a questa zona e nella prima città chiedere un po’ in giro sue
notizie. Che ne dici?” gli chiese, alzando gli occhi dalla
cartina.
“Mi sembra chiaro ormai che cerchi il principe per chiarire questioni
sentimentali!”
Le gote della ragazza presero fuoco. Quel ragazzino riusciva sempre a
spiazzarla e imbarazzarla con le sue domande a bruciapelo, a metà fra
l’innocente e il malizioso.
“Mi avevi preso per scemo… tutte quelle lagne con le tue amiche… sul
doverlo incontrare…capire la verità… quanto conti ancora per lui…non è che ci
voleva un indovino… e poi parli del principe chiamandolo per nome… mi pare ovvio
che eravate abbastanza in confidenza…”
Anemone si strinse nelle spalle.
“E poi…”
“E poi?” chiese, quasi allarmata per quello che Yaris avrebbe
aggiunto.
“E poi quando si parla del principe ti si accende un luccichio negli
occhi..” disse con aria quasi disgustata.
“Quindi si vede così tanto?” fece rassegnata alla risposta che sapeva le
avrebbe dato il piccolo combattente.
Tutti i tentativi che aveva fatto per cercare di soffocare i suoi
sentimenti erano chiaramente stati ancor più vani di quanto potesse
immaginare.
“Beh diciamo che se ti mettessi ad urlare Ferio ti amo per tutto il
bosco, sarebbe più o meno la stessa cosa… almeno può darsi così spunta fuori e
noi non dobbiamo far troppa fatica a cercarlo!”
Si misero in marcia.
Basora, ormai distrutta, Fenora che presto le
sue amiche avrebbero raggiunto, e Kabalà verso cui Xato aveva detto di volersi
dirigere una volta sistemate le cose a Fenora, formavano i vertici di un
triangolo, quasi equilatero.
Certo era, però, che calcolare le distanze in termini di giorni di
marcia, non sarebbe stato facile.
Per di più loro avrebbero dovuto tenersi a distanza dalle città in
questione, per evitare di imbattersi di nuovo nel
comandante.
Seguendo le indicazioni della cartina, Anemone e Yaris imboccarono un
sentiero che tagliava per la foresta, risalendo il corso di un
fiume.
“Yaris senti… ma i tuoi genitori non saranno in pensiero” disse,
ponendogli una mano sulla spalla.
Il ragazzino si fermò di scatto assumendo un’aria contrariata, mantenendo
lo sguardo basso: “Mi è sembrato di essere stato chiaro… cerchiamo tutt’e due il
principe, ma senza far domande..”
Vedendo il viso contratto di Yaris, Anemone capì che avrebbe fatto meglio a
tenere la bocca chiusa: “D’accordo… scusami, non volevo
impicciarmi”.
Il cammino proseguì in silenzio, solo il cicaleccio degli insetti di
Sephiro accompagnava il viaggio dei due; Yaris avanti, Anemone poco più
dietro.
Quest’ultima cercava di cogliere un qualche particolare che potesse
evocare ricordi passati, di quelle lunghe traversate per il regno al fine di
trovare e risvegliare i geni managuerrieri. Ma per quanto si sforzasse, nessun
albero, cespuglio o ruscello gli sembrava diverso da quelli che aveva appena
superato.
Raggiunta la cima di una collina scorsero quello che doveva essere un
piccolo borgo, sicuramente abitato, perché dai comignoli si scorgeva chiaramente
fumo proveniente dai forni e dai camini.
“Yaris che città è, secondo te?”
Il bambino osservò meglio la cartina: “Non è segnata vedi” fece
permettendole di guardare “forse è troppo piccola, però più o meno in quella
direzione dovrebbe sorgere Fenora, a circa un giorno di marcia” indicando col
dito a mezz’aria, alla destra di Anemone.
Ridiscesero la vallata.
Avrebbero iniziato le proprie ricerche da lì, sperando che qualcuno
potesse fornire indizi utili.
Distanti a poco meno di un
giorno di cammino, altri viaggiatori si apprestavano a far ingresso nella
roccaforte di Fenora.
“Luce… Anemone starà bene vero, non abbiamo sbagliato a lasciarla andar
via da sola… o meglio come se fosse sola… capirai a quanto vale quel
marmocchio!”
Luce, accigliandosi guardò l’amica minacciosa: “Non le devi pensare
queste cose… Anemone è un cavaliere magico e una ragazza molto giudiziosa… sono
sicura che sta bene e non le accadrà nulla di
male!”
