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Autore: micRobs    08/05/2012    6 recensioni
Sebastian/Thad | Mini-Long | Slash/AU | Introspettivo/Romantico |
Se potessi rivivere lo stesso giorno all'infinito, cosa cambieresti?
Sebastian non lo sa, pensa solo che sia una gran scocciatura e che probabilmente il karma ha solo trovato un altro modo divertente e creativo per passare il tempo. Le cose però non sono mai come ci si aspetta e Sebastian si troverà presto a fare i conti con la stupidità umana (la sua) e con una serie di imprevisti che proprio non aveva preso in considerazione (i Warblers).
Dal capitolo 2 : "Vi era qualcosa che continuava a non tornare in tutta quella faccenda.
E Sebastian non si riferiva solo al fatto che sapeva esattamente quali domande sarebbero uscite al compito di biologia.
Voltò il foglio freneticamente, cercando un indizio che gli facesse iniziare a sperare di non essere completamente uscito di testa.
Vi era un’unica, ultima, speranza alla quale appellarsi."
...hope you like it!
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stuck 2 Pairing: Sebastian/Thad
Genere: Sentimentale/Romantico/Generale/Introspettivo/Commedia/Sovrannaturale (?)
Rating: Verde
Avvertimenti: Slash/Mini-Long/AU
Capitoli: 2/7
Note D’autore: Alla fine.
Note di Betaggio: L’intera storia è stata puntigliosamente betata dalla straordinaria Vale a cui vanno tutti i miei ringraziamenti!
Solito ringraziamento a SereILU per essere l’autrice del meraviglioso banner di questa storia!




                                               *o*






Capitolo 2.

Una volta Sebastian aveva fatto sesso con una ragazza. Insomma, “fare sesso” era un’espressione esagerata. Diciamo che si era infilato dentro di lei e poi si era comportato esattamente come se lei fosse un uomo. Era stato tutto molto umido e… rumoroso e fin troppo veloce. Sebastian non ricordava neanche che faccia avesse lei, ma aveva ben impressa l’espressione basita di suo cugino quando gli aveva comunicato di aver raggiunto e superato la terza base.
Era stata un’esperienza strana e assolutamente da non ripetere. Si era sentito come se si trovasse nel posto sbagliato al momento sbagliato ed era una sensazione disagevole ed inappropriata. Inutile dire che dopo quello aveva avuto l’assoluta certezza di essere gay, se mai ne avesse avuto qualche dubbio.
Comunque, era stata forse l’esperienza più deprimente e angosciante della sua vita, ma era nulla in confronto a ciò che gli stava accadendo in quel momento.
Perché si trovava nell’aula di storia e Jordan era di nuovo interrogato e di nuovo non ricordava la data della distruzione di Pearl Harbor.
Le cose erano due. O Jordan era un idiota (come gli stava di nuovo facendo notare il professore) oppure tutta la scuola si era mobilitata per giocargli il più diabolico degli scherzi. O lui stava impazzendo, terza opzione ma assolutamente non ponderabile.
Decidere di non credere ad Harwood si era rivelato completamente inutile quando la prima campanella era suonata ricordando loro che entro mezz’ora sarebbero iniziate le lezioni.
Si era visto costretto ad alzarsi e prepararsi, assecondando quella follia collettiva che non riusciva a spiegarsi. L’unica soluzione plausibile che era riuscito a trovare consisteva nel convincersi che si fosse trattato di un sogno e che lui in realtà non aveva mai vissuto quel giorno. Ecco spiegato perché sembrasse l’unico a preoccuparsi del fatto che, con ogni logica, avrebbe dovuto essere Sabato.
Inutile dire che l’ipotesi del sogno si era screditata da sola non appena David gli aveva annunciato che la riunione dei Warblers era stata anticipata. Quella non poteva essere una coincidenza e neanche tutta la discussione che ne era seguita.
La giornata era iniziata da neanche due ore e Sebastian aveva già la testa che gli girava. Grandioso.
«David» chiamò sottovoce.
Quello si voltò con un’espressione stizzita in viso – sì, David era di nuovo il suo compagno di banco. «Dimmi, Sebastian» bisbigliò in risposta.
«Che giorno è oggi?» Buttò lì.
David aggrottò la fronte rivolgendogli un’occhiata scettica. «È il 16 marzo» rispose, dubbioso.
Sebastian sbuffò. Rivolse un’occhiata al professore, ancora intento a ricordare nuovamente a Jordan quanto fosse inetto, prima di proseguire. «Intendevo che giorno della settimana è» specificò.
Se David pensò che Sebastian fosse impazzito, non lo diede a vedere. Si limitò ad alzare un sopracciglio e a rispondere un concitato «Venerdì?» che fece deprimere maggiormente Sebastian.
Quest’ultimo si voltò nuovamente verso la cattedra, annuendo leggermente e cercando di non pensare a quanto sembrasse sempre più reale e concreta la terza opzione.


Vi era qualcosa che continuava a non tornare in tutta quella faccenda.
E Sebastian non si riferiva solo al fatto che sapeva esattamente quali domande sarebbero uscite al compito di biologia.
Voltò il foglio freneticamente, cercando un indizio che gli facesse iniziare a sperare di non essere completamente uscito di testa.
Vi era un’unica, ultima, speranza alla quale appellarsi.
Siccome ormai aveva assodato che non poteva aver già sognato quel giorno, ciò che rimaneva era che probabilmente stava sognando un giorno già vissuto.
Era un ragionamento assurdo e, come se non bastasse, non riusciva a capacitarsi del fatto che il suo subconscio doveva essere davvero alla frutta per giocargli un tiro così meschino.
Eppure non poteva che essere così, non vi erano altre spiegazioni.
Sospirò, rassegnandosi a quella ridicola messa in scena del suo cervello e sperando che almeno finisse presto. Era come guardare un film già visto: sai già cosa accadrà e non hai più motivo per essere in ansia o farti delle aspettative. Era noioso.
«Smythe.»
No, Duvall no.
Si impose di non rispondere per evitare di veder andare in fumo quel po’ di autocontrollo che ancora gli era rimasto e continuò a concentrarsi sul foglio di carta che si ritrovava a riempire per inerzia.
«Smythe» ripeté Nick, puntellandogli il gomito con la penna.
«Cosa diavolo vuoi, Duvall?»
Ed era assurdo perché lui sapeva esattamente cosa Nick volesse, eppure non aveva potuto fare a meno di sentirsi obbligato a domandarglielo, dal momento che lo aveva già fatto e che sapeva di doverlo fare.
Che cos’è il peritoneo?
«Che cos’è il peritoneo?»
Sarebbe stata una giornata infernale.
«È ciò che ti arriverà in bocca tra due minuti se non taci.»
E di nuovo, aveva parlato sapendo di doverlo fare e di dover assecondare Duvall nel suo discorso delirante. Come se Nick gli avesse servito la battuta di un copione già studiato e lui avesse dovuto per forza rispondere così perché così era scritto.
L’ultima cosa che notò, prima che la campanella suonasse, fu la gamba di Thad che tamburellava freneticamente a terra. Di nuovo. E di nuovo non poté fare a meno di pensare che Thad sembrava davvero in difficoltà.
Si alzò in piedi, fiondandosi fuori dall’aula con il preciso intento di sfuggire al placcaggio degli altri Warblers per evitare eventuali siparietti spiacevoli. A quanto sembrava però, quella giornata surreale, era stata programmata per essere identica a quella precedente, così non poté evitare di imbattersi in David e in tutti gli altri diretti a mensa.
Dovette ammettere, comunque, che per essere un sogno era davvero realistico. Di solito non era così padrone di se stesso e delle sue azioni; di solito non poteva controllare i suoi comportamenti, riflettere o pensare alcunché. Era un sogno ben strutturato dopotutto. Si congratulò con la sua mente intanto che David procedeva nell’illustrargli i futuri programmi dei Warblers. Come se non li sapesse già.
«…e quindi ci ho provato due volte ma alla fine ho dovuto lasciare perdere perché il coso di vetro continuava a non volersi muovere ed io avevo fame.»
Cristo, Sterling, ancora?
«Io non l’ho mai capito quell’affare» disse Trent, «come fa a piacerti, Jeff?»
Ecco, pensò Sebastian, ci risiamo.
Quello scrollò le spalle, «mi rilassa e mi aiuta a scaricare lo stress» spiegò.
«Puoi prendere a pugni Duvall» propose Sebastian. «Almeno la smetterebbe di importunarmi.»
E ancora, le parole lasciarono le sue labbra prima che lui riuscisse a decidere di pensare ad altro. Però aveva assodato che aveva pieno possesso delle sue facoltà mentali, per quale motivo allora non riusciva a controllare ciò che diceva?
«Se tu fossi un po’ meno stronzo e pieno di te, magari non ci sarebbe bisogno di importunarti» ribatté Nick.
«Ma se io fossi un po’ meno stronzo e pieno di me, non sarei quello che sono e tu non avresti alcun motivo di importunarmi.»
«Mi gira la testa» ammise Jeff.
«Probabilmente hai esagerato con l’ossigenazione» commentò Sebastian pensando che, purtroppo, la testa girava anche a lui.
E non vi era modo per cambiare quel benedetto discorso. Loro servivano la battuta e Sebastian si ritrovava a rispondere esattamente come aveva già fatto e come sapeva di dover fare.
Ascoltò distrattamente Flint cercare di portare l’ordine tra di loro, Jeff chiedere a Thad se sarebbe stato dei loro il giorno dopo e Thad rispondere affermativamente e con entusiasmo.
E poi di nuovo, una provocazione da parte di Sterling e Sebastian che si ritrovava battibeccare con lui e a rispondere a David e a Nick, di nuovo.
Ed era noioso, era maledettamente noioso e asfissiante.
Sapere di avere il controllo sui propri pensieri ma non poter esercitare lo stesso potere sulle proprie parole e le proprie azioni.
Sperò con tutto il cuore che il suo cervello decidesse presto di porre fine a quella ridicola farsa e di passare a qualcosa di più interessante. Oppure che la stanza andasse a fuoco e Thad lo svegliasse urlando.
Qualunque cosa, ma non quello strazio.