“Speriamo” ribattè un po’ rincuorata Marina. “Ma hai visto Xato com’è
nervoso… sembra non abbia digerito molto il fatto che Anemone non sia più qui
con noi… e meno male che noi gli abbiamo detto di non essere riuscite a
trovarla, altrimenti sai che storie ci
faceva…”
“Già… hai proprio ragione” aggiunse Luce “comunque fra non molto dovremmo
raggiungere Fenora e rivedere finalmente Presea… ho proprio bisogno di ritrovare
un volto amico…”
“Già… è un letto comodo, quello alla locanda ha finito di piegare le mie
povere ossicine”
Yaris e Anemone erano ormai quasi giunti alle porte della
città.
Il ragazzino cominciò ad aumentare il passo, forse desideroso di
raggiungere il centro abitato, ma d’improvviso si sentì tirare per un braccio.
“Hey ma…” a stento farfugliò mentre veniva trascinato dietro un
albero.
“Sssst…”
Anemone gli aveva tappato la bocca con una mano per impedirgli di
emettere alcun suono, e nel contempo cercava di scorgere in lontananza, da
dietro la grande quercia, quanto aveva messo in allerta i suoi
sensi.
Uno scalpitio di zoccoli sul selciato si avvicinava a loro. Anche Yaris
cominciò ad udirlo distintamente.
Tre uomini con mantelli neri che li ricoprivano fino al volto passarono
veloci in sella ai loro destrieri, sollevando una nube di polveri e di
ciottoli.
Passato il pericolo, Anemone liberò le labbra del ragazzino: “Hai idea di
chi fossero, Yaris?”
Ma la risposta fu vederlo tremare di un fremito misto di rabbia e paura,
mentre i suoi occhi si stringevano per impedire alle lacrime di salire in
superficie.
E senza dir nulla, cominciò a correre nella direzione da cui erano
spuntati quegli ignoti cavalieri.
“Yaris aspetta…” Anemone non poteva far altro che seguirlo e quando
furono vicini alla prima abitazione della città, lo vide acquattarsi dietro una
siepe, cercando di ricavarsi una visuale che gli permettesse di scorgere più in
là, quello che succedeva in quella piccola e silenziosa
cittadina.
“Yaris, ma…”
“Fa silenzio!” fu l’ordine autoritario che zittì la
ragazza.
Yaris, cominciò circospetto a sgusciare dietro ogni riparo che potesse
fargli da scudo, cercando, evidentemente di entrare nella città senza dare
nell’occhio. E Anemone prudente lo seguiva guardandosi le
spalle.
E quando dal retro di una casa, si stavano spostando in un viottolo
secondario, la ragazza vide il bambino fare immediatamente retro front e
gettarsi, trascinandosela dietro, a tergo di una grande
botte.
Altri due neri cavalieri gli
passarono avanti, parlottando fra di loro, e giusto la prontezza di Yaris, aveva
impedito che se li ritrovassero faccia a
faccia.
Dopodichè da una viuzza all’altra, sgattaiolando circospetti, si
avvicinarono al centro della città.
Nella piazza un gruppo di uomini aveva formato un cerchio attorno a due
persone.
“Allora vuoi dirmi quello che vogliamo sapere o devo farti
fuori”
Uno di quei neri cavalieri puntava la sua spada al collo di un uomo
inginocchiato al suo cospetto. Quest’ultimo, con sguardo basso ma dignitoso,
restava nel suo mutismo.
Una donna poco più in là piangeva, stringendo nelle braccia un
bambino.
“Maledetti” sibilò Yaris.
“Ma chi sono?” insistette per l’ennesima volta
Anemone.
“Sono stati loro… a distruggere il mio villaggio” e così dicendo
stringeva il fodero della sua spada, così forte che era ormai bianca come un
cencio, segno che il sangue non affluiva
più.
Il cuore di Anemone, nel vedere così il piccolo compagno di viaggio e per
il timore che incutevano quelle losche figure, prese a battere
vorticosamente.
Ma soprattutto perché credeva possibile che sotto uno di quei mantelli,
potesse nascondersi la persona nobile e generosa che amava e che mai avrebbe
pensato potesse brandire un’arma contro un
inerme.
Sentiva di nuovo d’improvviso le forze che scemavano.
- CONTINUA -
Chiedo scusa per l’enorme ritardo, specie a te Kirby che recensisci sempre la mia
storia…
Per Miki: sono contenta che
ti piaccia, abbi pazienza … cercherò di non farti aspettare
troppo.