Non vi era un modo piacevole di mandare giù la pillola. Sebastian se ne era reso conto nel momento esatto in cui Jeff aveva iniziato a ballare.
Si era rassegnato a dover prendere parte nuovamente alla riunione dei Warblers, senza poter fare nulla per sottrarsi a quella tortura indesiderata.
«Sarebbe divertente se la prossima volta facessimo dei provini seri per decidere il solista delle competizioni» buttò lì Trent.
Sebastian si voltò a guardarlo esasperato. «Seri?» Domandò retorico. «Quelli fatti fino ad ora cos’erano? Gare di freccette?»
Dovette ammettere, però, che quell’insinuazione lo aveva fatto arrabbiare davvero e che, con ogni probabilità, avrebbe risposto così anche se le sue parole non fossero state dotate di vita propria.
Difendere il suo ruolo da solista dalle frecciatine di Sterling e Duvall non era esattamente il modo in cui aveva intenzione di impiegare il pomeriggio, a maggior ragione se poteva prevedere quasi con esattezza cosa avrebbero detto in ogni momento. Era frustrante ed era decisamente inutile stare a litigare con loro quando poteva tranquillamente svegliarsi e godersi il suo weekend di meritato risposo.
«Ma se non sbaglio le Regionali le abbiamo perse comunque» gli fece notare Thad.
E Thad sembrava ancora avercela con lui per dei motivi apparentemente ignoti. E di nuovo Sebastian ebbe l’impressione che non fosse solo quella la motivazione del risentimento e dell’astio che gli sporcavano la voce. Anche in relazione alla litigata che avrebbero avuto di lì a poche ore, la reazione di Thad era decisamente eccessiva e Sebastian non aveva né la voglia né il motivo di mettersi a sindacare e a fare supposizioni azzardate su quale fosse il vero problema di fondo.
Si voltò a guardarlo, assottigliando gli occhi. «Forse il problema è che siete voi a non riuscire a starmi dietro» rispose stancamente.
E sapeva ciò che Thad stava per obiettare e sapeva ciò che lui stava per rispondere perché era inevitabile discutere con Thad. Era inevitabile rispondere alle sue insinuazioni, così come gli era impossibile non provocarlo. E non era neanche il fatto che con ogni probabilità le parole gli sarebbero venute fuori comunque in quel modo, era proprio una questione di principio. Il volergli rispondere e il dovergli rispondere a tutti i costi in quel modo.
«Io almeno ce l’ho un cervello, Harwood, ed evito di utilizzarlo a sproposito.»
Vero, il suo cervello era molto più fantasioso e si divertiva di gran lunga a fargli vivere un maledetto déjà-vu dalla durata chilometrica senza una ragione apparente.
Si passò una mano sul viso, convincendosi che mancava poco e che poi, finalmente, avrebbe riaperto gli occhi con l’intenzione di non chiuderli mai più se rischiava di andare di nuovo incontro a tutto quello.
Quando i ragazzi annunciarono la fine della riunione, Sebastian si alzò e, assecondando il suo cervello, si recò direttamente in biblioteca a consegnare di nuovo quel maledetto libro.
Nella sua mente la consolazione che finalmente mancava solo l’ultimo atto a porre fine a quella ridicola commedia e che, sapendo già a cosa andava incontro, avrebbe avuto un vantaggio non indifferente su Harwood.
Almeno si sarebbe svegliato di buon umore.

 
Fissò la porta della camera per una manciata di secondi, preparandosi a ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Non aveva senso procrastinare, ma l’idea di dover ascoltare di nuovo Thad dargli dell’egoista lo mandava in bestia. Meglio arrivare preparati, dal momento che questa volta doveva obbligatoriamente trovare un modo per avere l’ultima parola. Ecco, anche questo lo infastidiva. L’idea di dover rivivere quella scena allo stesso modo della volta precedente implicava che, seppur in minima parte, ne sarebbe uscito sconfitto. E la cosa era inconcepibile.
Sospirò, abbassando la maniglia e lasciandosi ingabbiare da quella cappa di profumo e calore che regnava sovrana in quella stanza.
«Magari la prossima volta porta un paio di patate e qualche cetriolo con te, almeno la zuppa saprà di qualcosa di decente.»  
E non avrebbe voluto iniziarla così la conversazione ma, davvero, a che temperatura usava l’acqua quello lì? Se stava cercando di ustionarsi era decisamente sulla giusta via.
Thad non rispose. Si limitò ad afferrare un libro dalla scrivania e a stendersi sul letto. Di nuovo.
Sebastian roteò gli occhi, assecondando i suoi piedi e dirigendosi in bagno con l’intenzione di farsi una doccia rilassante. Insomma, era esattamente quello che doveva fare, no?
Quando uscì dal bagno non si stupì di trovare l’altro esattamente come lo aveva lasciato. Ma che problema aveva?
Prima lo attaccava come se fosse il Nemico Pubblico Numero 1 e poi si barricava dietro un improvvisato muro del silenzio facendo la parte dell’indifferente?
«Hai perso la voglia di fare lo spiritoso?» Domandò, iniziando distrattamente a vestirsi per la notte.
«Qual è il tuo problema, Sebastian?»
Sebastian ghignò. Rispondergli era così maledettamente semplice.
«Il mio problema, al momento, sei tu.»
Eppure era quella la parte più divertente: lui sapeva esattamente cosa Thad stava per rispondere, mentre Thad non aveva la minima idea di quello a cui andava incontro rispondendogli in quel determinato modo. Era esaltante, Dio se lo era. Sapere di avere il completo controllo sulla conversazione e sulla situazione. Un parte di lui gli ricordò che non era affatto in pieno possesso delle redini di quella storia, dal momento che sembrava destinata a svolgersi esattamente nello stesso identico modo della volta precedente, ma Sebastian si costrinse a zittirla perché il vedere Thad in difficoltà era già abbastanza appagante. Gli avrebbe fatto pagare il giorno dopo l’arroganza di aver avuto l’ultima parola.
«Okay» ribatté Thad, «perfetto. Tornatene sul tuo piedistallo dorato e smettila di respirare la mia aria infetta.»
Era inutile. Quelle parole trasudavano ostilità e rancore da ogni poro e per quanto si sforzasse non riusciva proprio a ricordare di aver offeso Harwood in maniera tale da meritare tutto quell’accanimento nei suoi confronti.
«Si può sapere qual è il tuo di problema?» Sbottò, sinceramente interessato.
E poco importava che Thad gli avrebbe risposto che al momento il suo problema era lui. Aveva bisogno di una giustificazione sensata a quell’avversione che non sentiva di meritare.
‹‹Beh» ragionò Sebastian, «io sono il problema di tutti, a quanto pare, ma tu di solito non te la prendi così tanto.» Ed era effettivamente vero.
Thad chiuse il libro, mettendosi seduto e voltandosi a guardarlo. «Solo perché non passo le mie giornate ad offendere e sminuire gli altri, non vuol dire che io non me la prenda.»
«È questo il problema?» Chiese Sebastian, continuando a capirci poco e nulla in tutta quella faccenda. In che modo quello avrebbe potuto rappresentare un problema per Thad? Lui non aveva mai cambiato il suo modo di comportarsi, anzi. Era sempre stato coerente con se stesso, agendo esattamente come ci si aspettava da lui. Thad lo sapeva, lo aveva sempre saputo e non ne aveva mai fatto una tale tragedia. Per questo era portato a credere che in realtà ci fosse qualcos’altro. «Ti senti sminuito da me?»  
«No» lo contraddisse Thad. «Sei tu che ti senti superiore a me. È questo il problema.»
«Non vedo come questo possa esserti d’impiccio, Harwood.»
«Non lo metto in dubbio, Sebastian. Il tuo ego ti appanna la vista a tal punto che non so come tu faccia a sistemarti il ciuffo la mattina.»
E l’Oscar per la conversazione più insensata va a… Thad Harwood!
Sebastian si passò stancamente una mano sugli occhi.
Discutere con Thad era sfiancante. Dio, avrebbe avuto bisogno di un’altra dormita, una volta svegliatosi da quella.
Continuava a parlare per inerzia, rispondendo alle sue insinuazioni con la testa completamente immersa in altri pensieri. Ragionava sul fatto che quel sogno fosse davvero realistico e che il suo cervello dovesse essere davvero sopraffino per essere riuscito a memorizzare ogni dettaglio di quella giornata e averglielo riproposto in maniera così vivida e precisa.
Altra prova che non lasciava spazio a dubbi su chi fosse superiore a chi.
«Pensavo avessi capito qualcosa di me, Harwood» si ritrovò a constatare nuovamente.
«E forse è proprio questo il punto, sai?» Mormorò Thad a bassa voce, abbandonando le mani lungo i fianchi. «Io mi sforzo tanto di provare a capire te, ma sono più di sei mesi che dividiamo la stanza e tu continui a non sapere nulla di me.»
So il minimo indispensabile da non desiderare di sapere altro.
«Non credo di doverti nulla» sbuffò, esasperato, «non immaginavo che la tua gentilezza avesse un prezzo.»
Dai che manca poco.
«No, infatti» concordò Thad, «ma dovresti farlo perché ti fa piacere, non perché ti senti debitore nei miei confronti.»
«Non mi sento debitore infatti.»
Thad annuì, distogliendo lo sguardo. «Perfetto» decise. «Allora direi che siamo a posto così.»
Cazzo, sì! Adesso siamo davvero a posto così.
Strinse il pugno, desiderando come non mai di aprire gli occhi, svegliarsi e scoprire di avere la stanza libera e la prospettiva di una giornata di assoluto relax.
«Buonanotte, Sebastian.»
Sebastian sorrise, guardandosi intorno e attendendo che un misterioso qualcosa lo risucchiasse fuori da quella distorta dimensione onirica e lo riportasse finalmente nel suo letto.
Si avvicinò al comodino e, ripetendo le stesse azioni della volta precedente, afferrò la sveglia e schiacciò l’apposito pulsante per disattivare l’allarme.
Dopodiché si sdraiò, incrociando le mani dietro la testa e attendendo.


*°*°*°
Quando riaprì gli occhi, il silenzio della stanza era interrotto solo dal respiro regolare del suo compagno. Si trattenne a letto, passandosi una mano sugli occhi per scacciare le ultime tracce di quel sogno assurdo e agognando una meritata doccia calda come premio per la nottata appena trascorsa.
Mai più. A costo di settare l’allarme ogni ora per svegliarsi da eventuali sogni molesti, non avrebbe più vissuto un’esperienza del genere.
Quando qualche istante dopo la sveglia suonò, Sebastian sbarrò gli occhi, il cuore che gli martellava nel petto e il respiro accelerato.
Si tirò a sedere, afferrando precipitosamente il cellulare dal comodino e sentendo l’aria abbandonargli i polmoni nel leggere la data sul display.
Non poteva essere il 16 Marzo.
Non di nuovo.







Noticine carine carine.
Una settimana precisa, visto che brava?
Bando alle ciance, salve!
Innanzitutto, grazie per essere giunti fin qui! Mi rendo conto del fatto che questo capitolo sia un po’ statico e fin troppo introspettivo, però avevo davvero bisogno di esplorare la testa di Sebastian e di soffermarmi su ciò che è accaduto al suo interno! Vi garantisco e prometto che il prossimo capitolo sarà notevolmente più attivo e …interessante! #ParoladiLupetto
Anyway, vi ringrazio per l’entusiasmo con il quale avete accolto me e la mia storia! Siete stati un toccasana per la mia ispirazione e vi meritate tutta la puntualità che posso darvi con i miei aggiornamenti! Grazie dunque a tutti coloro che hanno seguito, ricordato, preferito e recensito la mia bimba! Come annunciato, passo immediatamente a rispondervi!

Vi ricordo un paio di indirizzi utili al quale cercarmi per qualsivoglia genere di informazione o sclero: Facebook e Twitter

E nulla più, siete talmente tanti che mi avete finito tutti i Pan di stelle! xD
Bon, vi ho preparato un tiramisù al volo, tanto per gradire! *offre fettina di dolce*
Al prossimo capitolo,

Thalia!




   
 
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